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{Realtà
Virtuale
Ridicolo.
Non sei niente di diverso da questo, pensi, guardando quello
specchio che davanti ai tuoi occhi riflette con scherno la figura quasi
parodica della tua stessa persona infagottata in strati e strati di vestiti
pesanti, facendosi beffe della tua espressione corrucciata accentuata ancora di
più dalle sopracciglia spesse aggrottate sugli occhi stretti.
Oh, vorresti proprio sapere com’è che sei riuscito a ficcarti
in quella stupida situazione.
Certo, da una parte sei più che sicuro di avere tutto sotto
controllo, ma dall’altra ti senti come se appena messo il primo piede fuori
casa ti troverai immediatamente sovrastato da occasioni impreviste che, nonostante
tutto, ti lasceranno in bocca il retrogusto acido e amaro dell’idea che
qualcuno le stia manovrando – anzi, che ti stia manovrando: per quanto il tuo carattere orgoglioso ti
impedisca categoricamente di dichiarare resa e, soprattutto, per quanto le tue
doti di bugiardo siano note e conosciute praticamente da chiunque abbia mai
avuto a che fare con te per più di dieci minuti, fai fatica a mentire persino a
te stesso quando cerchi di convincerti che la sensazione di fastidio e di
inquietudine che provi sia solo una sciocca impressione, e che nessuno, nessuno sia in grado di prevedere e
condurre le tue mosse come temi che stia accadendo da qualche tempo a questa
parte.
Esattamente da quando, alla ricerca di un passatempo
sbrigativo, sei finito tra le spire venefiche di chissà quale furbo serpente
tentatore: non puoi negare di aver odiato il suo atteggiamento così falsamente
espansivo ed amichevole fin dal primo momento in cui hai letto le parole nella
chat del gioco online in cui avevi deciso di indulgere, ma non credevi che un
soggetto del genere sarebbe arrivato a cercarti anche al di fuori di quel ristretto
ambito ludico, non potevi neanche lontanamente immaginare che rifiutata la
prima richiesta di amicizia di quel “LuckyNow” egli avrebbe continuato ancora
ed ancora a insistere per tornare in contatto con te, al punto che pur di non
perdere completamente la pazienza avevi deciso di dargli corda.
Sorprendentemente, eri arrivato presto alla realizzazione che
in fin dei conti non era una persona così appiccicosa così come aveva
dimostrato di essere durante quel breve escape
game; sembrava anzi diventare tale solo nelle sessioni di gioco che vi
vedevano costretti ad una cooperazione forzata, laddove come se non avessi
ancora intuito quale fosse il suo modus operandi cercava di arruffianarsi te e
tutto il resto del party, al punto che era quasi divertente vedere gli altri
cadere in quelle assurde moine e nel presunto carattere allegro che
quell’avatar occhialuto si sforzava di ostentare: non puoi certo dire che quel
genere di atteggiamento ti piacesse, soprattutto perché anche se eri sicuro di
leggere dietro le righe delle sue azioni in un modo o nell’altro finivi
comunque vittima dei suoi egoistici piani, ma in fin dei conti neanche tu sei
mai stato una persona dotata di tutta questa grande, schiacciante morale, e
riconosci che sei l’ultimo individuo su questo pianeta che può permettersi di
giudicare il grado di marciume di qualcuno che, per giunta, conosci solo per un
nome fittizio.
Non avevi fatto fatica, comunque, ad abituarti a quel suo
particolarmente odioso aspetto: c’era altro in lui che ti faceva, e che ti fa
ancora, salire i brividi lungo tutta la spina dorsale, tant’è che un’improvvisa
sensazione di freddo e fastidio si impossessa immediatamente di te, portandoti
di riflesso ad agganciare quei due bottoni della giacca che avevi pensato di
lasciar perdere.
È lo stesso freddo che hai provato la prima volta che fuori da
una sessione di gioco avete intrapreso una chat privata, momento che ancora
maledici e detesti con tutta la tua anima. Volevi solo cercare di capire meglio
cosa avesse in mente e che razza di persona fosse, ma non c’era voluto molto
che da carnefice che tenta di intrappolare la sua vittima tu diventassi il suo
libro preferito, da sfogliare avanti e indietro a suo piacimento: il solo
pensare a tutta la semplicità con cui quello sia stato in grado di leggerti da
capo a piedi pur non avendoti mai visto in faccia ti fa imbestialire come non
mai, così come ti fa infuriare ricordarti che te ne sei sempre reso conto
troppo tardi, solo quando premuta per chiuderla la X rossa in alto a destra
della finestra di chat la realizzazione di aver raccontato sempre più di quanto
ti eri fatto raccontare ti colpiva come una mannaia tra capo e collo.
