Prologo
Qui
troverete la storia principale da cui è stato tratto l'AU: Wind
Wander.
Masked Farewell
“Dannazione! Cosa ho fatto di male, per
meritarmi una cosa del genere?”
borbottai tra me e me, dirigendomi verso la sala da ballo del castello.
Oggi fortunatamente nessuno mi fermava, probabilmente perché
non
sapevano chi fossi: grazie alla maschera potevo finalmente passare
inosservato. Per una sera, nessuno nel castello sapeva chi
fosse
l’altro: per festeggiare il mio imminente matrimonio con
Fianna, era
stato infatti indetto un ballo in maschera. Fin dal pomeriggio, i
nobili erano giunti a frotte dai vari ducati del regno, già
con indosso
i costumi e le maschere, di modo che nessuno potesse riconoscerli.
Da
parte mia, avevo seguito di buon grado l’idea: in questo modo
non
soltanto sarei stato ignorato, ma avrei anche potuto ignorare la mia
futura moglie, perché non avrei saputo trovarla. Per
l’occasione avevo
deciso di lasciar perdere la moda di castello (dico per
l’occasione, ma
lo faccio quasi sempre), per questo indossavo dei pantaloni di pelle
neri molto aderenti (ben poco veniva lasciato
all’immaginazione) e un
gilet blu notte, dalle tonalità così scure da
sembrare quasi nero, con
motivi dorati. Sotto il gilet non portavo nulla se non la mia pelle
nuda; dato che la festa era in mio onore, tanto valeva che facessi il
botto.
Per essere ancora più sicuro di nascondere le mie
apparenze, avevo usato la magia per cambiare il colore dei miei
capelli, rendendoli di un rosso talmente acceso da sembrare sangue;
inoltre, avevo fatto comparire nel dorso della mano sinistra il
tatuaggio di una rosa, il cui stelo spinato si avvolgeva lungo il
braccio. L’unico accessorio che portavo era la maschera: essa
copriva
interamente il volto, dal mento fino all’attaccatura dei
capelli. Priva
di qualsiasi espressione, bianca se non per una lacrima azzurra che
sembrava risplendere grazie al suo colore chiaro.
Effettivamente
attiravo ancora l’attenzione, ma non sapendo la mia
identità, nessuno
osava avvicinarsi. Perciò mi godevo la mia condizione di
relativa
invisibilità, camminando tra i corridoi del castello, sempre
più bui a
causa del sole ormai morente.
L’unica che sapeva chi fossi era Dawn,
che mi aveva aiutato nella scelta del costume, e dei metodi per
nascondere la mia identità.
Ok,
oggi è la mia ultima giornata da celibe, devo assolutamente
trovarmi
compagnia per stanotte, non posso mica buttarmi su Fianna, pensai.
Speranzoso
misi piede in sala, e rimasi un poco sorpreso da come fossero riusciti
a cambiarla. L’intero ambiente era stato illuminato da globi
di luce
che, fatti innalzare quasi fino al soffitto (assai alto), creavano
numerosissimi giochi d’ombra, rendendo l’atmosfera
assai misteriosa.
Tutti
le panche e i tavoli, in genere presenti per le grandi occasioni erano
spariti; c’erano però dei servi che giravano con
vassoi, offrendo cibi
e bevande.
Ciò che mi stupiva ancora di più era il numero di
persone
che giravano per la sala; erano tantissime, ma non era questo
ciò che
mi lasciava a bocca aperta: era il fatto che per la prima volta molti
nobili, privati della vergogna e dalle inibizioni grazie alle maschere,
avessero scelto dei costumi molto stravaganti, alcuni particolarmente
avvenenti. In particolare le donne sembravano aver scelto abiti che
mettessero bene in mostra tutte le loro curve. Nonostante questo, tra i
maschi io ero sicuramente uno di quelli più svestiti.
“Pffff sfigati” mormorai tra me e me ridendo.
Appena
entrato, notai con piacere che molti sguardi, non soltanto femminili,
si diressero verso di me. La musica ancora leggera, visto che la festa
era appena iniziata, aleggiava nell’aria, ma ben pochi vi
davano
attenzione. Molti chiacchieravano tra di loro, probabilmente compagni
con cui erano arrivati alla festa. Non sapevo bene cosa fare,
avevo
sperato di arrivare quando la festa fosse già nel pieno
dell’attività,
invece sembrava che fosse appena agli inizi.
