SECONDA PARTE
Seconda parte
Era triste sentire di non avere una casa.
O meglio, era triste avere una casa e sentire di non poterci andare.
Ranma l'aveva pregata di lasciargli del tempo per salutare tutti ed
abbandonare il suo appartamento ed Akane aveva accettato inerme, quasi
rassegnata all'idea che il suo folle fidanzamento con quel buffo
ragazzo col codino fosse svanito in un attimo, come le nuvolette di
fumo che cacciava dalle sigarette che non faceva che accendere si
disperdevano nell'aria gelida di febbraio mentre sedeva sul muretto di
cinta della scuola, mentre Ukyo e Ryoga, ignari della sua lotta
interiore e di quanto appena accaduto, si stavano baciando seduti
accanto a lei e Mousse le teneva la mano sinistra senza lasciarla mai,
senza dire nulla, facendole semplicemente sentire la sua presenza.
Le 16, le 17, poi le 18. La scena rimaneva invariata come la tenacia
con cui si chiedeva se non fosse stata lei a sbagliare tutto, se non
avesse fatto male ad aspettare di concedersi a lui, se non avesse
dovuto lottare un po' di più per tenersi stretto l'uomo che
amava, come se fosse stata lei stessa a decretare la sua sconfitta
contro un'avversaria che l'avrebbe potuta battere senza nemmeno
impegnarsi, che era più bella, più sexy,
più
interessante e persino più forte di lei.
Le 19, le 20.
Ukyo e Ryoga si erano staccati per riprendere fiato, e nel vederli
finalmente tornati nel mondo reale anche Mousse aveva lasciato la sua
mano, che ora era accaldata, sudaticcia ed indolenzita.
''Allora, andiamo a mangiare qualcosa? Ho una famina!''
''Signor Hibiki, ma lei non era un poeta mancato? E' questo il massimo
che sa fare? Famina?''
ammiccò Ukyo tirandogli uno schiaffetto sul ginocchio e
tirandone uno morale ancora più forte ad Akane: quegli
scherzi,
quell'ironia, quel prendersi in giro costantemente già le
mancavano.
''Hem... Hem...'' tossì Ryoga imbarazzato. Da quando stava
con
Ukyo aveva smesso di scrivere della sua vita ed aveva cominciato a
viverla. Ed era meraviglioso.
''In ogni caso, nel mio appartamento -o tugurio, come volete- ho ancora
le vecchie piastre per okonomiyaki di mio padre: se vi va, prima della
festa passiamo a mangiarne qualcuna!", propose la barista.
''Io ci sto!", alzò la mano felice il giovane cameriere
saltando giù dal muretto.
''Akane?'' chiese invece preoccupato Mousse voltandosi verso la sua
migliore amica.
''Voi andate'', sorrise la Tendo, ''Io non mi sento molto bene, credo
che andrò a casa''
''Vengo con te'', sentenziò perentorio l'amico con gli
occhiali
mentre la nuova coppia assumeva un'aria triste e si arrovellava il
cervello in cerca di un'idea per farla stare meglio.
''Mou, ascolta, sto bene. Lo so che non ci credi, ma è
così. Il problema'',
alluse cercando di non far capire agli amici quale fosse il reale
argomento della loro conversazione, ''a quest'ora sarà
già stato abbondantemente risolto, direi che sono stata
anche
troppo al freddo per lui''
''Ok, ma se me lo permetti passerò la serata con te. Lo sai
che è San Valentino, io...''
''Ma io sto bene,
paperotto!"
''Io no.
Akane, non ci voglio
andare alla festa da solo. Ti prego, stiamo insieme'',
bluffò
lui. Era davvero bravo, pensò Akane, se non l'avesse
conosciuto
come le sue tasche gli avrebbe addirittura creduto.
''Stasera troverai l'amore della tua vita, Mou, me lo sento. Il fatto
che tu abbia deciso spontaneamente di partecipare ad una festa a
mezzanotte, in una sera della settimana e nei locali della scuola
abusivamente occupati è un evento, certamente
capiterà
qualcosa'', lo convinse paziente lei.
''E tu?''
''A me restano sempre Adam Levine, la cioccolata e la maratona di Cruel
Intentions''
''Oh Kami, no. Non ce la posso fare, amica'', scosse la testa.
''E' per questo che non sei invitato'', gli fece l'occhiolino, per poi
rivolgersi agli amici che erano tornati a divorare le reciproche
labbra, ''Buona serata, polipini!"
***
Spesso e volentieri, o meglio quelle due/tre volte al mese in cui gli
capitava di svegliarsi in anticipo rispetto all'orario consueto, Ranma
si concedeva una corsa mattutina. Così, giusto per tenere
puliti
i polmoni e compensare il brutto vizio del fumo che aveva preso in un
momento imprecisato dell'ultimo anno, forse in Cina, dopo aver
rischiato la vita per mano di un panda gigante incredibilmente a piede
libero che lo aveva fatto quasi affogare in una vasca termale che
più tardi, dopo litri e litri di acqua ingerita ed un
saltino in
ospedale, gli avevano detto essere una sorgente maledetta. Non che
credesse a certe cose, figurarsi, ma quando si era svegliato aveva
sentito il bisogno di scaricare la tensione ed il pacchetto di senza
filtro di quello scemo di suo padre era lì, pronto per
trascinarlo in un peccaminoso ma piacevolissimo mondo di nervi
rilassati e sinapsi annebbiate.
Spesso e volentieri si concedeva una corsetta mattutina ed il percorso
era sempre lo stesso: da casa sua a casa di sua madre.
Usciva dalla porta sul retro, correva senza fermarsi fino a casa dei
Kuno, suonava il campanello, scappava ridendo e girava l'angolo,
arrivando al signorile palazzo sovrastato dall'attico di Nodoka ed
Hirai, che apparteneva alla famiglia dell'avvocato da generazioni e
portava addirittura il cognome di un suo trisavolo su una imponente
targa in ottone appesa nell'atrio.
