CAP 17
LA RESA DEI CONTI
L’esercito di Galbatorix veniva
falciato dagli spadaccini e dai maghi elfi, e l’esito della
battaglia pendeva dalla parte dei Varden...sempre se il tiranno non
avesse fatto la sua comparsa.
Arya, che era riuscita a ricongiungersi con Valdor, era impegnata a
respingere un’ attacco nemico piuttosto potente quando vide
un degli ultimi maghi rimasti all’esercito nemico,
concentrasi per raccogliere l’energie necessaria a usare
l’antica lingua e scagliare mortalmente la magia contro il
suo obbiettivo...Lady Nasuada.
Il capo dei Varden stava respingendo i ripetuti attacchi sferrati da un
gruppo nemico che ancora non aveva ceduto, ed era aiutata da Angela
l’indovina che con il suo bastone-spada mieteva nemici.
Ma Nasuada era poco lontana dal mago, che secondo lui sarebbe stata un
facile bersaglio con la scorta decimata e dispersa e con solo una
donna, come lei, ad aiutarla.
Ma purtroppo per il mago l’elfa l’aveva notato e
capito le sue intenzioni.
Cavaliere e drago non ebbero bisogno di comunicare, sapevano quello che
dovevano fare: salvare Nasuada, ad ogni costo. O altrimenti i
Varden senza una guida sarebbero precipitati nel caos, e avrebbero
perso il vantaggio tanto faticosamente conquistato.
Facendosi largo con colpi di coda e di zanne,Valdor e il suo cavaliere
raggiunsero il mago appena in tempo.
Arya, dal dorso di Valdor, urlò in tutta fretta una parola
nell’antica lingua e prima che il mago potesse costruire una
difesa, il gedwey ignasia dell’elfa avvampò di
luce magica, brillando come la più fulgide delle stelle del
firmamento e un fiotto sgorgò fuori colpendo in pieno il
mago, che cadde a terra. Morto.
Lo sforzo compiuto lasciò per un momento accasciata
l’elfa sul dorso del suo drago. Ma fu solo un’
attimo, poi si tirò su, pronta per continuare a combattere.
La battaglia non era ancora finita, non c’era tempo per
concedersi neanche un’ attimo di riposo.
*
Il tiranno in questione, invece, non si stava preoccupando di andare ad
aiutare le sue truppe, come temevano i Varden. In quel momento era
impegnato a cercare di salvarsi la pelle.
La situazione aveva preso una piega inaspettata per Galbatorix e con
l’arrivo e il tradimento di Murtagh, aveva dovuto darsi alla
fuga o sarebbe andato incontro al fallimento.
La ferita al fianco lo indeboliva ma non poteva curarla con la magia,
aveva esaurito le ultime energie per usare una delle parole proibite
dell’antica lingua per potersi garantire la fuga. Usare la
magia proibita consumava grandi quantità di energie rispetto
al normale, lasciava il suo esecutore
nell’incapacità di non poter eseguire anche il
più semplice degli incantesimi di guarigione.
Anche Shurikan risentiva della ferita inferta al suo cavaliere e
sbatteva le ali sempre più faticosamente, non sarebbe
riuscito a resistere ancora per molto, ma dovevano allontanarsi il
più in fretta possibile da Vroengard.
Dopo alcune interminabili ore di volo, avvistarono
l’inconfondibile sagoma del monte Utgard, dove atterrarono.
Galbatorix smontò dal suo drago e mentre si guardava intorno
con espressione impassibile, pensò che il destino si stesse
facendo beffe degli eventi che stavano accadendo... quel luogo aveva
visto la caduta dell’ordine originale dei cavalieri e se
tutto sarebbe andato secondo i piani, la storia si sarebbe ripetuta.
Il nero cavaliere notò con piacere che la ferita aveva
smesso di sanguinare, anche se al minimo movimento brusco si sarebbe
riaperta e, appoggiandosi al dorso squamoso di Shurikan,
scrutò il cielo in attesa del suo nemico.
*
I due cavalieri si fissarono per un minuto, il tiranno era fuggito e
quella era la prima volta che si trovavano a faccia a faccia non come
nemici ma, per il momento, come alleati.
Murtagh, rimasto stordito dall’impatto provocato dalla magia
di Galbatorix, vide suo fratello avvicinarsi e tendergli la mano per
aiutarlo ad alzarsi.
