Titolo:
La definizione di noi
Autore: Reagan_
Pairing: Audrey/Percy
Rating: Verde
Eventuali Note: Audrey è la figlia ipotetica del Mangiamorte
Antonin Dolohova, cresciuta prevalentemente nell'Est dell'Europa, nel
testo però questo è omesso, inoltre è
un Auror dell'ufficio straniero e si occupa prevalentemente della
sicurezza degli stranieri nel territorio britannico che sta diventando
un lavoro sempre più pericoloso. Percy è ancora
convinto di essere nel giusto e per cui è lontano il giorno
in cui si ricrederà e si ricongiungerà con la sua
famiglia.
Venne svegliato da un raggio fastidioso di sole e per un attimo si
domandò per quale motivo in pieno ottobre l'autunno
britannico tardasse ad arrivare. Si mosse lentamente fra le lenzuola
cercando di capire come mai avesse dormito in una posizione tanto
scomoda, si girò per occupare più spazio
possibile in quello che doveva essere un letto matrimoniale e si
scontrò con un viso coperto da aggrovigliati capelli biondi,
i raggi di sole fastidiosamente accecante colpivano la sua schiena nuda
e Percy non poté fare a meno di arrossire un poco. Non che
fosse un pudico o altro, ma se c'era una cosa che ancora non riusciva a
capacitarsi era l'idea di avere stretto un rapporto intimo con una
donna affascinante come quella che giaceva sul suo letto.
Non aveva la bellezza virile di Charlie, né la simpatia dei
gemelli o il fascino di Bill, mancava persino della
cordialità tipica dei Weasley di cui Ron era provvisto ed in
ufficio si era guadagnato l'appellativo di cane pomposo o rognoso a
seconda di chi tampinasse per ottenere documenti o cartelle specifiche
per il Ministro, così da un po' di tempo si domandava come
mai quella donna continuasse a frequentarlo di tanto in tanto,
acconsentendo con tranquillità ad averlo intorno.
Ormai sveglio ed infastidito dai suoi stessi pensieri,
sgusciò via dal letto con una certa fretta e si
bloccò solo sentendo un gemito frustato e lentamente
percorse i pochi passi che lo dividevano dal piccolo bagno, mentre lei
si rannicchiava su sé stessa, con la bacchetta
s'insonorizzò la stanza e si concesse una doccia fredda e
veloce, si rasò la barba con cura, scivolò poi
verso il soggiorno e si sedette con un tonfo sinistro sull'unica
poltrona della stanza.
Sul bracciolo della poltrona vi era stata posata una sciarpa, Percy la
sollevò con attenzione, notando la leggerezza del tessuto e
del delicato profumo fruttato che emanava. Si domandò da
quanto tempo quella sciarpa penzolasse sulla sua poltrona e gli
bastò gettare uno sguardo intorno a sé per
rendersi conto che il suo piccolo appartamento un tempo ordinato e
spartano, era stato preso in ostaggio da una frenetica allegria che non
gli apparteneva. Un paio di scarponcini abbandonati davanti alla porta,
una seconda giacca scura appesa accanto alla sua, un paio di tazze in
più sulla credenza e una scatolina di legno pregiato che
conteneva decine di bustine di tè dai sapori diversi e
colori bizzarri ma che adorava ed esigeva bere ogniqualvolta si
ritrovava a casa sua.
Per un attimo si chiese che cosa fosse lui per lei?
Un amante occasionale?
Un amico? Un fidanzato ... ?
La mancanza di una precisa definizione dello stato delle cose non gli
piaceva. Se era una cosa temporanea aveva diritto di sapere quando
sarebbe finita, giusto? Sentiva il bisogno di farsene una ragione e
forse avrebbe dovuto raccogliere parte del coraggio dei Grifondoro che
dubitava di avere per esigere una risposta non appena si fosse
svegliata.
Si alzò in piedi con ancora la sciarpa in mano e confuso si
mise a girare fra la cucina a vista e il salotto scarno
finché non sentì la sgradevole sensazione di
essere osservato.
-Audrey!- esclamò Percy stritolando una mano con la sciarpa
che dipingeva di un rosso slavato la sua pelle naturalmente pallida.
-Così giovane e così tormentato ... Weasley sei
un uomo pieno di sorprese.- disse lei avvicinandosi vestita solamente
di una maglia verde scuro che Molly Weasley aveva pazientemente cucito
per lui qualche Natale fa. Gli circondò il collo con le
braccia magre e gli diede un bacio leggero sulle labbra. -Che
c'è?- chiese constatando un'ombra cupa che spense ogni
colore dal suo viso.