E lui era finito per saperne sempre di più, e tu per capirci
sempre di meno.
Sospiri seccato mentre finalmente ti schiodi dallo specchio
bastardo che ti ricorda quanto tu sia miserabile
per dirigerti con passo pesante verso camera tua, dove con un tocco della mano
agiti il mouse per accendere lo schermo rabbuiato del computer sul quale ti
chini per leggere l’ora.
Hai ancora dieci minuti, pensi mentre ti abbandoni sulla
seggiola che ti accoglie con un infastidito cigolio; tiri indietro la testa,
massaggiandoti le tempie che ti sembrano sul punto di scoppiare.
È esattamente lì che tutti i vostri ‘incontri’ fino ad ora hanno
avuto luogo, mediati dalla Rete in grado di nullificare le distanze che vi
separano: giorno dopo giorno era diventata ormai un’abitudine quella di parlare
almeno per un paio d’ore con lui, solo talvolta concedendosi una giocata a
qualche action, FPS o punta e clicca che alla lunga erano diventati tutti
uguali, quasi oscurati dalla tua stessa testardaggine e decisione di scoprire
l’identità della persona con cui sei finito per passare molto più tempo che con
chiunque altro.
E proprio quando pensavi che i giochi fossero finiti e che
potessi concentrarti solo su di lui (per
quanto, Dio, sembri patetico detto in questo modo) dal mezzo del nulla ecco che
lui ti contatta, catturando e facendo sua la tua attenzione come già troppe
volte prima di quel momento.
“Oi, Mist!”
“Lasciami in pace, sto
studiando.”
“Eeeh~? Non essere così
sgarbato, dai! E poi non ci credo, mi dai l’idea di qualcuno che i libri non li
tocca nemmeno con lo sguardo! Però scommetto che a scuola vai benissimo lo
stesso, o sbaglio?”
Perché diavolo era riuscito ad intuire una cosa del genere,
tra l’altro? Ecco un’altra cosa che ti faceva terribilmente infuriare.
Cos’aveva, con sé, una sfera di cristallo?
“Ad ogni modo, cosa
vuoi?”
“Ho scoperto un nuovo
gioco, ti va di provarlo? Ti lascio il link! Mi ci sono già iscritto col solito
nick, è aperto da poco quindi magari se ti iscrivi adesso trovi ancora libero
‘Mist’! Hahah! Altrimenti, al massimo usi il tuo nome vero!”
Ti piacerebbe, avevi
pensato, allontanando cautamente per qualche secondo le dita della tastiera
come per evitare che i tuoi pensieri potessero in qualche modo magicamente
trasferirsi dal tuo cervello allo schermo.
“Un simulatore di vita
online? Non pensavo ti piacessero questo genere di giochi, Lucky.”
“Infatti, per me è la
prima volta ed ero curioso di provare pur non sapendone niente, ahah… però tu
sembri ambientarti subito così bene in tutte le nostre partite! Quindi pensavo
che magari avremmo potuto iscriverci insieme e spalleggiarci a vicenda, che ne
dici?”
Stava seriamente cercando di lusingarti per una cosa così
infinitamente stupida?
Avevi quasi voglia di ignorare le sue richieste, ma l’idea che
potesse trasferirsi definitivamente su quella piattaforma di gioco senza più
tornare in quella attuale per qualche motivo ti infastidiva.
Dovevi continuare a seguirlo, a cercare di capire che tipo
fosse. Da un simulatore di vita online avresti potuto carpire molte più
informazioni.
“D’accordo, anche se non
garantisco una partecipazione assidua.”
“Aaah~! Lo sapevo che
avrei potuto fare affidamento su di te, Mist! Ah, quando ti iscrivi ricordati
di mettere che sei maggiorenne, hm!”
“Cosa… perché, scusa?”
