Buona sera!
Sì, so che alcuni di voi stanno aspettando un
capitolo (da più di un mese… Vado a
nascondermi!), ma il clima pre-Mondiali mi
ha fatto venire l’ispirazione per questa os. Può
essere considerata la continuazione
della storia che ho scritto due anni fa (Io
amo questo sport!) ma penso si
possa leggere anche come storia a sé stante.
Dimenticate l’incidente di Castle e Washington DC,
questa storia è leggermente AU.
Spero vi piaccia!
Kicks and emotions
A Matteo.
Sì, lo so, sono uno spreco.
Martedì 17 giugno 2014, ore 16.47, New York
-Kate, tuo
padre ha detto che arriverà per le otto!-
-Castle non
c’è bisogno di urlare.- rispose Kate mentre usciva
dalla loro camera.
-Scusami.-
lo scrittore si voltò verso di lei e appoggiò il
telefono sul tavolo della
cucina. -Non pensavo avessi già finito la doccia.-
La detective
non rispose ma si limitò ad andare verso di lui e a
lasciargli un bacio sulle
labbra.
-Tutto
bene?- domandò Castle passandole le braccia intorno ai
fianchi e stringendola a
sé.
-Mmm.- Kate
annuì prima di baciarlo un’altra volta. -Martha e
Alexis?-
-Penso non
arriveranno prima di tuo padre.- rispose lo scrittore passandole una
mano tra i
capelli umidi. -Sei bellissima.- aggiunse facendola arrossire.
-Castle…-
mormorò Beckett imbarazzata.
-E con i
miei vestiti addosso?- sussurrò lo scrittore baciandole una
guancia mentre
osservava la maglia a righe orizzontali bianche e rosse e i boxer grigi
che
aveva indossato la sua musa. -Così dannatamente sexy!-
Kate scoppiò
a ridere e scosse la testa. -Sono una balena Castle!-
Lo scrittore
portò le mani sul pancione della moglie e sorrise. -Non sei
mai stata così
bella.-
Beckett
sbuffò cercando di nascondere un sorriso, lo prese per mano
e si spostò verso
il divano. -Che giorno è oggi?- domandò
accendendo il televisore.
-Il 17
giugno.- rispose Castle.
-Esatto.
E…?-
-E…?-
rispose lo scrittore confuso.
-Oh avanti!
Tu non dovresti essere una sottospecie di detective?-
-Sottospecie?!-
esclamò indignato lo scrittore.
Kate lo
ignorò. -La mia maglietta…-
-Tua? Sono
abbastanza sicuro che in realtà sia mia.-
-… la tv
accesa… Avanti Castle!-
Lo scrittore
la osservò per qualche secondo, cercando di non farsi
distrarre da quelle
lunghissime gambe nude o dal pancione che gli ricordava costantemente
che stavano
aspettando il loro primo figlio. O dal quel sorriso fantastico e quegli
occhi
verdi che brillavano e…
-Sveglia
Castle!-
Rick batté
velocemente le palpebre un paio di volte e annuì. Ok, doveva
concentrarsi…
-Lo so, lo
so!- esclamò indicando lo stemma sulla sua maglia. -Divisa
degli Stati Uniti e
tv accesa… vuoi guardare i Mondiali di calcio!-
-Meglio
tardi che mai!- sussurrò Kate.
Castle si
sedette sul divano e allargò le gambe facendole segno di
accomodarsi contro di
lui.
-Sai,
dovresti indossare questa maglietta più spesso signora
Castle.- le suggerì
mentre le spostava i capelli da una spalla e le baciava il collo.
Beckett
rabbrividì. -Perché c’è il
tuo nome stampato sulle spalle?-
-No.- Ma
Dio, l’immagine di lei con addosso quella maglietta in mezzo
ai loro amici o a
sconosciuti poteva mandarlo fuori di testa. Stavano insieme da due
anni, erano
sposati da cinque mesi, ma spesso non riusciva ancora a crederci. Non
riusciva
a credere di poter urlare al mondo intero che lei era sua, che si
appartenevano
totalmente. -Perché evoca bei ricordi.- disse mentre la sua
musa alzava il
volume e guardava i giocatori entrare in campo.
