Lo Specchio

di Gretsel
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Ed eccomi qui. Ancora una volta, seduta su questa scomoda sedia, di fronte ad altre persone con un aspetto sciatto e fattezze rozze. A primo impatto, una persona direbbe che io non dovrei stare qui: capelli mori, occhi color ghiaccio e pelle d'alabastro. Dicono tutto che sembro una bambola e dovrei fare la modella. Inizialmente, nei primi tentativi di conoscenza, sembra quasi che io sia una persona... normale. Il mio rispondere poco, ascoltare, sorridere, annuire, seguire con gli occhi senza neanche emettere il minimo rumore, mi fa apparire timida. Ma in realtà, quando le persone mi parlano, indipendentemente da chi esse siano, mi immagino in che modo possa ucciderli e quale sia la morte che più si addice alle loro fattezze. Anche quando oltrepasso quella porta e mi ritrovo davanti quella lurida vacca che pensa di sapere cosa mi passa per la mente e sostiene che sono malata, anche quando ho lei davanti mi immagino come ammazzarla. Sono mesi che ormai frequento questo studio e ancora non ho finito la fantasia, ogni volta qualcosa di nuovo mi viene in mente. La cosa che mi fa venire ancora più rabbia è che quella palla di lardo sta lì a scribacchiare sul suo blocchetto, mentre io, col pretesto di aver sognato una determinata scena, le descrivo una sua probabile morte. E lei, per quanto è stupida, ancora non se ne è accorta. Ogni giorni i modi in cui potrebbe morire sono sempre più intricati,  programmati, dettagliati. Dicono che è per la musica che ascolto, dicono che è quella a farmi male. Ma non capiscono niente, non l'hanno mai capito. È colpa di questa società, questo schifo di società, che è diventata così proprio a causa loro, che pensano di capire e sapere tutto, ma che in realtà non comprendono neanche l'immagine che si vedono riflessa nello specchio.





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