scusami se ho la testa manomessa, usami
rinchiudimi
nella prigione delle braccia, curami
Quando
Harry dice a Louis della cena con
sua madre, Gemma e Billie, il suo migliore amico rimane in silenzio.
Si
passa una mano sulla fronte, poi tra i
capelli che dovrebbe tagliare, aggrotta le sopracciglia e si lecca le
labbra.
Le apre e le chiude un paio di volte e poi, alla fine, semplicemente
dice:
“Beh, buona fortuna”
Harry
non capisce, non ancora.
Semi-convivono
da un paio di mesi. Teoricamente Billie ha ancora il suo appartamento
vicino
Covent Garden, paga l’affitto e le spese condominiali, ma la
maggior parte
delle volte i tacchi se li sfila all’ingresso della casa di
Harry. Nel bagno di
lui c’è anche lo spazzolino di lei, le maglie di
Billie sono appollaiate
nell’angolo della camera da letto, le sue calze preferite
– quelle nere
trasparenti con le cuciture in pizzo – sono sotto al
materasso, vicino ai
vecchi stivali maschili.
Non
vivono insieme, vivono un po’ qui e un po’
là. Su un set fotografico, dentro ad una stanza per firmare
copie di cd, dietro
una telecamera, davanti all’obiettivo, a milioni di
persone, vivono sugli aerei e dell’altra parte del mondo.
Il
fatto è che tornano
insieme. Nello stesso posto. Sempre.
E
forse questo è più importante.
Harry
spegne il fornello del gas con un
sospiro soddisfatto, pulendosi le mani sul grembiule bianco che gli
copre parte
dei jeans neri che indossa.
La
cucina è letteralmente sottosopra, con
una moltitudine di pentole sporche e posate da mettere assolutamente in
lavastoviglie, ma è tutto pronto e lui non potrebbe essere
più orgoglioso di sé
stesso.
“Avremmo
dovuto chiamare un catering come
ti avevo detto io”
Alza
gli occhi al cielo, voltandosi verso
la porta, dove Billie è appoggiata con le braccia incrociate
e uno sguardo
divertito. Apre la bocca per parlare, ma lei lo interrompe scuotendo la
testa:
“Sì, lo so – cantilena – Vuoi
fare tutto da solo perché non vedi mai tua madre
e ti dispiace chiedere aiuto. Ho capito – sorride –
Ma almeno potevi evitare di
macchiarti la camicia”
Gli
occhi verdi di Harry corrono subito al
tessuto leggero della sua camicia scura. Impreca contro la pozza di
sugo
proprio al centro e si sfila il grembiule dai fianchi, appoggiandolo
sull’isola
della cucina.
“Vado
a cambiarmi” dichiara, un po’ triste.
Billie
oscilla sulle sue gambe chilometriche,
arrivandogli davanti con un sorriso intenerito. Lo bacia sulle labbra,
sentendo
subito le mani grandi di Harry sulle ossa dei suoi fianchi. Lei indossa
un
abito blu elettrico che sicuramente si macchierà se il suo
fidanzato continuerà
a stringerla così tanto.
(non
che le dispiaccia)
Gli
ride sulle labbra, accarezzandogli le
guance e gli zigomi spigolosi: “Vai” gli ordina,
amorevolmente.
Harry
le ruba un altro bacio, poi sospira
ed esce dalla cucina.
La
prima cosa che Billie nota, quando Gemma
Styles entra nell’appartamento, sono i suoi capelli rosa
pesca, acconciati in
una lunga treccia che le cade al centro della schiena e che mette in
risalto le
sue sopracciglia spesse, ben curate. Indossa un vestito a stampe
floreali,
lungo fino ai sandali di cuoio. Si guardo intorno, curiosa e colpita
allo
stesso tempo, poi sembra finalmente notare l’altra ragazza e
spalanca gli occhi
verdastri: “Billie! Ciao!”
“Ciao
Gemma – sorride la bionda, andandole
incontro – Benvenute”
Si
danno un piccolo abbraccio, staccandosi
al suono della porta d’ingresso che viene chiusa dietro le
spalle di Anne Cox,
che si è già tolta la giacchetta di jeans e che
come la figlia si sta guardando
intorno, attenta.
“Che
buon profumo – dichiara, con un
sorriso – Oh, ciao tesoro!”
Lei
è sicuramente più espansiva della
figlia ventiquattrenne, perché spalanca le braccia con
vigore e stringe Billie
in un abbraccio caloroso, quasi materno. La ragazza sorride e
l’abbraccia a sua
volta: “Salve, signora Cox – mormora, la guancia
contro i suoi capelli scuri –
Suo figlio è stato bravissimo, ha fatto tutto da
solo”
Anne
la lascia andare, posando la propria
giacca accanto a quella di sua figlia sull’attaccapanni,
esibendo un sorriso
puramente orgoglioso: “Meno male – dice –
E’ tutto il giorno che giriamo per
Londra, sono stanchissima e sto morendo di fame”
Billie
le fa accomodare nel salotto ampio,
illuminato dalla luce intensa del lampadario. Lei si siede
nell’altro divano,
cercando di stare tranquilla.