“Solo un accorgimento, che vuoi che sia? La maggior parte di questi giochi
hanno features che non sono sbloccabili per i minorenni, e noi vogliamo cercare
di divertirci appieno, giusto?”
Ti esce un sospiro dalle labbra che neppure ti rendi conto di
fare mentre, riaperti gli occhi serratisi da soli nel corso di quella breve
reminiscenza, guardi il palmo di quella stessa mano con cui avevi acconsentito
la tua partecipazione a quella lenta, dolorosa discesa verso la gola più
profonda degli inferi.
Certo, ammetti che all’inizio non era stato così male.
Immergerti nell’atmosfera di quel nuovo mondo virtuale ti aveva fatto quasi
dimenticare l’indagine perpetua che avevi avviato nei confronti del tuo
compagno di giochi, la quale aveva subito un arresto brusco e quasi deluso
quando ti eri reso conto che dal suo avatar non avresti potuto intuire niente
di fruibile (a meno che non avesse i capelli di tre colori diversi anche nella
vita reale, ma dubitavi fortemente che fosse il caso). Potresti quasi, quasi riconoscere che per un po’ era
stato divertente scoprire tutte le caratteristiche di quell’universo realistico
e paradossale al contempo, e che probabilmente non sarebbe stato lo stesso se
quell’altro non fosse stato con te: sembrava quasi che fosse finalmente
soddisfatto delle informazioni che aveva raccolto sul tuo conto, e che avesse
deciso di smetterla di metterti davanti il suo fare inquisitorio per lascare
spazio ad un atteggiamento un po’ meno costruito mentre ti era intorno.
Sembrava, appunto.
La verità, e solo ora ti rendi conto di poterlo affermare con
una certezza schiacciante, era che stava aspettando solo il momento giusto per
invadere ancora di più il tuo spazio vitale, facendoti abbassare la guardia
fino a che non si sarebbe presentata l’apertura giusta per prendere in mano
propria quegli aspetti di te che eri riuscito a celare anche davanti alla sua
perspicacia bruciante.
E, difficile ammetterlo, l’occasione gliel’avevi posta proprio
su un piatto d’argento.
Ingenuamente, con
un’imprudenza che non è mai stata da te, avevi fatto notare che più due avatar
passavano tempo assieme, più interazioni si sbloccavano e più esse facevano
guadagnare punti ai due giocatori: la maggior parte di esse erano quasi
imbarazzanti, ma alla fin fine che male c’era se due personaggi fittizi si
abbracciavano, si carezzavano o si baciavano?
Era solo per i punti.
Era solo per avanzare nel gioco.
Apparentemente così la pensavate entrambi, visto e considerato
che durante il compiersi di quelle azioni non mancavate di discuterne in chat
con un certo grado di divertimento, puntando una volta ad un errore di
animazione, un’altra ad un bug ridicolo che si poteva scorgere solamente in una
certa angolazione; ma via via che il rapporto virtuale tra quei due ammassi di
pixel si ‘approfondiva’, più le vostre discussioni diventavano silenziose, al
punto che nessuno proferiva una singola parola quando di comune e silenzioso
accordo, i vostri avatar finivano per fare sesso tra di loro.
E oh, quanto avresti desiderato che quell’improvviso mutismo
fosse dovuto alla vergogna provata da entrambi! Purtroppo, però, per quanto ti
riguardava non era certo l’imbarazzo che teneva occupate le tue mani.
Sai bene che l’essere umano è perfettamente in grado di
raggiungere determinati picchi di tristezza quali l’eccitarsi sessualmente
davanti ad un’accozzaglia di poligoni, ma mai avresti pensato di trovartici tu
su questa remota vetta del cattivo gusto, mentre la mano scivolava da sola
sotto i pantaloni per sfogare il desiderio represso che con tuo estremo
rammarico premeva con insistenza contro la stoffa dei boxer, al punto che
masturbarti davanti allo schermo – per quanto vergognosamente penoso
tutto ciò fosse – era diventato l’unico modo che avevi per non diventare
completamente scemo ed avere a che fare con una dannatissima erezione che,
altrimenti, chissà quando avrebbe deciso di lasciarti in pace.
E proprio durante una di queste imbarazzanti sessioni che
avevano preso a ripetersi almeno una volta per notte, mentre eri già intento a
sbottonarti i jeans, improvvisamente il suono trillante della chat ti aveva
costretto ad alzare gli occhi, solo per incontrare con lo sguardo un improvviso
messaggio da parte sua.