Si fermava, stoppava il cronometro, si complimentava con se stesso per
il raggiungimento di un nuovo record di tempo, quantanche il progresso
fosse stato solo di un centesimo di secondo, faceva un po' di
stretching, aspettava che sua madre uscisse, puntuale come un orologio
svizzero, alle 7 e 12 minuti per andare in ufficio, le dava un bacio e
poi tornava a casa correndo più lentamente, senza fretta,
godendosi l'odore di croissants appena sfornati che lo provocava
sgattaiolando fuori
dalle porte delle pasticcerie francesi o quello ben più
familiare dello smog, della nebbia, della maleducazione, della rabbia,
del fumo, del freddo, di tutto ciò che era New York City,
quella
nuova città che aveva imparato ad amare come casa sua.
Spesso e volentieri si concedeva una corsetta mattutina da casa sua a
casa di sua
madre, ed il suo ultimo e sudato record di velocità era
stato 14
minuti, 21 secondi e 33 centesimi.
Quel pomeriggio ce ne aveva messi solo 8, ma non l'avrebbe mai saputo.
Aveva rivoltato tutta la casa per cercarla, e lei era pronta per essere
trovata in cucina, di spalle, intenta a preparare i suoi biscotti
preferiti coperta da un candido vestito in pizzo a maniche lunghe che
le arrivava fino ai piedi, una coroncina di fiori tra i capelli
intrecciati ed un buffo
grembiule con disegnata quella
fottuta gattina senza bocca
che tanto odiava sul davanti, in un tripudio di rosa, di merletti, di
profumo di fiori d'arancio, di scorzetta di limone e di guance
arrossate sporche di farina, di frange troppo lunghe che cadono sugli
occhi, di mani impastate d'uovo, di sorrisi gentili e canzoncine
canticchiate a bocca chiusa.
Un angelo del focolare.
Gli aveva sorriso dolcemente e gli aveva chiesto dove fosse stato tutto
quel tempo, perchè l'avesse lasciata così tanto
da sola.
Lo aveva addirittura apostrofato come cattivone, e lui si
era quasi intenerito davanti al bisogno di normalità ed alla
dipendenza affettiva di sua cugina. Quasi.
L'aveva afferrata per le spalle facendo cadere il sacchetto di
gocce di cioccolato bianco che teneva in mano, che ora versavano sul
pavimento in marmo nero e lo facevano sembrare un cielo stellato, ed
aveva provato ad approcciarla con gentilezza.
''Che dannazione
hai fatto?''
Tentativo fallito.
''Ra-Ranma? Che c'è?'', chiese sbigottita sbattendo gli
occhi.
''Un legame
indissolubile,
eh?'', era l'espressione preferita da Ranma per descrivere il rapporto
che lo legava alla cuginetta, e lei aveva osato utilizzarla per ferire
Akane. Tra tutte le cose che non le avrebbe mai perdonato, questa era
al primo posto.
Ranko, dal canto suo, aveva afferrato immediatamente quale fosse il
problema. Il sottile piacere che aveva provato nel sottolineare quel
dettaglio, nell'usare proprio quella frase in quel momento specifico,
si sciolse come la neve al sole davanti alla delusione ed alla rabbia
dipinte sul viso del cugino, che le aveva sempre perdonato tutto.
''Quella stronza ha parlato, eh?'' chiese irritata.
''Non ti permetto di parlare così di Akane, chiaro?''
Era troppo, era decisamente troppo. Ranma non le aveva mai urlato
contro. Aveva sempre avuto un atteggiamento dolce con lei, era
sempre stato gentile, affabile, amichevole e scherzoso. Che diavolo
stava succedendo? Cosa mai gli aveva fatto quella Akane?
''Dimmi un po', cos'ha di tanto speciale, lei? Perchè non
è come le altre? Di quante ti ho sentito parlare, Ranma?
Quante
ne hai prese e lasciate?''
''Non così tante, lo sai'', replicò
pazientemente: la
tendenza ad arrotondare per eccesso era una prerogativa della famiglia
Saotome.
''Non mi sembra così bella, e nemmeno così
intrigante''. Mentiva. Ranko aveva capito subito che in Akane c'era
qualcosa di diverso: aveva una luce negli occhi, una tempra, una
determinazione che aveva visto in poche sue coetanee. Era bella, forse
più di lei, perchè era pulita, semplice, di quel
tipo di
bellezza rassicurante che fa girare la testa agli uomini, ma con una
scorza dura sotto l'apparenza morbida e delicata. Una ragazza che
probabilmente non si era messa sotto i piedi la dignità
nemmeno
una volta nella vita.
''Non starò a dirti cosa mi piace di lei'',
sbottò Ranma
picchiando un pugno sul pianale della cucina, ''Ti dico solo che mi
piace. Tanto.
E' ancora la mia
fidanzata, forse,
e nessuno, nemmeno tu, deve mettersi in mezzo tra
noi. Ho
permesso a troppe persone di farlo in passato, ora è il
momento
di finirla. Siamo io ed Akane, io e lei''. Lo aveva detto tutto d'un
fiato, senza esitare nemmeno su una sillaba. Si fermò a
respirare mentre la cugina lo guardava attonita e bevve una sorsata di
succo d'arancia direttamente dal cartone, posato accanto al mattarello
ed al ricettario.
''Quindi io sono di troppo? Il nostro legame è rotto solo
perchè hai trovato l'amore?''
''Ma che cosa c'entri, tu?'' urlò ancora il giovane,
facendola
tremare di paura, ''Che cosa c'entra il nostro rapporto con lei?''
''Tu sei sempre stato il mio punto di riferimento'', ammise lei tra le
lacrime, mordicchiandosi un' unghia e tirando su col naso, mentre il
pianto che aveva trattenuto a stento fino a quel momento sgorgava
finalmente libero dai suoi occhi azzurri, che stavano letteralmente
annegando nell'acqua salata, ''Lo sai che ho solo te, Ranma:
papà non vuole vedermi, non lo sento da più di un
anno,
pensa, e zio Genma se sapesse che sono qui probabilmente mi
consegnerebbe
alla polizia senza nemmeno guardarmi in faccia''
''Sei ricercata per quella faccenda di Dubai, inoltre hai quasi dato
fuoco a casa nostra, l'ultima volta...''