Agosto 2012
-Kate, guarda! Ti piace?- Castle estrasse
una maglia a righe bianche e rosse da uno dei sacchetti che teneva in
mano e la
mostrò alla detective seduta a gambe incrociate sul suo
letto.
-È la divisa nuova degli Stati Uniti?-
domandò perplessa mentre si
alzava e si avvicinava al suo partner.
Erano passati
esattamente due mesi da quel pomeriggio nel suo appartamento, da quel
pomeriggio
in cui l’aveva baciato per farlo stare zitto mentre lei
guardava la partita, da
quel pomeriggio in cui aveva accettato di andare a cena con lui la sera
stessa.
E da quel momento le cose tra loro erano solo andate meglio. Stavano
insieme e
Kate non si era mai sentita così felice.
-Esatto!- rispose
eccitato lo scrittore. -Allora? Ti piace?-
Kate
annuì. -È
molto carina. Che giocatore hai scelto? Oppure è bianca
dietro?-
Il sorriso di
Castle si allargò. -No, ho fatto stampare il mio nome
dietro! E il numero uno!-
esclamò girando la maglia.
La detective
scoppiò a ridere. -Sempre il solito egocentrico, vero?-
Castle
abbassò lo
sguardo e sentì le guance arrossire leggermente. -Ho pensato
potesse essere una
buona idea, visto che ti piace il calcio… Ho pensato che ora
che ho capito
qualcosa potremmo guardare qualche partita insieme e quando ho visto la
maglia
in una vetrina ho pensato fosse perfetta. Così non ti
saresti sentita sola e
magari non so… mi avrebbe aiutato a fare colpo.- il volto
dello scrittore arrossì
ulteriormente. -Ma forse avrei dovuto scegliere un…-
Castle non
riuscì a
terminare la frase perché si ritrovò le labbra
schiuse della sua musa sulle
sue, le mani tra i suoi capelli, mentre lo spingeva contro il muro
baciandolo
con foga. Lo scrittore lasciò cadere a terra tutto quello
che teneva in mano e
strinse a sé la detective, rispondendo al bacio con
altrettanta passione.
-Hai
già fatto
colpo.- sussurrò Kate staccandosi per un instante da lui
prima di tornare a
baciarlo e iniziare a sbottonargli la camicia.
-Oh, say you can see,
by
the dawn’s early light…-
La voce della sua musa, che aveva iniziato
a cantare l’inno Americano,
lo riscosse dai suoi pensieri. Sorrise e le baciò ancora il
collo, mormorando
le parole dell’inno contro la sua pelle calda e morbida
mentre infilava le mani
sotto la maglia e le accarezzava il pancione.
-And the
rockets’ red
glare, the bombs burst… Oh!-
Castle
sussultò sentendo un movimento contro la sua mano.
-La smetterai mai di sussultare quando si
muove?- chiese divertita
Kate girando leggermente la testa così da poterlo guardare.
Gli occhi
meravigliati di Castle erano fissi sulla sua pancia.
-Non ti da fastidio?- sussurrò
continuando ad accarezzarla,
probabilmente alla ricerca di un altro movimento.
-La maggior parte delle volte no,
è solo… emozionante.- rispose
appoggiando la sua mano sopra quella dello scrittore. -Prova a
parlare.- gli
suggerì baciandogli la guancia. -Di solito quando parli,
specialmente se a
lungo, si muove molto. Penso adori il suono della tua voce.-
Il sorriso di Castle si allargò.
-Il tuo papà ti ama tanto.- disse e
Kate sentì un calcio poco sotto al punto in cui si trovavano
le loro mani.
