La neve, lei se ne frega di Mania (/viewuser.php?uid=588696)
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PROLOGO
▬
C A P I T O
L O U
N I C O ▬
“ La neve, lei se ne frega „
«
Copre antenne e furgoni
gli
ospedali e gli incroci
desideri
e intenzioni
e fanali
che fanno già meno luce
io ti
guardo negli occhi
hai le
ciglia bagnate
e
prometti di tutto
e nevica
ancora da togliere il fiato »
La neve se ne frega
- Ligabue
Le
venature bianche
si intrecciavano nella superficie liscia dell’acqua gelata,
insinuandosi in percorsi nel blu verdastro – cunicoli e crepe
disegnate dalle particelle ordinate dell’immenso lago,
situato
alle alte quote della catena montuosa principale di Goðheimr.
Erano
dedali di sentieri, insenature a ricalcare strade impraticabili,
unicamente visibili agli occhi di Lady Sigyn attenti a tale spettacolo
naturale su cui stava prestando la sua totale attenzione.
Aveva freddo nonostante la folta pelliccia. I brividi le si insinuavano
sotto i tessuti, sospinti dai refoli di vento glaciale, carezza grezze
di una brezza troppo selvatica per conoscere morbidezza, e li lasciava
scorrere assecondandoli, facendo crescere la pelle d’oca
senza
desiderio di scacciarla con eccessiva fretta. Seduta sulla nuda roccia
ai bordi della superficie congelata dell’immenso bacino
d’acqua, attendeva il ritorno di Loki con i polpastrelli a
disegnare figure arabesche nella neve tutt’attorno a lei,
chinandosi in avanti per arrivare al candore dei fiocchi ai suoi piedi.
Anche se le unghie avevano preso una sfumatura bluastra, non ritrasse
la mano sotto il mantello, continuando a perseverare in
quell’innocuo passatempo, apprezzando gli aghi di gelo a
conficcarsi con maggior determinazione – vi era quasi un moto
di
soddisfazione nel sentir accrescere il freddo nel proprio corpo, una
gara con se stessa per scoprire quanto ne poteva sopportare. Sarebbe
potuta rimanere nel chiarore veemente di quei luoghi solitari senza mai
provare noia, riempiendo gli occhi di quella meraviglia unica che
l’inverno privo di fine faceva nascere in lei. Il bianco
sommergeva il mondo, sotto una coperta fasullamente delicata pronta a
divenire trappola mortale alla minima leggerezza, trasformando la
magnificenza in terrore.
Alzò le iridi nere verso il sentiero che Loki aveva
intrapreso
tempo prima, per recarsi in un santuario perduto nelle pieghe della
memoria degli eoni trascorsi, alla ricerca di nuove conoscenze, nuovi
poteri, nuovi obbiettivi da conquistare –
l’infossarsi su
di uno solo lo avrebbe reso troppo prevedibile, e il dio degli inganni
non sarebbe stato tale se le sue mosse potevano essere intuite dai suoi
nemici.
I passi di Loki affondavano nella neve senza causargli alcuna
difficoltà nel proseguire, nonostante l’ostacolo
che
rappresentavano nella fluidità dei movimenti, non gli
impedivano
di apparire come sempre elegante nei suoi modi regali, privo di
sbavature. Naturalmente, si ritrovava a proprio agio come lo era in
qualsiasi luogo, perché ad alcunché avrebbe mai
concesso
il favore di toglierli la linearità dei propri gesti,
sottraendogli la teatralità della più piccola
movenza. Ma
nell’accecante biancore dei monti intrappolati nella morsa
del
pallido senza posa, Loki acquisiva una scioltezza quasi maggiore, come
se fosse quello l’ambiente più consono al principe
e non
lo splendore dell’oro perpetuo di Asgard.