''Non potevo sapere che la bottiglia che avevo accanto al letto si
sarebbe rovesciata!'', si giustificò.
''Ma sapevi che il Sakè è un liquido
infiammabile, che le
pareti ed i pavimenti erano in legno e che le candele vanno spente
prima di addormentarsi. Lo sai che non provo il minimo rispetto per
quell'inetto di mio padre, ma aveva a carico una minorenne scappata di
casa, figlia di suo fratello, che non doveva nemmeno stare
lì.
Cosa credi che sarebbe successo se fossi morta? Eri sotto la sua
responsabilità!''
''Credi che sia facile la vita, per me? Hai idea dei casini in cui mi
sono cacciata, dei brutti giri in cui sono finita per rimediare
documenti falsi, visti turistici, per costruirmi una nuova
identità?''
''Ranko, nessuno ti ha obbligata. Potevi vivere con noi, crescere
insieme a me e venire su...''
''Venire su come,
Ranma? Credi di essere perfetto, tu?''
''No'', scosse la testa il ragazzo, deciso. Di errori ne aveva fatti
tanti, soprattutto con Akane.
''Bene, perchè mi dispiacerebbe spezzarti il cuore dicendoti
la
verità. Io ho sbagliato, è vero, probabilmente ho
dei
problemi...''
''Probabilmente...'',
sottolineò ironicamente il cugino.
''Ma tu non hai alcun diritto di giudicarmi, e poi non sai quante ne ho
passate''
''Non lo faccio'', sorrise benevolmente il codinato, ''Ti voglio bene,
Ranko, e questo non cambierà solo perchè mi sono
innamorato''
''La ami?'', chiese dolcemente la cugina, calmandosi. In tutta risposta
Ranma annuì.
''E' la prima volta che te lo sento dire''
''E' la prima volta che lo sento''
Gli posò una mano sulla spalla.
''Torna a casa da lei, io me la caverò''
''Sicura?''
''Sì'', suonava sincera.
''Voglio che resti qui, però, voglio averti nella mia vita
anche se tornerò a vivere dai Tendo''
''Davvero?'', le sue labbra si aprirono nel più bello dei
sorrisi.
''Certo! Sei o non sei la mia combinaguai preferita?'', le fece
l'occhiolino.
Sciolse l'abbraccio che aveva sancito la pace con la persona
più
importante della sua vita e lo guardò allontanarsi,
impaziente
come un bambino che corre a scartare i regali la mattina di Natale. Si
tolse il grembiule, la voglia di fare i biscotti le era passata, si
lavò le mani, prese la borsa ed uscì di casa
senza
riordinare.
''Monica! Hey, Monica!''
Dovette sentir chiamare il suo nome almeno dieci volte prima di capire
che la persona alle sue spalle si stesse riferendo a lei.
In fondo già nel pomeriggio, mentre tornava a casa dal
supermercato, quel buffo ragazzone con le rose rosse in mano l'aveva
fermata e le aveva urlato di amarla, -Ragazza col codino,
così l'aveva chiamata- : era meglio non rischiare di fare
altri brutti incontri quando era ancora sobria.
''Monica, aspettami!''
Monica, che nome stupido che aveva scelto. Con tutti i documenti falsi
che aveva, patenti, passaporti, carte d'identità e codici
fiscali, tessere universitarie, carte fedeltà di vari locali
in
giro per il mondo e diplomi di liceo, avrebbe potuto scegliere un nome
più credibile, magari giapponese. Quella Akane era stata
davvero
ingenua a crederle, pensò, probabilmente non era stato solo
per
colpa sua se lei e Ranma aveva litigato. Se solo non avesse creduto
immediatamente alle menzogne, se solo avesse domandato...
''Hem... Ciao, Akane'', mormorò imbarazzata.
''Hey, io...'' era sull'orlo delle lacrime, Ranko conosceva bene l'aria
che assumono le ragazze che stanno per piangere ma non lo farebbero
nemmeno sotto tortura, ''Io...''
''Akane, scusami''
''N-no, scusami tu! Volevo dirti che sono scappata perchè...
Perchè io... Ranma, il tuo fidanzato...I- io mi sento
terribilmente in colpa a dirtelo, ma credimi, non lo sapevo. I-io e
lui... Ovviamente prima
che io sapessi...''
''Non è il mio fidanzato, Akane'', ammise.
''Cosa?'', spalancò gli occhi.
''Sono sua cugina", sorrise allargando le braccia, definitivamente
arresa.
''Non è vero'', si era rabbuiata, il suo sguardo era
diventato
più tagliente, minaccioso, ''Ti ha obbligata lui a dirmi
così, vero?''
''No! Che dici? Guarda che ti faccio vedere i documenti, eh!"
''Avanti, mostrameli. Non credo ad una sola parola che penda in favore
di quell'idiota, probabilmente suo padre ti ha costretta ad inventarti
la storia della cugina in modo che il matrimonio non salti. Ci sono
troppi soldi in ballo''
''Tu non hai la minima fiducia nel tuo fidanzato, vero?'', chiese
armeggiando con le mani in borsa, cercando qualche prova della sua
innocenza.
''Non se la merita, Ranma è un baka, un falso, un
donnaiolo...''
''Akane, non hai mai pensato che il problema potresti essere tu?'',
chiese pazientemente porgendole un tesserino.
''No, Sakura Miraku,
non ci ho mai pensato'', rispose la Tendo socchiudendo gli occhi.
''Ops, documento falso, quello lo uso per bere, sai, qui bisogna avere
21 anni. Ecco, prendi questo!"
''Usagi Tsukino?
Non è il personaggio di un manga?''
''Oh, ecco dov'era finito il buono sconto per universitari che usavo al
cinema! E-ecco, prendi la patente''
''Frieda Kahlo?
Mi prendi in giro?'', si stava arrabbiando.
''Dannazione! Sì, questo l'ho pagato poco, infatti non ci
casca
mai nessuno!", rise grattandosi la testa, nervosa, ''Ecco, ecco qui''
''Ranko Saotome, nata a Nerima, Tokyo, il 2 nov...''
''Presente'', sorrise.
''E perchè dovrei crederci?''