Ha
conosciuto la famiglia di Harry almeno sei
mesi fa, dietro le quinte di un concerto. Anne si è
dimostrata fin da subito la
donna meravigliosa che lui continuava a raccontarle, facendola sentire
immediatamente a proprio agio. Gemma è stata più
difficile da conoscere, i loro
primi incontri erano stati parecchio imbarazzanti per Billie,
l’altra era
parecchio riservata, un po’ diffidente anche, poi avevano
trovato il loro
equilibrio – il concerto di Jake Bugg all’O2
– e da lì erano diventate amiche.
Premiazioni
e concerti a parte, questa per
Billie è la prima volta che lei e Harry restano con la
famiglia di lui. Sospira
un po’ tremante e sorride.
“Non
sapevo che Harry avesse così buon
gusto nell’arredare casa” commenta Gemma,
guardandosi intorno con malcelato
stupore.
“Già
– annuisce Anne, seduta accanto a lei
– è davvero una bellissima casa”
Anche
Billie si guarda intorno, leggermente
a disagio per via della situazione insolita. Spera che Harry abbia
finito di
sciacquarsi e deglutisce.
“Possibile
che tu sia sempre più bella ogni
volta che ci vediamo?” la voce squillante di Anne la fa
sobbalzare leggermente
mentre volta di nuovo la testa verso la donna. Sorride, arrossendo un
poco.
“Ti
abbiamo visto su Vogue,
sai? – continua
la donna, senza perdere l’entusiasmo – Magnifica! E
che portamento!”
Billie
è abituata ai complimenti, è il suo
lavoro. Tuttavia, le lusinghe della madre del suo fidanzato hanno il
potere di
farla arrossire come una bambina.
“E
quel corpo! – esclama ancora Anne,
alzando la voce – E’ una fortuna tesoro che tu
abbia preso qualche chilo”
“Mamma”
Il
richiamo di Harry fa voltare tutte e tre
le donne, di scatto. Il ragazzo è fermo sulla soglia del
salotto, in skinny
jeans e camicia a scacchi, i capelli ancora umidi di doccia e lo
sguardo
incerto, fisso su quello vacuo di Billie.
Anne
e Gemma si alzano in piedi, insieme.
La prima gli salta addosso, abbracciandolo con foga mentre gli bacia le
guance:
“Harry! Ciao amore”
Il
figlio ridacchia, ricambiando
l’abbraccio e mormorando un “Così mi
soffochi”.
Saluta
anche Gemma con un bacio sulla
fronte, poi annuncia che è pronto da mangiare e dice loro
dove possono trovare
il bagno.
“Billie..?”
chiama poi, quando entrambi
rimangono da soli.
Lei
ha gli occhi spalancati, fissi contro
il tappeto per terra, le mani tremanti sulle ginocchia scoperte.
Harry
le si avvicina cautamente, posandole
una mano sul braccio.
Billie
si alza di scatto, esalando un
respiro che somiglia ad un singhiozzo. Lo guarda negli occhi e Harry
inizia a
sentire freddo, quel freddo schifosamente famigliare che gli secca la
gola.
“Billie
– ripete, più urgentemente – ti
prego, non…”
“Va
tutto bene” lo interrompe lei, pratica.
Harry
sospira e la segue in cucina,
cercando di smettere di pensare.
Inutilmente.
È
una
fortuna tesoro che tu abbia preso qualche chilo!
Quanto
è, esattamente, qualche chilo?
Billie
stringe i pugni e serra le labbra,
combattendo contro l’istinto di vomitare.
Il
suo piatto è ancora integro, pieno. E
lei ha preso qualche chilo e qualche chilo è comunque tanto. Troppo.
Le
si è chiuso lo stomaco.
C’è
un articolo, su E!
Online, che parla di
lei. Gliel’ha fatto vedere Abigail, la sua manager
dell’agenzia.
Billie
lo ha riletto almeno trenta volte,
forse quaranta. In metro, in macchina, sul letto, in bagno, addirittura
nel
backstage di Armani.
Dice:
“Quando un fidanzato t’ingrassa”
Parla
di lei, di loro, ci sono foto, il
prima e il dopo, le gambe di Billie che si sono ingrossate, la 36 che
ogni
tanto si trasforma in una 38 un po’ larga ma pur sempre 38.