Il giovane sapeva che quel gesto all’apparenza semplice
doveva essere costato molto al fratello, nei suoi occhi vedeva
aleggiare il sospetto e dopo tutto quello che era successo ne aveva
tutte le ragioni.
Accettò la mano offertagli dal fratello e quando si
alzò avvertì un lieve senso di vertigine che
passò poco dopo.
I due rimasero a fissarsi, i secondi si cristallizzarono in minuti,
quando la gamba ancora ferita di Eragon non resse più al
peso sommato alla breve corsa di poco prima per raggiungere Murtagh,
cedette facendo crollare a terra il cavaliere.
Murtagh si chinò per controllare in che stato fosse la
ferita ed Eragon non si oppose anche perchè con la gamba
conciata in quel modo non sarebbe riuscito a fare molta strada e quindi
decise di accordare almeno un po’ di fiducia al fratello.
Dopo alcuni minuti Murtagh espresse la diagnosi sulla ferita: -
E’ molto profonda e hai un muscolo lacerato, ma per fortuna
l’osso non ha subito danni.-
E prima che Eragon potesse aprire bocca, Murtagh usò
l’antica lingua per guarire la ferita.
Il giovane cavaliere era sempre più stupito, non riusciva a
capire come mai Murtagh lo stesse aiutando e non riuscendo a trovare
una risposta decise di
chiederlo al diretto interessato.
- Perchè stai facendo tutto questo?- chiese quasi in un
sussurro
Murtagh, con lo sguardo fisso all’orizzonte,
soppesò la risposta per alcuni minuti, tanto che Eragon
credette che non avrebbe risposto.
- I recenti avvenimenti mi hanno fatto riflettere.- fu infine
l’enigmatico responso del giovane.
Ma prima che Eragon potesse indagare più a fondo, Murtagh
continuò a parlare: - Ora devi andare, sono riuscire a
ferire Galbatorix e dopo la sua esibizione finale di magia proibita non
credo che sia in grado di potersi curare la ferita. E’ un
occasione che non ricapiterà mai più,
se vuoi liberare la nostra terra dal suo malefico giogo e smetterla di
sentirti braccato giorno e notte, questo è il momento
giusto.-
Con queste parole i due fratelli si separarono con un tacito
accordo, Eragon salì in groppa a Saphira, che spalanco le
ali e si levo in volo verso il loro destino e quello
dell’intere terra di Alagaesia.
*
L’esercito nemico si disperdeva come acqua tra le rocce, la
maggior parte dei maghi dell’esercito erano stati eliminati e
i pochi ancora rimasti non avevano più energie sufficienti
per usare l’antica lingua e quindi pensavano solo a cercare
di mettersi in salvo.
La stessa cosa stavano facendo i soldati superstiti di quello
che era stato il possente esercito imperiale abbandonando il
più in fretta possibile quel luogo di morte, dimentichi
delle armi e dello stendardo, simbolo del potere dell’impero
di Galbatorix che in quel momento giaceva lacero e infangato sul
terreno insanguinato.
Arya e Valdor stavano ispezionando il campo, che si andava via
via desertificando, in cerca di Varden ancora vivi. Avevano
vinto la battaglia ma ad un’enorme prezzo, le
perdite da entrambe le parti erano state altissime.
Ad un certo punto sentirono una risata, ma non una di risata gioiosa,
di quelle piene di vita.
No, questa era intrisa di malvagità, che ricordava quella di
una iena. Cavaliere e drago trovarono facilmente la sorgente da cui
proveniva quel suono agghiacciante, in quella marea di corpi ormai
senza vita.
Era un soldato di alto rango, come indicavano le insegne e
l’armatura di buona fattura, che però nulla aveva
potuto contro la lancia che gli aveva trapassato il fianco destro.
Quando vide di aver ottenuto l’attenzione di entrambi,
quell’infernale risata cessò e il soldato
parlò, nonostante la fatica che doveva costargli,
con un’arroganza ben evidente: - Credete di aver vinto?
Illusi, non appena il nostro padrone avrà sistemato il
vostro amico, vi raggiungerà e vi annienterà, a
meno che tu ...- ma, prima che potesse finire la frase
spirò, lasciando Arya confusa e angosciata sul significato
delle sue ultime parole.
Ma prima che potesse riflettere sul quella misteriosa conclusione si
accorse che qualcosa non andava, aveva una sensazione di
pericolo imminente e un brivido le corse giù per la schiena.
