Oxford
Street's Girl
Domani
sera, ore sette di fronte al cinema del pub Patrick's?
Ti
supplico!
Tuo,
Carl.
Carl,
dovremmo studiare!
Rilancio
con un'oretta al pub, il cinema non mi va.
Millie.
Prologo
L'aria frizzante di
settembre era giunta anche a Londra.
Smesse le camicie di seta,
quel mattino Millie aveva faticato nel trovare un qualcosa di
più
pesante che non sembrasse aver disperato bisogno di un bucato o di una seduta
con il ferro da stiro.
Ora che quasi correva per
le strade affollate di una Londra preoccupata non diede peso alle
evidenti pieghe del giacchino.
Intravide Philip
appoggiato a un muro che leggeva con occhi torvi il giornale della
sera. Non appena alzò la testa, la vide e
s'incamminò per
incontrarsi a metà strada, buttò il giornale nel
vicino bidone e
per la prima volta da quando si erano conosciuti mesi prima,
l'abbracciò stretta.
Millie gli circondò il
collo con le braccia e posò il capo sulla sua spalla.
Chiuse gli occhi e per un
attimo si godette quel piccolo gesto intimo che li univa.
-Hai sentito … -
cominciò lui, staccandosi lentamente.
-La Germania ha invaso la
Polonia, giusto?- chiese conferma Millie sistemando con gesti
meccanici il bavero del soprabito di Philip.
Si guardarono negli occhi
incerti, finché Philip non sciolse l'abbraccio e
stringendole una
mano, si avviarono verso l'entrata affollata del Patrick's pub.
Era uno di quei locali
poco lontani dall'università e dalle relative biblioteche, dove
la sera
frotte di studenti in prevalenza uomini, si lanciavano alla conquista
di una pinta di birra a pochi spiccioli e un posto a sedere,
discutendo un po' di politica, un po' di donne, un po' di sport.
Negli anni era diventato il porto sicuro di chi veniva dalle
città
sperdute delle campagne e si sentiva a disagio nei locali raffinati
del centro.
Philip condusse Millie
lontano dalla ressa, in un piccolo angolo con due sgabelli alti,
l'aiutò a salire e si recò a prendere da bere.
Una volta giunto con
due pinte chiare, si sedette ed entrambi piombarono nel silenzio.
Gruppi di giovani si
accalcavano in vari punti del locale, brandendo giornali, urlando
teorie e rovesciando bicchieri colmi di liquore. Il proprietario
sembrava attaccato alla piccola radio che teneva sul bancone e si
occupava distrattamente dei clienti.
-Ssshhhh!- urlò
improvvisamente quest'ultimo. -State zitti, branco di mocciosi!-
“
… I
tedeschi
hanno attraversando i confini della Polonia incontrando un esercito
impreparato e sorpreso. Ingenti le perdite dei polacchi. Alle ore
4,40 la città di Wielun è stata bombardata, si
contano per ora
circa mille morti. Le autorità britanniche si stanno ora
consultando
con gli altri capi di stato dei paesi dell'Alleanza …
”
-I tuoi parenti dove
vivono?- chiese improvvisamente Philip appoggiando il suo boccale su
una mensola polverosa.
Millie si morse un labbro
prima di rispondere. -Abitano in Bielorussia, o Russia Bianca come la
chiamate voi. E' distante da Wielun.- mormorò.
-I tuoi genitori?- Philip
aggrottò la fronte e strofinò le mani imbarazzato.
-Li ho sentiti stamattina,
sono preoccupati. Papà teme che suo fratello
verrà chiamato di
nuovo alle armi.- la mente di Millie viaggiava lontano. Non ricordava
nulla della sua terra d'origine, era solo un pallido paesaggio
alimentato da ricordi e racconti della sua famiglia. Una terra
lontana, costantemente imbiancata dalla neve, di cui aveva poco e
sbiadite foto di imponenti piazze circolari.
Philip la fissò con la
coda dell'occhio e per un attimo si pentì di averle scritto
in
biblioteca il giorno prima, era pallida e non aveva assaggiato la sua
birra, guardava con occhi spenti la folla di persone che si accalcava
e gridava.
-Vuoi uscire? Ti
accompagno al tuo appartamento.- disse, scendendo dallo sgabello e
porgendole il braccio.
Camminarono a lungo,
assorti e in silenzio.
Giunsero, dopo mezz'ora,
in una via ben illuminata che costellava una strada colma di graziose
case dai muri chiari. Si fermarono al numero sette e Philip fu
sorpreso nel sentire Millie invitarlo dentro.
