Sono
una neofita del mondo di Army Wives e mi perdonerete se non ho
scritto di una delle protagoniste.
Qui
non mi conoscete ancora, ma io sono la paladina dei personaggi
secondari, delle comparse di un momento, delle cause perse.
Il
mio amore per Seamus Deaver e la delicatezza del personaggio di Getti
mi hanno praticamente fatto violenza affinché scrivessi di lui.
E
così eccolo qui, il mio saluto al dolce dottore di Fort Marshall.
Addio
Getti.
Quando
un personaggio riesce in così pochi minuti sullo schermo a catturare
il tuo cuore in questo modo, non puoi che ringraziare gli
sceneggiatori per averlo creato e l'attore per avergli dato vita.
Amo
i personaggi di cui nessuno si ricorda, amo donare loro l'importanza
che per il mondo non hanno mai avuto. Perché secondo me, da qualche
parte, ogni personaggio esiste e aspetta solo di poter vivere un
altro po'.
Scriverò
ancora di te, Getti, promesso.
Almost
Lovers Always Do
Ho conosciuto due amori
nella mia vita.
La medicina, il primo,
indimenticabile, scoperto a cinque anni curando un passero caduto dal
nido.
Ho sempre saputo che sarei
diventato un medico, non c'era dubbio, non ho mai creduto di essere
nato per qualcos'altro.
La medicina è una
vocazione, più che un mestiere.
Un po'come fare il soldato,
se capisci quello che intendo dire.
Non è lei, tuttavia, il mio
amore più grande, no. Quello l'ho incontrato qualche anno dopo.
Frequentavo il liceo e il
mio migliore amico, allora, era il libro di biologia. Per il mondo,
ero solo il ragazzino timido con gli occhi grandi e azzurri. Al
massimo, per chi mi conosceva meglio, il ragazzino timido con gli
occhi grandi e azzurri e il cognome italiano.
Vivevo con il solo
obbiettivo di entrare a medicina, delle altre persone non mi
interessava.
E poi ho conosciuto Perry.
Percival Liffey, irlandese
di nascita, gli occhi più grandi e più azzurri dei miei, il corpo
ricoperto di tatuaggi. Sua sorella, Delia, era in classe con me, poco
più che una bambina piccola e sgraziata, che ricordavo più che
altro per il mandarino che si portava sempre come merenda per
l'intervallo.
Conobbi Percival, dicevo,
mentre aspettava Delia leggendo un libro, appoggiato all'oggetto più
meraviglioso che avessi mai visto.
Trovai il coraggio di
rivolgergli la parola solo per sapere di più su quello splendore.
Si chiamava Morrigan, mi
disse, ed era una Harley Davidson Fat Boy nera come l'inchiostro, con
due borse di cuoio borchiate appese ai lati e l'interno dei cerchioni
dello stesso colore di una notte senza stelle.
Fu come avere di nuovo
quattro anni, come quando avevo scoperto la medicina.
Morrigan era lì davanti a
me, e io sapevo, ero certo che un giorno sarebbe stata mia, che
l'avrei cavalcata lungo una strada infinita, solo io e lei, con il
vento in faccia e il rombo del motore come unico compagno.
Credo che tu mi possa
capire, mia bella infermiera motociclista.
Quando, dopo quasi dieci
anni, il neonato chirurgo traumatologico Chris Ferlinghetti, che poi
sarei io, salvò la vita a Delia Liffey, rimasta ferita gravemente in
un incidente ferroviario, le chiavi nere con quella grande h
disegnata sopra apparvero misteriosamente nel mio frigorifero, vicino
ad una bottiglia di latte scaduta.
Non mi chiesi nulla in quel
momento, né come Percival avesse fatto ad entrare, né da quanto
ponderasse di farmi quel regalo.
Corsi solo fuori,
ripetendomi che non poteva che essere uno scherzo.
E invece lei era lì, lucida
e potente nella notte appena nata.
Nulla è paragonabile alla
mia prima cavalcata su quella scalpitante cavalcatura dal cuore
irlandese.
Nulla, tranne quel nostro
unico bacio, Denise.
So
dove sono, so che tutto sta finendo per me, che Morrigan cavalcherà
da sola, da ora in poi, eppure non riesco a essere triste.
Non
ci riesco, perché tu sei accanto a me.
Non
so dove siamo, non so nemmeno se questo posto esiste davvero, ma so
che la tua mano che stringe la mia è reale come lo sono io e lo sei
tu. E allora, con gli occhi chiusi e il corpo molle, anche io stringo
la tua, mentre un vento che sa di mare e sogni mi sfiora come una
carezza data di nascosto.
