Attimi
di vita
Ti svegli
una mattina e scopri che la tua vita fa schifo. No.
Non funziona così. Capisci che la tua vita fa schifo fin da
quando sei piccolo.
Capisci che quello che succederà poi non ti
piacerà per niente, quando i tuoi
presunti amichetti non fanno altro che prenderti in giro ed
allontanarti. Le
prime volte torni a casa piangendo. Magari fin dall’asilo.
Una volta perché
quella bambina ti ha tirato i capelli per dispetto. Un’altra
volta perché ti
hanno dato una forchettata mentre mangiavate tutti insieme. Le prime
volte
torni a casa e piangi, poi tutto cambia. Diventi più grande
e capisci che quei
bambini, che poi saranno gli adulti del tuo futuro non meritano le tue
lacrime
e lentamente t’indurisci e crei una scorza attorno a te. Per
crearla ci
vogliono anni e anni di duro lavoro, soprattutto se il mondo esterno
continua a
rovinarti l’opera, ma proseguiamo con ordine.
Lasciato
l’asilo, i bambini che incontrerai sulla tua strada
sono sempre gli stessi, al massimo c’è qualche
nuovo arrivo. E tu speri con
tutto te stesso che sia qualcuno che potrebbe volerti bene, o che sia conciato peggio di
te, in modo che le
attenzioni degli altri siano concentrate su di lui invece che su di te.
Purtroppo non succede e tu ti ritrovi a dover frequentare cinque anni
alle
elementari, sempre soggetto allo scherno altrui. Il periodo delle
lacrime è
passato e tua madre pensa che finalmente hai imparato a fregartene
degli altri,
ma non sa che non è così. Che quelle battutine
maligne ti feriscono ancora,
come ti ferivano prima, solo che anche gli altri crescono e la loro
cattiveria
invecchia negli anni e migliora, anzi peggiora nei tuoi confronti.
Ti attacchi
disperatamente all’idea che poi non li rivedrai
più, che una volta alle medie tutto passerà.
Avrai la possibilità di conoscere
gente nuova e un po’ più matura. Ringrazi comunque
di aver avuto dei compagni
del genere, che ti hanno preparato psicologicamente alla vita vera e
lentamente
cominci a maturare un pensiero adulto.
Arrivi alle
medie e ti trovi catapultato in una classe di
venticinque, a volte trenta persone che non sanno nulla di te. Una
frase
sbagliata e tutto si rovina, di nuovo. Altri tre anni
d’inferno. Pochi ti sono
vicini, ma quando ti trovi in difficoltà, nessuno ti aiuta.
Vivendo
così ti ritrovi per forza a rintanarti in casa tutti
i pomeriggi e ti devi arrangiare per passare il tempo. Ti ritrovi senza
motivo
un libro tra le mani e cominci a leggerlo. All’inizio sono
solo una cinquantina
di pagine, ma velocemente quelle pagine si moltiplicano e in breve
tempo ti
ritrovi a leggere un “mattone” come “Il
signore degli anelli”. Il tuo tempo è
talmente tanto che lo finisci in tre giorni. Un ragazzino normale di
seconda
media non ci penserebbe nemmeno, ma tu sei lì, da solo. E
mentre leggi hai
bisogno di allontanarti da quell’ottuso silenzio che ti fa
capire di essere
solo. Cominci ad ascoltare la musica e cominci ad amarla più
di quanto l’amavi
prima. Entri nel coro e lì capisci che nessuno ti
romperà le palle per come
appari, ma ti considereranno tutti per quello che vali, per la tua
voce. La
musica e la lettura, le tue migliori amiche.
Crescendo
arrivano anche le prime cotte e guarda caso ti
piace una delle persone più carine della scuola. In seconda
media i ragazzini e
le ragazzine non brillano certo per grande inventiva, o almeno era
così quando
ci andavo io, così ti ritrovi a scrivere un idiotissimo
bigliettino, in cui
annunci il tuo amore e proponi un incontro. Ovviamente quella persona
non si
presenterà e tu ci rimani male, oltre ad aver perso la poca
dignità che ti
restava.
Ultimo anno
di medie. Ormai ti sei abituato ai tuoi compagni.
Ai loro scherzi e alle loro battute idiote e in fondo un po’
ti piace, perché
almeno sai che ti considerano e che si accorgono minimamente di te.
Poi arriva
il grande passo. Le superiori.