Espanse la mente per controllare se c’era realmente una
minaccia, oppure era solo una sensazione dovuta alle parole del soldato.
La risposta arrivò subito, il suo istinto aveva ragione.
Intorno a lei c’erano molti corpi che all’apparenza
potevano sembrare senza vita ma in realtà era vivi e vegeti,
sentiva le loro barriere con cui le impedivano di leggere nelle loro
menti, sentiva i loro cuori pompare con forza.
Era una trappola.
- Scappa
Valdor!- disse preoccupandosi per il suo drago - Se ci prendono insieme
è finita!-
Valdor comprese le motivazioni della sua compagna e anche se avrebbe
voluto combattere al suo fianco, fece come gli venne detto e
velocemente si alzò in volo.
Arya per un secondo guardo il suo compagno che volava via, quando alle
sue spalle notò un movimento repentino, l’elfa si
girò di scatto sguainando la spada, pronta allo scontro.
Davanti a sé trovò un gruppo di mercenari
provenienti dal deserto di Hadarac, come indicano la pelle bruciata dal
sole e la foggia delle armi,
che caricavano verso di lei.
Abbatté il primo senza troppe difficoltà, anche
se era indebolita dalla appena conclusa battaglia era pur sempre un
cavaliere dei draghi, ma anche un cavaliere ha i suoi limiti...
Limiti che iniziarono a farsi sentire. Uno dei mercenari
approfittò di quel momento di debolezza per torcere il
braccio con cui l’elfa teneva la spada, che per la tensione
subita cadde a terra.
Arya, nel tentativo di liberarsi gettò la testa indietro e
colpì in pieno il naso del nemico, che per la botta ricevuta
mollò la presa sul braccio dell’elfa, per portarsi
le mani al naso tumefatto.
Il cavaliere con una mossa fulminea cercò di recuperare la
spada, ma non ci riuscì perchè si trovo le forti
mani di un altro dei mercenari intorno al collo, e nulla
riuscì a smuovere quella presa d’acciaio che le
attanaglia la gola.
Poi senti biascicare uno dei mercenari, quello che evidentemente era il
capo e a cui aveva rotto il naso con una testata: - Non stringere
troppo forte, al padrone serve in buone condizioni e non ci
pagherà certo di più se gliela portiamo mezza
asfissiata.-
Arya sentì la presa allentarsi di poco, ma prima che potesse
pensare a una contromossa per cercare di liberarsi senti qualcosa
colpirla, forse il pomo di un pugnale, alla tempia.
Rimase stordita dal colpo e sentiva le forze venirgli meno, nella mente
gli risuonarono le parole del soldato e quelle del mercenario - ... vi annienterà, a
meno che tu... al padrone serve inbuone condizioni...-
e prima che la coscienza l’abbandonasse, capì che
quelle parole erano foriere di grossi guai per lei. A quel punto, come
se le fosse calato un velo nero sugli occhi, perse conoscenza.
*
Eragon e Saphira erano all’inseguimento di Galbatorix e una
volta raggiunto non se lo sarebbero fatto scappare una seconda volta.
Il tiranno era ferito, quindi non avrebbe potuto andare molto lontano,
anche se a dorso di drago. E il luogo più vicino dove poter
atterrare con un drago era il monte Utgard, li con molta
probabilità avrebbero trovato il loro nemico e mettere una
volta per tutte la parola fine a quella storia.
Le ali di sottile membrana di Saphira fendevano l’aria con
forza, di lì a poco avrebbero raggiunto la loro meta.
Quando raggiunsero l’entroterra l’aria
cambiò visibilmente intorno a loro, quando avevano sorvolato
il tratto di mare aperto l’aria era frizzantina e odorava di
sale mentre adesso, raggiunto l’entroterra, l’aria
si era fatta più calda e sapeva del lontano odore dei boschi
ma aveva anche un sentore, come una nota stonata, di sangue e di morte
che quella terra devastata dalla tirannia e dalle guerre aveva visto
fin troppe volte.
Oltrepassarono un compatto banco di nubi e avvistarono la loro meta, il
monte Utgard, che dominava con la sua mole il paesaggio circostante.
Atterrarono con cautela e non appena toccarono suolo si misero in
posizione difensiva, temendo un’ attacco da parte di
Galbatorix.