-Credo sia il suo modo di dirti che ti
vuole bene.- mormorò la
detective e se possibile Castle diventò ancora
più felice. -Piccola, non vedo
l’ora di incontrarti!-
-Piccola?!- domandò confusa
Beckett mentre l’arbitro fischiava
l’inizio della partita.
-Non vedo l’ora di abbracciarti.-
continuò il suo partner. -Di
sentirti piangere o ridere .- Kate sentì un altro calcio
contro la sua pancia.
-Kate, credo voglia incontrarmi anche lei!-
esclamò emozionato Castle.
Beckett si morse il labbro inferiore
cercando di trattenere le
lacrime. Adorabile uomo.
-“Lei”, Castle? Non
sappiamo se sarà una bambina, abbiamo deciso che
vogliamo sia una sorpresa, ricordi?-
Lo scrittore annuì. -Ma io sono
sicuro sarà una bambina!-
-Pensa se in realtà fosse un
maschio, Castle! Magari gli stai facendo
venire un complesso!-
Castle sbuffò. -Kate, guardati
la tua partita e lasciaci comunicare in
pace.-
Beckett scoppiò a ridere. -Babe,
mi piacerebbe davvero lasciarvi soli
ma al momento penso di non poterlo fare.-
Kate sbadigliò. Trenta minuti di
partita e praticamente zero emozioni.
Aveva sperato in qualcosa di meglio.
-Stiamo ancora pareggiando?-
domandò Castle sollevando leggermente la
testa dalla sua spalla.
-Sì, ma finire con questo
risultato andrebbe bene. Il Ghana non è
affatto male.- Castle
annuì. -Avete
finito di comunicare?- chiese. Per tutta la mezz’ora
precedente lo scrittore
aveva raccontato storie e fatto domande a loro figlio e Kate
l’aveva trovata
una cosa dolcissima.
-Ho pensato che forse era meglio se
smettevo per un po’. Non vorrei si
stancasse di me prima ancora di nascere.-
Kate scosse la testa. -Penso si diverta a
comunicare con te…- la detective
sospirò. -Perché credi che sarà una
bambina?-
-Perché nella mia testa immagino
sempre una piccola Kate Beckett, con
i tuoi boccoli castani e i tuoi occhi verdi, una bambina testarda a cui
non
riuscirei mai a dire di no, che
mi
avrebbe in pugno dal primo istante.-
Beckett annuì e gli strinse una
mano, giocando lentamente con la sua
fede. -E se invece… se invece fosse un bambino?-
domandò timorosa.
Castle le sistemò una ciocca di
capelli dietro all’orecchio e sorrise.
-Vuoi la verità?-
-Certo.-
-Se fosse un bambino sarei terrorizzato,
Kate. Non so cosa significhi
avere un padre, escludendo Ryan ed Esposito non ho mai avuto veri
amici… Non
penso saprei come comportarmi con un bambino. Con le donne ci so fare,
ma un
bambino? Ho paura di deluderlo, di non essere abbastanza, di non essere
in
grado di comunicare con lui…-
Beckett gli appoggiò una mano
sulle labbra e si girò per abbracciarlo.
-Rick, sei un ottimo padre. E ho paura anch’io, lo sai. Ho
paura di non essere
una brava madre, ho paura che il mio lavoro si intrometta. Ma so che
con te
posso superare qualsiasi cosa, quindi fidati anche tu di me. Ama nostro
figlio
e andrà tutto bene.-
-Lo amo già.- Castle le prese il
viso tra le mani e la baciò. -O la
amo già. Non mi interessa cosa sarà, sono
già completamente perso. Vi amo.-
disse baciandola ancora. -Vi amo. Non immagini neppure quanto.-
-Anch’io.- rispose la detective.
-Vi amo anch’io.-
“GOAAAAL!
Cross di
Bradley, Dempsey colpisce di testa e la palla entra in rete! Gli Stati
Uniti
passano in vantaggio!”
