Homecoming
[And
the blood will dry
underneath
my nails
and
the wind will rise up
to
fill my sails
so
you can doubt
and
you can hate
but
I know, no matter what it takes
I'm
coming home]
Le
pubblicità della Colazione Perfetta le hanno sempre fatto
stringere lo stomaco in una morsa sgradevole, ancora prima di
costringersi a tirare fuori il succo di frutta e i crakers. D'altra
parte, April O' Neil è sempre stata una di quelle persone a
cui il mattino si presenta sputando in un occhio, piuttosto che con
l'oro in bocca.
Alzarsi dal letto era una tragedia già
da quando andava a scuola, oggi meno aggravato dal possesso di un
negozio proprio. Apre all'ora che vuole, chiude all'ora che vuole.
Questo, può tollerarlo. La madre trentenne che volteggia
sullo schermo, reggendo un vassoio di biscotti e leccornie per i figli
e il marito, no. Stride con il suo stato di animale urbano.
Con il ritmo che New York stabilisce per tutti i suoi cittadini.
Quel ritmo che, talvolta, entra in casa sua sotto
forma di un trapestio troppo leggero per sembrare reale, svegliandola
con il profumo di caffè.
Sono le cinque. La Città sogna ancora,
avvolta nell'alone di un'alba nebbiosa, da inizio estate.
“Che hai combinato?”
Donatello incassa la testa tra le spalle,
colpevole, ancora prima di voltarsi a guardarla con un sorrisino di
scuse. Nessun sussulto di sorpresa, nessuna tazza troppo piccola a
sfuggirgli dalle dita fuori misura.
April non si stupisce –
l'avrà sentita scivolare giù dal letto e
ciabattare in bagno, prima di scendere in cucina. È troppo
presto per rinunciare alla propria personalissima fanfara di
accompagnamento. Troppo presto per non essere goffa, pesante, rumorosa.
Mai abbastanza, tuttavia, per abbandonare la cautela.
“Ehm. Ciao.”
“Ciao, Donnie.”
“Lo sapevi che ti si è rotta
la macchina del caffè?”
“Mi
si è rotta?”
“Yup. Te l'ho sistemata. Anche la
piastra per i Waffer, già che c'ero. Aveva un cavo
scoperto...”
April lo scruta. Lascia vagare gli occhi in
silenzio per lunghi minuti, le labbra premute l'una sull'altra, le
braccia sciolte lungo i fianchi. Ha imparato a non tormentarsi le dita.
A non strapparsi le cuticole con sufficiente forza da maciullarsi la
pelle. A non stringere i pugni fino a farsi sbiancare le nocche.
“Mh. Questo sì che
è grave.”
Un altro sorriso. Lieve, di scuse, appena appena
incrinato dallo spazio tra gli incisivi.
Sotto la maschera, Donatello ha un livido grosso
come una mela. Quattro graffi profondi e ciechi sulla gola, dove si
stagliano i segni neri di uno strangolamento. La spalla
destra, gonfia. E dove la piastra che gli protegge il ventre scende e
si fa sottile, April non sa più riconoscere dove inizia
l'ematoma e dove finisce la sua pelle.
Non c'è nome per la rabbia che le
sboccia in petto. Si raggruma nella sua gola come cotone
bagnato. Ostruisce. Blocca. Soffoca. Le inietta nelle vene un tale
carico di rabbia da farle venir voglia di strapparsele dagli incavi dei
gomiti e buttarle per terra – o avvolgersele attorno ai
polsi, come cavi elettrici, per ferire.
Non ha mai saputo cosa significa voler fare del
male. Voler spingere il setto nasale di qualcuno così su e in fondo da
sfondarlo, affondare indice e medio in orbite indifese, e pestare mani
protese in un ballo d'ossa.
Non ha mai saputo cosa significhi volerlo fare
per proteggere.
Non prima che i ragazzi – i suoi ragazzi –
rientrassero una mattina molto più fredda di questa, con la
pelle cerea e umida di sudore freddo e negli occhi quella scintilla
aliena e selvatica. La paura. La risata che si sbatte in faccia al
pericolo, subito dopo aver rischiato così tanto, ancora una
volta.
Prova così spesso rabbia, April, che a
questo punto dovrebbe essere già morta stecchita per la bile
con cui si strozza di continuo. Se si lasciasse prendere la mano, ne
è sicura, New York sarebbe pulita da cima a fondo. Non
esisterebbero più Dragoni Purpurei. Mobstar. Foot clan. Non
sono che cenere, per lei. Cenere, cattivi propositi e carne da macello.
Eventualmente, s'impara a conviverci, e
ridirigerla in una confluenza positiva – the, e domande
mirate, e tocchi leggeri quando si tratta di disinfettare e ricucire.
“Gli altri?”
Donatello sfiata un sospiro di sollievo. E' un
organismo bioculturale quanto lei, con una mente molto più
rapida della sua. Per qualche strano motivo, tuttavia, ogni volta che
le capita in casa trattiene il fiato. April sospetta che mandino in
avanscoperta lui perché Raphael è convinto che le
piaccia. Più di loro. Più di lui. Ma Raph
è un idiota, certe volte, come tutti gli adolescenti possono
dimostrarsi, e se non irrompe per primo nel suo appartamento, significa
solo che è troppo debole per camminare. Non conviene fare
storie.
“Di sotto. Mikey ha qualche problema
con la gamba sinistra. Leo sta ancora cercando di convincerlo che non
ho intenzione di amputargliela.”
April inarca un sopracciglio.
“Ehi – no, dai, non guardarmi
così. Non stava zitto due secondi, continuava a lagnarsi che
stava per morire. Io gli ho solo detto che, se non la piantava, gli
avrei dato un motivo serio.” Don prende un sorso di
caffè. Schiocca le labbra e sorride, stancamente.
“Hai anche biscotti, per caso?”
April arraffa la felpa e le chiavi. Scalcia via
le ciabatte e, sulla strada per la scaletta antincendio, recupera le
scarpe al volo.
“Mettiti comodo,” ordina, dal
pianerottolo di metallo. Sanno entrambi che, a questo comando, non
c'è obiezione che tenga. E l'aria di New York è
fresca sulla sua pelle, dolce dell'appello mattutino. Siamo tutti vivi.
Siamo tutti interi. E, conoscendoli...a breve, tutti addormentati nei
posti più disparati della casa, sfiniti e medicati alla
buona.
La sua Colazione Perfetta, dritta a domicilio.
La Città si è
Svegliata. E lei con essa.
[I'm
coming home, I'm coming home
tell
the world that I'm coming home
let
the rain wash away
all
the pain of yesterday
I
know my kingdom awaits, and they've forgiven my mistakes
I'm
coming home, I'm coming home
tell the world that
I'm coming]
Coming
Home II, Skylar Grey
NA
E' stato bello trarre
dalle bozze questa one - shot, che avevo iniziato e poi mollato da un
pezzo. Mi dispiaceva lasciarla senza una conclusione - e, soprattutto,
volevo un pezzetto introspettivo che avesse April come personaggio
principale da quando ho buttato giù Crystallize. Non
è legata alla serie della fattoria di Northampon,
è...semplicemente una normale mattinata made in
New York.
Con pestaggio annesso.
Kei
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