I secondi scorrevano lenti, scanditi dai battiti accelerati del
giovane, ma nessun raggio di energia o un tiranno rabbioso armato di
tutto punto sbucarono dalla boscaglia.
Drago e cavaliere rilassarono i muscoli contratti ma rimasero comunque
all’erta, il tiranno li avrebbe potuti attaccare in qualsiasi
momento, e si inoltrarono nella boscaglia.
Intorno a loro la foresta brulicava di vita, e per un’ attimo
era facile dimenticare quello che succedeva fuori da quella terra
verde. Ma era solo un’ attimo poi il mondo tornava nella sua
ottica reale.
Tra gli affollati pensieri di Eragon si fece spazio la consapevolezza
di essere vicino alla sua terra natia, ed era la prima volta da quando
la sua vita era cambiata per sempre. Spontaneo affiorò il
desiderio di poterla rivedere, magari a guerra conclusa. Ma
il ricordo di com’era ridotta adesso, un cumulo di ruderi e
terra bruciata, gli fece cancellare con rabbia quei pensieri.
Pensieri che comunque furono interrotti dall’improvviso
silenzio in cui è calata la foresta. Drago e cavaliere si
trovavano ai margini di un’ampia radura e l’unico
suono era quello del vento tra i fili d’erba.
Ma c’era qualcosa che stonava in quella radura apparentemente
innocua, come una presenza potente e maligna che avesse indotto al
silenzio gli abitanti della foresta.
Eragon aprì la mente per controllare se erano realmente soli
oppure no, e come pensava il responso fu positivo: la coscienza del
cavaliere si era scontrata con un’altra da cui, nonostante la
barriera mentale, proveniva un inequivocabile malvagità.
- E’ qui.- penso Eragon, la mano pronta a sguainare la spada
e a combattere. Lo stesso Saphira, che si mise in posizione di
combattimento e dalla cui gola proveniva un cupo ringhio.
Il tiranno non si fece attendere, la sua sagoma apparve
dall’altro lato della radura, camuffando in parte il dolore
dato dalla ferita infertagli da Murtagh e non ancora rimarginata.
-Ci rivediamo ancora cavaliere-
disse continuando ad avanzare e pronunciando l’ultima parola
con un velato sarcasmo. - E vedo che questa volta non
c’è il tuo fratellino a pararti le spalle.-
continuò Galbatorix con una smorfia che avrebbe dovuto
essere un sorriso sarcastico.
Eragon per tutta risposta serrò ancora di
più le dita sul pomo della spada, aveva deciso di ignorare
le provocazioni di Galbatorix e non perdere cosi la concentrazione.
Intanto il tiranno continuava a parlare, sembrava che il denominatore
comune a tutti i malvagi fosse quello di gongolare su quella che
credevano un’imminente vittoria, ed Eragon continua ad
ignorarlo ma a un certo punto Galbatorix toccò un tasto a
cui il cavaliere non avrebbe potuto rimanere impassibile neanche se
avesse voluto.
- ...Anche se dovessi battermi, la tua sarà solo una
vittoria a metà, perchè quando trionfo tornerai
dai tuoi alleati, la tua amata non sarà li ad aspettarti.-
Quelle ultime parole colpirono Eragon come una pugnala, e subito una
rabbia profonda lo invase.
- Cosa le hai fatto?- ringhiò il cavaliere, sguainando la
spada.
- Stai tranquillo, nulla...per
il momento.- rispose il tiranno con un sorriso beffardo
ricordando il momento in cui, prima dell’arrivo del
cavaliere, uno dei suoi maghi lo aveva contattato per comunicargli la
piena riuscita del suo piano.Ma fu costretto a riscuotersi dai quei
ricordi per prepararsi a parare l’offensiva del giovane
cavaliere che, sguainata la spada, si dirigeva a tutta
velocità verso di lui e
all’ultimo secondo il tiranno riuscì a parare
l’offesa.
Il clangore delle spade rimbombava nel silenzio della radura quando ad
un certo punto Eragon riuscii a disarmare Galbatorix, la cui nera spada
fini ad alcuni metri di distanza.
Per un’ attimo il volto del tiranno fu dipinto dallo stupore,
poi la gamba ferita, dopo aver retto per tutto il combattimento, non
resse più il suo peso e il tiranno si ritrovò per
terra.