“Ehi.”
Niente ‘Mist’ e nomignoli, solo un richiamo veloce. Per
qualche motivo potevi sentire il respiro mozzartisi in gola.
“Che c’è?”
“Ti stai toccando?”
Diretto come una freccia, avevi sussultato come se una punta
di ferro ti fossi finita direttamente nella giugulare.
Avresti ben voluto evitare di rispondergli, ma tacere sarebbe
stato come annuirgli direttamente in faccia.
“Prima rispondi tu alla
stessa domanda, hm?”
“Aah… non ti posso
nascondere proprio niente, eh?”
Beh, l’unica cosa che ti consolava era che almeno non eri
l’unico profondamente miserabile tra i due.
“E lo dici così, senza
resistere neanche un po?”
“Tu invece stai resistendo anche troppo, devo prenderlo come un sì?”
Maledetto bastardo.
“Sì.”
“Hai un microfono? Sono
curioso di sentirti ansimare.”
Altra freccia, altro sussulto. Cosa diavolo era quella frase
da maniaco sessuale?!
“Non credo di aver
capito bene.”
“Ah? Ho semplicemente
scritto che sono curioso di sentirti ansimare, non riesco ad essere più chiaro
di così!”
“Perché diavolo vorresti
sentirmi ansimare?! Non fa parte degli obiettivi del gioco!”
“Oh, ma in un certo senso è come se invece ne facesse parte appieno, o sbaglio?
Stiamo facendo ogni cosa per passare il tempo in un mondo fittizio, e tutto ciò
che facciamo può comodamente prendere la piega del virtuale. Per quello che ne
so, l’idea di toccarti ora come ora potrebbe essere la più remota e nascosta
nel tuo cervello, e per quello che ne sai tu potrebbe esserlo anche per me!
Nessuno mi dà la certezza che se ti sentirò ansimare sarà un piacere vero e
proprio e non tu che ti diverti a respirare nel microfono, ma proprio perché
tutto ciò non è realmente reale non avrà nessuna importanza. È tutto virtuale,
Mist.”
Non ti aspettavi un muro di testo del genere nel giro di
qualche secondo, quasi come se quello si fosse preparato il discorso in
anticipo, ma la tua solita acutezza era anche troppo disturbata
dall’eccitazione e dalla frustrazione di non essere in grado di porvi rimedio
– anche se, devi ammetterlo, per quel poco che ci capivi lì per lì il
tutto sembrava avere molto più senso di quanto non sembrasse.
“Ok… ?”
“Oh beh, io dico così, ma poi se tu vuoi che diventi ‘reale’, allora quello è
tutto un altro paio di maniche…”
Al diavolo, non avevi più voglia di leggere quei discorsi
spropositati su reale e virtuale. Che cazzo era, un estratto sconosciuto ai più
dal film di Matrix?
“Va bene, stai zitto,
ora accendo il microfono. Non aspettarti granché, che di là ci sono i miei che
dormono, non posso fare casino.”
Lo dicevi a lui, sì, ma era come se lo stessi ricordando a te
stesso per esser sicuro di non lasciarti troppo andare in quel virtuale circolo di perdizione – proposto
che, per essere sinceri, era andato a farsi fottere nel momento in cui avevi picchiettato
un dito sul microfono per essere sicuro che l’altro stesse sentendo,
avvicinando inconsciamente (o forse no?) sempre di più le labbra
all’apparecchietto per permettergli di sentirti meglio.
Era tutto più o meno uguale al solito, ma allo stesso tempo
era tutto profondamente diverso, non avevi neanche bisogno (per una volta
tanto, grazie al cielo) di guardare
lo schermo per eccitarti, tanto che le palpebre erano crollate da sole sui tuoi
occhi via via che i tuoi ansiti diventavano più forti e raggiungevano
sicuramente le percezioni del tuo virtuale
compagno. E lui, cosa stava facendo? Si stava toccando sul serio, o poco fa
mentiva? Immerso nell’estasi, eri sicuro che non avesse raccontato cazzate.
