Il drago
Quel viaggio gli era
sembrato eterno. Hong Kong - Roma in una sola botta, quindi Roma -
Firenze in treno. Sei ore di fuso orario sulle spalle e tutto lo
scombussolamento della seconda parte del viaggio (che, ovviamente,
aveva trascorso per la maggior parte del tempo in piedi) iniziarono a
fargli odiare l'Italia già da subito e a fargli mancare la
voglia di cercare...cercare poi chi? Il maestro Wang era stato molto
vago.
"Sono
ragazzi speciali e te ne accorgerai. Alcuni con caratteri difficili, ma
risponderanno alla chiamata"
Come
altro indizio gli aveva dato un simbolo che tutti questi ragazzi
avrebbero dovuto avere marchiato da qualche parte sulla pelle: un drago
chiuso a cerchio, con un pugnale che dal basso entrava in esso e una
freccia che si intersecava con la punta del pugnale per uscire
diagonalmente dal cerchio. Piuttosto insolito come simbolo, aveva
pensato subito, mentre lo studiava sull'aereo, poi il sonno aveva preso
il sopravvento e non ci aveva più pensato.
In
quel momento stava girando per le vie di Firenze, dopo aver depositato
i bagagli in albergo. La gente non sembrava fare molto caso a lui, i
cinesi in Italia erano ormai una presenza abituale e, purtroppo, erano
eccessivamente occidentalizzati, a parer suo. Attirò ogni
tanto l'attenzione di qualcuno per il suo fisico muscoloso e tonico
oppure per i lunghi capelli neri raccolti all'altezza della nuca in una
coda, sentì ogni tanto qualche commento in quella cadenza
che gli stava rendendo i fiorentini simpatici. Qualcosa,
però, distolse la sua attenzione dall'accento toscano della
gente.
Non
c'era proprio verso di ascoltare la lezione quella mattina. Era anche
comprensibile, l'ultima ora di Filosofia del Sabato uccideva chiunque,
lei in special modo. Ma come si poteva mettere una materia pallosa come
Filosofia all'ultima ora dell'ultimo giorno della settimana di scuola?
Voleva proprio conoscere quel bischero di prof che aveva steso l'orario
delle lezioni quell'anno. Fortuna che era il suo ultimo anno al Liceo
Classico Michelangelo. I cinque anni più noiosi della sua
vita, senza uno straccio di ragazzo che la notasse nè
qualcuno che si potesse definire "migliore amico". Non che di amici non
ne avesse, però non era mai riuscita a legare con nessuno in
particolare. Per quanto riguarda i ragazzi poi, se altezza mezza
bellezza lei era proprio tagliata fuori: poco più di un
metro e cinquanta. Eppure, nonostante tutto, non si era mai vista
così brutta, anzi, per essere un incrocio tra un
italo-brasiliano e una cinese era venuta fuori piuttosto bene: seno
evidente ma non troppo prosperoso, fondoschiena leggermente
all'infuori, molto JLo, e un fisico da atleta pur non avendo mai fatto
sport, giusto un po' di Tai Chi con la nonna in giardino.
Il
sonno stava per prendere il sopravvento, quando un tonfo sordo
attirò l'attenzione sua e del resto della classe, professore
compreso, che subito uscì dalla porta per controllare cosa
fosse successo.
Qualcosa,
però, si mosse dentro Mei Mei (Melania all'anagrafe, ma
tutti a partire dai suoi genitori la chiamavano Mei Mei) e
improvvisamente sentì un gran bruciore sul dorso della mano,
dove lentamente apparve uno strano simbolo, con un drago messo a
cerchio.
La
porta sbattè violentemente, riuscendo a far gridare quasi
tutte le ragazze della classe. Un uomo incappucciato e col volto
coperto da un bavaglio teneva il professore sollevato per la gola ed
era molto vicino a soffocarlo.
"Dov'è?"
chiedeva insistentemente con voce roca, ma il prof non riusciva ad
emettere alcun suono.
Se
continua così lo ammazza, pensò allarmata Mei
Mei. Una vocina dentro continuava a dirle che doveva intervenire, ma la
ragazza non sapeva come. La vocina però era sempre
più insistente e il prof sempre più paonazzo,
così decise di seguirla.
Era
come se qualcuno la stesse comandando da fuori, fece perno con un piede
sul banco della sua vicina, quindi balzò con l'altro sulla
cattedra, saltando verso l'uomo incappucciato e assestandogli un
poderoso calcio in piena faccia, che gli fece perdere la presa sul
professore e lo fece volare oltre il muro della scuola. La ragazza si
meravigliò di ciò che aveva appena fatto e anche
i suoi compagni restarono ammutoliti per qualche secondo, prima di
correre a vedere che fine avesse fatto l'uomo. Era steso a terra,
qualche metro più in basso (la loro classe era al primo
piano dell'edificio), senza sensi e immobile. Un altro tizio, nerboruto
e coi capelli lunghi neri, lo stava studiando attentamente. Quindi
alzò lo sguardo verso gli studenti ed espose un distintivo.
"Sono
Lei Wulong, del' Interpol di Hong Kong, vorrei parlare con il
responsabile di tutto questo" si presentò in un italiano un
po' troppo cinese.
Tutti
gli studenti catalizzarono la loro attenzione su Mei Mei, che in quel
momento avrebbe voluto sprofondare.
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