Indeciso, iniziai a
girare per la sala, muovendomi sinuosamente, sfiorando ed evitando allo
stesso tempo le persone vicino a me, mostrandomi il più
languido
possibile. Col tempo, sempre più sguardi iniziarono a
seguirmi; ma li
ignorai, continuando a volteggiare, quasi fantasma nella festa.
Nonostante ciò non smisi di osservare i partecipanti
sperando di
trovare qualcuno di interessante.
Venni finalmente attirato da
un’ampia schiena. Qualcuno a quanto pare, non era interessato
a me. Mi
avvicinai molto lentamente, danzando in maniera quasi impercettibile,
seguendo un ritmo solo mio. Avanzando, osservai meglio il suo costume.
A quanto pare aveva fatto delle scelte opposte alle mie: dove io avevo
cercato la stravaganza e la lontananza dal vestiario di corte, questo
vi aveva invece aderito pienamente, seguendone alla lettera i canoni.
Indossava infatti una calzamaglia il cui colore nella penombra era
difficile distinguere (viola forse?), ad esso erano associati delle
scarpe rialzate da terra da un tacco bassissimo. Non riuscii a
distinguere cosa portasse nella parte superiore finché non
si girò,
forse incuriosito dal mormorio che provocavo al mio passaggio.
L’ampio
petto era coperto da una giacca dal colore molto simile alla
calzamaglia, se non un poco più scuro; nella penombra non
ero ben
sicuro dei motivi, che sembravano ripetersi su tutto il tessuto. In
particolare colpivano le spalle, le cui sommità erano
bombate, dando
l’impressione che vi fosse nascosta una palla. Infine ai
polsini vi
erano dei ricami poco accentuati, che davano quasi una sensazione di
incompletezza.
Alzai finalmente lo sguardo, guardandolo per la
prima volta in viso. La maschera era un tripudio di colori: la base
dorata che ricopriva la parte superiore del volto, era intervallata da
sottili righe più scure. Dalla parte destra inoltre
partivano alcune
penne che svettavano al di sopra della testa.
Non resistetti alla
tentazione, avevo bisogno di osservare meglio quel volto che tanto mi
aveva incuriosito, ancora prima di vederlo. Per questo mi profusi in
una riverenza, quali non se ne erano mai viste. Mi inchinai di fronte a
lui, seguendo col braccio destra la direzione dell’inchino,
il volto
rivolto verso il giovane, e la mano sinistra allungata quasi in
preghiera verso il suo volto.
Un silenzio assoluto cadde nella sala, mentre tutti fissavano attoniti
il mio gesto.
A
poco a poco una leggera luminescenza mi comparve sulla mano, pozza di
luce in un oceano di penombra. La rosa tatuata sembrò
risplendere
grazie ad essa, ma non vi badai, assorbito completamente
nell’ammirazione di colui che mi stava di fronte:
ciò che prima era
stato incerto ora invece era incredibilmente chiaro.
La calzamaglia
notai che era effettivamente viola, talmente scura da risultare quasi
livida. La casacca invece era a tinta unita e non ricamata come avevo
inizialmente pensato (probabilmente la luce aveva giocato brutti
scherzi) solo i polsini e le spalle presentavano alcuni filamenti
dorati. Ma fu il volto ciò che più mi colpi: la
maschera che al buio
sembrava quasi blanda ora era invece incredibile, l’oro era
luminosissimo, ma allo stesso tempo sembrava impallidire in confronto
al blu delle decorazioni. Le penne invece assumevano diverse
colorazioni ad ogni momento. Il tutto faceva da cornice a degli occhi
incredibilmente scuri, neri come la notte e profondi come un baratro in
cui si può cadere, se non si da’ attenzione. Il
nome che affiorò nella
mia mente fu soltanto uno, e fui sicuro di non sbagliarmi. Troppe volte
e troppo a lungo avevo osservato quegli occhi per non poterli
riconoscere: di fronte a me vi era Dan.
Chiusi immediatamente il
palmo della mano e le penombra ritornò a dominare la sala. A
poco a
poco, tutti ripresero a muoversi, anche la musica, che neppure avevo
sentito fermarsi, ricominciò. Lentamente mi raddrizzai,
senza mai
allontanare lo sguardo dal cavaliere del re. Quest’ultimo mi
guardava,
negli occhi uno sguardo di curiosità.