«Possiamo tornare» asserì avvicinandosi
a Sigyn,
porgendole una mano come invito a rialzarsi – gentilezza
dedicata
unicamente a lei, racchiusa nell’imperativo della propria
affermazione. Quando le dita di lei si appoggiarono sul proprio palmo e
avvertì quanto fossero divenute pallide a causa del clima,
con
le vene visibili come se la sua pelle fosse divenuto uno strato quasi
invisibile, Loki inclinò appena il capo di lato per cercare
in
lei cosa l’avesse portata a mettersi a giocare con la neve
– una bambina troppo entusiasta per rendersi conto di non
aver
intrapreso la scelta migliore, senza senso del pericolo o della misura,
come lo era sempre stata. Nelle ciglia su cui vi erano gocce di
condensa a incorniciarle lo sguardo, vi scorse i riflessi degli occhi
di Sigyn, abitati dal desiderio di ammirare quei luoghi dimenticati,
ammantati di un fascino lontano da quello a cui era abituata.
«A
meno che tu non voglia rimanere ancora un po’»
propose,
intuendo già la risposta di lei.
Rendere felice Sigyn era un modo sottile, un capriccio, per avvertire
in quei momenti in cui il suo sorriso risplendeva nella stessa luce dei
soli, quello stesso sentimento di cui vibrava il volto della donna
insinuarsi anche in se stesso, abbeverano la propria anima e il proprio
cuore di un’effimera
soddisfazione
– per quanto flebile, minuscola, era l’unica che
avesse mai
provato ed era solamente a lei che doveva il conoscere la forma di
quell’emozione di cui cercava continuamente la realizzazione.
Le strinse la mano, prima di passare il braccio di lei sotto il suo, in
modo da poterla tenere accanto a se mentre prendevano a passeggiare
sulla superficie di diamanti d’acqua del lago. La
osservò
con un ghigno divertito, all’inizio, tenersi maggiormente a
lui
per timore di scivolare sul ghiaccio, con i passi incerti e la
sensazione di un equilibrio precario a renderla maggiormente incerta su
come compiere la propria avanzata. Ma Sigyn era sempre stata
esageratamente cocciuta per chiedere aiuto e insieme particolarmente
portata all’apprendimento, dunque non ci mise molto prima di
trovare la via per seguire Loki senza alcuna difficoltà,
appoggiandosi a lui con l’unico scopo di sentirlo vicino in
quel
momento ritagliato per essere di loro esclusiva proprietà.
Era
un anfratto di tempo rubato, un gioiello unico come lo erano i fiocchi
di neve, un pezzo di eternità sottratta per essere plasmata
esclusivamente su loro due, trasformandosi in una di quelle rare
situazione in cui vi erano unicamente loro due, senza titoli, scopi,
piani, intrighi o guerre a cui pensare – spogliati di
qualsiasi
reflusso della vita quotidiana, per poter assaporare il profumo delle
loro esistenze intrecciarsi senza i pesi di cui si sobbarcavano
solitamente.
«Mi piace qui. Ad Asgard non fa mai così tanto
freddo,
come se l’inverno non potesse permettersi di smorzare lo
splendore dorato della capitale» asserì Sigyn dopo
vari
minuti di silenzio, quando ormai avevano lasciato le sponde del lago
dietro di loro di diversi metri, spiegando il motivo per il quale quel
luogo le sembrasse così meraviglioso.
«Credo tu sia l’unica asgardiana a cui non piaccia
il bel
tempo, eppure la cosa non mi sorprende» rispose Loki, che per
quanto ormai avesse esplorato le divergenze di Sigyn dal resto
dell’autoproclamata normalità, risultava essere
formata da
sempre più particolarità strane di quante ne
potesse
immaginare da solo.
«Può benissimo esserci il sole, un cielo terso
come se
fosse primavera e persino qualche cinguettio anche con la
neve»
chiosò la donna ridacchiando, prima di alzare il capo verso
l’alto per osservare sporadici raggi di sole insinuarsi nelle
onde plumbee delle nuvole – montagne al rovescio, cumuli
dalle
sfumature grigie cariche di neve pronte da riversare nuovamente sulle
vette.
«Meglio un inverno eterno a un’estate perpetua,
dunque» concluse Loki, preferendo depositare la propria
attenzione su di lei, piuttosto che seguire il suo sguardo verso il
cielo. Aveva sempre trovato l’essenza di Lady Sigyn curiosa,
un
dinamismo incontrollabile, una personalità complessa
difficile
da comprendere a fondo, i cui pensieri erano ingarbugliati in intrecci
tanto complessi da non poter essere percorsi da chiunque; e lui si era
voluto perdere in tutto quel miscuglio di apparente disordine e
insensatezza, scoprendo fino a quale punto aveva la sua
fedeltà
e ritrovandosi imbrigliato in una relazione che in realtà
non lo
costringeva a nulla. Lo assecondava,
in qualsiasi scelta per quanto terribile fosse, e le condivideva
per dividerne il carico con lui, in modo da non lasciarlo da solo
nell’oscurità nella quale aveva preteso di vivere
–
regalandogli la luce dei propri capelli di un biondo pallido,
scolorito, e la sicurezza della propria lama quando del proprio amore.