Prese dal portafogli il suo tesoro più grande, una foto di
lei e
Ranma scattata al mare qualche anno prima, con alle loro spalle Genma
ed un individuo che gli somigliava molto, e gliela porse.
''Questa ti basta?''
Akane sorrise. Che stupida che era stata, si era soffermata tantissime
volte ad ammirare quella stessa immagine posata sul comodino di Ranma,
aveva ascoltato con interesse i suoi racconti su quella cugina
scapestrata che era bella, forte e selvaggia esattamente come la
ragazza che aveva conosciuto quella mattina al bar, e non l'aveva
nemmeno riconosciuta.
''Sono un' idiota'', sentenziò.
''Siete in due. Anzi, siamo in tre. Perdonami, Akane''
''Perchè l'hai fatto?''
''Gelosia''
''E' un sentimento che ho imparato a conoscere'', sospirò.
''Pace fatta?''
''Diciamo di sì'', sorrise porgendole la mano, ''Mi devi una
rivincita in combattimento, però. Quello non l'ho ancora
digerito''
''Non mancherò. Vai a casa ora, lui sarà
già lì ad aspettarti''.
***
La festa era selvaggia, sfrenata, un tripudio di lusso e trasgressione.
Trovarsi nei locali della scuola di notte, mezzi nudi, con lo champagne
di marca che scorreva a fiumi e la certezza che quello che fosse
successo lì dentro sarebbe rimasto tra quelle mura aveva
reso
più disinibiti i giovani newyorkesi, sempre attenti a non
deludere le aspettative dei genitori, a mantenere la media dei voti
alta, ad interessarsi ad assurde cause sociali come le raccolte fondi
per la Tartaruga Gigante di Aldabra o il Toporagno d'acqua Malese ed,
in generale, a non mettere mai in imbarazzo se stessi o le proprie
famiglie.
Kuno, con un assurdo costume anni '60 da bagnino, era seduto su una
scaletta ed osservava col binocolo nelle scollature di tutte le giovani
donne del Furinkan, cercando, invano, di scorgere quelle della sua
amata Akane Tendo e dell' intrepida Ragazza col codino che aveva
conosciuto quel pomeriggio ed invitato al folle party che organizzava
tutte le sere di San Valentino nei locali della scuola da quando aveva
12 anni.
Come una sirena, Nabiki Tendo sguazzava nell'acqua alta avvolta in uno
striminzito bikini color cioccolato ricoperto per intero dal monogramma
della sua casa di moda preferita, lasciando che le lunghe collane di
diamanti che portava al collo e le arrivavano all'ombelico danzassero
sott'acqua creando un gioco di luce che incantava tutti i presenti,
già abbastanza attratti dalle sinuosità del suo
corpo.
Kodachi Kuno, esagerata come sempre, indossava un costume intero in
latex rosa, molto sgambato e con la schiena totalmente nuda, ed era
sdraiata su un lettino in posa da diva, intenta a farsi trovare in
quella posizione dal suo Ranma, se mai si fosse deciso ad arrivare,
mentre Azusa e Kahori, le sue migliori amiche, si producevano nel suo
disappunto in una serie di fastidiosi gridolini di gioia ed emozione
ogni qual volta suo fratello Tatewaki posava lo sguardo sui loro
microbikini coordinati.
E poi c'erano loro, Ryoga ed Ukyo.
Spaesati, fuori posto, soli nella folla. Soli, ma insieme.
Beauty queen
of only eighteen,
she
had some trouble with herself.
La piccola Ucchan si sentiva davvero fuori luogo in mezzo a tutta
quella sensualità e ricchezza coperta solo dal costume
olimpionico
che le compagne le vedevano addosso tutti i mercoledì dalle
10
alle 12, quando la piscina della scuola veniva utilizzata per il suo
vero scopo: per nuotarci.
Certo, anche durante la
settimana, probabilmente, il suo era il meno costoso ed alla moda, ma
non era troppo diverso da quelli delle altre ragazze, era carino e le
piaceva, e questo le bastava. Forse.
Da quando Ryoga era entrato nella sua vita, questa era cambiata:
estranea al mondo in cui, suo malgrado, era stata gettata al
fine
di ottenere la migliore delle istruzioni, aveva scelto consapevolmente
di stare il più possibile fuori dalle pazze dinamiche che
regolavano i rapporti tra i rampolli dell'Oriente importato in America,
l'Oriente che ce l'aveva fatta.
Certo, li osservava da lontano, sapeva
tutto di loro, ma preferiva rifugiarsi nel gossip e nelle frugali
conversazioni davanti agli armadietti piuttosto che stringere delle
vere e proprie amicizie.
Conoscere Ranma, che aveva la sua stessa ribellione negli occhi,
l'aveva fatta aprire al mondo, e da lì ad innamorarsi del
suo amico/nemico Ryoga
il passo era stato breve.
Nonostante fosse sempre stato quanto di più simile a lei in
quella gabbia di matti, lo aveva consapevolmente evitato per mesi,
anni, conscia del fatto che il ragazzo si sarebbe venduto la madre pur
di entrare a far parte dell'universo dorato della ricca ed
irraggiungibile Akane Tendo.
Era stato proprio grazie a Ranma che lo aveva rivalutato, aveva fatto
lo sforzo immane di conoscerlo e, alla fine, era crollata
tra le sue forti braccia da cameriere.
Aveva passato tutta la sua carriera scolastica a studiare le relazioni
degli altri ed ora ne aveva instaurata una. Com'era strana la vita.
He was always
there to help her,
she
always belonged to someone else.
Mentre la raggiungeva alle spalle e l'abbracciava, Ryoga pensava a
quanto fosse stato fortunato a conoscere Ranma Saotome, che l'aveva
portato dalla sua Ukyo, la sua Ucchan.
Per un ragazzo come lui, che viveva lontano dai genitori ed era
costretto a lavorare per mantenersi nonostante la giovane
età,
frequentare una scuola come il Furinkan era stato un incubo: e dire che
i suoi lo avevano iscritto lì proprio per farlo sentire a
casa,
nonostante il suo inglese perfetto gli avrebbe permesso di ottenere dei
buoni voti in qualunque liceo normale.