-Quella maglia, dove l'hai presa?- domandò Percy slegandosi
dall'abbraccio di Audrey, piegò la sciarpa in un quadrato
perfetto e la pose sul tavolo da pranzo.
-Trovata in fondo all'armadio.- rispose lei con tono leggermente
irritato e con gesti precisi cominciò a fare il
caffè. -Normalmente un uomo è lusingato dal
vedere una donna vestita solo da un suo maglione o da una camicia.-
borbottò, si voltò per fargli uno strano sorriso.
Percy aggrottò la fronte e s'incamminò incerto
fino alla finestra per controllare l'arrivo del gufo o per dare
l'impressione di avere molto da fare. -Certo ... Che sono lusingato,
sono solo abbastanza educato da non comportarmi da troglodita.- rispose
con voce titubante.
Audrey scosse la testa e posò sul tavolo due tazze e una
confettura di fragole. -Giusto, voi inglesi avete troppe fisse con
questa educazione, dalle mie parti gli uomini prendono ciò
che vogliono o ciò che credono di volere.- rispose
ridacchiando. Con una certa attenzione versò il
caffè nelle tazze e appoggiò un bricco di latte,
indicando a Percy dove sedersi.
Fecero colazione circondandosi di un silenzio carico di parole
pasticciate e cariche di aspettative. Fu Audrey a rompere quella
tempestosa quiete di sorrisi forzati, alzandosi per pulire e spedendo
il ragazzo a leggere qualche carta per il lavoro.
Percy pescò uno dei tantissimi fascicoli che riempivano la
sua borsa da lavoro e si sedette sulla poltrona, lo aprì a
caso e cercando di non farsi beccare, osservò Audrey
sistemare la cucina alla Babbana. I capelli biondi le incorniciavano il
viso affilato, il collo lungo e sottile sembrava troppo fragile per
tenere quella testa attaccata a un corpo così vitale, anche
solo vederla strofinare il piano della cucina canticchiando qualcosa
nella sua lingua, infondeva in lui qualcosa vicino alla spensieratezza.
Troppo concentrato nel fissarle le gambe nude che spuntavano dal
maglione lungo non si accorse di cosa aveva trovato aprendo un cassetto
della cucina.
-Percy ... -disse lei con un soffio, fissando con attenzione le diverse
persone ritratte in quella foto. Riconobbe immediatamente l'aria seria
di un più giovane e sereno Percy e per qualche secondo
rimase senza fiato finché non le fu strappata di mano la
cornice. -Cosa?-
-E' ... Sono cose private!- gracchiò lui nascondendo la
cornice in un cassetto. -Sono ... Cose che tu non puoi sapere.-
-E perché? Perché non dovrei sapere qualcosa
sulla tua famiglia, Percy?-
La domanda rimase a lungo senza risposta, Percy le voltò le
spalle ricurve e si sedette sulla poltrona.
-Io ... Immagino che tu sappia già quello che si dice di me.-
Audrey si sedette sul divano, non molto distante da lui. -So solo
quello che si mormora al Ministero ma credo che sia complicato di
quello che appare.-
-Lo è.- disse contrito Percy, strinse le mani in pugni
furiosi. -Io credo che loro stiano ... Stiano sbagliando ma non mi
hanno dato l'occasione di provarlo. La mia parola contro quella del
grande Silente non può valere così tanto, lo
dovevo capire tempo fa ... -
-Hai avuto fegato Weasley. Non tutti hanno il coraggio di perseverare
in quello in cui si crede, soprattutto quando si tratta di legami
familiari.- si sistemò meglio sul divano. -E non credo sia
una di quelle fratture irreparabili, i venti di guerra stanno
soffiando, sai?-
-Tu pensi veramente che stia per succedere? Insomma a me sembrano casi
isolati.-
Audrey alzò le spalle. -Io ci spero, so solo che la
Confederazione dei Maghi dell'Est Europa è certa che ad un
certo punto tutto scivolerà verso una guerra interna.
Abbiamo paura che in qualche modo possa espandersi anche dalle nostre
parti.-
-E perché?-
-Perché abbiamo il brutto vizio di credere ancora nella
purezza del sangue. A Durmstrang, i figli Mezzosangue o i
Nati Babbani sono rari perché si preferisce dare la
precedenza alla purezza. La maggior parte di quest'ultimi infatti
s'iscrive a Hogwarts o in Francia. Anche i miei l'hanno sempre pensata
così.-
-Davvero?- domandò Percy pulendosi gli occhiali.