Stava godendo anche lui, in quell’istante, e mentre i tuoi ansiti arrivavano
alle sue orecchie i suoi, anche se non potevi udirli, li sentivi contro la tua
stessa pelle; anche se chiaramente non c’era, era comunque come se fosse lì,
ovunque, sopra, dentro di te, mentre
il pensiero di essere suo ti soggiogava con una crudeltà quasi sadica.
Il piacere che hai provato quella notte non credi di averlo
mai sperimentato prima di allora.
Il solo pensarci adesso ti accende un fuoco che vorresti che
si spegnesse all’istante. Certo, hai goduto e non puoi negarlo, ma è stato
tutto in funzione di quel maledetto bastardo, che guarda caso fin dall’inizio
ti aveva invitato ad iscriverti con un account da ‘maggiorenne’. Com’è
possibile che tu ti sia fatto manipolare in quel modo? È qualcosa che non ti fa
essere in pace con te stesso, una sconfitta a cui senti di dover rimediare il
prima possibile.
Sei stato tu quindi a cercare l’occasione giusta per
ritorcergli contro il suo stesso gioco, ed essa è arrivata solo qualche sera
dopo quegli eventi: eri appena arrivato online quando il suo nickname aveva
iniziato a lampeggiare nella finestra di chat.
“Oi, Mist! Ti sei
connesso tardi, oggi, pensavo che non saresti più nemmeno arrivato!”
“Non ero in casa, non
crederai davvero che la mia vita giri solamente intorno a questo computer?”
“Così mi è parso, ahah!”
Se solo avessi potuto gli avresti staccato immediatamente le
dita una per una.
“Comunque, mi sei
sembrato piuttosto impaziente. Dovevi dirmi qualcosa?”
“Ah, sì, esatto! Stavo pensando… anche tu vivi a Tokyo, no? Nei prossimi giorni
non potrò connettermi perché sarò completamente immerso nei libri, la stagione
degli esami si avvicina, ahah… ! Non riusciremo a giocare insieme per
parecchio, quindi ho pensato che sarebbe stata una buona idea incontrarci
finalmente di persona. Giusto per fare una specie di rimpatriata a due, per
ricordare i momenti più memorabili davanti ad un caffè prima che gli studi mi
sconfiggano del tutto!”
Ecco che all’improvvisa tornava a fare la parte dell’amicone,
mentre tu esitavi con i polpastrelli sulla tastiera prima di dargli una
risposta.
Cos’aveva in mente, così all’improvviso? Perché voleva incontrarti? Non eri per
niente sicuro di quali fossero le vere intenzioni di “LuckyNow”, ma quella era
la prima volta che ti diceva qualcosa di sé e non volevi lasciare intentata
l’opportunità che ti si era parata davanti.
Si sarebbe pentito del momento in cui aveva deciso di avere a
che fare con te.
“Capisco. Beh, direi che
potremmo vederci questo sabato al caffè davanti al centro commerciale.”
“Ah! Da quant’è che sei diventato così socievole? Ero sicuro che avresti fatto
un sacco di storie!”
Voleva farti cambiare idea, per caso?!
“Credo solo che sia un incontro
opportuno, mi dispiacerà non poter giocare più assieme, ma riconosco anche che
è importante che tu arrivi preparato agli esami.”
“Sei così gentile!
Allora, sabato alle quattro? Come ti riconoscerò?”
“Avrò una sciarpa azzurra e una giacca color petrolio.”
“’Color petrolio’? Sei davvero puntiglioso per i colori, hahah! D’accordo,
cercherò di individuare la tua sciarpa tra la folla, allora!”
Queste sono le ultime parole che puoi leggere nella finestra
di chat, mentre con fare pensoso fissi gli ideogrammi neri su sfondo bianco
come ad assicurarti per l’ennesima volta che tu non abbia letto fischi per
fiaschi.
Ma no, il messaggio dice proprio “sabato alle quattro” e in
questo momento, manco a dirlo, è proprio sabato, e le quattro si stanno
avvicinando più in fretta di quanto vorresti.
Sistemandoti la sciarpa attorno al collo ti decidi finalmente
a fiondarti fuori casa, affondando le mani in tasca e la testa in ogni
possibile pensiero. Innanzitutto, sei sicuro che non sia una persona
pericolosa? Sbuffi, aggrottando ancora di più le sopracciglia: se cercherà di
fare qualche passo falso allora non sarà né la prima né l’ultima persona che
mandi all’ospedale.
