Storia che partecipa alla challenge "Otto fandom e una valanga di
prompt" indetto da Kuma_cla
Il Vento dell'Inverno
C'è una meta
per il vento dell'inverno
il rumore del mare
[Ikenishi Gonsui]
Il vento sferzava in modo frenetico quel giorno. Non risparmiava i
piccoli arbusti, la delicata sabbia, il mare che si scagliava agitato
un po' ovunque.
Audrey aveva rinunciato a tenere a bada i capelli, si era tolta le
scarpe dopo aver rimuginato a lungo se nella sua condizione fosse la
cosa più giusta ma decise che non era una così
cattiva idea. Era cresciuta nelle steppe fredde di Russia con venti e
temperature da brivido senza risentirne, cosa poteva fare il tiepido
freddo inglese al suo corpo?
L'acqua fredda l'aveva fatta quasi gridare, era ancora gennaio,
tuttavia si abituò in fretta. Fece alcuni passi,
premurandosi di arrotolare i pantaloni fino al ginocchio.
Aveva lasciato una famiglia in festa, il chiacchiericcio della
confidenza, le risate e i racconti di famiglia che gli ricordava la
vecchia Kommunalka in cui era cresciuta e che troppo presto aveva
dovuto abbandonare.
Era cresciuta sotto l'attenta sorveglianza della sua prozia Roza e gli
scherzi dei suoi cugini, Peter e Feodor, per non parlare di tutto
l'apparato sovietico, che agli occhi di una bambina orfana, sembrava un
surrogato di famiglia. Non aveva fatto in tempo a crescere che le cose
erano cambiate in fretta e l'amaro in bocca aveva sostituito il dolce
sapore del miele. L'Unione Sovietica crollò in pochi anni,
la sua prozia morì di polmonite e i cugini Peter e Feodor si
arruolarono nell'esercito abbandonandola in una stazione per
Durmstrang.
Se chiudeva gli occhi, poteva sentire le risate dei suoi cugini da
piccoli, le piccole gite al mare, i pomeriggi passati con la “Gioventù
Comunista”
a sognare di divenire cosmonauti. Quei piccoli ricordi le coloravano
un'infanzia povera di bellissime sfumature.
Qualcuno si stava avvicinando ma Audrey non aveva voglia di aprire gli
occhi.
Stava ancora assaporando l'odore del vento di casa.
-Dovresti togliere i piedi dall'acqua o l'ipotermia ti
ucciderà.-
Audrey si girò con un sorriso impertinente verso la voce.
-Dalle mie parti usiamo questa temperatura per farci il bagno.-
scherzò lei, ascoltando il consiglio fece qualche saltello
all'indietro ed atterrò sulla sabbia fine di Cornovaglia.
Aprì gli occhi e vide Percy fissarla con rimprovero.
-Nelle tue condizioni non dovresti fare cose del genere.- le disse
togliendosi la giacca per appoggiarla alle sue spalle. -Non te lo
permetterò.- l'ammonì con tono vagamente dolce.
Audrey adorava sentire i rimproveri di Percy, comincivano in modo
brusco per poi rivelare una parte di sé che aveva tentato di
tenere nascosta. Un richiamo poteva celare una preoccupazione, un
interessamento, un gesto dolce; andava studiato ed interpretato.
Si sedette sulla sabbia e si massaggiò i piedi arrossati.
-Sono solo incinta, non una invalida di guerra.- gli disse facendogli
cenno di sedersi, Percy la seguì e con la scusa di
sistemargli il cappotto l'abbracciò.
Cercava ancora delle scuse.
Audrey se l'era spesso immaginato come un monaco che si era perso per
una fatale distrazione lungo il santo cammino e per ritrovare la via
retta, aveva deciso di flagellarsi di fronte agli altri, punendosi
anche quando non era necessario.
Quando conobbe quella parte del suo carattere s'irritò. Lei
che era così abituata a non sentire rimorsi o sensi di
colpa, perché non aveva più nessuno a cui
rivolgere quelle attenzioni, si sentiva attratta da un uomo che si
cospargeva segretamente il capo di cenere e che nello stesso tempo non
muoveva un passo verso la direzione giusta.
Ma poi comprese la fatale verità dietro alla contraddizione,
spesso si cela solo un animo più umano, più
vulnerabile a volte, di sicuro meno certo di altri.
Aveva osservato per tutto il lungo pranzo i diversi rapporti che si
erano creati in quella numerosa famiglia.
