tears of a robot

di Tenue
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Salve a tutti, questa è una storia ambientata in Francia, che ha come protagonisti Marluxia e Demyx. Tante vicende capiteranno a questi due ragazzi che si imbatteranno nel monto virtuale dei computer e dei robot. 
Questo è il prologo e spero che vi piaccia!
 
IL CARILLON COLOR ROSE DI MAGGIO

In quella piccola cittadina di Francia, petali di rosa, come ali d'uccello, volavano nel cielo, mani di bambini invano cercavano di afferrare quelle ultime goccie di pioggia, artisti rintanati nei giardini tentavano di portare la bellezza delle calle su quei fogli sporchi di grafite. Maggio prometteva il sole dopo le nuvole grigie. Un càrrion color delle rose di maggio roteava tra le mani del ragazzino dagli occhi trasparenti come l'acqua, che di primavere ne aveva viste quattordici ormai. Il carillon mostava un angioletto ornato di conghiglie posto su un piedistallo che girava sulle dolci note di un motivetto lento; quel suono però si confondeva con una canzone dei Queen suonata e cantata stonatamente dall'amico. Demyx suonava il suo sitar ormai rovinato dagli anni la canzone "Machine, back to human" e ne cantava il testo:
"It's a machine's world,
 Don't tell me ain't got no soul,
 When the machine take over,
 It ain't no place for you and me..."
 Il ragazzino dagli occhi trasparenti, Marluxia, stava seduto sulla scale di pietra, dall'altra parte della stanza rispetto al musicista e ascoltava quei due suoni confusi assorto nei suoi pensieri, rigirandosi il carillon tra le mani. Il suo sogno era quello di diventare un poeta e quello di Demix era di diventare un famoso musicista. Quella era la loro casa, un vecchio seminterrato con pareti sporche e scrostate piuttosto piccolo ma sufficiente per la vita di due persone. L'aria di maggio che entrava dalla piccola finestrella in alto li rendeva felici nonostante la povertà. Erano entrambi scappati dall'orfanotrofio ed erano stati casualmente trovati da un medico durante la fuga. Egli decise di tenerli nel seminterrato del suo studio medico, dove sarebbero sicuramente stati meglio che all'orfanotrofio. La loro  vita e quella del medico divenne una catena di inganni per non venire scoperti. Il medico Vincent Vexen aveva ormai passato i cinquant'anni, aveva rughe che gli increspavano la fronte a gli angoli della bocca; aveva labbra sottili e chiare, labbra di una persona con un lessico ricco ma solitamente taciturna. Aveva dei lunghi capelli biondi ormai sbiaditi, un lungo naso che divideva due occhi sottilissimi e lucenti, intransigenti, ma sotto sotto amorevoli come quelli di un nonno.  
I due amici si coricarono verso le undici, Marluxia girò la testa e guardò le conghiglie de carillon, pensò che ormai stava arrivando l'estate e qualcosa gli mancava, qualcosa che desse vita alle sue poesie, un'ispirazione...e si promise che entro la fioritura dei primi fiori estivi avrebbe trovato ciò che cercava. Ciocche di capelli rosa gli ricadevano sulla fronte e sui suoi occhi assonnati. I suoi pensieri si erano già fatti sogni, se non incubi.  Demix non si addormentò subito, fissava i colori del crepuscolo che filtravano dalla finestrella pensando alla sua canzone preferita e chiedendosi "e se le macchine prendessero davvero il controllo sugli umani?" ma non fece in tempo a darsi una risposta che il sonno lo trascinò via.                                                                                                                                                    


Grazie per aver letto il capitolo, spero tanto che vi sia piaciuto.             




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