Amori Impossibili

di Gx_Gse
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“Ash, dai muoviti, non vorrai fare tardi” dissi guardando la mia amica.

Eravamo entrambe arrivate lo stesso giorno. Per cui avevamo deciso di andare a scuola insieme.       “Si scusa” disse uscendo dal bagno lasciando il pettine sul letto.

  “Dai allora, è il primo giorno. non sei eccitata”

Lei mi guardò strana.

  “Più che eccitata mi sento malissimo, sono sicura che non sarà posto per me questo”

  “Mai pensare positivo tu eh?”

  “Come potrei se la mia vita fa tanto per farsi odiare”

Allora alzai gli occhi al cielo e insieme scendemmo le scale. Lei era così veloce che in me che non si dica mi superò sulle scale e io aumentai la velocità. Ma subito dopo mi fermai perchè notai che stavo per cadere e mi mantenni alla ringhiera. Allora decisi di andare a passo mio. Quando uscimmo lei mi rivolse un brutto sguardo.

  “E questo sarebbe il tuo mostro di strada?” disse indicando la mia Smart color panna che era diventata grigia parcheggiata davanti a casa sua.

  “Non fare storie e Sali. E poi questa macchina è molto resistente” dissi uscendo le chiavi dalla borsa. “Non solo non sappiamo la strada, ma tu te la sei anche presa comoda nel prepararti” dissi quando fummo salite.

Misi la chiave e accesi l’auto. All’improvviso la radio si accese. Poi la macchina fece uno sforzo e partì.

  “Scusa, ma allora non puoi andare più veloce?”

  “No” dissi pronta.

  “Perchè?”

  “Perchè se vado più veloce il cofano si apre e oltretutto faremmo la fine dei filnstons”

Stavolta guardò lei per aria.

  “Almeno cambia questo strazio”

  “A me Holly Dolly piace”

  “E a me no”

  “Affari tuoi”

Lei sbuffò e poi guardò fuori dal finestrino.

  “Almeno hai il navigatore? Come arriviamo a scuola?”

   “Si ce l’ho” dissi pronta

   “Almeno” disse sforzandosi di far sembrare la mia auto qualcosa di buono.

  “Ma il mio è diverso dagli altri”

   “Cioè?” mi disse non capendo.

Per un attimo allontanai una mano dal volate e aprì il cassetto di fronte a lei estraendone un foglio e dandoglielo in mano.

   “è manuale”

Anche stavolta alzò gli occhi al cielo e questo sicuramente le confermò che quello era un rottame.

Aprì la cartina e mi guardò.

   “Non pensavo che questo buco fosse paragonabile a Parigi”

   “Perchè” le chiesi guardando la strada.

Lei alzò la cartina e mi fece notare.

   “Ah bene, siamo senza cartina. Ero sicura di aver preso quella giusta”

   “Forse non ti sei ricordata di non saper leggere” disse pensando che non l’avessi sentita.

   “Ah ah ah” dissi facendo una finta risata “pensi di essere simpatica. Al posto di fare battute cerca di aiutarmi. Qui sono tutti alberi”

   “Magari chiediamo la strada a qualcuno” disse calmando il suo spirito di divertimento.

   “Si, a chi dobbiamo chiedere aiuto qui? A Tarzan? Non vedi che non passa nessuno? E per di più sono le otto del mattino e persino gli insetti stanno dormendo”

   “Non penso...”

   “Perchè?” dissi senza distogliere lo sguardo dalla strada.

   “Perchè tu sei qui”

   “Ah ah ah... ancora con le battute”

   “Se faccio le battute non va bene. Se cerco di guardarla dal lato positivo, cioè che magari incontriamo qualcuno e chiediamo indicazioni non va bene. Dimmi cosa devo fare allora?”

   “Perchè non cominci con chiudere il becco e farti venire qualche idea in mente?”

Lei mi guardò brutta e poi rivolse lo sguardo al vetro di fronte.

   “Puoi far smettere questo lamento? Sto per spaccarmi i timpani”

   “Non ti avevo detto di stare zitta?” dissi lasciando con una mano il volante e cambiano canzone.

   “Questa è di suo gradimento?”

   “Si grazie” disse facendo la persona di classe.

Poi guardai ancora la strada.

   “Alberi, alberi e ancora alberi. Mi sembra davvero una giungla.” Poi un essere grosso e peloso passò da davanti a noi “Ecco” dissi indicandolo anche se era passato così veloce che quasi non si notava e ora era via “ci mancavano le scimmie”

   “Quella non era una scimmia” disse Ashley preoccupata.

Poi ci guardammo e con il piede spinsi al massimo l’acceleratore. Facendolo però non mi accorsi di un tronco e la macchina rimbalzò e si fermò quando ci passamo sopra. Quando si fù definitivamente fermata uscì del fumo. Velocemente uscì per vedere che era successo. Allora scese anche lei.

   “Resistente vero?”

Io le mandai un occhiataccia e aprì il cofano. Vidi allontanarsi dall’auto.