Dopo anni a correre dietro all'ombra di Akane, anni ad osservarla ed a
frenare se stesso ed il suo stimolo a salvarla ogni qual volta si
cacciava nei guai, dopo anni di cene in solitaria al microonde e di
domeniche passate sul divano con la sola compagnia della sua cagnolina
Biancanera, finalmente aveva trovato una ragion d'essere anche lui.
Con il suo arrivo, Ranma gli aveva portato via il suo sogno d'amore con
la più giovane delle sorelle Tendo, quella che sarebbe
sempre e
solo stata la figlia di uno dei suoi datori di lavoro più
eccentrici e generosi, ma gliene aveva regalato uno nuovo, migliore
perchè reale.
Un sogno che quando apriva gli occhi è ancora lì,
e gli sorrideva.
Le prese il viso tra le mani e la baciò dolcemente.
''Ti amo, Ucchan''.
I drove for
miles and miles
And
wound up at your door.
Ed in un angolo, come sempre da solo, Mousse.
Occhiali, boxer bianchi troppo lunghi e larghi, ridicoli come solo i
regali di sua mamma potevano essere, mingherlino e pallido in mezzo ad
atleti e combattenti palestrati ed abbronzati.
Come facessero ad essere abbronzati anche a Febbraio, per il moro era
sempre stato un mistero.
Geniale ma imbranato, intelligente oltre ogni misura ma stupido,
occhialuto ma cieco, questo era Mousse.
Sorrideva pensando alla bontà di cuore della sua amica -Stasera troverai l'amore della
tua vita, Mousse,
gli aveva detto- ,come se fosse stato possibile per qualcuna accorgersi
di lui, proprio di lui, in mezzo a quella folla sfrenata e splendente
di luce propria.
Proprio di lui che era trasparente come la sua carnagione ed il suo
costume da bagno zuppo d'acqua dopo che Kuno lo aveva spinto in
piscina, che, per fortuna, era due taglie più grande del
dovuto e non rivelava nulla di compromettente.
Dovette alzare ed abbassare lo sguardo tre volte prima di rendersi
conto che fosse tutto vero: Akane era sempre stata profetica, ma mai
beffarda.
Sorrise alla giovane donna che gli stava andando incontro con passo
lento, felino, benchè imbarazzato.
Ed iniziò a sperare che la sua migliore amica non l'avesse
preso in giro.
I've had you
so many times but somehow
I
want more.
Camminava piano per paura di cadere, come se la stabilità
mentale che si era lentamente costruita in sei settimane di meditazione
e solitudine dipendesse dalla precaria stabilità fisica del
suo
corpicino sui tacchi a spillo che avanzava sul pavimento umido.
Era bellissima, forse la più bella di tutte, ma si sentiva
uno schifo, soprattutto dentro.
Tutti i presenti bramavano il suo corpo, lo sapeva, alcuni lo avevano
anche già posseduto, ma di tutti lei guardava lui: solo,
come
lei. Imbarazzato, teso, triste.
Come lei.
Delle tante cose che aveva invidiato ad Akane lui era sempre stata la
prima: un
amico sincero, interessato a quello che c'era dentro la scatola, non
all'involucro, presente, attento, dolce.
Mousse aveva sempre protetto e difeso Akane, chissà se un
giorno lo avrebbe fatto anche con lei.
Quanto successo due mesi prima non si poteva cancellare, e la ragazza
leggeva il rancore del giovane nei suoi begli occhi azzurri
ingiustamente coperti da quegli occhialoni fuori moda, che, nonostante
tutto, si stava avvicinando a lei.
Era l'unico ad andarle incontro, l'unico che sembrava non avere paura
della sua cattiveria, e la giovane si rese conto che era sempre stato
così, solo che lei non lo aveva mai visto.
Aveva dieci decimi di vista, ma era stata molto più cieca di
lui.
Le arrivò ad un palmo dal naso e le porse la mano, serio.
Semplicemente, con naturalezza, come nessuno prima di lui.
Si scambiarono un mezzo sorriso, spezzato rispettivamente dalla rabbia
e dalla vergogna.
''Ciao, Mousse''
''Bentornata, Shampoo''
I don't mind
spending everyday
Out
on your corner in the pouring rain.
Look
for the girl with the broken smile,
Ask
her if she wants to stay a while.
And
she will be loved.
And
she will be loved.
***
Tap on my
window, knock on my door
I
want to make you feel beautiful.
Era sdraiata sul letto al buio, con le mani posate sugli occhi per
evitare che anche un minimo della luce che filtrava dalla finestra le
colpisse il viso.
L'aveva cercato a casa, in palestra, nel circondario e da sua mamma, ma
di Ranma nessuna traccia.
Aveva tutte le ragioni di essere arrabbiato, Akane lo sapeva bene. Lui
gliel'aveva detto subito che Ranko era sua cugina, era stata lei a non
credergli.
La sua sfiducia nel prossimo, il suo pessimismo, la sua tendenza alla
drammaticità erano ben noti a chiunque la conoscesse, chi le
voleva bene aveva imparato da tempo ad accettarla per quello che era,
ma Ranma era nella sua vita da troppo poco tempo per conoscere anche il
suo lato buono e poterle perdonare quei difetti insopportabili, e se
n'era andato.
Si alzò ed accese la luce, bevendo un sorso d'acqua dal
bicchiere posato sulla scrivania.
La stanza del suo fidanzato, giusto al di là della porta,
era
vuota come il cuore della ragazza, che sentiva di non avere
più
alcuna speranza.
Qualcuno bussò alla porta, ma lei lo ignorò
semplicemente, fingendo di non essere nella stanza.
Kasumi l'avrebbe capito, prima o poi, che quando ascoltava i Maroon5 a
tutto volume significava aveva un problema e che no, non ne voleva
parlarne.
Chissà se sarebbe rimasto in città almeno fino
alla fine
dell'anno scolastico. Dopotutto, una volta rotto il fidanzamento, nulla
lo costringeva più a New York.
Cos'avrebbe fatto se se ne fosse andato definitivamente? Al solo
pensiero, il cuore le si spezzava.
I know I tend to get so insecure,
it doesn't matter
anymore.