Lo scrittore scoppiò a ridere.
-Abbiamo segnato!-
Kate si morse il labbro inferiore e
annuì. -Mmm.-
Castle le sorrise malizioso e le accarezzo
lentamente una gamba.
-Dovremmo festeggiare…-
-Non è ancora finito il primo
tempo, potremmo ancora perdere! Inoltre
siamo finiti nel girone di Germania e Portogallo quindi
c’è ben poco da fest…-
-Sssh.- lo scrittore la zittì
riprendendo a baciarla. -Non
preoccuparti del futuro Kate, pensa a festeggiare il presente!-
mormorò
facendola distendere sul divano.
-Quello che stai dicendo non ha il minimo
senso!- si oppose la sua musa
mentre le sfilava la maglia.
-Non rovinare la mia storia con la tua
logica!- rispose lo scrittore
liberandola anche dai suoi boxer.
-Quindi cosa dovremmo fare? Sesso ogni
volta che la squadra per cui
teniamo segna?- chiese
ironica.
-Kate!- Castle la guardò come se
fosse impazzita. -Ci sta ascoltando!
Non puoi usare queste parole!- Beckett alzò gli occhi al
cielo e scosse la
testa. -Tesoro, copriti le orecchie e non ascoltare mamma.- disse
Castle contro
la sua pancia prima di risalire e morderle una spalla, attento a non
pesarle
addosso. -Non darmi strane idee, Kate.- sussurrò con voce
roca e la detective
lo spinse indietro arrossendo.
-Sai, forse non dovremmo proprio farlo.-
Castle rise e le baciò il collo,
scendendo lentamente fino alla
cicatrice tra i suoi seni. -Ora non esagerare.-
-Sei comoda?-
-Sì.-
-Sicura?- domandò ancora Castle
muovendosi.
-Sì, tranquillo.- rispose la
detective. Erano distesi sul divano, nudi
e abbracciati, mentre guardavano ancora la partita.
-Visto? Stiamo ancora vincendo.-
sussurrò lo scrittore contento.
-Sai, l’Atletico Madrid, nemmeno
un mese fa, aveva la Champions League
in mano al novantesimo, poi ha perso.-
Castle annuì. -Farò
finta di sapere di cosa stai parlando.-
Kate rise e gli baciò una mano.
-Bravo.-
-Sai, mi sembra di avertelo già
detto una volta, ma questo sport mi
piace proprio!-
Circa due mesi dopo
-È un bambino!- annunciò la dottoressa stringendo
tra le braccia il
loro primo figlio mentre Beckett, esausta, sorrideva commossa. Il
piccolo, che
continuava ad urlare, venne pulito velocemente e messo tra le braccia
di
Castle. -Signori Castle, congratulazioni!-
-È bellissimo Kate.-
sussurrò lo scrittore mentre si avvicinava a lei
tremando. -Perfetto.- sussurrò mentre sentiva le lacrime
scorrergli sul viso.
Kate annuì, piangendo a sua
volta. Non aveva mai visto nulla di più
bello. Castle le sistemò il bambino tra le braccia e si
sedette sul bordo del
letto. -Sei stata straordinaria Kate.-
Beckett gli sorrise e accarezzò
la mano del loro bambino, trattenendo
il respiro quando aprì gli occhi. -Ha i tuoi occhi!-
esclamò sorridendo. -Oh
Castle! Guarda cosa abbiamo fatto! È perfetto!-
Rick annuì e le baciò
una guancia, sistemandole i capelli sudati.
-Sono l’uomo più felice del mondo, grazie Kate.-
disse sfiorando i piedini di
suo figlio. -Come lo chiamiamo?-
-Alexander.- rispose senza esitazioni Kate
e lo scrittore sentì il suo
cuore accelerare. -Alexander James Castle, se per te va bene.-
Castle annuì velocemente.
-Sì. Sì Kate, è perfetto. Perfetto.-
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