Un
tarlo.
Lo
sentivo chiaramente.
Il
suo pensiero mi stava rosicchiando il cervello e tutto quel
poco di buon senso che era rimasto ad impregnarlo.
Ero
perfettamente consapevole di quanto fosse inutile continuare a
chiedermi "Perché lui? Perché adesso?!", ma non
riuscivo a smettere,
queste domande rimbalzavano come schegge impazzite tra le pareti della
mia
mente.
Mi
ero appena arresa, mettendomi l'anima in pace, avevo trovato il
mio equilibrio interiore, mi sentivo invincibile... ed eccolo giungere
con quei
suoi occhi a sconvolgere i piani, a smascherare la mia debolezza, a
debellare i
miei sforzi con la forza venefica di un potente pesticida.
Quegl'occhi.
Come
osava... come poteva permettersi il lusso di andarsene in
giro con quell'aria inconsapevole?!
Quando
i nostri sguardi s'incrociarono per la prima volta, pensai
subito che avrebbe dovuto mostrarmi il porto d'armi.
Due
pozze scure di torbida pece che emanavano gioia e custodivano
gelosamente tutto il resto.
Non
avrei mai voluto distogliere lo sguardo.
Una
manciata di secondi era bastata ad imprimere a fuoco il
ricordo di quello sguardo così intenso, di quel volto
così espressivo.
La
pioggia batteva forte sul tettuccio della mia piccola
utilitaria, i tergicristalli lavoravano frenetici e, ovviamente, le
strade
erano intasate. Wow, la pioggia, che evento sovrannaturale! Fermiamo
tutta la
città.
Ebbi
un moto di stizza e tirai un pugno sul volante.
No, dai, non
è il momento di arrovellarsi il fegato per niente. Un
bel respiro profondo.
Respirai
davvero forte e poi accesi la radio, nella speranza di
calmare un po' i nervi.
Il
vero problema non era il traffico, né i suoi occhi. Ero io.
Odiavo
me stessa per lo strano modo che avevo di rapportarmi alle
persone.
O
le amavo o le odiavo. Niente vie di mezzo. E difficilmente
cambiavo l'opinione costruita alla prima impressione.
Non
m'innamoravo spesso, ma quando accadeva era sempre a prima
vista. E inesorabilmente a senso unico.
E
quella volta navigavo nelle tetre acque della convinzione.
Non
l'avrei conquistato.
Presto
sarebbe arrivata una volpe affamata e pronta a tutto e io,
al solito, avrei assistito inerme alla sua vittoria.
Non
ero brava come cacciatrice, anzi facevo proprio schifo. Così
poco credibile che al massimo le prede morivano a causa delle risate.
Ero
preda per indole ed ero ferma al secolo precedente. Sì, ero
una preda d'altri tempi!
Ingenuamente
avvolta da un manto di sbiadito romanticismo.
Tuttavia
riuscivo anche ad essere moderna. Vivevo i problemi del
mio tempo, senza spirito d'adattamento. Ero l'elemento prossimo
all'estinzione,
l'anello debole. L'universo l'aveva capito.
Per
gli altri però ero solo una incapace di cogliere le
occasioni.
"Devi scioglierti
di più! Non ti concedi abbastanza. Esci con
lui, vedi come va ed è ovvio che non potrete rimanere tutta
la sera a guardarvi
negli occhi! I ragazzi si stancano, non aspettano i tuoi strani tempi!
E poi
che c'è di male? Ti diverti anche tu e se piace ad entrambi
magari rimarrete
insieme."
Quanti
consigli non richiesti come questo avevo ricevuto?
Tanti.
In
effetti, troppi.
Ed
in quei momenti, mentre io e il mio interlocutore sostenevamo
una discussione parlando due lingue diverse, mi riscoprivo forte. Molto
forte.
Così forte da non commettere omicidio.
Ah,
quanta pazienza ero costretta a portare a questa generazione
X, che alla ricerca della modernità si era spinta
così oltre da tornare all'era
dei dinosauri. Un po' come se il tempo fosse un cerchio.
La
Speranza mi stava abbandonando.
Pensai
al mio futuro e vidi quindici gatti e due cani.
"Meglio che cominci
ad abituarmi all'idea di essere come Eleanor Abernathy ."
Svoltai
a destra, poi a sinistra, tentai di evitare quella
voragine al centro della strada e, come sempre, rischiai di fratturarmi
il
cranio.
Casa
dolce casa. Eccomi al mio nuovo appartamento da single in
centro.
Un
palazzo di epoca ignota con qualche problema strutturale.
Sì,
era proprio fantastico.
La
pioggia continuava a cadere dispettosa e mi avviai svelta al
portone, così svelta da far cadere le chiavi a terra, appena
sotto le cassette
della posta.
Fretta
malandrina.
Raccolsi
le chiavi e rischiai di "estirpare" le cassette
della posta dal muro. Maledetta goffaggine.
Avevo
la testa dolorante e qualche lacrima faceva capolino agli
angoli degli occhi.
Gettai
uno sguardo assassino agli affari metallici e vidi l'angolo
stropicciato di una busta spuntare dalla mia cassetta.
Bel
modo del c*zzo che aveva il Destino di consegnare le lettere!
Pensai
ad una bolletta, ad una raccomandata o addirittura a della
pubblicità e decisi di lasciarla lì.
Ma
quella busta mi stava chiamando.
Era
semplice, bianca e un po' usurata.
Fuori
c'era scritto il mittente.
Lui.
Un colpo al cuore.
Non
riuscivo a capacitarmi di come fosse possibile!
Era
venuto solo una volta a casa mia con l'allegra combriccola e
poi... e poi non era possibile che scrivesse lettere!
Mi
feci coraggio e con le mani tremanti lessi il piccolo
biglietto.
Mi sei entrata
nell'anima, come un dannato
tarlo.
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