Dopo aver bussato cinque volte, Ranma entrò.
Aveva cercato Akane ovunque: a casa, in palestra, nei dintorni della
scuola e persino, in un momento di sconforto più nero, nel
vicolo in cui l'aveva incontrata la prima volta, ma nulla. Desaparecida.
Esausto, era tornato a casa ed era stato accolto dal suono della musica
che proveniva dalla sua stanza.
Decise che si sarebbe fatto sentire, una volta per tutte.
''ERA MIA CUGINA!'', urlò per sovrastare la musica mentre
apriva
con forza la porta e le si avvicinava, prendendola per i polsi prima
che lei potesse fare o dire qualsiasi cosa.
''Ranma, io...'', la voce flebile, la mascella serrata, lo sguardo
basso.
''Zitta'', le posò un dito sulle labbra, sorridendo, ''Ora
ti
dirò tutto: Ranko è mia cugina, ho mille ed uno
modi per
provartelo, a parte il fatto che anche un cieco vedrebbe che siamo
uguali. E' un po' pazzarella, ma se la conosci è una brava
persona. In ogni caso, non ti ho mai tradita e non ho intenzione di
farlo. Mi piaci anche se sei una deficiente che salta subito alle
conclusioni e voglio solo te. E Shampoo è stata un errore. E
non
ti cambierei con nessuna Shampoo del mondo anche se sei stupida. E sei tanto
stupida. Però sei bella, sei dolce e sei l'unica con cui mi
immagino seduto su una panchina mano nella mano a dar da mangiare ai
piccioni quando avrò 80 anni. Ti
basta?''
''Ran...''
''Ok, ok, te lo dico. Ti amo, Akane Tendo. Ti basta, ora?''
''Che cos'hai detto? Non sento!'', urlò finalmente la
giovane
picchiandosi un dito sull'orecchio per farsi capire dal ragazzo.
''Ho detto che ti amo!", strillò di rimando, portandosi le
mani
ai lati della bocca per dare enfasi alla frase appena pronunciata e
sovrastare la musica.
''Non sento niente, abbassa la musica!"
Dopo aver girato la rotellina del volume dello stereo la
guardò con aria esasperata: ''Non hai sentito niente?''
La giovane scosse la testa, ''Non mi facevi parlare!"
''Ma io ti ho detto delle cose importanti!'', deglutì. Lui
aveva
finalmente trovato il coraggio di confessarle il suo amore e lei non aveva sentito?
''Hey, non urlare, ora ti sento!"
''Akane, sei proprio una stupida'', scosse la testa.
''Ha parlato il drammatico! Chi è che ha svuotato la sua
stanza e se n'è andato via di casa?''
''Scema, non ho portato via la mia roba, l'ho spostata al piano di
sopra. Il famoso terzo piano che stavamo preparando da mesi, ricordi?
Eppure è anche casa tua...''
''La tua stanza!", si portò una mano davanti alla bocca,
sorpresa, ''E' pronta?''
''Andiamo a vederla''
''Non mi dovevi parlare?''
''Parliamo di sopra''
La accompagnò tenendola per mano fino in cima alle scale,
zittendola ogni qual volta la mora aprisse bocca per proferire parola.
Giunti in camera, Akane era stupefatta: era bellissima,arredata con
gusto, piena di foto e ricordi dei momenti che avevano vissuto insieme.
Ciò che la colpì, però, fu la parete
immediatamente dietro il letto, di un rosso talmente intenso da
disturbarle, almeno all'inizio, gli occhi.
''Akane...'',
bisbigliò.
''Allora lo sai il giapponese!'', sorrise lui, alludendo alla sua
tendenza a parlare in inglese anche in casa.
''Baka!''
''Ok, concetto afferrato''
''Ranma, io... Scusami. Per Ranko, dico''.
''Ah, ecco, lo sai...''
''Lo so. Perdonami. Non è che non mi fidi di te,
è-è... E' che non mi fido di nessuno, nemmeno di
me
stessa, in realtà. In fondo sono io la persona che mi ha
fatto
più male in assoluto...''
''A-Akane, io...''
''Mi odi, vero?''
''No! No che non ti odio, io...''
''Cosa mi stavi dicendo, prima? Che non mi sopporti, vero? Che vuoi
rompere il fidanzamento e...''
Nel vedere le prime lacrime rigarle il viso, il codinato
provò
una dolorosa e pungente fitta al cuore. Doveva chiarire ed in fretta.
''Basta piangere, Akane. Fammi finire di parlare, per una volta''
''Ok'', tirò su col naso lei.
It's
not always rainbows and butterflies,
it's compromise that moves us along.
My heart is full and my door's always open,
you come anytime you want, yeah.
''Vediamo, da dove comincio?'', soppesò le parole il
codinato,
lasciandola in ansia, sospesa, mentre cercava di esprimersi nella
maniera più chiara possibile ed a prova di fraintendimenti.
''Ecco, ci sono'', sorrise mettendosi in ginocchio.
''Che fai?''
''Akane... ''
''Ra-Ranma, mica mi starai chiedendo di sposarti? I-io non sono
pronta...'', iniziò a farfugliare lei, gesticolando
febbrilmente.
''Ma che sei scema?'', urlò lui guardandola in cagnesco,
''Fammi parlare''
''Vai''
''Ok. Akane. Akane... Stupido maschiaccio...'', sorrise con tenerezza.
''Parti male, te lo dico!''
''Ssh!'', rise
lui, mentre la ragazza assumeva un'aria seria che lo fece ridere ancora
di più.
''Akane, ascoltami. Ed
intendo ascoltami bene.
Io garantisco che ci saranno tempi duri. Garantisco che a un certo
punto
uno di noi, o tutti e due,vorremo farla finita. Ma garantisco anche
che se non
ti chiedo di essere mia lo rimpiangerò per tutta la vita,
perchè sento nel
mio cuore che sei l’unica per me.* Vuoi essere la mia
fidanzata imposta dai nostri genitori, Akane Tendo?''
''Sono senza parole'', rispose semplicemente lei piangendo.
''Ed io sono innamorato''**,sorrise prima di tirarla a sè e
baciarla dolcemente.