In secondo luogo, però, c’è un interrogativo più grande che ti
tormenta, portandoti a sostare anche troppe volte con l’idea di fare dietro
front e tornartene tra le mura della tua stanza.
Qual è il modo migliore di fargliela pagare? Fino ad adesso
hai sempre pensato che non sarebbe stata una cattiva idea quella di fingere
benevolenza nei suoi confronti solo per distruggerlo quando meno se lo sarebbe
aspettato, ma ora ti domandi se non sia per caso meglio assistere alla sua
disfatta di nascosto, lontano dalla sua attenzione, osservandolo in silenzio
mentre si convince che al vostro appuntamento
non sarebbe arrivato nessuno.
Più ci pensi, meno ti senti in grado di pensarci davvero: di
questo avevi paura solo qualche manciata di minuti fa, mentre il tuo stesso
riflesso ti prendeva in giro per la tua incapacità, stavolta, di intaccare il suo piano e sgretolarlo davanti ai suoi occhi.
Sei talmente immerso in questo groviglio fastidioso di
pensieri che non ti rendi conto che i tuoi piedi ti hanno già portato
automaticamente al punto di rendez-vous, rendendo praticamente impossibile
l’attuarsi del tuo ‘piano b’. Ti guardi intorno, dando una rapida occhiata
all’orologio che porti al polso: è anche vero che, sebbene ti sia permesso di
presentarti lì con un elegante ritardo di cinque minuti, nessuno sembra averti
ancora riconosciuto. Matura in te l’idea che sia stato lui, magari, a darti
l’appuntamento lì con l’unico scopo di darti buca, ma prima che tu possa
decidere di tornare a casa una voce fastidiosa e orribilmente familiare ti
riscuote.
“Ah? Mist, sei tu?”
Vorresti convincerti che non sia così, che sia tutto frutto
della tua immaginazione, ma non puoi assolutamente non riconoscere il
proprietario di quella voce.
Ti volti piano, come se questo potesse rendere la conferma che
aspetta alle tue spalle un po’ meno dolorosa,
ma quando lo vedi – i capelli neri che in ciocche sottili gli ricadono
sulla fronte, gli occhi stretti nascosti dietro gli occhiali, il sorriso
orribilmente saccente che gli incurva odiosamente la bocca – non riesci
neanche a spiccicare parola per quanto forte è la sensazione di impotenza che
ti schiaccia fino a farti sentire un insignificante esserino incapace di
intendere e di volere.
Imayoshi Shouichi è lì davanti a te, e sebbene tu lo senta
affermare un ipocritissimo “Chi se
l’aspettava che fossi proprio tu ‘Mist’? Così non abbiamo neanche bisogno di
presentarci!” i tuoi pensieri sono già diventati più forti di tutti i
rumori che ti circondano, ogni impeto di vendetta che sfuma in un bagno di
acido muriatico.
Cazzate, tutte cazzate! Lui sapeva benissimo con chi ha avuto a che fare fino ad ora, sin dal primo
giorno in cui vi siete parlati, e sei tu
il cretino che non si è reso conto che ‘LuckyNow’ non poteva essere nessun
altro oltre a lui. Come hai potuto tralasciare indizi così palesi, come hai
fatto a non renderti conto che c’era solo una persona possibile capace di
leggere così bene nei pensieri degli altri?
Vorresti vomitargli addosso tutto il tuo disprezzo, ma sei
talmente destabilizzato da questa sconfitta che nemmeno protesti quando ti
prende per un braccio, trascinandoti dentro al locale davanti al quale vi siete
dati appuntamento.
E sia, gli concedi pure questa grande, opprimente vittoria;
gli concedi di ridere alle tue spalle e di sentirsi vincitore per un po’, ma
questa è l’ultima volta che i fili della tua ragnatela vengono tranciati in
questo modo.
Hai ancora tutto il tempo che ti serve per contraddire la sua
convinzione di essere nel pieno controllo della situazione.
Pensandoci adesso, ti sembra ridicolo che tu abbia potuto immaginare
una cosa simile.
Alzi gli occhi stanchi al soffitto sopra di te, sbattendo un
paio di volte le palpebre ma non muovendo nessun altro muscolo: la sola idea
che tu possa battere un essere perfido come lui ha dell’incredibile e
dell’assurdo, al punto che neppure quando affermavi che avresti preso la tua
rivincita ne eri poi così tanto convinto.
