A Federica e
alla sua dolcezza.
Buon compleanno, carissima <3
“Mi manca la sua voce. Mi manca la sua voce che mi dice che mi ama.”
Jonathan Safran Foer. Molto Forte, Incredibilmente Vicino.
Mi Manca la sua Voce.
“Prova microfono! Prova
microfono! Di' qualcosa tu, mamma!”
Rowan prese posto sulla sedia
di fianco a quella di Katniss e appoggiò il registratore giocattolo sul tavolo:
in casa Mellark i regali per i bambini non mancavano mai e quell’ultimo dono
era arrivato la settimana precedente direttamente da Capitol
City, con un biglietto firmato da Venia, Flavius e Octavia. Haley e Rowan ne erano rimasti affascinati fin da
subito e per giorni si erano divertiti a registrare le voci di amici e parenti
per poi modificarle e renderle buffe, premendo a caso i pulsanti degli effetti
speciali.
“Canti una canzone?”
Rowan avvicinò ulteriormente
il microfono al volto della madre, ma la donna si spostò leggermente all’indietro.
“Più tardi, Rowan” rispose,
facendogli una carezza sui capelli. Il bambino le rivolse un’occhiata delusa,
ma annuì e tornò a giocare per conto proprio. Pasticciò per un po’ con le varie
funzioni del registratore e, infine, balzò giù dalla sedia, diretto verso il
soggiorno. Trovò suo padre seduto sulla poltrona, intento a sfogliare le pagine
di un libro con espressione assorta.
“Ehi!” esclamò con un sorriso, quando il
figlio lo raggiunse. “Tutto bene?” chiese poi, notando l’espressione
impensierita del bambino. Rowan annuì di nuovo, arrampicandosi sulla poltrona.
Peeta se lo sistemò sulle ginocchia e spostò il volume che stava leggendo, per
fare spazio anche al registratore giocattolo.
“Perché la mamma non canta mai
quando faccio le registrazioni?” chiese il bambino a bassa voce per assicurarsi
che nessuno, oltre al padre, sentisse. Il sorriso di Peeta si fece più
malinconico, mentre gli occhi grigi di suo figlio lo fissavano con espressione
confusa.
“Forse è un po’ timida” decise
di rispondere infine, accarezzandogli i capelli. “O forse non le piacciono
molto i microfoni.”
Rowan rifletté per un po’
sulle sue parole, stuzzicandosi la pelle del mento con il pollice e l’indice.
“Capito!” esclamò infine,
sorridendo al padre, prima di spostare la propria attenzione verso il libro. Rowan
lo riconobbe subito: era stato scritto dai suoi genitori e raccontava le storie
delle persone che erano state importanti per loro. La pagina che stava
osservando Peeta prima che arrivasse il bambino conteneva la fotografia di
quattro persone con i capelli biondi: un uomo, una donna e tre ragazzi. Il minore
dei tre giovani, rifletté Rowan, somigliava molto a lui. La pagina successiva occupava
un unico ritratto: l’uomo rappresentato era lo stesso che faceva comparsa nella
fotografia. Aveva un sorriso gentile e occhi buoni, che ricordavano un po’ quelli di Peeta.
“Questo è nonno David” osservò
il bambino, indicando il ritratto con l’indice. Il padre annuì.
“Oggi è il suo compleanno,
sai?” rispose. Il volto di Rowan si illuminò per un istante, ma a breve la sua
espressione tornò a farsi impensierita.
“Ti manca tanto?” chiese, giocherellando con
il filo del suo microfono. Peeta sorrise e appoggiò il mento sui suoi capelli.
Lo sguardo di entrambi ricadde sulla fotografia della famiglia Mellark, che
occupava parte della prima pagina.
“Mi manca la sua voce” rispose
infine l’uomo, stringendo il figlio un po’ più forte a sé. “Mi manca la sua
voce che mi dice ti voglio bene.”
Rowan annuì ancora. Si chinò
in avanti e passò le dita sulla fotografia, studiando i volti dei membri della
sua famiglia paterna con i polpastrelli.
*
Quando, qualche ora più tardi,
Peeta tornò in soggiorno dopo aver messo a letto i figli, si accorse che il
registratore era ancora sulla poltrona. Sorrise divertito e si sedette, portandosi
il giocattolo sulle ginocchia. Infine, lo mise in funzione. Per i primi secondi
sentì solo un fruscio e qualche suono confuso in lontananza. Dopodiché la
registrazione proseguì, riproducendo le voci dei suoi figli. Parlottavano fra
di loro di qualcosa che Peeta non riuscì a comprendere, perché il discorso era
costantemente intervallato dalle pernacchie di Haley e dalle risate di
entrambi. L’uomo rise a sua volta, ascoltando l’intera conversazione. Qualche
minuto più tardi una terza voce si frappose al mosaico di suoni. La voce di
Katniss era distante, ma le parole erano comprensibili e presto si unirono a
quelle di Haymitch e alle sue, appena percepibili in sottofondo. Infine, la
registrazione tornò a riprodurre la voce di Rowan, questa volta in maniera chiara
e meno disturbata.
“Ciao, papà!” esclamò suo
figlio attraverso il registratore, strappandogli un sorriso. “Ho deciso che mi
registro. Così, anche quando non ci sono, mi puoi sentire e non ti manco!”
La sua voce echeggiò
leggermente, ripetuta dal microfono. Il
bambino scoppiò a ridere.
“Ti voglio bene!” proseguì poi.
“E voglio bene anche al nonno!”
Quando Peeta alzò lo sguardo, si accorse che qualcuno lo
stava osservando: Katniss l’aveva raggiunto in soggiorno, probabilmente
attirata dal suono delle loro voci. Si guardarono a lungo, poi la donna spostò
la sua attenzione verso il registratore. Sembrò rabbuiarsi leggermente, ma non
disse nulla. Si sedette sulla poltrona di fianco al marito e l’uomo le circondò
la vita con un braccio, stringendola a sé.
“E ne voglio anche alla mamma! E a Haley” annunciò la
voce allegra di Rowan attraverso gli
altoparlanti del giocattolo, seguita, ancora una volta, da un risolino
divertito.
Peeta si sistemò meglio sui cuscini, lasciando più spazio
alla moglie. Gli faceva male la gamba in quella posizione e l’espressione di
Katniss era ancora distante e velata dal turbamento. Eppure, perfino il male
inferto loro dal passato assumeva un senso, se mescolato al suono di quella
risata infantile.
“Ti voglio bene!” ripeté un’ultima volta la voce
registrata di Rowan. Con quella frase il nastro si concluse. L’uomo sorrise di
nuovo, accarezzando con il pollice il piccolo registratore giocattolo.
Ti voglio
bene anch’io, piccolo.
“Quando ti guardavo, la mia
vita aveva senso. Anche le cose brutte avevano senso, perché erano necessarie a
renderti possibile.”
Jonathan Safran
Foer. Molto Forte, Incredibilmente
Vicino.
Nota dell’autrice.
Dico due cose velocissime e
scappo. Mr. Mellark si chiama David, per via di un altro personaggio che fa
parte del mio head-canon personale legato al futuro e
che forse, prima o poi, troverò anche il coraggio di far approdare su efp xD Haley è la sorella
maggiore di Rowan. Katniss non è particolarmente entusiasta al pensiero di
avere un microfono vicino e di essere registrata e spero si possa immaginare il
perché. Faccio ancora tanti auguri a Federica, che si merita ben più di questo
affarino scrauso xD Buon
compleanno, tesoro <3