   “Bene siamo sole, in una foresta che non conosciamo, in una città che non è la nostra. Non abbiamo un mezzo di trasporto e da qui non passa un cane. Il mio cellulare è scarico e il tuo sicuramente è a casa. Quindi propongo di sedermi qui” disse facendolo su un tronco di un albero    “Aspettando che la fami ci ammazzi o sperando che lo faccia prima la “scimmia””

Allora lasciai l’auto e la raggiunsi.

   “Resistente” disse guardandola e ridendo prendendomi in giro.

   “Vedrai che la sistemeremo”

   “No, io la sistemerò. La butterò da un burrone, a sistemarla così non ci vuole niente”

Anche stavolta le mandai un occhiataccia. Mi alzai dal tronco ed entrai in auto. Allora con un dito spinsi il tasto di accensione della radio.

   “La radio si accende”

   “Perfetto. Che bello” disse e io non capii quello che intendeva. Sembrava sollevata. Poi capì che non era così “Metti una canzone che ci inciti a correre così ci perdiamo ancora di più nella foresta o magari arriviamo a scuola per l’ultima ora nel nostro primo giorno di scuola”

   “non mi sembra che tu poco fa avevi tanta voglia di andarci”

Lei si mise la testa fra le mani.

   “Si, scusa. È che, guarda in che situazione ci troviamo. Uccidere un demone è molto più facile”

   “Tu cosa pensavi che fosse quel coso che è passato prima? Non penso sia davvero una scimmia”

   “In realtà” disse lei puntualizzando “sembrava un gorilla”

Allora le feci una smorfia e lei ne fece una a me. A quella situazione non so com’è che scoppiai a ridere. Ridere come mai avevo fatto. Ridevo sempre più forte. Non badando al suo sguardo sbalordito. Poi anche lei cominciò a ridere.

   “Visto che ce la fai a essere ottimista?” le dissi capendo di essere riuscita nel mio intento.

Allora lei simise di ridere ma aveva la faccia felice.

   “Non so che ci trovi di divertente” mi disse con gli occhi lucidi, ma non perchè stava piangendo.

   “Non ne ho idea” disse sincera “forse perchè magari non torneremo a casa per oggi. Dormire qui non sarebbe brutta come esperienza. E poi grazie alla mia intelligenza ho portato il borsone”

   “Mai più precisa tu vero? Da quando ce ne siamo andate da Los Angeles mi sembra che il professore si sia trasferito nel tuo corpo”

   “Si” dissi uscendo dalla macchina e avvicinandomi a lei “ sono un indemoniata” e mi avvicinai facendole il solletico. Poi lei lo fece a me e camminando all’indietro inciampai e caddi di sedere per terra.

   “Ahi” feci per poi non parlare più perchè un ondata di vento freddo passò veloce fra gli alberi attraversando il mio corpo facendo calare un silenzio a parte la mia amica che rideva della mia situazione. Poi anche lei si bloccò e mi ricordai della radio accesa. Sulle note della canzone cominciai a cantare per far smettere il silenzio che era calato che rendeva cupa la foresta.

   “Due fotografie è tutto ciò che rimane, sul mio letto il vento le fa volare,la distanza che ci divide fa male anche a me.Se non vai via, l'amore è qui” poi per il ritornello alzai la voce. “Sei un viaggio che non ha ne’ meta ne’ destinazione” lei rise guardando il mio show e cominciò a cantare anche lei.

Poi ci fermammo per il vento che continuava a farci avere brividi.

   “Qui fuori comincia a far freddo” disse fregandomi le mani sulle braccia e salendo in macchina.

Anche lei mi seguì. Poi insieme guardammo l’orologio che avevo al polso.

   “9.30. chissà che dovremo fare a quest’ora”

Lei fece spallucce e io poggiai la mia testa sulla sua spalla. Ad un tratto sentimmo la macchina che si muoveva. Ma non che camminava, ma come se qualcuno la stesse facendo traballare. Dallo specchietto guardammo cos’era e rimanemmo paralizzate.

   “avevi ragione, ha fatto prima la scimmia” dissi preoccupata.

Pian piano stava annusando l’auto e si stava spostando, dal lato del mio sportello fino a fermarsi sul vetro davanti a noi. Rimanemmo bloccate davanti a quell’essere enorme. Poi ci sbloccammo quando ruggì.

   “Ash prendi il borsone” disse senza distogliere lo sguardo dalla creatura mostruosa davanti a noi. Velocemente si girò ed andò sui sedili di dietro mettendosi di spalle alla creatura e in ginocchio di fronte al vetro di dietro cercando di sbloccare l’aprtura interna che si collegava al cofano. La creatura ruggì di nuovo.

   “parti, veloce parti”

Sperano che questa volta la macchina fosse dalla nostra parte spinsi l’acceleratore e dopo degli sforzi partì facendo accedere i fari che infastidirono la bestia. Allora feci retromarcia immediata poi di scatto mi fermai e andai avanti a tutta birra. Le curve le facevo veloci e senza accorgemene ero uscita dalla fitta foresta. Poi però mi fermai. E giari il viso per vedere la faccia di Ash. Stravolta, con i capelli per aria.