Sbuffi, voltando di poco lo sguardo per vedere lui sdraiato accanto a te, il viso
rilassato in un’espressione tranquilla mentre con un braccio poggiato sul tuo
petto si prende la libertà di vagare nel mondo dei sogni, lasciandoti con
noncuranza ancorato alla veglia, la testa troppo dolorante e piena di
umiliazione, soddisfazione, rassegnazione e quant’altro per permetterti di
dormire.
Ripercorri silenziosamente tutto quello che è successo a partire da quel
pomeriggio, tirando un sospiro che ti fa desiderare solo che quel dannato
avambraccio la smetta di comprimerti i polmoni in quel modo: mentre voi due, o
meglio, mentre lui parlava davanti ad una tazzina di caffè tu, con le dita
strette attorno alla ceramica di una tazza di cioccolata calda che aveva
insistito per offrirti, memore dei gusti che avevi alle medie e che purtroppo o
per fortuna non sono cambiati neanche un po’, gli tiravi ogni maledizione
possibile, la rabbia che però offuscava ogni tuo tentativo di cercare un modo
di rispondere a quello smacco.
Fosse stata solo la rabbia, poi: la verità è che sentivi
dentro anche un’inquietudine folle, una specie di consapevolezza che le cose
non sarebbero finite così. Chiaramente le due non facevano altro che
contrastare l’una con l’altra, impedendoti di compiere qualsiasi gesto che
fosse diverso dal corrugare la fronte e ringhiare
ad ogni tentativo di conversazione di quell’altro, quando in realtà avresti
solo voluto scappare.
Scappare per guadagnare il tempo necessario per ideare meglio
i dettagli del tuo personale regolamento di conti, ma scappare anche da
quell’atmosfera strana che si stava costruendo intorno ad entrambi.
Quell’altro non si sarebbe mai accontentato solo di un caffè e
di quattro chiacchiere casuali, in mente aveva ben altro: ne hai avuto la
conferma quando, dopo averti portato fuori come si porta un bambino capriccioso
via dal negozio che non vuole visitare, ti aveva afferrato per il polso e
condotto, senza nessuna possibilità di ribellione, lontano dall’area
commerciale, imboccando quella che pareva essere la strada verso la sua scuola
superiore.
Ha aspettato a malapena di entrare nella struttura dei
dormitori: già nel corridoio che avreste dovuto percorrere per raggiungere la
sua stanza si era preso la libertà di schiacciarti contro un muro e di premere
aggressivamente le labbra contro le tue, innescando in te il primo vero moto di
protesta dall’inizio di quell’assurda situazione.
Non avresti potuto fare molto per sottrarti a lui, certo, ma
non potevi permetterti di dare l’idea di star facendo di proposito il taciturno
e l’accondiscendente!
“Vuoi morire?! Che cazzo
fai, toglimi le mani di dosso!”
“Ma come, così
all’improvviso mi dici che non vuoi? Mi illudi così?”
Senza che potessi accorgertene vi aveva già condotto davanti
alla porta della sua camera, spingendoti contro di essa per aprirla e buttarti
sul letto, lui sopra di te, i tuoi occhi infuriati che incontravano i suoi,
socchiusi e maliziosi.
“Certo che non voglio! E
dopo avermi riempito di quelle stronzate sul ‘reale’ e il ‘virtuale’, poi!”
“Era una piccola bugia che mi sono permesso di dirti! Non dirmi che ti sei
offeso perché ho considerato il nostro ‘rapporto’ più reale di quello che ti ho
fatto intendere…”
“Ma chissenefrega delle tue bugie, sono io a volere che tutto rimanga
virtuale!”
Scalpitavi, ma lui non si muoveva di un millimetro. Al
contrario, il suo sorriso si era fatto anche più ampio, mentre lento si
abbassava sul tuo volto e sussurrava, suadente, usando lo stesso tono che
probabilmente il demonio ha usato nell’Eden per indurre l’umano nel peccato.
“Sei proprio sicuro di
aver mai davvero considerato tutto ciò che c’è tra ‘Mist’ e ‘LuckyNow’ qualcosa
di virtuale?”
Un singolo sussulto ti aveva scosso, mentre la consapevolezza
che la domanda di Imayoshi non era posta a caso ti colpiva con tutta la
violenza possibile.
