Questo quinto capitolo è pieno di riferimenti a diversi episodi della
serie:
- The Rings of Akhaten, settima stagione.
- Journey to the Centre of the Tardis, settima stagione (il riferimento
al LIBRO).
- The Armageddon Factor, sedicesima stagione della serie classica
(l'incontro con Drax), e The Five Doctors della ventesima stagione (la
follia del Lord Presidente Borusa).
La storia dei compagni d’Accademia del Dottore è tratta dal romanzo
“Divided Loyalties” (serie Past Doctor Adventures). Vi consiglio di
leggerlo perché riassume molti argomenti cruciali: la giovinezza del
nostro amatissimo, la figura del Celestial Toymaker (che dovrebbe
comparire più avanti),
i background di molti futuri antagonisti della serie classica (sì, c’è
anche il Maestro…) e molto altro. E poi c’è il Quinto Dottore con
l’equipaggio al completo, inclusa quella rompiscatole di Tegan, il che
non guasta.
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- Mi dispiace. So che eravate molto amici.
Vastra terminò di medicarle la spalla e la fissò. Sebbene il Dottore le
avesse spiegato la particolarità della dimensione da cui Ada proveniva,
non era semplice accettare di essere messa a nudo. Non era nella sua
natura lasciare che degli estranei scavassero nei suoi segreti, nei
suoi sentimenti.
- Sì, è vero. Ma stiamo parlando del nuovo comandante supremo di Sontar
o di una povera vittima perduta per strada?
I battaglioni Sontaran sparsi per le galassie non sarebbero mai più
potute tornare al loro pianeta. Avrebbero continuato a combattere e
saccheggiare, certo, ma non avevano più una patria.
Non una stirpe di soldati, ma di guaritori avrebbe abitato Sontar da
quel giorno in poi; ciò che era stato sempre considerato debole e
indegno si era rivelato una forza e un requisito essenziale per la
sopravvivenza. I Rutani avevano portato la morte, ma dalla morte era
risorta la speranza, in un modo così sorprendente che il Dottore
stesso, nei suoi sogni più intimi, non avrebbe osato immaginarlo.
Strax era rimasto per costruire una nuova civiltà, con la fierezza e la
dignità di un veterano che trasforma la spada in aratro.
La TARDIS era ripartita verso una meta non ancora chiara, come sempre.
L’opzione più gettonata erano gli anelli di Akhaten, che Clara
ricordava come un luogo magico. Akhaten, il parassita, il falso dio che
si nutriva di storie, di anime, di vita, era stato sconfitto da quello
stesso amore che l’aveva creata.
- Le persone che incontriamo nel nostro cammino ci arricchiscono, nel
bene e nel male. Ci donano qualcosa, e noi doniamo qualcosa a loro… ma
non ci appartengono né sarebbe saggio diventare egoisti nei loro
confronti.
“Nemmeno Jenny Flint? Vuole farmi credere di non rimpiangerla affatto?”
Vastra intuì i suoi pensieri e la sua espressione cambiò.
- Provare nostalgia è normale. Sentire la mancanza di qualcuno… persino
morire dentro è perfettamente lecito. Ma smarrire di proposito la
strada, dare la colpa agli altri della propria infelicità, diventare un
peso anziché essere di aiuto e lasciarsi arrugginire… non bisognerebbe
mai permetterlo.
Non parlava più di Strax, ormai, e non sembrava molto a suo agio. Ada
cambiò argomento, comprendendo di aver toccato un tasto ancora troppo
delicato.
- Grazie di averci tirate fuori dai guai. Vorrei anch’io un fischietto
ad ultrasuoni, nel caso ci trovassimo in una situazione difficile come
oggi.
- Fischietto? Hai appena chiamato la mia spilla sonica fischietto?
- No, Madame. - Mantenne un’espressione quanto più seria possibile,
considerato che Clara, alle spalle di Vastra, stava facendo strane
smorfie. Solo ricordando che ridere avrebbe potuto procurarle dolore
alla ferita riuscì a resistere.
- Gente che va, gente che viene. - Non appena fu sicura che fossero
rimaste sole, Clara alzò gli occhi al soffitto e si finse pensierosa. -
A me Strax non mancherà in modo eccessivo, però lei ci è rimasta male.
La Paternoster Gang è sciolta definitivamente, puff.
Era la stessa ragazza che aveva dato in pasto ad un falso dio il
simbolo di infiniti, ipotetici futuri? La stessa Clara che si era
gettata nel flusso temporale del Dottore, per salvare ogni sua singola
vita? Ada si rese conto di averla idealizzata, e che forse doveva
ridimensionare la sua opinione su di lei… ma quando mai aveva avuto
bisogno di cambiare idea su un personaggio che si lasciava amare un
poco di più ad ogni puntata? La realtà era una sfida, lo era sempre
stata, e Ada non aveva ormai più dubbi sulla concretezza di ciò che
stava vivendo.