   “Potevi avvisarmi alle curve. Ho baciato pezzo per pezzo i tuoi vetri”

   “Bhe, sono stati fortunati allora no?” poi guardai la sua faccia “no, direi di no”

Poi con un balzo passò avanti.

   “Dai che magari arriviamo a scuola”

Allora ripartii sperando di trovarla.

Non immaginai che vedere quella scritta mi avesse fatta diventare euforica. Chi ha tanta voglia di arrivare a scuola? Bhe, noi ne avevamo tanta. Chi ci avrebbe viste ci avrebbe dato delle pazze, ma noi eravamo felici di essere salve, più o meno.

Parcheggiammo dove c’erano molte macchine.

Finalmente vidi sul volto di Ash un sorriso sincero.

   “Dai in fondo hai ragione, se non fosse stato per questa macchina sicuramente saremmo state sbranate”

   “Scusa ma sono traumatizzata, e dopo quello che hai detto non mi sento molto meglio”

    “Stavo cercando solo di tranquillizzarti”

   “Comunque hai ragione, perchè se stavo ad aspettare che te ne sbrigavi tu sicuramente ci avrebbe sbranate e non solo”

    “Scusa ma l’hai visto?! Era mini 5 volte me, se gli tiravo un pugno non lo sentiva con tutti i peli che aveva. Comunque ne terrò conto” disse riflettendo “mi armerò di cera e strisce la prossima volta. Ti giuro che con una bella ceretta quello rimaneva sotto!”

Io la guardai spaventata, ma non per qualcosa, mi ero accorta che la sua stupidità stava toccando il limite. Poi scoppiò a ridere.

    “Stavo scherzando”

A quel punto mi tranquillizzai.

   “Ora ci decidiamo ad entrare una volta per tutta in questa scuola irragiungibile”

   “Si, anche se ora sono più sicura che mai che la foresta sarebbe stata migliore” disse mentre scendeva e la guardava.

   “Tu prega che non cominci a piovere...”

   “O infatti. Ave maria...” non la lasciai finire che ridendo la spinsi e rise anche lei.

Entrammo nella segreteria

   “Almeno questa l’abbiamo azzeccata” disse entusiasta.

   “è ovvio, c’era scritto sopra, poi sono io quella che non sa leggere” dissi per poi rivolgermi alla segretaria con un sorrisone.

   “Salve, siamo Finley e Sim”

Lei prima mi squadrò e poi diede un occhiata ll’orologio.

   “Abbiamo avuto un contrattempo” dissi cercando di non far salire una questione visto che eravamo tre ore in ritardo dall’orario normale.

Ash a quello che avevo detto schioccò la lingua guardando per aria. Io mi girai e le inviai un occhiataccia.

“Entrate alla terza che sarebbe tra poco” ci disse porgendoci dei fogli sperando che sapemmo come funzionavano.

“Bene questo...”

   “Grazie ma sappiamo già come funziona” dissi lanciandole un sorriso e prendendo i fogli. Poi mi girai e uscì.

   “Dobbiamo andare al numero 6. inglese” dissi con una smorfiaccia “Ma si può sapere prima cosa ti è venuto in mente? Cosa avrei dovuto dire a quella che...” dissi ma poi mi fermai.

Lei che era intenta a guardarsi le unghie si accorse solo che avevo smesso di parlare.

   “Che?” disse senza staccare gli occhi da esse.

Poi vedendo che non rispondevo mi guardò.

Ero intenta a guardare un ragazzo. Stava entrando nel numero 7, che aveva la porta proprio vicino a dove mi ero fermata. Era davvero carino. Con i capelli ramati e gli occhi dorati. Senza accorgemene continuai a camminare.

   “Attenta al...”

Ash non finì di parlare che avevo sbattuto la testa contro una colonna. Con questo ero caduta all’indietro sicura di sbattere la testa contro il freddo marciapiede ma qualcosa mi accolse fra le sue braccia. Un angelo , pensai. Poi rivolsi uno sguardo a quello che mi aveva preso alzando gli occhi e vidi che era stato proprio lui. Vidi il suo volto molto vicino al mio, poi arrivò una soffiata di vento e subito si allontanò, mi rimise in piedi e se ne andò.

Non feci in tempo a ringraziarlo che se ne andò. poi vidi che Ash stava ridendo. Essendo caduta i fogli mi erano scivolati e gli aveva presi lei.

   “Certo che hai fatto una bella figura, d’altronde...” non finì di parlare che una persona troppo di fretta gli andò a sbattere contro.

   “Ehi” disse vedendo che un ragazzo alto aveva continuato a camminare senza rendersi conto di averla travolta.

   “Certo che era proprio carino...”

   “Altroché...se non fosse per il suo caratteraccio” poi mi accorse che non toglieva gli occhi a quel ragazzo.

   “Io non intendevo lui. Vabbè” dissi poi per prenderla sottobraccio e portarla al numero 6.