La vittoria sembrava vicina per Eragon, ma Galbatorix si
dimostrò essere pieno di risorse e prima che il cavaliere
potesse far qualcosa, mormorò velocemente una parola
dell’antica lingua che creò uno spostamento
d’aria che allontanò Eragon e lo fece atterrare
sul duro suolo della radura, lontano dal tiranno.
Eragon, ancora stordito dall’impatto con il suolo, vide
Galbatorix tirarsi in piedi, non senza fatica, e dirigersi verso di
lui. Entrambi erano ormai disarmati, le spade atterrate
chissà dove in quella vasta radura, ma il tiranno non diede
segno di preoccuparsene e quando la distanza tra lui e il cavaliere fu
alquanto ridotta, inaspettatamente si fermò.
Eragon si chiese cosa avesse in mente, quando
sentìì una forte pressione ai margini della sua
coscienza e il piano del nemico gli fu chiaro: stava cercando di
penetrargli nella mente!
In fretta alzò le barriere mentali e quando sentì
la coscienza di Galbatorix scontarsi con la sua sussultò per
la potenza dell’impatto.
I secondi scorrevano lenti e il cavaliere, che per lo sforzo aveva
serrato i denti, ad un certo punto sentì qualcosa bagnargli
il labbro superiore.
Era sangue.
Sentiva che non avrebbe retto ancora per molto prima che Galbatorix
abbattesse le sue difese, cosa che di fatto accadde poco dopo.
Quando le barriere di Eragon vennero abbattute, il giovane
percepì una fitta acuta nella testa segno la coscienza di
Galbatorix stava prendendo il sopravvento e ben presto la mente del
giovane venne invasa dai cupi ricordi del tiranno.
Un giovane umano dalla
colorita carnagione e capelli corvini raccolta in una coda dormiva
seneramente e accoccolato accanto a lui giaceva un piccolo drago nero.
All’improvviso, come se qualcosa l’avesse messo in
allarme spalancò gli occhi e vigile, scatto in piedi e
sguainò la spada, anch’essa nera. Anche il piccolo
drago si era svegliato e fiutava l’aria in cerca di eventuali
tracce nemiche.
Ci fu un fruscio e dalla
macchia di alberi uscì una sagoma che quando fu abbastanza
vicina da essere illuminata dalla luce del falò si
rivelò essere un’ uomo calvo e con una luce di
luce di pazzia negli occhi.
-Chi sei?Cosa vuoi?-
chiese il giovane, la spada alzata pronto a difendersi.
L’uomo non
rispose ma sorrise, un sorriso in cui si manifestava il tormento che lo
animava, a quel punto alzò la mano e quando
mormorò alcune parole il palmo si illuminò di
luce propria e il giovane cadde a terra, morto.
Il piccolo drago si
avvicinò al viso del suo compagno e testardamente gli dava
dei colpetti col muso nel vano tentativo di poterlo svegliare, ma alla
fine capì che non c’era più nulla da
fare.
Intanto
l’uomo, incurante della vita che aveva spezzato, si
avvicinò anch’esso al giovane e ne prese la spada.
Poi si voltò verso il piccolo drago e lo sollevò
di peso. Il drago cercò di ribellarsi, furioso con
quell’uomo che aveva ucciso il suo compagno,
graffiò e morse ma senza risultato. Quell’uomo
sembrava insensibile al dolore.
A quel punto
voltò il muso verso il suo compagno, come per dirgli addio
quando sentì parlare con voce tagliente
l’uomo: -Dimenticalo. D’ora in poi il tuo nuovo
nome sarà Shurikan.
Eragon riuscì a riprendere in parte il
controllo della propria mente ed era di nuovo consapevole di quello che
lo circondava, vedeva la radura, il tiranno che avanzava e udiva i
ruggiti dei loro draghi che combattevano, ma durò poco. La
coscienza di Galbatorix tornò alla carica soffocando quel
barlume di ripresa da parte di Eragon, la cui mente venne nuovamente
invasa.
Un’ uomo
arrancava sotto il sole cocente,davanti a lui una vasta distesa di
sabbia. Da molti giorni vagava senza metà, il suo drago era
perito durante un’imboscata da parte degli Urgali e da quel
momento cercava di ricongiungersi a lui in ogni modo, assalendo ogni
essere umano che incontrava sulla sua strada. Ma ben presto i viandanti
che attraversavano quella terra spoglia impararono ad evitare
quell’uomo disperato, che si ritrovo ad avere come unica
compagnia il suono dei suoi piedi che affondavano nella sabbia.