- C’è molto di più in ballo - ribatté. - L’attacco dei Rutani è stato
terribile, ma ne è venuto fuori qualcosa di straordinario. La pace!
Sai per quanto tempo quel virus persisterà nell’atmosfera del pianeta?
Almeno trecento anni. Una nuova civiltà, un nuovo modo di intendere.
Quando i Signori del Tempo torneranno, avranno un nemico in meno e un
alleato in più - si esaltò, creando senza accorgersene una specie di
fanfiction estemporanea. Sapeva di mostrarsi un po’ saccente, parlando
in quel modo; era sempre stato il suo peggior difetto, ma vivendo sola
per la maggior parte del tempo non era mai riuscita a correggerlo.
Clara si guardò intorno. - Shhh, se il Dottore ti sente… - Fece il
gesto della ghigliottina. - Non gli piace che gli venga ricordato che quelli
stanno aspettando di venire liberati. O per lo meno, era così prima che
scoprissimo la tua dimensione… forse ora se ne può parlare.
Ada tornò a sentirla complice e amica e ammirò la tenera fossetta che
accompagnava quel suo sorriso incredibile. - Giusto. - Schioccò le dita
di entrambe le mani, ma avrebbe fatto meglio a risparmiarsene una. La
ferita tornò a farle male e strinse i denti prima di continuare: - Un
tempo non c’era bisogno di aprire crepe per passare da una dimensione
all’altra. E adesso è di nuovo così, perciò qualcosa è cambiato...
- O cambierà.
Clara alzò lo sguardo e vide il Dottore appoggiato allo stipite della
porta dell’infermeria, in vestaglia e pantofole, con uno strano sorriso
sul volto.
- C’è un futuro, davanti a noi, e in un momento imprecisato di quel
futuro ritroverò Gallifrey. - Disse quel nome con un accento
particolare, e Ada si rese conto che si trattava della pronuncia giusta,
non della traslitterazione in lingua inglese. Capirlo le diede un
brivido. Si sentì stanca, tutto ad un tratto; Vastra le aveva fatto
ingurgitare qualcosa che stava per l’appunto facendo effetto in quel
momento. - Ciò che accadrà ha già delle conseguenze nel presente, come
un’onda che ricade all’indietro. L’universo… si distende. Torna ad
avere un differente equilibrio. Ma non posso sapere quando accadrà.
Posso soltanto continuare a viaggiare, finché non troverò un indizio,
non avrò un’intuizione… dev’essere il momento giusto. Non serve a nulla
cercare di affrettare gli eventi. Accadrà, e se lo vorrete, quel giorno
sarete con me.
- Dottore, devo chiederti una cosa - mormorò Clara, dopo alcuni minuti
di prezioso silenzio.
Lui allargò le braccia, ma con i gomiti ben saldi sulle costole,
dopodiché tornò ad unire le mani sotto il mento. Ogni ruga del suo
volto sembrava ostentata, gli occhi erano due fessure.
- Ho letto qualcosa, in un libro, in una di quelle stanze… e non lo
ricordo più, e so che dovrei…
- No, non dovresti, probabilmente - tagliò corto lui. - Non aveva
importanza, e comunque non è mai successo.
- Che cos’era? - insistette Clara.
- Storie. Storia. Il nome che non doveva essere pronunciato... ma tu
non hai mai davvero visto o letto o sentito parlare di quel libro, è
l’eco di cose mai accadute - sussurrò il Dottore, a pochi centimetri
dal suo viso, senza però toccarla.
- L’eco di cose che mai accadranno ha distrutto un pianeta malvagio,
per mia stessa mano. Non me lo diresti mai, il tuo nome? - Gli occhi
della ragazza si erano accesi di un capriccio che non gli piacque.
“Cosa riesce a far tremare un Dalek nella sua corazza? Il tuo
nome, il tuo nome…”
- “Mai” è una lunga parola. Che cos’hai dichiarato a Trenzalore? “Il
suo nome è Il Dottore. Questo è tutto ciò che dovreste sapere”. E ora
cerchi le risposte in vaghi ricordi di una linea temporale mai
esistita… In altri tempi, in altri luoghi, ci sono state occasioni in
cui è stato opportuno rivelare dettagli del genere, ma... Tu mi
sposeresti, Clara Oswald?
Lei abbassò la testa. Sentiva freddo al petto e quasi lo odiò per
quella domanda crudele.
- Ti sei risposta da sola - concluse il Dottore. Un dubbio gli si
insinuò nella mente, e voltò la testa di scatto: - Markham?
Ada si riscosse dal dormiveglia in cui era sprofondata senza
accorgersene.
- Oh, scusa, ti eri appisolata?
Chissà perché, sentire il Dottore usare termini come “appisolata” la
mise di buon umore.
- Scusami. Cosa mi hai chiesto?
- Volevo capire quanto e cosa sai di me. Conosci il mio nome?