***
I
know where you hide
alone in your car
know all of the things that make you who you are.
Salì sulla terrazza del suo palazzo, uscì sotto
la pioggia ed accese una sigaretta.
La passione per le altezze gliel'aveva trasmessa Akane, era stato da
lei che aveva imparato a salire sul tetto quando era giù di
morale.
Era tornato dal tour prima dei suoi compagni di avventura
perchè
non stava bene con se stesso. A 20 anni si sentiva un fallito, se non
dal punto di vista universitario e lavorativo, certamente nelle
relazioni sociali.
Era desideroso di conoscere l'amore, quello vero, quello che ti
consuma***, e sebbene sentisse di meritarlo, non riusciva a
raggiungerlo.
Circondato da decine di ragazze che avrebbero fatto qualunque cosa per
un'ora delle sue attenzioni, era stato anni ed anni dietro all'unica
che lo aveva sempre e solo visto come un fratello maggiore, e quando
aveva capito che mai il suo sogno d'amore si sarebbe
avverato si
era sentito vuoto, morto.
Aveva realizzato che anche lui vedeva in Akane solo un'amica quando
l'aveva vista baciare Ranma durante una cena a casa di suo padre e
Nodoka: si era allontanato per andare in bagno e li aveva sorpresi in
un angolo, sulle scale, a scambiarsi effusioni di nascosto.
Tenerezza, purezza, gioia di vivere, questo gli avevano trasmesso, ma
non gelosia. Vedere Akane, la sua Akane, che baciava un altro non lo
aveva scalfito minimamente, e nulla più di quell'episodio
gli
avrebbe potuto far capire che la sua era solo una fissazione: si era
adagiato su un'immagine romantica di lui e quella ragazzina
così
dolce e fragile ed aveva scambiato l'affetto per l'amore.
Si era sentito un ciarlatano, aveva sempre scritto canzoni d'amore
senza averlo mai realmente provato.
Ed ora che quel sentimento da film non poteva nemmeno più
sognarlo, gli sembrava ancora più lontano, irraggiungibile.
Voleva innamorarsi, Ataru. Lo voleva disperatamente, lo voleva ancora
di più la notte di San Valentino.
Camminò lentamente fino alla ringhiera, ci mise un po' ad
accorgersi di lei.
Gli
apparve come un angelo, come una delle figure mitologiche di cui
cantava nelle sue canzoni, coi capelli rossi che volavano al vento,
fasciata in un vestito bianco in pizzo che
le arrivava fino ai piedi e, a causa della pioggia che lo bagnava,
aderiva perfettamente al suo corpo minuto e scolpito da anni ed anni di
allenamenti.
Era in piedi sullo spesso parapetto di mattoni che proteggeva il tetto
del palazzo con le braccia spalancate, mentre l'acqua cadeva copiosa
sulla sua testa. Forse voleva buttarsi, aveva pensato il biondo.
Con passo incerto la avvicinò, aveva visto abbastanza film
da
sapere che qualunque movimento azzardato avrebbe potuto essere fatale.
I know that goodbye means nothing at all,
comes back and begs me to catch her every time she falls.
L'aveva sentito arrivare e si era voltata, guardandolo a lungo negli
occhi. Sorrideva teso e le tendeva la mano.
''Non fare pazzie, ti prego''
''Chi sei?'', chiese lei stranita.
''Ataru''
''Io Ranko'', rispose semplicemente, come se si fossero incontrati
durante un viaggio in treno e non la notte di San Valentino sul tetto
di un palazzo, con lei in bilico tra la vita e la morte.
''Ti prego, non buttarti'', la supplicò lui con gli occhi
lucidi, un po' per la pioggia, un po' per la paura.
''Che?''
''Dammi la mano, per favore. Qualunque cosa sia non ne vale la pena''
Nel fare un passo in avanti verso il giovane un lembo di stoffa del
vestito si impigliò sotto il tacco della sua scarpa, e
nemmeno
il suo istinto sovrasvillupato e la sua esperienza di artista marziale
le avevano evitato di inciampare.
''Ma cos...Ah!''
''Attenta!''
L'aveva presa per un pelo, buttandosi in avanti ed abbracciandola,
tenendola stretta a sè mentre la ragazza riacquistava
l'equilibrio.
Per un lungo istante studiarono i reciproci volti in silenzio, poi la
rossa prese la parola mentre il bassista l'aiutava a scendere.
''Per la cronaca, non mi stavo buttando. Stavo riflettendo''
''E tu rifletti sempre così?'', chiese alzando un
sopracciglio.
''Oh no, faccio di peggio'', sorrise maliziosa. ''Giornata dura''
''Dillo a me''
''Sei l'Ataru che abita qui sotto?''
''S-Sì, il figlio di Hirai Dakashi. Come fai a saperlo?''
''Vivo a casa tua'', allargò le braccia.
''Oh beh, credo di poterlo sopportare'', le fece l'occhiolino
togliendosi la giacca e posandogliela sulle spalle.
''Non sprecarti, eh!''
''Dai, scherzo. Che ci fai a casa mia?''
''Sono la nipote di Nodoka. Come ti ho detto, non ero salita qui per
buttarmi di sotto, ho avuto una giornata pesante -una vita pesante,
diciamo-, ho dovuto ammettere delle sconfitte e tanti, tanti errori,
dunque avevo bisogno di schiarirmi le idee''
''E ci sei riuscita?''
''Credo... Sì, credo proprio di sì'', sorrise
allegra.
''E cosa facevi prima che la tua vita diventasse un tale casino?''
''In realtà... '', ci pensò un attimo, poi
scoppiò a ridere.
''Che c'è?'', l'ilarità della rossa era
contagiosa.
''In realtà stavo facendo i biscotti...''
''E ce n'è ancora? Sono affamatissimo!''
''Andiamo a vedere'', sorrise dolcemente stringendosi nel suo abbraccio
e dirigendosi verso le scale.
''Ranma, questa palestra è una figata!'', urlò
con
entusiasmo ed una punta di invidia Akane guardandosi intorno dopo che
il codinato l'aveva condotta nella sua stanza preferita, ''Praticamente
adesso ti puoi allenare quando vuoi, a qualsiasi ora del giorno e della
notte!"