Passo dopo passo
continuava ad avanzare e più avanzava più sentiva
la strisciante sensazione che non sarebbe mai più stato lo
stesso uomo che era un tempo.
All’improvviso
la visione cambiò e ci fu un susseguirsi di volti,
sanguinose battaglie, alleanze e tradimenti. In mezzo a quella cupa
girandola di immagini emerse un piano, di recente ideazione,
un piano che per la sua riuscita comprendeva un viso femminile dai
tratti elfici...
Il cavaliere infine riuscì ad arginare la piena
di tutti quei ricordi, a lui estranei, solo una piccola parte della sua
mente era ancora sotto il controllo del tiranno che resisteva ai
tentativi del giovane di riprendere il totale controllo della
propria mente. Ma nonostante questo, Eragon seppe sfruttare a suo
vantaggio quella specie di stallo che si era andato a creare per il
controllo della sua mente: grazie a quella parte ancora connessa alla
mente del tiranno, il cavaliere riuscì a carpire i dettagli
del piano intravisto prima.
Quando sembrò che Galbatorix stesse per riuscire a
riprendere il controllo della mente di Eragon, venne in aiuto del suo
compagno Saphira che, liberatosi per il momento di Shurikan,
eruttò contro il tiranno una vampata di fuoco.
Galbatorix accortosi dell’imprevisto, dovette mollare la
presa sulla mente del suo avversario per evitare di essere ridotto in
cenere. Mormorando velocemente alcune parole dell’antica
creò uno scudo che lo protesse dalla mortale fiammata della
dragonessa.
Eragon intanto era tornato in pieno possesso della sua mente e
scuotendo il capo per schiarirsi i pensieri, vide la dragonessa che
tratteneva il tiranno per dargli il tempo di escogitare qualcosa.
Il ragazzo mise velocemente sottosopra le proprie conoscenze alla
ricerca di un’idea, che all’improvviso gli si
presentò.
Oromis gli aveva assicurato che Galbatorix non conosceva quella
tecnica, il che avrebbe assicurato al cavaliere un minimo di vantaggio.
Con un cenno d’intesa a Saphira, che smise di sputare fiamme
contro il tiranno, Eragon espanse la propria mente per entrare in
contatto con la pulsante vita della foresta circostante.
Quando sotto gli esterrefatti occhi del tiranno la vegetazione
cominciò ad avvizzire, un lampo di terrore gli
passò sul volto e quando parlò una nota stridula
era presente nella sua voce: - Che diavoleria è mai questa?-
Eragon non rispose e pronunciando una delle prime parole
dell’antica lingua che aveva imparato scagliò
contro Galbatorix tutta l’energia accumulata
dall’ambiente circostante.
Il tiranno non ebbe possibilità di ricreare lo scudo e venne
avvolto dalle fiamme bluastre create con l’antica lingua.
Pochi minuti dopo del tiranno che tanto aveva spadroneggiato su
Alagaesia non rimase che un mucchietto di ceneri ancora fumanti.
Eragon, nonostante per l’ultimo attacco non avesse attinto
alla propria energia crollò comunque stremato dalla lunga
battaglia. Disteso sulla terreno bruciacchiato alzò lo
sguardo e constato che non aveva mai visto un cielo cosi bello.
*
Arya si risvegliò su un’ umido pavimento, si
tirò su e tenendosi la testa tra le mani, i lunghi capelli
corvini le coprivano il volto come un velo, cercò di
ricostruire gli ultimi avvenimenti.
I ricordi di un’imboscata, quando la battaglia sembrava
finita e aveva abbassato la guardia, riaffiorarono con prepotenza.
Di scattò alzò la testa e quello che vide la
lasciò sgomenta.
Un corridoio interamente costruito in pietra, illuminato dalle tenui
luci di fiaccole, il tutto visto attraverso un paio di sbarre.
Si trovava in una cella, molto probabilmente nel palazzo di Galbatorix
e lo sgomento lasciò presto il posto alla rabbia.
-Maledizione!- imprecò a mezza voce l’elfa, quella
era la terza che si trovava ospite delle
prigioni di Galbatorix, sembrava quasi avesse attirato le sgradite
attenzioni del tiranno.