Entrammo nella classe quasi piena ormai. Io avevo ancora la testa che mi faceva male, ma non so se per la botta di aver sbattuto o per averlo avuto tanto vicino a me. Non so per cosa poi si era allontanato. Fatto sta che, da quel che avevo visto, i ragazzi di qui erano quasi tutti incredibilmente arroganti.

Porsi il mio foglio al professore e fermai Ash che stava andando dritta a sedersi per far dare anche il suo.

   “Bene ragazze. Prendete posto, la lezione stà per cominciare”

Ci sedemmo ai due posti liberi che fortunatamente erano vicini.

 La lezione passò veloce, e comunque, erano cose che avevo già studiato.

Poi purtroppo le nostre strade si divisero. Io andai al 5 mentre lei al 2.

Per me era l’ora letale, storia.

Non ero mai andata d’accordo con tutti quei nomi e quei numeri, ma purtroppo non potevo nascondermi per tutta l’ora da sola.

Entrai nella classe porgendo nuovamente il foglio al professore che i invitò ad accomodarmi.

Mentre camminavo verso il banco vuoto, un intelligente aveva deciso di mettere la cartella all’esterno e ci inciampai, ma per fortuna mi acchiappai ad un banco. Seduto ad esso c’era il ragazzo che mi aveva presa, che quando appoggiai le mani arretrò improvvisamente, sicuramente sperando che non l’avessi notato. Poi oltrepassai il suo banco e mi sedetti accanto a lui, un po turbata. Prima fa l’angelo e poi si rivela uno strafottente. Comunque era sempre così, i ragazzi erano tutti i uguali.

La lezione finì subito purtroppo. So che avevo detto che era uno strafottente, ma era incredibilmente bello. Volevo presentarmi ma qualcosa mi fece fermare. Poi quando finì lui scattò via velocemente. Allora decisi di avviarmi alla mensa. Quando arrivai lì vidi Ash ad aspettarmi fuori. Insieme ci dirigemmo ad un tavolo vuoto anche se mentre stavamo camminando, Eric ci chiese se volevamo sederci con lui. Noi rifiutammo e ce ne andammo per conto nostro. Poi entrambe ci rendemmo conto di aver preso solo qualcosa da bere.

   “Non hai fame?” mi chiese puntando la limonata.

   “No, tu?” dissi indicando la coca cola.

   “Per niente” poi entrambe ridemmo, ma non come nella foresta, non volevamo che tutti si girassero. Poi mi accorsi che in fondo, ad un tavolo c’era seduto il mio angelo con quello che Ash aveva notato. Gli rivolsi uno sguardo e lui fece lo stesso. Poi ripensai a quello che aveva fatto e, innervosita, guardai altrove.

Mi era passata persino la voglia di bere. Ma che avevo potuto fargli che lo aveva turbato così tanto?

Guardai Ash e senza pensarci le feci una domanda insolita.

  “Per caso puzzo?”

Lei alla mia domanda si mise a ridere. Una di quelle risate vere, pulite. Risate che oramai io non riuscivo più a fare da quel giorno.

 

Ero impaziente. Avevo fatto tutto. Era un normalissimo sabato, uno come tutti gli altri. Ma dovevo vedere lui, e questo lo rendeva speciale. Ogni volta che lo vedevo il mio cuore batteva all’impazzita. Speravo fosse una cosa buona, o che al massimo mi sarebbe venuto una qualche malattia al cuore. Ero scesa giù mezz’ora prima ad aspettarlo e, senza calcolare quella, aveva fatto un’altra mezza di ritardo. Dopo molto vidi arrivare quel motore. Anche oggi era impeccabile, era perfetto. Sapevo che poteva sembrare isolito, ma a me la perfezione piaceva, proprio perchè non lo ero io. Lui si tolse il casco e scese dal motore.

Si avvicinò a me e mettendomi una mano dietro la testa la avvicinò alla sua.

  “Stasera ho una sorpresa per te”

A quella cosa non so com’è mi venne il sorriso. Speravo in non so che cosa.

Mi fece salire sul suo motore e alla vicinanza con lui ripartì la malattia. Il motore partì.

Per un attimo non feci caso alla strada, alla fine, quello che mi importava era stare con lui.

Poi mi accorsi che ci eravamo fermati davanti ad una schiera di ville.

Lui scese dal motore e mi fece segno di togliermi il casco. Lo tolsi e glielo diedi.

Scendemmo dal motore e lui lo portò fino a vicino ad una villa. Scese nuovamente, prese le chiavi dalla tasca e aprì il cancello.

  “Oggi non usciamo?” chiesi curiosa.

  “No, ci vediamo un film!”

Disse senza neanche guardarmi. Mi sembrò che lo fece giusto per darmi una risposta.

  “Vieni” disse entrando nel cortile.

Io entrai e lui mi disse di aspettare mentre metteva il motore nel garage.