La terza
possibilità di una nuova vita. La terza
possibilità
di non essere te stesso e di poter diventare qualcuno. Speri e per
scaramanzia
ti metti il tuo libro preferito in cartella, con dentro il testo
scritto a mano
della tua canzone, quella che ascolti sempre, quando hai bisogno che la
musica
ti coccoli un po’. Durante i minuti d’attesa che
precedono l’appello la
canticchi tra te e te, sperando che funzioni come una sorta di amuleto.
Il primo
anno è il più disastroso. Sì, fai
nuove amicizie e
la cosa ti piace, poi ti stupisci, quando le persone ti chiamano per
nome e non
usando “TU”, oppure altri nomignoli spregevoli o il
tuo cognome. Ogni volta che
senti nominare il tuo nome, il cuore fa una piroetta, forse
è proprio cambiato
tutto, poi ti rendi conto che c’è qualcuno che ti
odia. Perché per farti certe
cose e dirti certe cose una persona deve proprio odiarti. Questa
persona cerca
in tutti i modi di rovinarti la vita, ma questa volta è
diverso. Sono tutti più
grandi e più maturi. Sono tutti più consapevoli
delle loro azioni e vanno meno
ad “andamento pecora”, come lo chiamo io. Qualcuno
prende le tue difese e
lentamente concepisci l’idea che quelle persone siano le tue
amiche. Attorno a
te, così fragile, si forma un piccolo gruppetto e
già il secondo anno appare
meno duro. In terza le cose migliorano ancora, solo che alle superiori
non sono
tutti indulgenti e la tua classe si sfalda lentamente, a causa dei
voti. Molti
devono essere lasciati indietro e tutti lo sanno, la terza è
la classe più
difficile. Ti salvi al pelo, ma i tuoi amici, quelli con cui passavi
ore al
telefono e con cui ridevi in classe rimangono fermi. Il numero non
è
sufficiente per formare una classe e così ti ritrovi in
quarta superiore a
dover conoscere gente nuova. Sei stufo di quella situazione. Non ti va
di dover
ricominciare tutto da capo. Il primo giorno di scuola entri in classe e
li vedi
lì schierati. Visi ignoti. Lasci lo zaino in un posto
sufficientemente nascosto
dallo sguardo dei professori, poi esci e vai a guardare il mondo
esterno, quel
mondo che se ne frega altamente di te e di tutti quelli che stanno a
scuola,
quel mondo che va avanti anche quando i più deboli restano
indietro. Quel mondo
che non smetterà mai di affascinarti e di disgustarti al
tempo stesso, quel
mondo che un giorno ti dovrà ospitare in tutta la sua
crudeltà e durezza.
Il primo
giorno conosci anche dei nuovi professori e il primo
insegnante propone di presentarsi tutti, a vicenda. Così ti
ritrovi a dover
parlare di una tua compagna di cui sai a malapena il nome e il cognome,
una
compagna a cui non hai mai parlato in tre anni di scuola. E lei deve
presentare
te, dicendo cose che non stanno né in cielo né in
terra. Tra tutte e due si può
dire che sono state due fiaschi le presentazioni. Ti risiedi e speri
che tutto
prosegua meglio, ma poi ascolti attentamente quello che dicono le
compagne
nuove e ti rendi conto che non solo odiano i tuoi amici, ma proprio
tutta la
tua sezione, te compreso. Lentamente cominci ad osservarle e ti rendi
conto che
loro sono quelle che un giorno combineranno qualcosa e non
perché siano
particolarmente belle o intelligenti, ma perché hanno capito
quali sono le cose
importanti, ma non per delle persone normale. Hanno capito quali sono
le cose
importanti per il mondo, quel traditore. Hanno capito che conoscere a
memoria
la nuova collezione di Gucci, o avere l’ultimo modello della
“Pinko” è
fondamentale per andare avanti, anche se a scuola non vali niente.
Hanno capito
che a fare le “tr…” con le persone
giuste si hanno tutte le porte aperte e tu
ti chiedi cosa sei al mondo a fare. Ti chiedi perché il tuo
mondo, quello che
vivi tu sia così meschino e bastardo, nonostante ti sforzi
in ogni modo per
viverlo al meglio, cercando di renderti più piacevole agli
altri. Lentamente
nella tua testa si insinua un’idea. Farla finita. Le amicizie
vanno lentamente
a farsi benedire e tu ti ritrovi solo, senza un rapporto veramente
saldo.