Molti avrebbero frainteso quando le loro azioni non si fossero
più relegate nelle macchinazioni al servizio di Asgard, non
avrebbero compreso il reale ruolo di Lady Sigyn, l’avrebbero
abbassata a semplice servitrice come se lei fosse mai stata ubbidiente,
come se lei non avesse preso da sola ogni singola scelta e Loki avesse
mai potuto sperare di plasmare la sua mente. L’amore che
provava
per Sigyn derivava proprio dall’assenza di qualsiasi
controllo su
di lei – aveva deciso di voler mettere a suo uso le proprie
abilità perché condividevano lo scollamento della
comune
visione del mondo, perché Sigyn aveva trovato in lui
l’unico re che mai avrebbe voluto vedere sedere sul trono.
Mai aveva avuto importanza dove tale decisione l’avrebbe
condotta, se alla gloria o alla morte. Loki non era la scelta per chi
sognava di realizzare fiabe da “felici e contenti”,
ma per
chi aveva l’anima contorta, con pezze a nascondere
l’assenza dei normali sentimenti di moralità che
avrebbe
dovuto possedere e che da sempre le erano mancate – era per
chi
preferiva il caos alla regolarità dell’ordine, per
chi
desiderava l’imprevedibilità alla
conformità del
quotidiano, era per Lady Sigyn.
Per tali motivi e altri impossibile da elencare – troppi e
troppo
personali – che non fu affatto sorpresa quando la fine fu
vicina
e il Ragnarok stava per abbattersi sui Nove Regni, sotto la guida di
Loki. Come lei non ebbe alcun tremito o insicurezza
nell’essere
anche in quell’ultimo momento al suo fianco, anche il dio
degli
inganni non fu scosso da perplessità nel ritrovarla
nell’unico posto adatto a Sigyn – ferma, senza
cedimenti
accanto a lui.
Le costellazioni di intessevano nella perpetuità della
notte,
l’ultima dei Nove Regni così com’erano
stati per
millenni di anni e come non lo sarebbero più stati,
intessendosi
in arazzi ricamati sapientemente da stelle e pianeti, meteoroidi e
nebulose a colorale il gelo del cosmo. La mano appoggiata
sull’elsa della spada, teneva le iridi di liquida tenebra a
rimirare l’immensità estendersi sopra le loro
teste con un
sorriso calmo – serenità della consapevolezza e
dell’aver mantenuto fede alla propria promessa di
fedeltà
fino all’ultimo frammento di tempo a loro concesso.
«Ve lo ricordate quando abbiamo passeggiato sul lago
ghiacciato?» domandò Sigyn, rompendo
l’immobilità del silenzio prima
dell’inizio,
intrecciando le sottili falangi libere con quelle di lui, dita lunghe e
dinoccolate, della mano sinistra libera dalla presa dello scettro a
differenza dell’altra.
«È stata un’eternità
fa» chiosò
Loki, con voce monocolore – una barriera a mettere fine al
passato, preferendo evitare di ridestarne le ceneri proprio
nell’occasione dell’epilogo, della distruzione
suprema,
forse per impedirsi anche il più blando dei cedimenti o per
non
avvertire la nostalgia di ciò che non avrebbe più
potuto
compiere.
«Ma ve lo ricordate», soddisfatta, Lady Sigyn
sottolineò con le labbra curvate in una dolcezza strana per
l’incombente fato ad attenderli. Era bizzarro il senso di
predestinazione quando si palesava, era strano come non causasse alcun
terremoto, ma al contrario regalasse un mare calmo sul quale godersi lo
scorrere di correnti indomabili verso un porto che si conosceva senza
desiderio di mutare. La consapevolezza della fine non implicava
infondere meno dedizione nelle propria gesta, non sfibrava la forza del
proprio animo, riusciva quasi a rendere maggiormente adamantina la
determinazione nel voler interpretare l’ultimo atto di una
vita,
che in fin dei conti non sarebbe mai potuta essere conclusa in altro
modo.
