Alba di un ricordo
“Credi che un uomo possa cambiare il proprio destino?”
“Credo che un uomo faccia quel che può
finché il suo destino non si rivela”
L’Ultimo Samurai
Danzava… il canto della Notte correva nel vento e lo
illuminava, brandendo gli ultimi raggi di luna di quella sera nebbiosa. Era
color di perla il marmo che fissava ed era color di morte l’evanescenza umida
che l’avvolgeva.
Ma intorno… profumo. Gelsomini Notturni e salici piangenti,
capelli color fantasma e un riflesso pallido ma luminoso come la vita di un
fiore in boccio.
Kakashi era fermo dinanzi alla
tomba di Obito e scrutava il fiore solitario che affrontava la notte a braccia
aperte, ondeggiando di vita davanti ad una lapide e diffondendo ovunque il suo
profumo.
Un sorriso si aprì sul suo volto, celato dalla maschera come
la vista dalla nebbia. Tutto era fin troppo offuscato: Obito era solo un nome e
quella lapide non era marmo, era pietra.
Dura e grezza, come il coraggio dei difensori di Konoha.
Destini solitari, ma tutti riuniti in una sola pietra; tante
lettere affiancate e sull’attenti una vicino all’altra
pronte a formare un nome, e per chi avesse avuto più fortuna, un ricordo.
Sì, fortuna.
La saggezza è il bastone di una gioventù invecchiata e i
ricordi ne sono il sentiero percorso.
Kakashi non si reputava ancora
saggio abbastanza, c’era nebbia intorno a lui, il suo destino era un volo senza
ali.
Ma ricordi ne aveva, e aveva promesse da mantenere e piccole
sapienze da tramandare: un giorno avrebbe trovato il suo destino, un giorno quel
gelsomino notturno avrebbe visto i raggi del sole e sarebbe appassito.
L’importante non è la
morte, è come si è vissuto.
Due portafoto furono poggiati alla
base della lapide, proprio accanto al fiore: il suo team da allievo e la sua
squadra da maestro.
Deboli guizzi dorati graffiarono l’evanescenza di latte e Kakashi non indietreggiò osservando il ragazzo incorporeo
seduto lievemente sulla pietra. I raggi del sole lo stavano mangiando come il
tempo stava iniziando a fare con il ricordo della sua voce.
«Mi dispiace…
perdonami» riuscì solo a mormorare il Jonin.
Il rosso iniziò a tingere l’orizzonte, mentre l’oro del sole
tentava di penetrare il muro di nebbia. Ma riusciva solo a rimbalzarci contro.
L’ultima brezza serale gli scompigliò i capelli e le vesti,
come un lievissimo abbraccio inconsistente.
«Un fratello non ha bisogno di chiedere
perdono. Sei il mio onore e il prolungamento del mio sentiero».
Luce. Flebile, perlacea… sempre più dorata. Il fuoco
s’impadronì del cielo e la nebbia si dissolse, mentre un raggio brillante
scintillò sulla foto del Team 7, portando in vita un
nuovo giorno.
Kakashi scostò dall’occhio la
fascia con il simbolo della Foglia e lasciò che lo Sharingan
fissasse il nome del suo compagno di squadra.
«Vedrò l’avvenire
per te, Obito».
Poi, i suoi occhi catturarono l’immagine dei tre Genin a lui affidati e sorrise, suggellando la sua
promessa: «E insegnerò a vederlo anche
agli altri».
A volte, è il destino che illumina e spazza via la nebbia
dal cammino.
FINE
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Ehm, non so cosa voglia dire questa storia, in realtà avevo
già iniziato a scriverne una su Kakashi a più
capitoli, ma il tempo non mi permette di andare avanti… :(
ieri però ho visto per la seconda volta L’Ultimo Samurai e non ho potuto
trattenermi dallo scrivere.
È una cosa buttata giù senza pensare, per
cui non fate troppo caso alla grammatica e all’insensatezza che possono
avere certi pezzi ^^’
Vorrei dedicare questo mozzicone di storia ai “Goonies” e a Diablo (sempre che la leggano ^^’) e
vorrei ringraziare in anticipo chiunque sia arrivato fin qui a leggere e magari
stia anche quasi pensando di lasciare una recensione.
Ciao!! WILD ;)