Audrey rimase in silenzio a lungo prima di parlare. -Mio padre
è un Mangiamorte, mia madre è una nobile polacca
che crede nella supremazia del sangue puro e si è fatta
qualche anno di carcere. Sono stata cresciuta dal fratello di mio
padre, zio Feodor, un uomo tollerante e gentile e da sua moglie Ana.
Purtroppo nemmeno io posso vantare d'idilliaci rapporti famigliari.-
Percy accolse la notizia con sconcerto, non aveva mai collegato Audrey
a quello che si vociferava nelle sale del Ministro ovvero dell'arrivo
di una figlia di un Mangiamorte attivo in Inghilterra, si era
accontentato dell'idea di una coincidenza, una casualità.
-E' diverso. Io sono un vigliacco.- disse con un filo di voce.
Ad Audrey non piacque ciò che sentì, aveva da
tempo intuito che Percy soffriva di qualche strano e complesso senso
d'inferiorità mista a una radicata preoccupazione
dell'apparenza. Girava per i corridoi del Ministero col pieno controllo
delle sue facoltà e poi crollava in un sonno agitato e
confuso o rimaneva sveglio a sentire una radio gracchiare liste di nomi
nella speranza di non sentire il nome di uno dei suoi famigliari. Se
fosse stata una persona meno chiusa in sé, glielo avrebbe
detto, ma preferì custodire quei piccoli segreti ancora un
po'.
Gli strappò i fascicoli dalle mani e li
scaraventò sul divano, si sedette su di lui e lo strinse in
un abbraccio a tratti soffocante.
-Non sei un vigliacco.- gli sussurrò. Percy rispose con una
presa goffa accostandola a sé con forza.
-Invece mi ci sento, Audrey.- disse cercando di tenere a bada quella
nota di dolore che gli usciva dal petto.
-No, Percy!- esclamò lei, sfilandogli gli occhiali e
posandogli un bacio sulla fronte. -Tu sei saccente- appoggiò
le labbra su una guancia. -Alcune volte noioso, a chi interessano
così tanto i fondi di calderone?- baciò le sue
labbra storte in un sorriso colpevole. -E ... Come si dice nella vostra
lingua formale, c'è una parola precisa ... - disse mentre
sfilava la maglia di Percy.
-Ossequioso? Pomposo?Cortese?- chiese Percy guardandola togliersi il
maglione verde e arrossendo alla vista di quel corpo che ormai ben
conosceva.
-La prima andava benissimo.- rispose Audrey alzandosi e tirandolo per
il polso verso la stanza da letto.
Audrey si era assopita accanto a lui con ancora le gambe intrecciate
fra loro, i respiri caldi e le membra ancora alla ricerca di lussuria.
Percy tracciava disegni astratti con le dita lungo la schiena della
ragazza ed era certo che se fosse morto in giornata, quello sarebbe
stato il momento più bello della sua intera e misera
esistenza. Audrey stiracchiò le braccia e lo
abbracciò, con una mano bloccò il suo polso e
tastò alla ricerca dell'orologio.
-E' ancora presto ti va di una passeggiata? C'è un posto in
cui di solito vado, visto che ho perso la messa.-
-La messa?-
Audrey alzò gli occhi al soffitto. -Voi maghi inglesi siete
così diffidenti nei confronti della religione che mi fate
quasi paura.- strusciò il naso contro il suo mento prima di
baciarlo e fuggì ad ulteriori domande smaterializzandosi.
Percy rimase piuttosto sorpreso quando ancora addormentato sul letto la
rivide meno di mezz'ora dopo, vestita perfettamente e in un modo che
non avrebbe mai pensato.
Per un attimo si domandò se fosse veramente la "Audrey"
dagli scarponcini da uomo, le giacche scure, sempre pronta per
l'azione. Quella che era comparsa a sorpresa era una ragazza con una
treccia che quasi le incoronava il capo, un abito scuro che le arrivava
fino al ginocchio, una cintura che le segnava la vita stretta e una
giacca meno informe dell'altra appesa all'ingresso e ai piedi
spuntavano scarpe con un tacco modesto ma molto femminili.
-Su forza!- gli gridò con uno strano sorriso dipinto sul
viso.
Poco più tardi, Percy dovette ricredersi
sull'identità della misteriosa ragazza che camminava accanto
a lui. Il suo passo quasi marziale e il modo in cui sorrideva alle
persone che incontrava scontrandosi con musi lunghi ed occhiate
perplesse appartenevano chiaramente a quella Audrey che aveva
conosciuto al Ministero.
-E' distante?- domandò notando che era da molto che
camminavano in una zona Babbana di Londra che non aveva mai visto.