La
tua voce è dolce e morbida, musicale come un canto, ma non riesco a
cogliere nemmeno una parola di quello che mi stai dicendo. Come se
fosse una lingua straniera.
Come
se fossimo in due mondi diversi e le nostre mani fossero l'unico
punto di contatto.
Non
è forse sempre stato così?
Sorridi,
dolce Denise, perché non è triste la nostra storia, non è dolore
quello che abbiamo.
Tristi
erano i tuoi occhi, impauriti nell'incontrare i miei, spaventati dal
nome che forse i nostri sentimenti avrebbero adottato presto.
Quasi
amore, io e te.
Da
soli sempre, in un bar affollato o in una sala operatoria piena di
gente, intenti a salvare una vita.
Il
tuo talento, la tua dedizione mi hanno più volte tolto il fiato,
rischiando di farmi deconcentrare da quello che stavo facendo.
Sono
sicuro che, se ne fossero stati coscienti, i miei pazienti non
avrebbero apprezzato poi molto questa mia distrazione, ma io... io
ero di nuovo un ragazzino del liceo che vede per la prima volta la
sua futura motocicletta.
Siamo
questo, io e te.
Anime
delicate e folli che hanno bisogno di due ruote per sentirsi davvero
vive.
Non
volevo innamorarmi di te, perché sapevo che sarebbe stato difficile,
o, forse, impossibile.
Ti
chiedo scusa se non ce l'ho fatta, Denise, ma tu sei troppo per
qualsiasi cuore sia in grado di vederti davvero.
Credo
che morirò, dopotutto.
È
già da qualche ora che non sento più dolore e probabilmente il mio
cuore sta valutando il momento migliore per smettere di battere.
Mi
fa male pensare che Morrigan non è altro che un'accozzaglia di
lamiere da qualche parte vicino al nostro bar. Se avessi potuto
scegliere, l'avrei lasciata a te, ma forse è meglio così.
Troppe
spiegazioni da dare al tuo bel marito soldato.
Eppure
è un bel modo per morire, per l'ultima volta in sella alla mia
cavalcatura.
Solo
rivederti avrebbe potuto renderlo migliore.
Solo
stringerti ancora una volta.
Sarebbe
stato bello, Denise.
Sarebbe
stato giusto.
Se
tu mi avessi raggiunto, in quel dannatissimo bar, non so nemmeno se
ti avrei lasciato parlare.
Ero
stufo, lo sai?
Non
avevo più voglia di essere il ragazzino con gli occhi grandi e
azzurri che si fa portare via la principessa dal guerriero in
uniforme.
Volevo
essere io l'eroe.
Ti
avrei baciata, Denise.
Ti
avrei stretta forte per non lasciarti allontanare, per sentire ogni
centimetro di te. E tu saresti stata d'accordo, perché nel mio folle
sogno anche tu mi amavi.
Saresti
salita con me su Morrigan, saremmo scappati via senza pagare, ridendo
come due adolescenti.
E
poi a casa mia, in quel piccolo buco da scapolo centauro, ti avrei
stretta ancora e ancora e ancora.
Ti
avrei baciata tutta la notte, e tu saresti stata la cosa più bella
che le pareti di casa mia avessero mai visto.
Avremmo
fatto l'amore, forse.
Mi
sarebbe piaciuto, perché io non so se ho mai davvero fatto l'amore.
Con
te sarebbe stato diverso, lo so e basta.
Le
mie mani nei tuoi capelli, il tuo corpo stretto al mio, senza mai
chiudere gli occhi, senza vergognarci del nostro piacere.
Senza
l'ombra di tuo marito, perché tu, nel mio piccolo sogno, avresti
subito deciso di partire con me.
Tu,
però, a quel bar non sei venuta e io ora sono qui a morire, in un
letto dell'ospedale che ci ha fatti incontrare.
Mi
piace pensare che sia tu a curarmi.
Mi
piace anche immaginare le tue lacrime, quando me ne sarò andato.
È
crudele ed egoista? Forse sì, ma è l'ultimo modo in cui puoi essere
mia.
Addio,
mia dolce infermiera.
Spero
che il mio passaggio nella tua vita abbia significato qualcosa.
Se
ti ho aiutato anche solo un poco a capire qualcosa di te, a tirare
fuori quel tuo meraviglioso lato folle che ha tanta paura di farsi
vedere, se ti ricorderai di me, allora posso andarmene contento.
Sei
bellissima, Denise, mia quasi amante.
Avrei
dato il mondo per poterti chiamare amore.
Il
mio terzo grande amore.
Goodbye,
my almost lover
Goodbye,
my hopeless dream
I'm trying not to think about you
Can't
you just let me be?
So
long, my luckless romance
My
back is turned on you
I
should've known you'd bring me heartache
Almost
lovers always do
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