E
quei chili che sono solo qualche
che
adesso lei sente sui fianchi, sulle cosce, sulle labbra, in faccia.
Anne
interrompe il suo resoconto dell’ultimo viaggio in Francia
con Robin e
dichiara: “E’ delizioso, tesoro” con un
sorriso orgoglioso mentre osserva suo
figlio, a capotavola.
“Grazie
mamma” risponde Harry, laconico.
Tiene
gli occhi duri fissi su Billie, i
pugni chiusi ai lati del suo piatto vuoto e l’espressione
indecifrabile.
La
cena si è svolta nel modo più
imbarazzante possibile, con Anne che parla a vanvera e Gemma che cerca
di non
ridere, Harry che non stacca gli occhi da Billie neanche per un secondo
e lei
che respira velocemente, lo sguardo basso e il piatto pieno.
“Abbiamo
visto la Gioconda, anche se è
davvero piccola! – continua Anne, cercando di alleggerire la
tensione – C’era
una ragazzina che aveva la tua faccia stampata sulla maglietta, sai
Harry?”
E
suo figlio le sembra tanto grande in
questo momento. Le sembra che siano passati secoli da quando gli
strizzava le
guance paffute e gli toglieva le foglie dai capelli dopo una caduta in
giardino.
Harry
è un uomo, con la peluria invisibile sul volto mascolino e
gli
occhi più scuri, seri. E se Anne sapesse che la colpa del
suo silenzio sono
quei chili in più che lei ha elogiato, probabilmente
scoppierebbe a piangere.
Perché
Billie è così bella nella sua 38 un po’
larga, con quel sorriso felice,
la nuova agenzia di modelle, lo spazzolino nel bagno di Harry.
Anne
non lo sa,
non può saperlo. Che nonostante siano passati mesi,
nonostante Billie sia quasi
guarita dalla sua ossessione, ogni tanto le sue paure tornano ancora. E
sono
paure grandi, paure che pesano chili e che si accumulano tutti sui
fianchi,
sulle cosce, sul collo.
Harry
invece sa,
conosce. Perché lui c’era
tutte le volte che Billie si rifiutava di mangiare, tutte le volte in
cui si
guardava allo specchio e non si piaceva più, tutte quelle
volte in cui diceva
che era tutto a posto e in realtà faceva tutto male.
Harry
c’era e soprattutto c’è adesso.
I
pugni delle sue mani grandi chiusi sulla
tavola. Il respiro secco, gli occhi socchiusi. Lo sguardo spazientito
di chi
sta assistendo a qualcosa che ha già visto.
Billie
non mangia.
Lancia
un’occhiata stanca verso sua
sorella, che ha le mani sotto il tavolo e l’espressione
dolce, come se gli
stesse implicitamente suggerendo di calmarsi. Anne invece continua a
sorridere
nervosamente, senza smettere di raccontare della torre Eiffel, lo
guardo
azzurro che si sposta da una parte all’altra della cucina.
Harry
conta fino a dieci, chiude un attimo
gli occhi e si massaggia le tempie, cercando in tutti i modi di
appiattire il
tono della sua voce arrabbiata.
“Billie,
mangia”
Anne
si ferma di scatto, la bocca ancora
aperta e l’espressione confusa.
“Mangia
– ripete Harry, calcando bene l’ordine
– Adesso”
La
ragazza scuote la testa bionda
vigorosamente, lasciando che i capelli le cadano sul volto.
“Billie…”
l’avverte di nuovo lui,
respirando più velocemente.
“Io…
- sussurra Billie, con le lacrime agli
occhi – non ci riesco”
La
mano di Harry sbatte contro la tovaglia
prima ancora che lui se ne renda conto, facendo sobbalzare tutte e tre
e donne.
Non
vuole essere cattivo, ma è una
situazione che lo devasta e non è pronto ad affrontarla
un’altra volta.
Sua
madre allunga le dita sul suo braccio,
cercando di farlo ragionare: “Tesoro…”
inizia, la voce incerta.
“No,
mamma – la interrompe lui – sta facendo
semplicemente i capricci come una bambina”
L’attimo
dopo la sedia di Billie rischia
quasi di cadere all’indietro per la velocità con
cui lei si alza, lasciando la
stanza a testa bassa. Quando si sente il rumore della porta del bagno
che viene
chiusa a chiave con violenza, Harry sospira e si massaggia le tempie,
esausto.
“Mi
dispiace” geme, scuotendo la testa.
Anne
lo guarda con amore, accarezzandogli
il braccio tatuato: “Non è colpa tua, tesoro.
Anzi, credo che sia stata tutta
colpa mia, diavolo!”
“Le
hai detto che ha preso dei chili, non è
vero?”