Amore…lasciamo perdere. Dopo le brutte esperienze vissute in
precedenza te ne
frega ben poco. Quando vai a dormire ti ritrovi a pensare che sei solo,
che
nonostante tua madre continui a coccolarti amorevolmente nessuno sa
come sei
veramente. Poi un giorno avviene il miracolo inatteso.
Ormai la tua
voglia di vivere si limita a questa frase. “Se
lo faccio, a mamma dispiacerà parecchio”. Lei
è l’unica che ti trattiene
ancora. Vaghi placidamente su internet e scovi un sito dove puoi
leggere
quintali di racconti e testi, scritti da persone che hanno la tua
stessa
passione. E così ti infili nella sezione
“Celebrità” e ti ritrovi a leggere un
racconto. Una sorta di biografia su un ragazzo che, come te ha avuto
un’infanzia di merda. Allontanato da tutti per i suoi gusti
particolari.
Allontanato da tutti perché a lui piaceva mettersi lo smalto
e la matita e non
perché fosse gay, ma perché lo trovava
affascinante e piacevole. Un ragazzo che
si ritrova solo. Lui però ha una fortuna che a te non
è toccata. Lui ha un
gemello, che gli sta accanto da sempre e che lo ha sempre difeso. In
più questo
ragazzo ora è ricco e famoso e non è
più allontanato da tutti. Ha conquistato
la libertà attraverso la musica, attraverso
quell’amica che non ti ha mai
abbandonato. Migliaia e migliaia di ragazze in tutto il mondo sperano
di
poterlo vedere dal vivo almeno una volta e tu sei lì,
davanti allo schermo del
computer. Vuoi sapere di più su questo ragazzo, vuoi
conoscere la sua storia e
lentamente ti appassioni. Scarichi una canzone a caso e mentre ascolti
il testo
piangi, pensando che non è possibile che il destino sia
così infimo e crudele. Quella
canzone è una sorta di preghiera a non farla finita, a non
lasciarsi andare e
tu capisci che è quel ragazzo ad averti salvato la vita.
Capisci che forse lui
può aiutarti e così cominci a pensare. Lentamente
cominci a scrivere un testo
per una canzone. Non è una cosa facile, anche
perché è la prima volta che ci
provi, ma il risultato non è male. Manca la musica, ma a
quella puoi pensare in
un secondo momento. La tua passione per quel giovane e per il suo
gruppo si
estende, poi un giorno ti arriva un commento sulla chat. “Ma
ti piacciono quei
froci?”. Una domanda forse un po’ brusca, ma che ti
ferisce. Perché li odiano?
Cosa hanno fatto di male? Tu fingi di non aver letto e prosegui con i
fatti
tuoi, poi arriva un secondo messaggio, da un’altra persona.
“Oh, ma cambia
foto!”. E tu osservi la tua immagine. Vedi il viso di quel
cantante che ti
sorride e rispondi a quella critica.
“No…”. Una semplice sillaba, ma che per
te
vale molto di più. È lui che ti fa restare
attaccato alla vita, che ti spinge
ad andare avanti. Tu vuoi diventare famoso per poterlo incontrare un
giorno e
poterlo ringraziare di quello che ha fatto per te, senza nemmeno
rendersene
conto. Ringraziarlo, pur sapendo che potrebbe prenderti per pazzo, anzi
pazza
perché è di una ragazza che si sta parlando.
Ringraziarlo, pur sapendo che ti
considererà come una qualunque delle sue numerose fan. Ma tu
sai che non sei
come loro e che a quel ragazzo, a suo fratello e ai suoi amici devi la
tua
vita, quella vita che per colpa di gente fasulla e meschina hai tentato
di
buttare via.
Questo non
è un pensiero (lungo) senza significato. Le
amicizie che ho le conservo e me le tengo ben strette, ma è
vero tutto quello
che ho detto. È vero che ho pensato di farla finita ed
è altrettanto vero che
quel ragazzo mi ha salvato la vita. Il nome non lo dico, anche
perché avrete
sicuramente capito di chi sto parlando. Questo non è per
dire che non ho amici,
perché di amici ne ho, però mi manca quella
persona a cui poter dire TUTTO, che
non ti manda a cagare se ti piace un gruppo che a lei non va, quella
persona
che sai che sarà dalla tua parte anche se hai torto marcio e
non perché ti ama,
o perché con te ha un rapporto amoroso, ma perché
è tua amica, indistintamente
da quanto gli altri dicano, facciano o pensino. Ho scritto questa cosa
perché
avevo bisogno di scriverla e di liberarmi di questo peso che mi gravava
addosso…è tutto.
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