Long live the king
Now is the end of time a fool and his legacy are gone
His pride found another way to make sure it all went wrong
Alter Bridge – Waters Rising
- Long live the king -
La
Fortezza Rossa ardeva come fuoco crepitante nella notte. Non esisteva
un vero silenzio ad Approdo del Re, nemmeno durante le ore prima
dell’alba; tantomeno durante la prima notte del matrimonio reale.
Anche se, pensò Loras, nessuno se la sarebbe mai immaginata
così. O quasi.
Margaery dormiva
profondamente nella stanza accanto. Aveva dovuto farle portare del
latte di papavero perché riuscisse finalmente a chiudere gli
occhi.
Poteva capirla; che avesse
amato o meno Joffrey – Loras non gliel’aveva mai chiesto
né aveva mai voluto saperlo, nonostante la risposta fosse ovvia
ai suoi occhi –, vedere il proprio sposo morire il giorno stesso
del matrimonio non doveva essere una prova facile.
Il suo secondo matrimonio. «Due volte sposa, due volte vedova», la gente aveva già cominciato a mormorare.
Strinse le labbra, lo
sguardo fisso sulla porta chiusa, di cui ormai conosceva ogni singola
venatura, ogni più piccolo difetto. Quella camera era già
stata sgomberata, e tutte le cose di sua sorella spostate negli
appartamenti reali, che avrebbe diviso con Joffrey. Che avrebbe dovuto dividere con Joffrey, si corresse mentalmente, con un sorriso amaro.
Due volte sposa, due volte regina.
E due volte esclusa dalle stanze del re. La sua prima notte di nozze
con Renly l’aveva trascorsa da sola, così come la seconda,
la terza, e tutte le altre notti a venire. C’era la guerra, era
la motivazione principale, anche se non si vedeva neanche l’ombra
di una battaglia e tutto ciò che teneva occupate le truppe e la
mente del re, all'accampamento, erano banchetti e tornei. Quella
piacevole incombenza in particolare, tuttavia, poteva essere rimandata
a tempi migliori.
Loras aveva trascorso metà della prima notte di nozze di
Margaery seduto davanti al fuoco, cercando di convincersi che quella
era stata la scelta più conveniente per tutti, che non ci
sarebbe stata soluzione migliore per loro, e l’altra metà
cercando di obbligarsi a rimanere lontano da Renly almeno per quella
notte, almeno per la prima notte.
Aveva ceduto poco prima
dell’alba, quando l’aveva raggiunto nella sua tenda, e
l’aveva fatto suo con più desiderio che mai, quasi volesse
marchiarlo, legarlo a sé in maniera indissolubile anche se
davanti agli occhi del mondo avrebbe dovuto chiamarlo fratello.
Quanto tempo pensavano di avere, e quanto poco in realtà ne avevano avuto. E di chi era stata la colpa?
«Sei stato ingenuo, e
il gioco del trono non perdona gli ingenui». Le parole di sua
nonna bruciavano ancora come acqua di mare sulle ferite.
Renly era giusto,
intelligente, amato da popolo. Come avrebbe potuto Loras vedere altro
in lui se non il migliore dei re? Non riusciva a capire quando quella
sua idea ipotetica fosse diventata realtà concreta, quando un
sussurro mezzo soffocato dal cuscino alle prime luci dell’alba
fosse diventato un urlo della folla sotto gli stendardi dei Tyrell e
dei Baratheon, fosse diventato una dichiarazione di guerra. Un
matrimonio, celebrato in fretta per sancire un’alleanza, un
esercito in attesa di una battaglia che non avrebbe mai avuto luogo, e
una lama nella notte che aveva posto fine a tutto quanto.
Era stato allora che il
matrimonio tra Joffrey e Margaery era diventata l’unica strada da
percorrere per saziare le ambizioni di Alto Giardino che lui stesso
aveva risvegliato. Una volta imboccata quella strada, tornare indietro
era impossibile. Che ingranaggi aveva messo in moto quel sussurro,
pronunciato di slancio dopo una notte di passione?
Aveva chiesto lui stesso a
re Joffrey di accettare in sposa sua sorella. Era stato come sputare
sulla tomba di Renly, ma era quello che ci si aspettava da lui. Aveva
accettato quel ridicolo fidanzamento con Cersei Lannister, anche se
avrebbe preferito prendersi nel letto un nido di scorpioni del deserto
di Dorne.
Aveva sorriso durante quella farsa che chiamavano festa nuziale,
pregando tutti i Sette di dargli la forza per resistere alla tentazione
di alzarsi e affondare la sua spada fino all’elsa nel cuore del
re.
Gli Dèi avevano di
certo una strana maniera di rispondere alle preghiere. Si può
mai ringraziarli per la morte del proprio sovrano? Loras strinse i
pugni. Chiunque avesse ucciso Joffrey, fosse stato Tyrion Lannister o
una benedicente mano del destino, gli avrebbe acceso tutte le candele
che si potevano trovare nel Grande Tempio di Baelor come
ringraziamento. Aveva evitato a lui stesso di diventare un secondo
Sterminatore di Re.
Eppure, in un certo senso,
lo sarebbe diventato lo stesso. Serrò le mascelle fino a farsi
male al solo pensiero. Lo sarebbe diventato quando avrebbe affondato la
sua spada nel ventre di Stannis Baratheon, e ne avrebbe sparso le
viscere sulle ceneri del suo stesso esercito. Solo per
quell’istante, che pregustava nella sua mente da mesi, che si
figurava in testa ogni giorno della sua vita, tutto ciò che
aveva fatto, tutti gli intrighi e le suppliche e le reverenze,
non sarebbero stati che un infimo prezzo da pagare. Un soldo bucato in
cambio dell’unica cosa che davvero avrebbe avuto valore, e che
poco importava si chiamasse vendetta o giustizia. Le parole erano
gusci vuoti, definizioni imperfette che le persone tentavano di
attribuire per cercare giustificazioni dei propri gesti. E lui non
aveva bisogno di giustificazioni; l’unica cosa che gli serviva
era un’occasione. Il resto sarebbe stato uno spettacolo di
contorno, una farsa di cui lui non era che uno spettatore annoiato, un
gioco del trono al quale non voleva più prendere parte.
Non ora che l'unico vero Re aveva perso ogni possibilità di reclamarlo.
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