Vorrei
dire due parole, prima di iniziare con il racconto vero e proprio.
Questa one-shot è stata scritta parecchi mesi fa ed
è stata la prima sui Tokio hotel, in particolare su Bill.
E' nata da un momento di confusione,di paura.
Quello che vi troverete all'interno NON è la
realtà, ma tutto frutto della mia fantasia... e forse di
qualche avvenimento in particolare.
I commenti sono ovviamente più che graditi, che siano
positivi o non!
****
E’
una notte di luna piena ed il cielo è costellato da piccoli
punti,che risplendono nell’oscurità.
La stanza è avvolta nel buio e il silenzio che vi regna
è così denso da sembrar quasi un suono.
Si scorge solo un fascio di luce argentea filtrare dalla finestra e
illuminare il profilo perfetto di un ragazzo sdraiato di lato
sull’ampio letto,con le gambe strette al petto.
Indossa ancora i vestiti del concerto: maglietta rosso fuoco,jeans
scuri e una eccentrica collana.
I suoi capelli corvini contrastano con il candido cuscino, che ben
presto,si colora di fondotinta.
Non ha voglia di cambiarsi e di struccarsi.Non quella sera.
Ormai gli sembra quasi strano guardarsi allo specchio e vedersi al
naturale con una normale tuta.
Gli occhi con le lunghe ciglia,messi in risalto da ombretto e
rimmel,sono sbarrati e immobili.Non accennano alcun movimento.Il suo
sguardo è perso nell'oscurità.
Lo show di quella sera era andato bene, come sempre.
Una folla di 12.000 ragazzine era andata in visibilio ad ogni canzone,
ad ogni suo gesto.Sorridente e apparentemente perfetto aveva cantato
con tutta la passione che possedeva.
Sembra così lontano il 2005,anno dove lui e altri tre
piccoli ragazzi poco più che bambini,avevano inciso il loro
primo singolo.
Tutta quella voglia di emozionare ed emozionarsi sta sfiorendo con il
passare dei mesi,degli anni,con l'arrivo di tutto ciò che
non è musica,ma solo rumore fastidioso provocato degli
ingranaggi di quel sistema che ti annulla,ti priva di te stesso,di
quello che sei.Per quel palco sta affrontato qualcosa molto
più grande di lui, ma non può andare avanti
così in eterno.
Le urla risuonano ancora nelle sue orecchie,come se non fossero mai
cessate, anche se è in quella camera da più di
un’ora.
Un fitto dolore alla mano lo fa sussultare.Così apre
lentamente il pugno,che stringe con forza, portandolo davanti al
viso.Impiega qualche secondo per mettere a fuoco e capire
cos’è successo.
Quattro taglietti a forma di luna si aprono sul palmo,lasciando
scorrere piccoli rivoli di sangue.Anche le unghie curate sono color
rubino.
Il suo fisico esile, fa sembrar quasi impossibile che abbia la forza di
farsi del male.
Appoggia noncurante la mano aperta sul lenzuolo e chiude gli occhi,che
iniziano a bruciargli ed a inumidirsi.Il respiro è corto ed
affannoso.
Le immagini passano veloci nella sua mente:
L’intervistatrice,la telecamera,le ragazze.
Le luci,il palco,le ragazze.
L’entrata dell’hotel,la security,le ragazze.
Avvicina ancora di più le gambe al petto.
E' davvero
così difficile?
Lui è sempre stato... diverso.Ma non sono stati i suoi
capelli,lo smalto o il trucco a renderlo tale.
E' veramente
così difficile accettare tutto questo?
Troppo maturo e troppo vuoto per un ragazzo della sua
età.Cresciuto in un mondo che l'ha risucchiato facendolo
suo, senza che lui volesse.
Si, lo è.
Poi, di colpo sgrana gli occhi.Con la bocca semiaperta rimane ad
ascoltare.
“Wir lieben Tokio hotel, wir lieben Tokio hotel”,
ecco cosa gridano delle voci femminili provenienti dalla strada.
Sbatte una volta le palpebre e una lacrima solca il suo viso.
Le grida non cessano, si fanno sempre più forti,acute.
Un’altra calda lacrima.
Pochi minuti dopo, un rumore, che non riesce a distinguere al momento,
arriva dall‘altra parte della stanza.E’
secco,netto,ripetitivo ed è accompagnato da una voce.
-Bill?- chiedo più volte bussando alla porta della sua
stanza,senza ottenere risposta.
Dopo aver firmato qualche autografo schiacciati l'uno contro l'altro in
mezzo a una decina di armadi della security tedesca, siamo subito
saliti nelle nostre camere ampie e spaziose,dove ci aspettavano le
ingombranti valige.
Bill aveva un’espressione che ormai ho imparato a conoscere e
so bene,che il motivo per cui non risponde,non è
perché sta dormendo.
Lancio uno sguardo all’orologio affisso alla parete color
panna.
E’ molto elegante, raffinato e segna le 2.45.
Un sorriso amaro si dipinge sul mio volto,ripensando ai coretti delle
fans che ho sentito pochi attimi prima,che sono anche il motivo per cui
mi trovo a fissare l'ingresso della stanza di mio fratello.Dallo
stupore e la felicità per l’affetto che ci
dimostrano, siamo passati all’insonnia e la stanchezza per un
incubo che dura da troppo.
Un profondo sospiro, non riesce a cancellare la sensazione di nausea,
che mi attanaglia le viscere.
Mi guardo un attimo attorno incorciando le braccia sul petto,vestito
con una maglia griga di qualche taglia di troppo e dei pantaloni di una
tuta neri,anch'essi eccessivamente grandi.Il lungo corridoio
è deserto e assorto in un profondo sonno.