«Scordarlo non sarebbe semplice, mia sposa. Perché
ne
rammentate ora il ricordo?», con le sopracciglia a infossarsi
creando crepe di rughe, si rivolse a Sigyn in cerca di chiarezza su
come i suoi pensieri potessero rievocare in quel momento immagini
trascorse sotto il peso di tante guerre, sangue, tradimenti e morte.
«Perché manca poco e quando giungerà,
credo che
sarà gelido come quel giorno» asserì
con sicurezza,
pregna di una calma inflessibile – delicata,
a modo suo. «E perché spero che anche nella
prossima vita,
ci incontreremo per poter camminare nuovamente nella neve e sul
ghiaccio.»
Si girò completamente verso di lei, ricambiando la presa
delle
dita della donna prima di alzare la mano stretta nella propria, fino a
poter sfiorare con le proprie labbra il suo dorso a inchiodarsi tra le
nocche. «A dispetto di quello che pare, le certezze non sono
molte, ma questa è una di quelle»,
mormorò Loki con
il fiato caldo a scivolare sulla pelle bianca di sua moglie,
regalandole un brivido di tepore.
«Millantatore,
fino
all’ultimo», rise piano prima di prendersi
probabilmente
l’estremo bacio – stretta contro il suo corpo,
respirando
nel suo stesso respiro, mordendo le sue labbra e sentendo anche i denti
di lui affondare nelle proprie, in un rude abbraccio possessivo.
«Come piace a
te, mia Sigyn.»
Nella brezza proveniente da mondi in rovina, gelidi come una promessa
di devastazione, si persero fini fiocchi di neve a decorare il cuore
tetro della notte. Una danza imperitura, un’eleganza algida a
far
da cornice allo spettacolo magnifico del terrore della distruzione
finale, ad accompagnare l’artefice e la sua dama nel loro
ultimo
viaggio – inflessibili, imperturbabili come il candore della
neve
a perseverare nel proprio percorso.
M A N I
A’ s W
O R D S
Questa one-shot è nata tutta per colpa del titolo, che poi
è parte della canzone che ho citato e quindi di Ligabue. Ho
trovato tale frase particolarmente ispiratrice, un prompt non voluto o
cercato che ho accostato immediatamente a Loki e che non ho potuto
evitare di non adoperare.
L’ultimo pezzo, spero sia chiaro come pare a me, si ambienta
poco
prima che Loki porti il Ragarok e quindi i Nove Regni abbiano fine, per
poi rinascere – attenendomi alla mitologia e non ai fumetti.
Ho
immaginato, che per quanto i piani di Loki possano essere ben studiati,
finemente lavorati e preparati sapientemente, lui sappia benissimo che
non avrà successo fino in fondo, che comunque
toccherà
anche a lui e a Sigyn morire come contrappasso per poter distruggere
l’ordine attuale dell’universo - e che lo sappia
benissimo
anche lei. Quindi ho lasciato questa sfumatura angst di predestinato,
nonostante in realtà l’idea fosse di fare qualcosa
di
assolutamente fluff, ma poi la cosa è degenerata –
e poi
il fluff con Loki è alquanto sempre molto relativo, mi si
contorcono le budella a vedermelo in effusioni sdolcinate.
Però c’è sempre la promessa della
reincarnazione,
del ritrovarsi anche se nessuno avrà memoria o sentore di
chi
fosse stati prima, ma è comunque un pensiero confortante,
nonostante tutto, no? No?
La storia l'ho inserita nella serie "La fedeltà sboccia da un cuore di
sale", perché comunque faccio riferimento alla
Sigyn di cui tratto nelle precedenti storie e non va in contrasto con
alcun fatto narrato in esse, però per chi non le ha lette
non c'è problema, essendo comunque un pezzo estratto e
scollegato dagli eventi narrate nelle due precedenti long.
Spero che la shot vi sia piaciuta, e come sempre vi chiedo di lasciarmi
una piccola recensione per rendermi una ragazza felice quanto
saltellante ♥
Mania▬
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