Con un movimento repentino, il cui fine era raggiungere le sbarre della
cella, urtò la caraffa in ferro che rotolò
sferragliando e spargendo il suo contenuto, fino a sbattere contro la
parete sinistra dell’angusta cella.
Il rumore fece svegliare con un sussultò
l’occupante della cella di fronte a quella
dell’elfa.
Era un giovane con profondi occhi castani, sul volto recava i segni
della lunga prigionia. Ad un movimento del capo i capelli si scostarono
e fecero capolino un paio di orecchie a punta. Era un elfo.
Arya non riuscì a credere a propri occhi, il tiranno non era
mai riuscita a catturare un elfo...a parte lei. Il timore che
Galbatorix avesse trovato il modo di penetrare le difese di Ellesmera
la colpi come un pugno. Ma dovette ricredersi perchè
dall’aspetto e dal volto scavato quell’elfo doveva
trovarsi li da molto tempo. A complicare le sue congetture
c’era il fatto che l’elfo in questione avesse
un’aria stranamente familiare...ma le sue riflessioni vennero
distratte da una voce.
-Arya?!- chiese stupito l’elfo con voce leggermente arrochita
dal disuso
Quella voce ruppe le nebbie dell’oblio e di colpo
l’elfa riconobbe chi aveva di fronte.
Una persona che un tempo aveva amato e di cui aveva sofferto
molto la scomparsa.
Di fronte a lei c’era Faolin.
Scusate lo so che non posto da un bel po’, ma sono stata
infognata con la scuola e con gli esami di maturità,
liberata da tutto questo mi sono messa a lavorare sulla ficcy ( che
iniziava ad avere le ragnate sul serio XD)e alla fine
c’è l’ho fatta a postarvi il cappy!
Ringrazio le 13 persone che mi hanno aggiunto ai preferiti, non
sapete quanto vi adoro *_* *inchin*
E adesso passiamo ai ringraziamenti individuali:
Sesshy49:
grazie mille sono contenta che ti sia piaciuto!! come vedi anche questo
cappy non manca di suspence! spero ti sia piaciuto! un bacio!!
Silvietta:
eh si è riuscito a scappare ma non gli è servito
a nulla! grazie molte del complimento! *arrossing*
baci!
LadyVale94:
grazie molte tuoi commenti sono sempre molto approfonditi fa piacere
leggerli! sono contenta che la ficcy ti piaccia! un bacione!
XXXBEAXXX:
eh si anche murtagh ha trovato la sua utilità, ha visto la
luce il ragassuolo XD e grazie mille per aver aggiunto la ficcy ai
preferiti!*__* *abbraccia*
baci!!
Parisienne: XD
no tranquilla non era mia intenzione farti morire soffocata!! e poi
avevi ragione...per zio galba è arrivato il momento di
andare in pensione...solo che non ci arriva ridotto
com’è muahahah! sei sparita di nuovo
dalla rete T__T!! spero di spero di sentirti presto sore!!
tivibi!!
DarkArya: sono
contenta che ti hanno tolto la punizione!! grazie mille sono contenta
che ti sia piaciuto e no non è ancora finita la storia! e
poi per rispondere alla tua domanda, arya non l’ha mai detto
apertamente che era stata assieme a faolin, ma ci sono un mucchio di
indizi che lo fanno pensare,come hai detto tu è molto
probabile che sia lui l’elfo del quadro! e grazie molte per i
complimenti!! bacioni!!
stefy_81:
stefy!! grazie mille per il commento e per avermi aggiunto ai preferiti
*O*! spero ti sia piaciuto questo cappy!! un bacio!!
Giuggiolina:
waaa giu!! muahhah abbiamo invaso anche efp!! (O__O scappate
finché siete in tempo!!) come vedi mi sono data un mossa,
sono riuscita a postare, quindi che ne dici di posare il bazooka
eh^___^”””?
grazie mille per il commento teso!! baci tivibi!!
alfakein:
eh si alla fine tutti i cavalieri sono dalla parte dei varden...ed
è giusto che sia cosi muhahha!! per quanto riguarda il caro
e vecchio ( e non dimentichiamo pelato! XD) galba ha la testa dura, e
alla fine, batti che ti ribatti, se l’è rotta!
grazie per i complimenti!! spero che questo cappy ti sia piaciuto!!
baci!!
buone vacanze a tutti!! baci
solembun
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