Poi tornò da me e ci incamminammo fino alla porta. Giunti lì si mise a cercare fra le tante chiavi quella giusta, e per due motivi mi venne da fargli una domanda.

  “Perchè non suoni?”

Uno dei motivi era per non fargli perdere tempo a cercare fra le chiavi visto che volevo passare più tempo possibile con lui. Il secondo era per sapere se ci fosse qualcuno in casa.

Lui non mi diede molte spiegazioni, mi rispose con un “no” secco.

Poi trovò la chiave ed aprì.

Mise il suo giubbotto all’appendiabiti e un po mi sorpresi a vederlo vuoto. Poi mi disse di dargli il mio e appese anche il mio.

Prima di continuare a camminare vide che ero leggermente agitata e si girò.

Si avvicinò al mio collo e mi diede dei dolcissimi baci.

  “Sta calma” mi disse con un tono caldo come non aveva mai detto. Già a quelle parole mi rassicurai.

Poi prese la mia mano fra le sue e si girò nuovamente.

Lo seguì fino al salone. Non c’era che dire, la sua casa era bellissima.

Si sedette sul divano.

  “Aspettami qui ora vengo”

Quando tornò aveva in mano un paio di cose.

Vidi che appoggiò un dvd sul tavolino e poi si diresse da me con una digitale in mano.

  “Fammi un sorriso!”

Io lo feci e sentì lo scatto.

  “Aspetta prendo la mia!”

Girai la testa di lato visto che l’avevo appoggiata lì sul divano. Non c’era.

Mi alzai e mi diressi da lui.

  “Dammi la borsa”

  “No” disse lui con quella voce profonda e misteriosa che mi faceva impazzire. Poi scoppiò a ridere. mise le sue braccia intorno ai miei fianchi e mi tirò su e camminò fino al divano. Io caddi stesa. Lui senza appoggiarsi si avvicinò a me.

  “No fino a quando non mi dai un bacio”

E così feci. Presi la sua testa fra le mani e l’avvicinai alla mia. Le nostre bocche erano attaccate e potevo sentire il suo respiro. Sentì una sua mano scorrere sulla mia schiena, e mi fece venire i brividi, per questo mi staccai.

  “La borsa” dissi mettendogli la mano vuota davanti.

  “Era qui sul divano, ma tu non te ne sei accorta” disse per poi scoppiare a ridere. Una di quelle risate che ti contagi, e lo feci anche io. Forse non avevo un motivo, forse si. Sta di fatto che in quel momento sembrò per un attimo sparire tutto.

Presi la borse e ne uscì la macchina.

Ci facemmo moltissime foto, in tutte le posizioni possibili.

Alla fine abbandonammo l’idea del dvd e ci mettemmo sul divano. Lui seduto e io appoggiata al suo petto.

Sentivo il suo cuore battere. E per un attimo speravo che lo facesse per me, visto che lui il mio se l’era preso.

Ero sicura che tra noi sarebbe stato sempre tutto fantastico.

Erano le ventitré circa quando lui mi prese per mano e mi fece salire le scale.

  “Quanto tempo hai?”

Disse aprendo la porta della sua stanza.

  “Mezz’ora” dissi, anche se sapevo  che sarei dovuta partire a e un quarto da casa sua.

  “Ok”

Poi mi portò vicino al letto.

La serata finì bene. Non facemmo niente di che, ma non siamo stati nemmeno come 2 angioletti che si tengono per mano.

Il giorno dopo ero euforica di vederlo. Sentivo che sarei riuscita a toccare il cielo con un dito. E che fra noi sarebbero successe molte cose.

Mi arrivò un messaggio.

21 VILLA. TI AMO

IVAN

Non mi aveva mai detto ti amo. Ora ero più che sicura che c’era più di qualcosa.

Io mi sbrigai e mi misi d’accordo con Jenny di farci un giro prima che io sarei uscita. Avevo molte cose da raccontargli!

Ci incontrammo alle 16 e ci andammo a prendere qualcosa di fresco.

Quando davanti vidi ferma Kary, un’antipatica, una ragazza che odiavo a morte.

  “Ehi, guarda, aspetta qualcuno! Chi se l’è presa a quella”

Vidi un motore fermarsi davanti. Un motore famigliare, ma pensai, chissà quanti ce ne sono così!

Poi vidi il ragazzo scendere e togliersi il casco. Ora non c’erano più dubbi. All’inizio rimasi sbalordita a vederlo lì, e ci stavo male. Ma quando si avvicinò a baciarla fui presa dall’odio. Mi diressi verso di loro. Lui non mi vide, ero dietro di lui, ma sicuramente si sentì la spalla bagnata di coca cola e sentì il rumore del suo motore per terra. Quando si girò vide solo che io e Jenny ce ne stavamo andando, e si prese anche un gestaccio.

 

Notai che qualcuno era interessato a quella risata. Il ragazzo alto dell’ultimo tavolo girò il viso in direzione di Ash. Poi ripensando a tutta la mia storia scoppiai a ridere anche io. La sua sì che era una risata contagiosa. Ash era sempre stata una ragazza simpatica, spontanea. Da quando la conosco non aveva mai fatto male a nessuno, a parte ai vampiri e tutte le altre schifezze, e non penso che riuscirebbe a far male a qualcuno. Quando mi raccontò la sua storia rimasi a bocca aperta.

