Codex
alearum
Primo
capitolo
Litigio
La
donna si portò le mani ai capelli castani, arricciandoli in
maniera
quasi compulsiva tra le dita, poi alzò di fretta lo sguardo
sulla
figlia e lo scostò ancora.
“Sei
sempre la solita. Se dico che devi rientrare rispettando il
coprifuoco, devi essere qui non dopo l'una”.
Gioia
si morse nervosamente il labbro.
Era
una scusa per litigare; sapeva che una volta messo piede sulla soglia
della porta sarebbe accaduto, tuttavia non era riuscita a prepararsi
mentalmente un piano d'azione, o una scusa quanto meno convincente.
“Avevo
bisogno di schiarirmi le idee...” buttò
lì, restandosene sul
vago, portandosi poi sulla punta dei piedi e incrociando le braccia
al petto prosperoso per apparire più adulta; il risultato,
mal per
lei, fu l'opposto, di fatto la madre scosse la testa e assunse
un'espressione contrita.
“Forse
è stato anche per questo che...”
Lo
sguardo di Gioia divenne inviperito, se avesse potuto avrebbe
incenerito qualunque cosa le fosse stata a tiro pur anche solo di
minacciare la donna: non voleva sentire la naturale conclusione del
resto della frase, naturale per sua madre.
“Non
ti azzardare! Non voglio essere messa a parte di altre tue brillanti
supposizioni”. Disse lapidaria e con un sarcasmo velenoso,
entrando
in casa e sbattendosi la porta alle spalle, poi si svestì
del
cappotto e lo buttò sul divano, facendo sospirare nuovamente
la
madre, che si avvicinò a lei, premendo sulle braccia per
muoversi
con la sedia a rotelle.
A
quel punto Gioia distolse lo sguardo e lo puntò ai suoi
piedi,
sentendosi avvolta dal solito senso di colpa che si faceva sempre
presente quando alzava la voce con sua madre.
“Magari
Alex sarebbe disposto a tornare con te, se tu gli chiedessi
scusa”.
Gioia
spalancò la bocca e la tenne aperta per una buona manciata
di
secondi: non pensava che sua madre sarebbe comunque riuscita ad
arrivare comunque a quel punto. Dopo essersi ripresa dallo shock,
richiuse la bocca e parlò con voce che non sembrava essere
sua,
tanta rabbia conteneva. “Alex è un capitolo della
mia vita che
voglio considerare chiuso, sepolto. Non ho sbagliato io, mi ha
tradito! Mamma!”
Ma
l'altra scosse la testa, “magari è stata colpa
tua. Sei
disordinata, ritardataria e sembra che tu abbia sempre la testa
altrove, magari quel povero cristo voleva semplicemente la compagnia
che tu non gli da...” ma Gioia non badava più a
ciò che diceva la
madre e nella testa riecheggiava unicamente la prima frase.
Magari
è stata colpa tua.
Colpa
tua, colpa tua, colpa tua...
E
come se stesse rivivendo ancora l'attimo della scoperta, le parve
d'udire il risolino della segretaria di suo marito che si avvinghiava
a lui nella loro camera da letto, tra le loro lenzuola, nel loro
posto speciale.
Un'unica
lacrima le rigò il viso, ma lei la scacciò
prepotentemente con il
dorso della mano, poi diede le spalle alla madre e si chiuse a chiave
nella sua camera; aprì le ante di tutti gli armadi -
rischiando di
romperle a causa della foga con cui lo fece - afferrò la
prima
valigia che le capitò a tiro e la buttò sul
letto; poi iniziò a
tirar fuori ogni indumento che poteva giovarle e ve li
infilò a
forza, poco importava se in quel modo i suoi abiti diventavano
ammassi indefiniti; infine si sedette sul suo bagaglio e chiuse la
cerniera con forza.
Restò
per un paio di minuti in quella posizione, poi prese il portatile tra
le mani e iniziò a cercare... suo padre avrebbe potuto
benissimo
badare a sua madre, Gioia adesso aveva soltanto bisogno di andare
via.
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