Rimasi un poco deluso dal
fatto che non fosse riuscito a riconoscermi; nonostante i suoi capelli
fossero diventati magicamente color ghiaccio non l’avrei mai
potuto
scambiare per nessun altro. Lo vidi muoversi impercettibilmente,
probabilmente pronto a chiedermi chi fossi, ma lo anticipai. Posai
l’indice sulle sue labbra invitandolo al silenzio (feci un
sorrisetto
coperto dalla maschera nel vederlo arrossire lievemente) e mi inchinai
nuovamente, questa volta in maniera molto più leggera,
invitandolo a
danzare.
L’altro rimase un poco in silenzio, forse indeciso su cosa
fare, ma infine accondiscese con un lieve cenno del capo.
Alzai
la mano di fronte a lui, in attesa, finché non
l’afferrò lievemente.
Non fu più d’uno sfiorare di dita, ma
bastò a mandarmi scariche per
tutto il corpo. Lo portai al centro della pista, dandogli le spalle, ma
sentendo il suo sguardo caldo sulla mia schiena. Quando finalmente mi
voltai vidi i suoi occhi ardere ancora di curiosità, ma
l’interesse
prevaleva.
Con lentezza, iniziai a farlo volteggiare, guidandolo
passo passo in una danza quasi perfetta. In breve anche il guerriero si
sciolse al ritmo della musica, e come acqua, scivolammo e danzammo, in
un mondo dove soltanto noi due eravamo importanti. Un mondo fatto di
sfioramenti e sguardi focosi, dove non vi era spazio per nessun altro.
All’improvviso
il giovane mi perse di vista: ormai era tardi, e io dovevo andare. Per
questo iniziai ad allontanarmi sempre più verso le porte
della sala che
portavano ai giardini esterni. Mi resi conto di essere stato visto,
quando lo sentii avvicinarsi nella mia direzione. Dovevo sbrigarmi, una
notte di sguardi era tutto quello che mi potevo permettere;
specialmente lui non si meritava una notte di solo sesso, priva
d’amore.
Giunto
finalmente fuori, mi resi conto che stava nevicando: probabilmente il
mago a capo del tempo aveva ritenuto la neve adatta alla serata. Mi
avvolsi in un leggero incantesimo termico per difendermi dal freddo, e
a passi veloci mi allontanai, quando una voce mi fermò.
“Aspetta.”
Non
mi voltai, non potevo farlo, non dovevo. Dopo essere riuscito ad
allontanarmi con tanto sforzo, non potevo cedere. Per questo feci un
altro passo, ma ancora una volta poche parole furono sufficienti a
farmi vacillare.
“Ti prego almeno mostrami il tuo volto! Anche soltanto
sentire la tua voce sarebbe sufficiente.”
Nel
sentire quelle parole non potei più resistere, mi voltai e
la scena
bastò a spezzarmi il fiato. Dan al centro di un bianco
paradiso mi
fissava, gli occhi brucianti di passione, il volto completamente
scoperto, la maschera ai suoi piedi e un braccio levato verso di me. La
scena era incredibilmente simile al momento iniziale del nostro
incontro, i ruoli capovolti, e ciò bastò a
strapparmi un sorriso.
Ma
sapevo bene che non potevo cedere, non qui, dove chiunque sarebbe
potuto arrivare, e non oggi, data l’ombra del domani.
Purtroppo
conoscevo bene la testardaggine del mio amato, e per questo decisi di
prendere misure più drastiche. Sollevai leggermente la mano
sinistra, e
numerosi roseti spuntarono dal suolo innevato creando una gabbia di
rose dal cui centro Dan mi guardava con le lacrime agli occhi.
“Perdonami” fu tutto quello che riuscii a
mormorare, mentre mi allontanavo, sparendo tra le ombre, fantasma nella
notte.
Nota dell'autore
Questo è un
racconto molto speciale: è nato come regalo di Natale, per
qualcuno che
nella mia storia ha visto qualcosa per la quale valeva la pena
impegnarsi. detectiveknight
ormai il mondo di WW è tanto mio quanto
tuo! Grazie!!
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