 

Eravamo in spiaggia, ma, essendo che era gennaio non pensavamo fosse il caso di fare il bagno.

Non le avevo mai chiesto niente su di lei, ma quando lo feci non mi disse molto.

  “Prima ero diversa, diversissima. Quando i miei erano vivi ero a Los Angeles. La mia era una vita che mi prendeva, ogni sera in disco o a qualche festa. C’era da divertirsi prima, fino a quando non mi misi con il ragazzo della mia migliore amica. All’inizio pensavo fosse la cosa giusta, pensavo mi amasse. Poi capì che voleva solo usarmi, allora lo lasciai, e proprio nel momento in cui stavo per far pace diventai una cacciatrice. Dovei lasciar perdere la mia amica e il mondo dei ragazzi. Rimasi sola, ancora più sola quando morirono i miei e mi portarono in orfanotrofio. Avevo capito che in tutto quel tempo avevo solo fatto del male alle persone, per cui, anche se non mi andava, decisi di aiutare comunque le persone continuando il progetto per cui ero stata scelta. Anche perchè non mi restava altro. L’unica cosa importante era la mia vita, non avevo più niente, e cercavo di difenderla come potevo”

 

Da quel momento capii che, anche se nessuno lo sapeva, la mia amica era una supereroina. Una di quelle che si vedono nei cartoni animati con tanto di scettro e divisa, solo che al posto dello scettro aveva il paletto, ma per il resto erano uguali, a parte che quelle dei cartoni non si fanno mai male mentre Ash te la vedevi ogni giorno con un taglio diverso. Oramai gli aveva provati tutti!

Le nostre storie erano simili, cuore spezzato e osso spezzato, solo che l’osso si poteva guarire mentre non penso che il mio cuore si possa guarire.

Passai nuovamente lo sguardo sul tavolo “dei misteri” (io e Ash nel tempo della mensa dovevamo pur parlare di qualcosa, e avevamo dato un soprannome a quei 5 ragazzi da cui non avevamo sentito mezza parola, avevamo persino messo l’ipotesi che fossero muti, ma confermammo quella che forse erano semplicemente asociali, sembrava più umana!), vidi quello di storia che mi guardò. Ogni volta che incontravo i suoi occhi erano sempre più arrabbiati. Ma alla fine, che mi importava di lui?

Forse la pensava in modo diverso. O forse era talmente asociale da voler allontanare le persone con il solo sguardo. La cosa sorprendente era che non si differenziava l’iride dalla pupilla. Erano spettacolari i suoi occhi.

Poi un suono mi fece tornare alla realtà, quello della campana. Io e Ash ci alzammo.

Riponemmo i vassoi al loro posto. Subito dopo vidi quella del tavolo dei misteri avvicinarsi, quella più bassina. Speravo che venisse per dire qualcosa, ma si avvicinò solo per spazzar via tutto il contenuto del vassoio.

Incredibile, nessuno del tavolo dei misteri aveva toccato cibo. Noi eravamo un  caso particolare, ma forse loro volevano morire di anoressia.(un’altra nostra ipotesi).

Ash diceva che quello che le era andata a sbattere contro era impossibile che morisse di essa, con tutti quei muscoli.

Ash depose il vassoio vuoto vicino agli altri e si diresse all’armadietto.

 

Prese tutti i libri e lo chiuse. Quando si girò sentì una montagna venirle addosso. Anche quella volta le caddero tutte le cose per terra.

Il ragazzo muscoloso, che per la cronaca era la seconda volta che le faceva raccogliere le cose quel giorno, si girò nuovamente fregandosene.

  “Si vattene maleducato” disse Ash a bassa voce.

Quando finì di parlare fra sè il ragazzo tornò indietro e prima che lo potesse fare lei alzò le cose dal pavimento.

  “Scusa” le disse porgendogli il resto delle cose.

Rimase incantata da quella voce. Guardandolo si poteva immaginare una voce cupa, invece era profonda, anche se comunque misteriosa.

  “Non preoccuparti”

  “Ora sei convinta che io non sia un maleducato?”

  “L’avevo pensato” poi si fermò un attimo a pensarci “ma l’avevo detto a bassa voce, come hai fatto a sentire?”

  “Orecchio fino, comunque forse avevi ragione, non mi sono ancora presentato, io sono Emmett Cullen”

  “Ashley Sim” disse porgendogli la mano.

Ma lui non fece altrettanto.

  “Scusa ma ora ho lezione, ci vediamo Ashley Sim”

  “Certo” disse lei sperando davvero in un prossimo incontro.

Lui si girò e cominciò a camminare.

  “Emmett” disse lei un po più forte per farsi sentire. Lui si girò. “La prossima volta se vuoi incontrarmi non  darmi un’altra spallata”

  “Lo terrò presente. Cosa ti fa pensare che voglio incontrarti ancora?”

