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Un
pomeriggio lontano
Adorava quella stanza, piena di piccoli tesori con i
quali di volta in volta poteva diventare una principessa dai lunghi orecchini
sfavillanti, una sensuale danzatrice araba con il volto celato da un impalpabile
velo, una pirata dalla colorata bandana sul capo.
La bambina sorrise mentre
riponeva l’anello che si era appena provata nel baule quando,d’un tratto, lo
specchio sembrò cambiare per un istante, circondato da una strana luce soffusa
e lattiginosa. Sofia alzò gli
occhi incuriosita, ma il bagliore era ormai scomparso e la superficie lisci
rifletteva il suo bel visino di bambina dai capelli scuri, tagliati a baschetto
e gli occhi chiari, grandi e
curiosi. L’immagine lentamente si deformò, i capelli si allungarono
fino a toccare il bordo della giacca nera, gli zigomi divennero più
evidenti e il viso assunse una forma più adulata. Ai lobi delle orecchie
apparvero due bottoncini perlati, al posto delle stelline d’oro che usava
indossare.
La visione durò solo un attimo
e poi scomparve, quasi non fosse mai apparsa, eppure Sofia rimase a lungo a
fissare lo specchio, cercando di intravederne ancora il mistero.
Passò delicatamente la mano
sulla superficie di vetro, quasi intimorita ma tutto
quello che sentì fu la fredda e ostile sensazione del metallo. Qualunque
porta si fosse aperta, ormai non restava più nulla da fare. Il portone era
stato chiuso e per quanto avesse chiesto di entrare, nessuno le avrebbe risposto
La luce nella stanza iniziò a
perdere la sua calda intensità per tingersi di una rancio più caldo…la mamma
stava per tornare… doveva sbrigarsi a mettere in ordine.
Passarono molti anni
dall’episodio dello specchio. Nei primi tempi Sofia non riusciva a pensare ad
altro, cercava ogni scusa per intrufolarsi nella stanza della madre, per
sbirciare lo specchio di sottecchi, sperando ancora in quella magia.
Poi, come sempre succede,altri
avvenimenti avevano preso il posto della strana immagine nel cuore di Sofia, e
poi altri, ed altri ancora. E così i minuti passarono fino a divenire ore, e
poi anni…Sofia giunse al suo 28 compleanno.
Era felice, una strana sensazione di euforia l’aveva invasa
da quando quella mattina aveva aperto gli occhi e aveva trovato , lì sul
cuscino accanto a lei, uno splendido pacchetto. Il regalo di Luca.
La ragazza ne carezzò per un
attimo la superficie, indugiando nella delicatezza sensuale del velluto sotto le
dita, poi, con delicatezza sfiorò il bordo sino ad arrivare al bottoncino
metallico che permetteva alla meravigliosa conchiglia di aprirsi
e di rivelarle due piccoli, perfetti e lucenti orecchini di perle. Il
sorriso le si allargò sul volto…si era ricordato!
Avevano visto insieme quegli
orecchini passeggiando per il centro della città, in una di quelle vie dove
negozi ipergriffati e ipercostosi si succedono come grani di uno stesso rosario.
Era soto un colpo di fulmine:
quelle due meraviglie la guardavano ammiccanti dalla vetrina strabordante di
preziosi, eppure così semplice nella sua ineguagliabile opulenza.
Il trillo del telefono la riportò
alla realtà: era la sua amica che, conoscendola, le faceva notare di essere già
in ritardo all’appuntamento. Di corsa Sofia afferrò la giacca nera dalla
sedia e si mise i nuovi orecchini, pronta a far morire di invidia tutte le sue
amiche.
Appena in strada respirò a
pieni polmoni l’aria frizzanti, fregandose per una volta di smog e traffico
vario: sarebbe andata a piedi…dieci minuti di ritardo in più, il giorno del
suo compleanno, non avrebbero di certo fatto la differenza. Accanto a lei
sfrecciavano le macchine, ma quasi non se ne curava,persa nella sensazione che
quello sarebbe stato un giorno Speciale. Era persa nei suoi pensieri quando una
musichetta famigliare giunse attutita dell’interno della borsa: il telefonino!
Di certo era Luca che la chiamava per farle gli auguri di persona!
Velocemente aprì la borsa e,
come sempre, il cellulare sembrò nascondersi tra portafoglio, fazzoletti,chiavi
e mille altre cianfrusaglie. E il semaforo era anche diventato verde.
Maledicendo in un solo pensiero
il suo disordine, la borsa troppo grande il cellulare troppo piccolo, Sofia
iniziò ad attraversare la strada, mentre il piccolo diavolo argentato sembrava
schernirla con il suo trillo.
Quasi non si accorse della
macchina che le veniva contro. Urlò con tutte le sue forze, o almeno le sem,brò
di farlo…ma non riuscì a spostarsi. L’urto violento la fece volare in aria,
un volo che le parve lunghissimo. L’unica cosa che le venne in mente fu di
quella strana visione allo specchio di dieci anni prima.
E allora Sofia capì-
Capì che in quel giorno lontano
pomeriggio, in quella stanza così famigliare, con la luce che filtrava
carezzevole attraverso le tende bianche, aveva visto se stessa, l’ultimo
giorno della sua vita.
Il corpo senza vita della
ragazza ricadde con un tonfo sordo sul terreno, lontano dal trillo del
telefonino a cui non avrebbe ami più potuto rispondere.
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