Provo a picchiettare ancora le nocche sulla porta.
Non sentendo altro che silenzio provenire dalla camera,premo la mano
sulla maniglia e la abbasso,cercando di non far rumore.La porta si
apre, come sempre.
Bill ha l’abitudine di essere piuttosto distratto quando sta
male.
La luce del corridoio entra nella stanza, illuminandola fino
all’inizio del letto.Su di esso,scorgo una fragile
figura,raggomitolata su se stessa.Tutte le volte è
così e non posso far altro che sentirmi impotente e con una
stretta allo stomaco.
Richiudo la porta alle mie spalle e avanzo verso il ragazzo.Lui non si
è mosso di un centimetro.Una volta arrivato ai piedi del
letto,sento qualcosa.
Rimango immobile ed ascolto.
Forse una parola sussurrata, forse un respiro.
No,è un singhiozzo.
Presto, ne seguono altri.
Uno due,tre,quattro,cinque.
Piano piano si trasforma in un pianto liberatorio.Mi dà le
spalle,quindi non riesco a vedere il suo viso.Però,lo
immagino:
Il trucco colato sulle guance,le labbra secche,gli occhi arrossati e
persi.
Mi siedo accanto a lui e dico,non osando toccarlo,quasi per paura di
romperlo -Bill,basta piangere,non porta a nulla..-
Questo mio commento,scatena la reazione contraria: i singhiozzi si
moltiplicano, diventano più forti e con un gesto
rapido,porta le mani a coprirgli il volto.
Abbasso lo sguardo.Non sono mai stato bravo in queste cose.
A differenza di lui, che ha sempre la cosa giusta da dire, io
difficilmente riesco ad esprimere una frase di senso compiuto in queste
occasioni.Vorrei poter trovare qualche parola di conforto, ma non mi
azzardo a dire nient'altro, visto il risultato di pochi attimi prima
Mentre i miei occhi fissano il lenzuolo,vedo qualcosa al suo fianco,che
attira la mia attenzione: delle piccole macchie scure.Mi avvicino per
vedere meglio.Non ci metto molto a capire cos’è.
Un senso di vertigini si impadrona del mio corpo ed il cuore che batte
all’impazzata,pare ribellarsi a ogni mio sforzo di mantenerlo
al suo posto.
-Che diavolo hai fatto?!-
La mia voce è terrorizzata,con una sfumatura che si avvicina
molto all' isteria.
Il moro non smette di piangere e sembra non aver sentito cosa gli ho
chiesto.
Istintivamente gli afferro un polso e strattonandolo,me lo porto
davanti agli occhi.La pelle è liscia e bianca.Poi, il mio
sguardo sale e vedo il palmo insanguinato,con dei piccoli taglietti.
La sensazione di soffocamento inizia ad allentarsi e solo in quel
momento mi accorgo di aver smesso di respirare.
Intanto,il mio movimento gli ha fatto cambiare posizione.
Ora è sdraiato supino e mi guarda con i grandi occhi,che non
smettono di lacrimare.Il suo viso è come l’ho
immaginato e la sua espressione priva di ogni luce, mi
dà i brividi.Anche in quella situazione non perde la sua
bellezza disarmante.A bambola di porcellana,ecco a cosa assomiglia.
Tengo ancora il suo polso con la mia stretta ferma.
-Dovresti tagliartele quelle unghie e fare più attenzione-
lo rimprovero ancora scosso,lasciandogli il braccio libero.
A quella mia affermazione,i suoi occhi diventano due piccole fessure
colme d’ira.Portandosi al petto la mano ferita,tira un paio
di volte su con il naso e cerca di asciugarsi le guance umide,mentre mi
osserva.
-Ich muss durch den Monsun Hinter die Welt …-
La nostra canzone, rompe il silenzio e la tranquillità
apparente che si era creata e le voci squillanti riempiono la
stanza.Mettendosi seduto, Bill scoppia di nuovo in un pianto
incontrollato.
-Tom…- riesce a mormorare - Io,io non ce la faccio
più -.
Quelle parole, mi arrivano dritte come un pugno nello stomaco.
-Avanti, non fare così.-
Le mie parole sono intrise del tono più rassicurante di cui
sono capace.Non sapendo bene come comportarmi,mi lascio giudare
dall'istino e porto la mano sulla sua spalla
-LASCIAMI STARE!- mi urla contro infuriato, facendomi ritrarre il
braccio.
Sono convinto che quelle parole, non sono per me, ma per il mondo
intero.
Tutto sembra rivoltarsi contro di noi.
Quello che abbiamo costruito,creato,ci sta crollando addosso,pezzo per
pezzo.
Con un gesto lento, gli faccio appoggiare delicatamente la testa sul
mio petto, per poi cingerlo in un abbraccio.
Mio fratello stringe con le mani insanguinate e sporche di trucco la
mia maglia,quasi aggrappandosi ad essa.
-Le odio- dice rabbioso,con il viso affondato nell’incavo
della mia spalla.
Gli accarezzo
ripetutamente il capo,
cercando di tranquillizzarlo.
Le lacrime dopo qualche minuto smettono di scorrere.
Sento che la presa sulla mia maglietta inizia ad allentarsi.
Cercando una dolcezza che non mi appartiene, mi sciolgo dall'abbraccio
e faccio adagiare sul letto quella che ora mi sembra la creatura
più piccola e fragile del mondo.
Rimango lì ad osservarlo.
La stanchezza si legge chairamente sul suo volto.
Gli occhi nocciola sono chiusi e il respiro è tornato
regolare.
Come siamo arrivati a
questo punto?
-Andrà tutto bene Bill...- gli sussurro
all’orecchio.
Dio,quanto vorrei che fosse vero.
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