  “Intuito femminile, non sbaglia mai”

E aveva ragione.

 

Finalmente quel pesante giorno di scuola era finito, ora mi aspettava il compito più importante di tutti, far partire l’auto.

Poi ad un tratto mi ricordai dei fogli da consegnare.

Appena vidi Ash glielo dissi e fra un uffa e l’altro consegnammo quello stupidissimo foglio.

 

Quando uscimmo dalla segreteria c’erano ancora molte macchine.

Vidi che i 5 del tavolo dei misteri entrarono nella Volvo grigio metallizzata, la più bella macchina lì.

Sinceramente non mi stupì molto, erano tutti vestiti di vestiti di chissà quale famosissimo stilista.

Per un attimo posai lo sguardo sulle mie Converse un pò consumate.

Ma alla fine fare la bella figura con loro non mi interessava, forse erano ricchi, anzi no, ricchissimi.

Ma comunque i soldi non gli avevano comprato le amicizie della scuola, o forse era semplicemente una decisione loro.

Io mi diressi alla mia macchina seguita da Ash.

Entrammo e appena provai a farla partire e non ci riuscì lei mi guardò male, poi guardò di nuovo di fronte. Ma non durò molto. Appena partì la radio si rigirò verso di me, visto che “Cinque Giorni” era partita, e mi guardò più male di prima.

Io la guardai e feci spallucce e poi continuai la mia battaglia.

  “Rox vs Smart. Chi sarà il vincitore? Io scommetto cento dollari per la Smart

Io la guardai e provai a farla ripartire. Un forte rumore mi fece capire che per quella volta avevo vinto io, ma la prossima sarebbe stata più dura.

  “Evvai, Rox passa alle semifinali!”

Anche questa volta la guardai, ma la guardai male.

  “sabato vado con degli amici ad una specie di campeggio!”

  “Io no, ho un appuntamento galante”

  “Non sarà mica con quello del tavolo dei misteri?”

  “Più o meno. Immaginatelo solo più verde, viscido e con tante corna!”

  “Mmm” dissi facendo finta di pensarci.

Ma alla fine ci pensai davvero. Non credo che sarebbe brutto. Quelli del tavolo dei misteri erano tutti così... misteriosi, ed incredibilmente belli ed affascinanti.

  “Comunque ci ho parlato”

  “Con ch?”

  “Con quello del tavolo dei misteri”

  “Perchè sai parlare?”

Lei mi fece la linguaccia.

  “Ho sonno”

  “Dormi la notte al posto di andartene in giro”

  “non avrei sonno se tu facessi aumentare di velocità questa scatoletta e arrivassimo prima a casa. E poi lo sai che non vado in giro”

  “Insomma, qui vampiri non ce ne sono, e i demoni non spariscono alla luce del sole. Puoi anche trovarli di mattina al posto di andarli ad uccidere la notte”

  “Hai ragione. Perchè sai, ieri, quando sono andata a comprare il latte, ne ho trovato uno nel supermercato!”

  “Sul serio?”

Anche questa volta mi guardò male.

Solo dopo un po’ Ash si accorse che mi ero fermata.

  “Ora che è successo?”

  “Non so la strada”

  “Bene. Ma non ti ricordi proprio niente?”

  “No”

  “Bhe, sforzati”

  “Perchè non cominci a farlo tu?”

  “Mica guido io”

  “Mica ho io sonno”

Lei sbuffò e io cominciai davvero a sforzarmi. Avevamo già perso tempo alla segreteria, poi altro tempo per accendere l’auto, e ora anche questo!

Sinceramente la giornata sembrava non finire più, anche se, sapevo, che se non trovavamo la strada sarebbe finita anche la giornata, ma noi saremmo rimaste lì.

  “Dai che magari c’è anche qualcosa di buono!”

  “A certo ottimista, illuminami”

Cercai di pensare a qualcosa di sensato .In verità le cose per non perdere la fiducia in quel momento erano davvero poche, o forse non c’è n’erano. Pensai alla più sensata.

  “Bhe, domani mattina non dovremo perderci di nuovo per venire a scuola. Basterà che facciamo un minuto di retromarcia”

  “Senti, o fai partire questa cosa e proviamo a tornare a casa o me ne vado a piedi”

Notai che c’era dell’irritazione nella sua voce.

Forse era davvero stanca, un po mi fece pena. Ma non glielo dissi altrimenti avrebbe cominciato a dire che era una sfigata ecc.

Misi in moto l’auto. Per fortuna partì la prima volta, forse anche lei non vedeva l’ora di tornare a casa.

  “O no”

Feci ad un certo punto. Purtroppo furono solo quelle le parole che mi uscirono.

Se le dissi era per farle notare che eravamo al punto di partenza: la foresta.

  “Io non entro”

  “Perchè?”

  “Oh no, lì dentro ci sono le scimmie, e sinceramente oggi l’ho già vista quindi..”