-Stiamo camminando da così poco, voi inglesi dovreste
perdere la terribile abitudine di usare scope e smaterializzazioni per
ogni cosa. Non senti l'aria buona? Non si direbbe che è
ottobre inoltrato.- disse fermandosi bruscamente e allargando le
braccia, concentrandosi gli sguardi sorpresi, poi iniziò a
correre trascinando Percy per un braccio.
Corsero, o meglio Audrey corse trainando un contrariato Percy, si
fermarono solo di fronte all'entrata di un parco che sembrava appena un
giardino metropolitano, ma una volta entrati ci si ritrovava
catapultati in un'altra dimensione dove il verde regnava sovrano. Un
frastuono inconsueto che Percy identificò come musica
straniera lo colpì e quasi rimpianse le melodie strascicate
e sincopate delle Sorelle Stravagarie.
-Ah, qui sono quasi tutti Babbani quindi fai attenzione, ti prometto
che finisco presto!- detto questo Audrey si voltò e
cominciò a salutare molte persone, quasi tutti uomini e la
cosa irritò alquanto Percy.
Si domandò per quale motivo i russi fossero così
fissati nel baciare più volte le persone, decise
d'intervenire quando un omone prese in braccio Audrey e le fece fare un
giro su sé stessa.
-Scusate ... Audrey cara perché non mi presenti ai tuoi ...
Amici?-
Audrey diede un colpetto all'omone e disse qualcosa nella sua lingua.
-Questo è Percy, signori e signore. Percy, questo
è parte del comitato di danza della comunità
russa e dintorni. Qui insegno ogni tanto qualche passo di danza
tradizionale a questi gentili signori.-
-Insegni? Insegni danza?- domandò confuso Percy, cercando di
raccogliere la maggior parte delle informazioni che aveva raccolto ai
tempi in cui aveva frequentato il corso di Babbanologia, ma ammise di
non ricordarsi di questa stravaganza se non immagini di uomini e donne
che si strusciavano a dosso oltre ogni senso di pudore e misura.
-Cominciamo, signori! Facciamo vedere al nostro ospite britannico come
ballano i russi da sobri.- disse Audrey sequestrando una bottiglia di
vodka da quello che doveva essere poco meno di un adolescente pieno di
brufoli.
Percy la vide volteggiare sicura fra le braccia di più
uomini, alcuni anziani, altri giovani e prestanti.
Le musiche si susseguivano l'una con l'altra e Audrey sapeva
esattamente cosa fare, leggiadra e sicura si spostava lungo la piccola
pista in pietra naturale, i tacchi risuonavano come una seconda
sinfonia insieme alle risate e alle frasi in quella lingua
così strana per le sue orecchie.
In un momento di pausa, l'omone che aveva stretto oltre il dovuto la
sua non-proprio-ragazza, si avvicinò dandogli un bicchiere
colmo di vodka e con una fetta di limone che galleggiava, rischiando di
far colare tutto.
-Bevi, inglese, bevi!- disse gioviale dandogli delle manate forti che
lo fecero quasi cadere e l'omone scoppiò ridere. -Voi
inglesi troppo delicati, sempre malati siete, bevi, bevi ragazzino!-
Percy si vide costretto a bere e quando sentì quel liquido
bruciarli(bruciargli) la gola, tossì in modo spropositato.
L'omone acciuffò al volo il bicchiere e finì con
un sorso e un'espressione soddisfatta.
-Tu fidanzato con la nostra bella maestra, Da?-
-Cosa? No, io non sono il fidanzato di Audrey.- rispose tossendo Percy.
-Cioè non so ... Sono suo amico.- ammise finalmente.
L'omone scosse la testa teatralmente e posò una mano sul
cuore balbettando qualcosa in russo.
-Io ora spiegarti due cose, ragazzino. Miss Audrey Antoninova
è una bellissima donna, tutti nella nostra
comunità volere proprio figlio o nipote suo fidanzato per
avere lei in famiglia. Grande donna russa, troppo giovane per me
purtroppo!- esclamò ridendo a squarciagola. -Ragazzino, tu
sei primo inglese e uomo che lei presenta a noi, quindi fai l'uomo e
prendila. Oppure mio figlio Igor se la prenderà, quello
è ragazzino russo vero!- indicò un giovanotto
tutto muscoli e stranamente aggraziato mentre ballava con Audrey
stretti in un abbraccio intimo, ridacchiando e parlando ad un palmo
dall'altro.
-Audrey! Inglese vuole imparare!- gridò l'omone acquistando
l'attenzione di Audrey che si avvicinò.
-Oh al diavolo!- mormorò a sé stesso allentando
la cravatta che indossava e incontrandola al centro della pista.