La
donna sospira: “Già. Pensavo di farle un
complimento e invece…che stupida che sono stata. Mi dispiace
davvero tanto,
Harry – è davvero mortificata – Vuoi che
le parli io?”
Il
figlio scuote la testa con l’accenno di
un sorriso che non coinvolge gli occhi: “No, ci penso io. E
non ti preoccupare,
non potevi saperlo”
Gemma
si alza in piedi, si porta la treccia
su una spalla e dice: “Allora vi lasciamo soli. Magari se
domani Billie sta
meglio possiamo uscire tutti insieme, prima che mamma riparta”
Harry
annuisce, abbraccia entrambe e non le
accompagna all’ingresso.
Invece
arriva in corridoio con passi
affrettati, poi in camera da letto e infine davanti alla porta del
bagno privato.
Si
siede contro la porta, le ginocchia
piegate e il volto esausto. Sa che Billie è lì
dentro, accovacciata come una
bambina presa dai più violenti singhiozzi.
E
dio solo sa quanto in questo momento
vorrebbe baciarle tutte quelle lacrime e poi tutta quella pelle giusta
e
adatta.
Chiude
gli occhi e appoggia la testa dietro
il legno della porta, sospirando.
“La
prima volta che hai avuto una crisi
eravamo in quel ristorante di Los Angeles, te lo ricordi? –
la sua voce adesso
è bassa, ma sa che Billie riesce a sentirlo lo stesso, come
ha sempre fatto –
Indossavi i jeans scuri, quelli che ti ho sempre detto essere i miei
preferiti.
Ci siamo seduti insieme, poi è arrivato il cameriere e tu
non hai voluto
ordinare. Ti ho chiesto se stavi bene, tu hai detto che non avevi fame
e io
sapevo già che c’era qualcosa che non andava da
come evitavi di guardarmi. Ti ho
costretto a mangiare metà del mio pesce, tu avevi le lacrime
agli occhi. In hotel
ti ho trovato in bagno con due dita in gola mentre cercavi di tirare
fuori
quello che non avevi nello stomaco. Hai iniziato a colpirmi, sei forte
sai? –
accenna un sorriso che si spegne subito – Piangevi e
continuavi a dire che non
mi dovevi nessuna spiegazione. Mi stavi sfuggendo dalle mani e io ero
stato
talmente scemo da non rendermene conto”
Fa
una pausa per evitare di piangere e la
sente muoversi attraverso la porta. Nonostante tutto, la sente ancora.
“Poi
c’è stato l’attacco di panico dietro
le quinte della sfilata di Burberry. Tutto perché non ti si
allacciava il
vestito, tu continuavi a dire che eri grassa, che non avresti dovuto
mangiare
quella mattina, che ti odiavi. Era una cerniera difettosa, lo sai
vero?”
Si
asciuga frettolosamente gli occhi,
sfregandoseli con violenza. Tira sul col naso e sospira.
“Dio
solo sa quante volte ho vissuto questo
schifo di scena, Billie. Tu chiusa lì dentro e io qui a
scongiurarti di
lasciarmi entrare – stringe i pugni perché dirlo a
voce brucia ancora di più di
quando riesce a nascondere tutti i suoi pensieri – Devi
lasciarmi entrare,
amore mio. Io…non ce la faccio più, capisci? Non
sono abbastanza forte da
amarti anche per te stessa. N-non vedi? – trattiene un
singhiozzo – Questa cosa
mi sta distruggendo, ci sta
distruggendo.
Mi sembra di…di combattere una guerra che evidentemente non
vuoi vincere e lo
so che è difficile, cazzo!, ma ci sono io, capito? Io da qui
non me ne vado”
E
davvero, lui rimane lì. Tutta la notte.
Billie
lo ritrova con le braccia incrociate
e le gambe divaricate alle due del mattino, gli occhi chiusi e il
respiro
pesante, la con la testa appoggiata contro lo stipite e il broncio
adorabile di
quando dorme.
Lei
scioglie il nodo delle sue lunghe
braccia, si stringe contro il suo petto ampio e lo abbraccia stretto,
chiudendo
gli occhi.
Harry
socchiude le palpebre e la stringe forte,
le scosta i capelli dal volto e le bacia le tempie, la fronte, gli
zigomi, le
labbra.
“Cosa
succede se quello che dicono è vero?”
“Succede
che non ce ne frega niente, amore
mio. Probabilmente ti amerei anche se tu avessi la malaria e io fossi
sordo”
Mani
nelle mani, anelli che toccano fianchi,
ossa sporgenti, il collo che diventa un punto da baciare e dove
respirare.
“Scusa”
dice lei.
“Io
da qui non me ne vado” ripete lui.
“Mi
fanno paura”
“Ci
sono io”
“Ci
sei tu”
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