  “Dai, tanto ci sono io”

Cercò di dirlo in modo convincente ma alla fine anche lei capì di non esserci riuscita.

  “Si vede come ci sei stata stamattina.”

  “Uffa, stamattina è stata una situazione critica. Non sei stata mica tu a essere sbattuta da una parte e dall’altra ai sedili posteriori di una macchina”

  “Non è colpa mia se non ti sai mantenere”

  “Ah, quindi ora sarei io che non mi sò mantenere...”

Non la feci finire di parlare.

  “Senti, al posto di litigare troviamo una soluzione. Se stamattina ce la siamo scampata a diventare cibo per scimmie non credo che saremo graziate anche ora.”

  “Potremo sempre andare avanti e...”

  “Si fino a quando non troviamo un burrone...”

  “E io ci butto dentro la tua macchina”

  “E io ti butto con lei”

Lei fece per un attimo fece l’arrabbiata poi capì che non era momento”

Allora io presi e accesi la radio.

  “Bene, se non ci volevamo sentire ora ci stiamo riuscendo.” Poi sentì la canzone. “Stavo scherzando. Con questa se ne scappano anche le scimmie”

  “Allora sono davvero delle scimmie!”

  “Può darsi”

  “Sono grosse e pelose, questo è sicuro”

  “E sono ripugnanti”

  “E sono anche di fronte a noi”

Lei alzò lo sguardo e strabuzzò gli occhi.

  “Ora sei convinta che dobbiamo accendere l’auto?”

  “No, aspetta. Non vedi che non ci sta venendo addosso? Forse è buono”

  “Sinceramente in questo momento penso più alle certezze non ai forse...”

Allora la grande bestia si girò e sparì nella foresta.

  “A me non sembrava una scimmia”

  “E neanche un gorilla”

  “Sarà una razza speciale”

Io feci spallucce e accesi l’auto.

Ci mettemmo sulla mezz’oretta buona per attraversare la foresta, ma alla fine arrivammo a casa.

  “Domenica andiamo a comprare un navigatore satellitare”

  “Non penso si possa montare alla tua auto”

Mi disse cercando di fare la spiritosa.

Poi uscimmo dall’auto e ci fermammo davanti alla porta.

  “Ok, allora, proviamo” mi disse dandomi un foglio.

Poi fece lo sguardo serio.

  “Perchè avete ritardato?”

E fece il vocione.

Io lessi quello che aveva scritto.

  “Ci siamo intrattenute per i compiti”

  “Ed era momento?”

  “Aspetta ma la risposta a questa non l’hai scritta!”

  “Ah no?”

Disse avvicinandosi al foglio. Io poi lo accartocciai e lo buttai.

  “Passiamo alla tattica B. abbiamo forato”

  “E perchè non avete chiamato?”

  “Perchè il cellulare nella foresta non prendeva”

  “poteva succedervi qualcosa di brutto! Siete delle incoscenti1 domani vi accompagnerà papà a scuola. E poi” disse senza il vocione “Figura di merda! Io non uscirò mai con il ragazzo del tavolo dei misteri e ci prenderanno per sfigate”

  “Si infatti non va...” poi pensai un attimo “aspetta. Vuoi uscire con quello?”

  “L’ho detto? Pensavo di averlo solo pensato. Comunque ora stiamo solo facendo più tardi”

Disse e poi aprì la porta.

  “Tutto quel tempo a trovare delle scuse e poi...”

  “Non ci sono”

Ci siamo date il 5 e poi siamo salite in camera.

Io avevo optato per una bella doccia e poi una passeggiata fuori visto che c’era un sentiero.

 

Quando uscì dalla doccia misi un pantaloncino giallo, le ballerine marroni e un top dello stesso colore. Presi la mia borsa preferita e scesi le scale.

I nostri erano arrivati ma non sapevano del ritardo.

  “Ma sto uscendo”

Dissi chiudendo la porta.

Fuori. Aria aperta.

Cominciai a camminare per il sentiero.

Non faceva caldo, ma c’era luce, per cui anche se poi c’erano degli alberi non ebbi paura.

Continuai a camminare.

Cambiare città per me era stato uno shock, avevo lasciato la mia vita per aprirla a un altra. Era stata dura ma, almeno, avevo chiuso con il passato, anche se non al dolore.

Mi fermai sotto un albero emi rimisi a pensare a lui, l’unico grande amore che io abbia mai avuto.

Non lo facevo vedere, ma con lui, avevo perso tutto, e ci stavo malissimo. Ma alla fine, dovevo immaginarlo, come fidarsi di uno come lui?

Però i baci, le carezze, le foto le chiacchiere... poi ci ripensai.

Le foto. È da quel giorno che non aprivo quel piccolo album che mi portavo nella borsa.

La aprì, le uscì e prendendo un accendino le bruciai e con quelle, decisi di bruciare lui dal mio cuore, per darmi un’altro motivo per vivere.

Spazio Autrice

 Un po' di pietà... è la mia prima ff su Twilight... voi che ne pensate? Recensite Please...





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