- No, è uno dei punti fermi dello show: il mistero numero uno. - La
domanda l’aveva colta di sorpresa, ma non aveva nessuna difficoltà a
rispondere. Le sembrò uno spiraglio di confidenza, di interesse. - Se
lo sapessi di certo non lo riferirei ad anima viva, morta o zombie.
Però conosco il tuo soprannome all’Accademia, e devo dire che mi basta
per tutta la vita.
Il Dottore aveva storto il naso in una smorfia, ma aveva iniziato a
ridacchiare. - No, ti prego. - Sembrava che qualcuno gli stesse facendo
il solletico. Non era più abituato a ridere, pensarono entrambe nello
stesso istante. Era buffissimo e anche un po' inquietante... come una
marionetta in vestaglia.
Ada si sentì in diritto di pungolarlo un po’ su quel lato. - THETE!
Quanto ho sognato di chiamarti così!
- Che cosa? No, questo dovete dirmelo! - insistette Clara. - Cosa vuol
dire?
- Theta Sigma. Non l’ha mai sopportato, per quanto ne so, ma è
adorabile. Forse si chiama Thomas Smith e noi stiamo a lambiccarci il
cervello…
- Direi che avete bisogno di una lunga nottata di sonno, tutte e due -
stabilì il Dottore, ma aveva ancora quel sorrisetto a increspargli le
labbra.
C’era della verità in ciò che Ada aveva raccontato: non gli era mai
piaciuto. Ma allo stesso modo non gli era mai andato a genio il suo
vero nome. Non li aveva mai indossati con disinvoltura - lui sentiva di
essere il Dottore e nient’altro. Rifuggiva con rabbia e disprezzo da
tutto ciò che avrebbe potuto distrarlo dal suo obiettivo, dalla
costruzione della propria identità. Era così giovane allora… così
impaziente.
Quando, durante la sua quarta incarnazione, aveva incontrato il suo
compagno d’Accademia Drax sul pianeta Atrios, per riflesso gli aveva
proibito di chiamarlo Theta. Ma già allora, in fondo, aveva compreso
che non aveva nessuna importanza, perché non c’era bisogno di mostrare
un orgoglio inutile, perché…
Era nostalgia, quella che gli stava salendo dallo stomaco? No, forse
no. Nostalgia significa desiderare di tornare al passato. Eppure si
scoprì a fantasticare di essersi comportato diversamente, in
quell’occasione. Drax era uno dei pochi amici che gli fossero rimasti,
già all’epoca. I Deca… gli studenti più ribelli e brillanti della sua
generazione, i suoi migliori amici, avevano preso strade molto
differenti tra loro, e molte di esse si erano rivelate oscure e votate
al Male. Koschei, in primo luogo, ma anche Mortimus, Ushas, Magnus… e
Vansell, la spia dei servizi segreti di Gallifrey, lui più di tutti.
Evitò di soffermarsi sui due compagni perduti per mano del
Giocattolaio. Faceva troppo male, sebbene fossero trascorse sette vite
da allora - otto, contando il Guerriero. Persino i loro nomi erano
stati cancellati dalla Matrice che tutto ricordava, ma lui li teneva
con sé, ognuno in un cuore, come due ferite aperte.
Anche Drax era stato reclutato dal Guardiano Nero, ad un certo punto,
ma la sua anima non si era mai oscurata del tutto e si era liberato
volentieri da quella missione malefica. Jelpax era rimasto a Gallifrey,
e la sua posizione prestigiosa aveva facilitato di molto i progetti
insani di Borusa… ma aveva pagato in abbondanza quella presunta
complicità.
Borusa, già. Era stato l’insegnante di tutti loro e aveva sopportato
l’irrequietezza, la mancanza di disciplina, le piccole malefatte, ma
più di tutto la supponenza di quei giovani convinti di essere
onnipotenti, immortali… Avrebbe mai creduto di poter cadere lui stesso
in quel delirio, secoli più tardi, quando già portava lo Scettro e la
Fascia di Rassilon? Di ritrovarsi a desiderare il potere supremo, con
la certezza della propria ragione - il che è già assoluta follia - e di
uccidere per questo?
Sì, il Dottore aveva nostalgia di Gallifrey, ma non perché ora
accettasse la sua struttura sociale o ne volesse far parte e avesse
perso totalmente il desiderio di guardarsi intorno e correre e
stupirsi; non era un ritorno con la coda tra le gambe, un sottomettersi
alle regole, una sconfitta. Piuttosto, ritrovarlo era il culmine della
vittoria su un destino che sembrava già compiuto. Voleva però capire,
alla luce degli eventi che gli avevano permesso di scoprire la verità
sulla coraggiosa decisione del se stesso Guerriero, come evitare una
seconda Guerra del Tempo. E nel profondo acquietare quell’altra
guerra, lo struggimento eterno che portava dentro.
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