-La casa appartiene a una
mia compagna di corso più grande, Tricia Smith. Ci viviamo
solo noi
due per ora ma lei ora è in campagna dai suoi genitori.-
raccontò
Millie con un tono distratto. -Vuoi del tè?-
Philip annuì e la seguì
lentamente, si sedette su una sedia della cucina mentre lei si
muoveva fra i fornelli. Osservò i capelli neri raccolti in
una coda
con un nastro marrone, la figura alta e snella, l'abito a fiori
perfetto per un pomeriggio al parco.
Quando lei si sedette
accanto a lui, porgendole una tazzina fumante con una sola zolletta
di zucchero, le strinse la mano, accarezzando con il pollice il dorso
liscio.
-Mi dispiace … Avrebbe
dovuto essere una bella serata.- cominciò lui. -Sono un caso
disperato.- mormorò lui con un sorriso fra le labbra.
Millie gli prese la mano e
la strinse fra le sue. -Oggi … Non ti preoccupare. Non ti
scusare.-
-Se dovesse scoppiare
un'altra guerra … Io … avrei … vorrei
chiederti di uscire
ancora prima di … - con le guance infuocate smise di parlare
e
ingurgitò del tè per calmarsi.
-Intendi arruolarti
subito?- domandò Millie con una nota dolorosa nella voce.
-Non
aspetti di essere chiamato?-
Philip scosse la testa.
-Ne parlavo oggi pomeriggio con mio padre. Dato che mi mancano due
esami alla laurea e la tesi, dubito che mi diano una posizione
importante e sicura nel genio, anche se aspettassi di ricevere la
lettera.- sfilò la mano dalla dolce stretta di Millie. -La
Germania
ha idee … Oscene. Nessuno è inferiore a nessuno.
Siamo tutti
uguali di fronte a Dio. Non posso sopportare di restare con le mani
in mano, mentre loro avanzano. Se il governo si mobiliterà,
io ci
sarò.- concluse il ragazzo. -Anche se so che ti
perderò.-
Millie non rispose e
continuò a bere il suo tè. Quando lo
posò sul tavolo, voltò il
capo verso lui. -Non mi perderai, Philip.- sussurrò appena.
-Non mi
perderai.-
Quelle parole rimasero a
lungo sospese nel vuoto.
Philip si avvicinò
timoroso e baciò con estrema lentezza quelle labbra al
sapore di tè.
Respirò a pieni polmoni
quel profumo leggero che emanava la sua pelle, si sporse verso di
lei, fino ad essere costretto a stare in piedi. Millie dapprima
incerta, si lasciò andare completamente, stringendo quel
profilo
gentile, quelle spalle muscolose. Poteva quasi sentire il suo cuore
battere contro il suo petto. Sciolsero riluttanti quell'abbraccio e
quel lungo bacio e si guardarono imbarazzati ed emozionati.
-Beh, credo sia venuto il
momento di andare. A casa mi aspettano.- disse, baciandole la fronte.
-Devo andare.-
Millie agguantò il suo
braccio. -Per favore rimani a dormire. Intendo a dormire e basta.-
disse senza nemmeno rendersi conto.
Philip fissò quegli occhi
chiari che brillavano di paura e tensione, per un attimo si chiese da
dove nascesse quella richiesta. Sapeva di amarla, di un'amore
adolescenziale, costruito dagli sguardi scambiati in biblioteca, dai
sorrisi e dalle mezze parole. Ma non sapeva se questo sentimento
sarebbe poi cresciuto per trasformarsi in qualcosa di più
solido. Lo
sperava ma non lo sapeva.
-Non posso sopportare
l'idea che ho così poco tempo per conoscerti.- disse lei
lasciando
la presa sul braccio. -Ora ti sei fatto un'idea sbagliata …
Oddio.-
balbettò lei.
Philip le appoggiò una
mano sotto il mento e la baciò appena. -Mi credi se ti dico
che non
ho mai pensato male di te.-
Salirono le scale e si
chiusero nella camera buia di Millie. Si tolsero le scarpe e ancora
vestiti si sdraiarono nel letto abbastanza comodo per entrambi.
Parlarono.
Millie gli raccontò delle
avventure della sua famiglia, quando quasi trent'anni prima,
riuscirono a scappare dalla Bielorussia ed arrivano in Inghilterra,
del suo liceo, dei pochi e buoni amici che aveva lasciato in
Cornovaglia.
Philip invece si divertì
ad illustrare i suoi parenti come una cozzaglia di personaggi da
commedia buffa, attaccata ai titoli e al buon nome della famiglia
mentre saltava da uno scandalo all'altro.
Entrambi sognavano una
professione, una casetta in periferia, dei figli e una vita semplice.
Con quelle speranze e con quelle mute promesse, si addormentarono
stretti in un tenero abbraccio.
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