''La notte preferisco fare altro, maschiaccio'', le fece l'occhiolino
lui mentre la Tendo gli tirava uno schiaffo.
''Maniaco''
''Spogliati, dai''
''Eh? Ma sei scemo?''
''Idiota, voglio che indossi questi'', replicò lanciandole
un
pacco regalo morbido e leggero, benchè molto voluminoso, che
la Tendo afferrò al volo, ''Buon San Valentino, non che io
dia
peso a queste cose''
''Ovviamente'', rispose sarcastica lei distruggendo l'incarto ed
estraendone due karateji, uno da uomo ed uno da donna.
''Che significa?'', chiese con voce tremante ed emozionata, mentre una
lacrima di gioia le rigava la guancia.
''Semplicemente...'', sussurrò asciugandole il volto con un
dito, ''Che ora possiamo
allenarci quando vogliamo, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ti
allenerò io''
''Oh Ranma!'' urlò di gioia saltandogli al collo e
baciandolo,
mentre, portandosi una mano dietro la schiena, faceva scivolare
giù la cerniera del suo vestito.
''Hey, aspetta che mi giri!'' urlò lui imbarazzato
voltandosi dall'altra parte.
''Che c'è, il grande Ranma Saotome si lascia mettere in
imbarazzo da un maschiaccio totalmente privo di sex appeal?'' chiese
sensuale abbracciandolo da dietro e sfilandogli la maglietta.
''No, certo che no. A-Akane, hai cambiato profumo?'',
domandò senza voltarsi, rosso in volto.
''No, perchè?''
''Allora mi è mancato troppo''
Afferrò le mani della sua fidanzata, poggiate sul suo petto
nudo, e le accarezzò dolcemente, risalendo poi sulle sue
braccia
e, voltandosi, sulle spalle, sul collo, sulla schiena ed infine sul
seno.
''Non ho mai capito perchè tu non me l'abbia mai voluto far
vedere'', ammiccò chinandosi a baciarlo, ''Visto
così non
sembra niente male...''
''Beh, la prima volta che mi hai vista mi hai chiamata Scarsina!'', si
lamentò lei mettendo il broncio.
''Ma che stupida!''
''Ci vestiamo prima di fare qualcosa di compromettente?'', chiese
ammirando l'addome scolpito del giovane che, intanto, si stava sfilando
i jeans per indossare la tuta. Anche le sue gambe erano belle. Lunghe,
muscolose, virili.
Ok, basta Akane,
ammonì se stessa chiedendo al fidanzato di girarsi mentre si
liberava del tutto del vestito ed indossava la sua divisa.
Si misero l'uno di fronte all'altra, assunsero immediatamente un'aria
seria e, dopo il rituale saluto, iniziarono a combattere.
Nonostante Akane fosse fuori allenamento da tempo, il codinato
notò che non era male. Neanche lontanamente alla sua
altezza, ma niente male.
La lasciò sfogare per un po', poi la afferrò per
i fianchi e, facendo attenzione a non farle sbattere la testa, la fece
cadere per terra, buttandosi di peso sopra di lei.
''Chi è il più forte?''
''Ok, sei tu!", sbraitò lei offesa.
''Ma non sei male, fidanzata'', osservò appoggiandosi sui
gomiti.
''Grazie. Spero almeno di essere meglio di quelle che sono venute prima
di me''
''Sei meglio di chiunque abbia incontrato nella mia vita, e non parlo
certo delle arti marziali, in quelle ho visto di meglio''
''Hey!''
''Akane...'', fece un po' più di peso sul suo corpo,
appoggiando le labbra sulla sua fronte e chiudendo gli occhi.
''Sì?''
''Mi ami?''
Sorrise.
''Sì, stupido. E tu?''
''No, io no''
''Ah...''
''Aspetta, aspetta. E' che amore
è un termine troppo debole ed inflazionato. Io amo il
gelato, amo le arti marziali...''
''E me?''
''Tu... Io... Amare è troppo poco, io ti stra-amo''****
''Ranma...''
Ricominciò a baciarla con vigore sempre crescente, lasciando
le sue mani correre sul corpo della fidanzata, che acconsentiva
tacitamente ricambiando le carezze e mostrando di apprezzare le sue
attenzioni.
In un attimo iniziò a fare troppo caldo, ma per una volta
decise di non frenarsi.
Le prese il volto tra le mani e la guardò intensamente negli
occhi.
''Mi fai vedere cosa si prova a farlo con amore?''
Akane non ebbe bisogno di rispondergli. Il solo gesto di tirare il nodo
della cintura rossa che chiudeva il suo kimono fece capire al ragazzo
che sì, glielo avrebbe fatto capire.
E Ranma lo capì per tutta la notte.
*
''Se scappi ti sposo''
**
''Cruel intentions''
***
''Sex and the City''
****
''Io ed Annie''.
La
canzone colonna sonora è ''She will be loved'' dei Maroon 5.
Allora!
Eccomi
qua, vi avevo promesso un capitolo breve ed è più
lungo del precedente, vi avevo promesso di metterci 7 giorni e ce ne ho
messi quasi 14, ma ce l'ho fatta!
Sono,
come al solito, incasinatissima, anche stavolta ho postato dopo le 3 di
notte quindi mi perdonerete eventuali typo, refusi ecc, vero? Tra
l'altro ho avuto anche un sacco di problemi con l'html, altrimenti
avrei postato stamattina!
Spero
vi piaccia come ho sviluppato le cose, in tutta probabilità
il prossimo capitolo sarà l'ultimo, ma devo ancora decidere!
Grazie,
davvero grazie mille a chi legge e commenta, ho iniziato questa
storiella con pochissime pretese e sono felice che sia piaciuta!
Scusatemi
sempre per i ritardi (anche con l'altra ff), ma sono sempre
incasinatissima, vi assicuro che appena ho un momento mi metto a
scrivere, il problema è che non ne ho!
Pia,
questo capitolo doveva essere il tuo regalo di compleanno, scusami
tantissimo per il ritardo, spero sia valso l'attesa!
Un
bacione a tutti ed alla prossima!
ditor di EFP. |