La tua ossessione nei suoi confronti non era virtuale, era la
cosa più reale a cui potevi pensare in quel momento.
Era reale il bisogno febbrile che avevi di conoscerlo, era
reale l’eccitazione che provavi durante l’intimità simulata dei vostri giochi.
Era riuscito ad inchiodarti al suo giaciglio non solo con la
forza del suo fisico, ma anche con quella delle sue parole, che si era
dimostrata per l’ennesima volta più imponente della tua.
Ti aveva fatto suo, prendendo possesso di ogni singolo
centimetro della tua pelle e della tua anima, dominandoti con la foga e con la
passione che avevi sentito scorrerti dentro anche durante quella notte, quando
come un virus letale si era già impadronito tirannicamente della tua mente.
E tu non ti sei ribellato, anzi, sei arrivato al punto in cui
tu stesso gli urlavi di continuare, stringendoti a lui, graffiandolo,
affondando i denti nelle sue spalle mentre attimo dopo attimo ogni goccia della
vostra energia si prosciugava rapidamente, vaporizzata dal fuoco che accesosi
nei vostri animi vi consumava nel modo più deliziosamente scottante, fino a che
l’ultimo ansito non fu emesso e l’ultima spinta non fu assestata, lasciandovi
entrambi esausti ed inermi.
Lui, come già detto, era crollato quasi subito; tu invece eri
rimasto immobile in una dimensione di confusione in cui ancora sei immerso,
mentre il respiro solo adesso si permette di darsi una vaga regolata.
Ha vinto di nuovo lui?
Probabile, ma stavolta non è stata una vittoria completa. Gli
hai permesso di controllarti, sì, ma devi ammettere che la sensazione della
pelle che si squarciava sotto le tue unghie era decisamente soddisfacente.
Sorridi appagato, finalmente chiudendo gli occhi: la coscienza
di avere ancora una possibilità contro di lui, per qualche motivo, ti soddisfa
quasi più dell’amplesso che vi ha appena logorati.
Il come ci riuscirai, sinceramente, adesso ti interessa poco:
il sole era già basso quando quell’altro si era preso la libertà di crollarti
addosso come un masso, quindi in mezzo a tutte queste seghe mentali sicuramente
adesso è sera più che inoltrata.
Dovresti voltarti verso la sponda del letto che ti può
permettere di andartene e defilarti da là alla svelta, magari per avere la
soddisfazione di pensare che, quando Imayoshi si sveglierà, al suo fianco non
vedrà nessuno, ma un’ondata di stanchezza ti fa presto cambiare idea, e
sistemandoti sul materasso troppo stretto per entrambi ti volti verso di lui.
Dopotutto, non cascherà certo il mondo se gli concedi un’altra
piccola vittoria.
Oh cielo mi rendo conto adesso
che una ff che ho letto di recentissimo possiede il tema molto simile del
conoscersi online senza che uno sappia chi sia l’altro hahahaHAHAHA MI DISPIACE
G-G-GIURO CHE NON CI HO PENSATO IO ERO SOLO MOLTO ASSUEFATTA DAL DRAMA CHE HO
ASCOLTATO… !!! ;;;;;;
Ad ogni modo, salve a tutti!
Era da una vita che volevo
scrivere un’ImaHana come si deve, e finalmente sono riuscita a farmi venire un’idea
fruibile che ho sviluppato nel giro di una giornata e messo giù tra un mal di
testa lancinante e una crisi di starnuti. Evviva!
Ciò che mi ha ispirata è stato questo meraviglioso
drama che tutti voi dovete ascoltare e leggere, unito al mezzo headcanon
che questa
ending card sia appunto scattata (?) durante l’appuntamento di Mist e
LuckyNow.
Per il resto… non so
particolarmente cosa dire, anche perché sono le tre e mezza di notte e ho
passato le precedenti ore a scrivere come una forsennata.
Al solito grazie a chiunque
passerà ed eventualmente deciderà di recensire! Cercherò di rispondere a tutti
perché mi piace scambiare opinioni con la gente, se non lo faccio o l’ho già fatto
in separata sede o Hanamiya ha stampato la suola della sua scarpa sulla mia
faccia o semplicemente sono un’inetta che si dimentica di fare le cose
importanti.