Il favorito e la bambina

di benzodiazepunk
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Capitolo 15 - Giochi


Siamo solo tre ora, e siamo tre ragazze.
Io non lo so che talenti speciali hanno quelle dell’8 e del 10 però Rendwick mi ha detto che sono forte, che sono più forte di tutti e allora forse se sono furba abbastanza potrei anche vincere.
Mi arrampico su un albero mettendo tutto ciò che mi rimane dentro il mio solito zaino e mi preparo all’attesa. Appena qualcuno passa io lo uccido. Non salgo troppo in alto altrimenti, ho scoperto, la forza dei miei lanci non è sufficiente ma mi nascondo tra il fogliame e mi metto comodamente supina.
Chissà se ci stiamo cercando a vicenda. Mi sembra di ricordare che la ragazza dell’8 fosse brava con la spada ma di quella del 10 non ricordo nulla. La notte passa e nessuno si fa vedere. Se non ci sbrighiamo gli strateghi ci staneranno, e la cosa non mi piacerebbe per niente. Così scendo dall’albero, vuoi mai che aggirandomi in silenzio io non riesca a cogliere qualcuna di sorpresa.
Cammino e cammino, raccolgo bacche, mangio e cammino, ma niente. Non trovo nessuno e nessuno trova me.
Un cannone spara in lontananza e io sobbalzo. E poi saltello di gioia. Un assassinio basta e avanza. Ma chi è vivo ora? Gli strateghi non ci permetteranno di aspettare la sera per scoprirlo.
Non ce n’è bisogno.
Il pomeriggio sta cedendo il passo al crepuscolo quando sento il rumore di foglie smosse in lontananza sulla mia destra. Mi arrampico in fretta su un albero e mi cerco un punto da cui posso avere una buona visuale e quella che compare ai miei piedi, barcollante, ferita, smagrita e mezza morta, è il tributo del Distretto 8.
Prendo la mira col coltello, ecco, un passo e sarà nella posizione perfetta, sto per tirare e il ramo cede. Cado, cado senza potermi aggrappare da nessuna parte, cado in picchiata e sbatto sul terreno ricoperto di foglie e muschio. La confusione sul viso dell’8 è completa e nel tempo che lei ci mette a capire, a capire che se mi uccide vincerà, che sono soltanto una dodicenne spaurita, io sono di nuovo in piedi. Ora l’adrenalina scorre nelle mie vene a fiumi, sono in forma, sono forte. E lei è mezza morta. Posso farcela.
Ma lei ha una spada, è alta e grande e io ho un coltello solamente in aggiunta alle mie braccia corte. Fa un affondo che schivo con facilità. È lenta, constato, posso sfinirla senza attaccare e poi ucciderla una volta che cade al suolo. Sì, potrebbe essere una tattica efficace.
Schivo il secondo colpo, e il terzo, corro da un lato, cerco di attaccarla e sfuggo ai suoi affondi ancora, ancora, ancora… sono stanca anche io ora ma non posso di certo mollare. Poi mi balza in mente un’idea. Non so se è saggia, non so se funzionerà ma in qualche modo devo concludere questa danza senza senso. Lei è grande. È pesante di certo più di me anche se è magra. È stanca, sfinita.
Mi arrampico il più in fretta possibile sul primo albero a portata di mano e lei si lancia all’inseguimento. Salgo, sale, salgo ancora, e lei dietro; ad un certo punto uno scricchiolio. Rallento. Un altro scricchiolio, più forte, e ancora, e la ragazza cade. Batte la schiena e non si rialza, io scendo e le sono addosso in un attimo. Il mio coltello trova la sua gola, serro le palpebre e colpisco, colpisco, colpisco… finché il cannone non mi dice che è finita.
Rotolo di lato, mi accorgo di stare singhiozzando, una voce annuncia la vincitrice dei 69° Hunger Games, ommioddio, chi è? Piango, mi accascio a terra, non so più neanche chi sono io. Sono pazza? Può darsi. Sì, può darsi.
Sono morta?
Sono viva?
Se sono viva, perché lo sono?
Poi una scala mi immobilizza a un Hovercraft in movimento e capisco. Sono io la vincitrice dei 69° Hunger Games, io ho ucciso tre persone a sangue freddo, io ho fatto fuori tutti gli altri per la mia sopravvivenza, io vivrò ora. Io.
Ma la cosa non mi fa sentire meglio.
Ricordo l’abbraccio di Rendwick, gli occhi della ragazza del distretto 8, le urla del ragazzo morto nel sonno, il gorgoglio di Lumi, il terrore quando ho capito di essere rimasta senza alleato.
Questi giochi cambiano le persone, e questo non è giusto.
Ma Rendwick non era cambiato, lui era buono.
E io piango la mia bontà, la mia ingenuità, la mia infanzia, andate per sempre.





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