Molly Weasley spesso tratteneva domande spontanee per non irritare
Percy che spesso vedeva quelle intromissioni come un tentativo di
cercare lo “sporco” nella sua vita. Arthur, il
padre, dopo la perdita del figlio era diventato molto silenzioso e se
ne stava come un'ombra seduto alla sua sedia a ripetere domande
meccaniche e dare risposte meccaniche.
I fratelli si dividevano principalmente chi aveva assolto il fratello
da ogni colpa se non quella di essere umano e chi invece ancora si
chiedeva il perché della sua decisione.
C'era un'attenzione da parte di Percy a livellare ogni questione che
sovente l'aveva fatta arrabbiare. Ignorava le frecciatine di Ginevra e
s'impegnava per non dare fastidio o non dare la sua opinione. Era
diventato lo zio preferito della piccola Victoire in quanto si prestava
a leggerle in continuazione un vecchio libro di favole Babbane.
Si voltò e gli sorrise, comunque andasse sarebbe stato un
bravo papà.
Percy alzò un sopracciglio ma le sorrise di rimando. Le
baciò una tempia e si mise ad osservare il mare.
-Come dovremmo chiamarlo?- le domandò stringendola a
sé.
Audrey scrollò le spalle. Era ancora presto per decidere,
avevano mesi interi e decine di quaderni da riempire con i nomi
più bizzarri.
-Non lo so. Forse dovremmo prendere il libro dei santi del giorno e
lasciar decidere a lui. Ti avverto che potrebbe chiamarsi Ermenegildo o
Addolorata.-
Percy fece una smorfia disgustata. Audrey si divertiva molto a tirare
fuori nomi insensati, aveva bollato la questione come irrilevante. La
fissò preoccupato. Durante le prime settimane di gravidanza
aveva perso molto peso, quando poi scoprirono la lieta novella un altro
macigno cadde sulle loro spalle, per il medico Babbano vi era l'alta
possibilità che perdesse il bambino a causa dei diversi
traumi interni che la seconda guerra magica gli aveva lasciato. La
sorpresa e la gioia iniziale vennero spazzate via dall'angoscia, anche
se Audrey non riusciva ad ammetterlo, questa possibilità
l'aveva sconfortata ed aveva cambiato le sue abitudini.
Non correva più la mattina, non andava più in una
vecchia palestra di scherma, non faceva più una partitella
di Quidditch con qualche suo ex compagno di Durmstrang che passava per
l'Inghilterra. Se ne stava in casa a suonare quell'aggeggio chiamato
pianoforte ed a leggere montagne di libri. A lavoro faceva il minimo
campando scuse assurde.
Di notte non dormiva. Se ne stava sdraiata, con una mano sulla pancia,
a pregare silenziosamente.
Una volta, prima di scoprire quella condanna, gli aveva chiesto come
mai fosse così felice di avere un figlio non programmato e
fuori dal matrimonio, in un momento complesso per entrambi.
Lei aveva scrollato le spalle e gli aveva semplicemente risposto che
era felice di avere un suo figlio.
Non era stato facile continuare a leggere la pila di carte che
ingombravano il tavolo della cucina, facendo finta di niente. Quella
sera non poté fare a meno di stringerla al suo petto, senza
dire nulla.
-Quand'è che potremmo dirlo a tutti?- le chiese
accarezzandole il collo con le labbra.
-Se non sbaglio dobbiamo aspettare ancora due settimane.- rispose lei,
allungando le gambe sulla sabbia. Percy le posò una mano sul
ventre e glielo massaggiò. Audrey gli sorrise, prese la mano
e gli baciò il palmo. -Sarai un papà fantastico.
Sarà un bambino fortunato.- gli sussurrò.
Rimasero a lungo seduti, con il vento che continuava a sferzare e il
mare in tumulto.
-Da piccola mi chiedevo dove andasse a finire il vento dell'inverno.-
disse Audrey raccogliendo della sabbia e lasciandola scorrere fra le
dita.
Percy si alzò e le porse le mani, tirò su Audrey
e le fece un sorriso timido.
-Credo che il vento finisca in posti del genere, con il mare intendo.-
rispose lui incerto. La poesia non era certo roba che masticava tutti i
giorni. Audrey gli sorrise ed annuì, lo strinse in un veloce
abbraccio e insieme con il vento e il mare alle spalle, s'incamminarono
verso Villa Conchiglia e il resto della famiglia.
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