La donna disse qualcosa all'addetto alle musiche che fece partire una
melodia più gentile e lenta, Audrey gli prese una mano e la
posizionò sul suo fianco mentre stringeva l'altra in una
presa ferrea.
-Segui il ritmo.- gli disse soltanto sorridendo.
Percy si trovò a pensare che era la prima volta che erano
così vicini in pubblico.
Era normale aver passato interi mesi fra le quattro mura di un
minuscolo appartamento o di una stanza polverosa del Ministero durante
la pausa pranzo? Era normale che lei non avesse mai chiesto nulla e lui
non aveva mai fatto cenno a nulla?
-Rimani concentrato sul ritmo, non sui piedi!- lo rimproverò
la donna.
-Aud ... Tu sei molto corteggiata.- disse senza quasi sapere
perché. -Insomma quello lì sta praticamente
sbavando.- disse indicando il figlio dell'omone che lo fissava
trucemente.
Lei scrollò le spalle e lo fece volteggiare su sé
stesso. -E allora? Molti sono tanto fumo e niente arrosto.-
-Cosa significa?- domandò ansioso Percy.
-Significa che molti parlano e fanno poco. Preferisco chi si espone.-
rispose ermeticamente Audrey.
-Pertanto hai molti corteggiatori?-
-Qualcuno può essere definito come tale. Altri no.-
-E io? Noi?- disse senza riuscire a trattenersi e pentendosi subito di
essersi esposto così alle orecchie di tutti.
-Noi cosa Perce? Noi siamo noi.-
-Ma come lo definiresti questo noi? Noi e basta, noi e tutti, noi
part-time, noi oggi e domani chissà ... -
-Siamo arrivati al punto di dover definire tutto?-
Percy allentò la presa e smise di danzare. -Credo di averne
bisogno. Ho bisogno di un'etichetta, di un ordine. Mi va bene tutto,
anche che tu non abbia interesse a continuare questa cosa, ma mi serve
una definizione certa e incontestabile, Audrey.-
-Se la metti su questo piano, devo prima fare una cosa.- si
avvicinò lentamente e lo baciò con una passione
controllata ma sincera. -E' abbastanza incontestabile?-
domandò qualche secondo più tardi leggermente
affannata.
-Eh, già qualcosa. Quindi siamo solo noi e nessun altro?-
Audrey annuì lentamente riprendendo a ballare, cercando di
reprimere il suo smagliante sorriso per rispetto alle facce funeree del
comitato di danza che aveva osservato la scena con grande disappunto.
Scapparono qualche minuto dopo, Audrey promise che sarebbe venuta anche
il venerdì sera per sistemare qualche passo e
fuggì mano nella mano con un soddisfatto Percy che ancora
stentava a crederci. Passeggiarono a lungo, finché affamati
dirottarono verso un piccolo bistrot poco affollato e pranzarono
stringendosi le mani in continuazione, sentendo il bisogno di baciarsi
e ridacchiando senza motivo.
Qualche ora più tardi, stretti ed accaldati nel letto
dell'appartamento di Percy, rimasero a lungo in un silenzio
contemplativo e appagato che Audrey ruppe l'atmosfera portando una
ventata di realtà.
-Ho paura che tutto potrebbe finire.-
-Intendi noi?-
-Intendo tutto il resto. Vorrei che questa giornata si ripetesse
all'infinito e che la realtà rimanesse un pallido miraggio.-
disse Audrey baciandogli una spalla.
Percy la strinse e sospirò incerto. -So solo che non voglio
perdere anche questo. Non fare cose avventate, non metterti in
pericolo.-
Audrey alzò lo sguardo e fissò quegli occhi
coperti da ciuffi d'un rosso così scuro e denso.
-Ci proverò. Ora ho qualcosa in più per cui
combattere.- gli sorrise e si lasciò baciare mentre la
nostalgia di un giorno non ancora finito riempiva ogni loro gesto.
Quella stessa sera Audrey tornò nell'appartamento che
divideva con un collega e seduta su una piccola scrivania scrisse una
lunga lettera per Percy. La lesse più volte e la
copiò e sistemò per quasi tutta la notte, una
volta soddisfatta la chiuse in una busta che affrancò con il
suo nome e quello completo del suo ragazzo. Non appena
oltrepassò, ore dopo, l'ufficio del suo capo
consegnò la lettera ed inserì il nome di Percy
Weasley nella breve lista dei contatti da chiamare nel caso le
succedesse qualcosa, con un sospiro e un brivido sinistro chiuse la
porta di quella stanza con una certezza in più.
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