Capitolo
1
Era
un pomeriggio soleggiato ad Alfea. Benché fosse febbraio, era
piacevole fermarsi un attimo, affacciarsi al balcone e assaporare il
dolce odore trasporato dal vento pungente. Ma per Stella non aveva
importanza se ci fosse il sole o se fosse coperto da nere nuvolacce
che minacciavano pioggia, se ci fosse stato profumo o puzza. Per lei
era esattamente lo stesso, in quel momento così critico.
“Non
so cosa portare!” piagnuccolava, isterica, fermandosi al centro
della sua grande camera, mentre vestiti lunghi e semi-trasparenti,
eleganti e scintillanti le passavano sopra la testa, mentre due
grosse valigie si riempivano e si svuotavano aiutate dalla magia
della loro proprietaria. “E' impossibile! Brandon non doveva darmi
così poco preavviso. Avrei avuto molto più tempo, se
avessi saputo prima che intendeva portarmi su Espero per San
Valentino!”
Flora,
seduta sul suo letto, accanto a Musa che sfogliava una rivista
musicale, la guardava con uno dei suoi dolci sorrisi. “Beh, una
settimana è più che sufficiente! E poi devi ammettere
che è stato romantico!” disse, ma di colpo si fece triste.
“Purtroppo io dovrò rimanere qui... Helia ha da fare a
Fonterossa. Saladin gli ha dato un compito molto importante e non
potrà portarmi da nessuna parte... tu, Bloom, Tecna e Aisha
siete così fortunate...”
“Pensa,
Stella...” continuò Musa, alzando lo sguardo su alcuni
vestiti vaganti. “Anche Riven ha deciso di non fare niente...” si
mise seduta e, chiudendo gli occhi, puntò un dito verso
l'alto. “San Valentino è una festa inutile! Esiste solo
per far spendere soldi agli sciocchi!”
esclamò, in una pessima imitazione di Riven. “Persino Timmy
ha portato fuori Tecna... Tu hai Brandon che ti porta, addirittura,
su Espero per un fine settimana da sogno... ha ragione Flora: sei
fortunatissima!”
“Fortunata!”
sbottò Stella, indignata, facendo un gesto secco con le mani
e, per sbaglio, interrompendo la folle corsa di un bikini dal
cassetto fino alla valigia. Si voltò verso le altre due Winx,
con gli occhi fuori dalle orbite. “Fortunata! Fortunata è
Bloom che ha quattro vestiti di numero! Ma io... ho appena comprato
un abito elegantissimo al centro commerciale e non potrò
portarlo perché è da sera e non è nemmeno adatto
alla montagna!” si gettò sul letto, tra Flora e Musa,
nascondendo il viso nel piumone. “Sono disperata!”
Musa
alzò gli occhi al cielo, mentre Flora ridacchiò.
“Dai,
Stella!” le posò una mano su un braccio, per cercare di
confortarla. “Ti aiutiamo a scegliere qualcosa!”
La
Winx voltò la testa verso di lei e, con fare piagnuccoloso,
più adatto a una bambina che a una ragazza della sua età,
disse: “Davvero?”
La
fata dei fiori sorrise. “Certo!” annuì. Stella saltò
su e, gridando, la abbracciò stretta.
“Allora
per prima cosa, dobbiamo andare al centro commerciale!” esclamò,
scattando in piedi e stringendo i pugni, mentre i suoi occhi venivano
attraversati da un luccichio sinistro. Musa alzò gli occhi al
cielo, esasperata, provò a sfogliare una pagina della sua
rivista, ma poi scoppiò a ridere, seguita a ruota dalle altre
due, travolte dalla sua ilarità. Ancora una volta, la fata
della musica non aveva potuto fare a meno di ridere per la
prevedibilità di Stella e dalla sua mania per tutto ciò
che poteva essere comprato. “Andiamo?”
Le
due Winx si squadrarono, non appena si furono riprese. “Ma parlavi
sul serio?” chiese Musa. Stella mosse lievemente la mano e i
vestiti che aveva addosso cambiarono.
“Certo!
Non vorrete che mi metta una camicia da notte che lui ha già
visto, vero?” chiese, come se avessero già dovuto pensarci
da sole.
Musa
si batté una mano sulla fronte e parlò con forte
sarcasmo: “Non sia mai! Stupida io che non l'ho capito subito!”
Flora
rise di nuovo. “Dai, andiamo... magari troviamo qualcosa di molto
osè da far indossare alla nostra Stella!” disse, infilandosi
le scarpe e strizzando l'occhio, complice, alla principessa di
Solaria, che arrossì.
“Non
voglio niente di volgare... qualcosa che lo stuzzichi... muoviamoci!
Mi verrà a prendere tra due ore e abbiamo pochissimo tempo!”
Si tolse l'anello di Solaria dal dito e aspettò che le due
amiche fossero abbastanza vicine a lei. Materializzò il suo
scettro e una luce avvolse le tre fate che si ritrovarono
teletrasportate nel reame dello shopping: Magix.
“Abbiamo
due ore per trovare quello che cerchiamo!” esclamò Stella,
decisa come se avesse dovuto confrontarsi con chissà quale
nemico, ritrasformando lo scettro in un anello. “Quindi, mettiamoci
al lavoro! Però, prima... prendiamoci qualcosa da bere...”
indicò un piccolo localino poco distante dal punto in cui si
trovavano.
“Ma,
scusa, Stella...” Musa era un po' titubante e guardò
dubbiosa verso Flora che aveva la sua stessa espressione. “Non
avevi detto che avevamo poco tempo?”
Ma
Stella schioccò la lingua e fece un gesto con una mano, come
per scacciare una mosca fastidiosa. “Per un caffè c'è
sempre tempo!” esclamò, con aria di superiorità,
cominciando a camminare verso il locale e voltandosi di un quarto,
vedendo che nessuno la seguiva. “Muovetevi!”
***
“Che
umiliazione!” esclamò Icy, disgustata, posandosi una mano
nei capelli e artigliando una ciocca che sfuggiva dalla sua
pettinatura altrimenti perfetta. Era umiliante fino
all'esasperazione: lei e le sue sorelle, per colpa di quelle dannate
Winx erano finite, non una, ma ben due volte a Roccaluce, il luogo
dove venivano mandati i cattivi che, lì, imparavano ad essere
“dei disgustosi buoni”.
L'idea
faceva così ribrezzo ad Icy che rabbrividì. Adesso si
ritrovavano a Magix, senza poteri, sotto la supervisione dei
Cavalieri Templari che custodivano Roccaluce. Lei e le sue sorelle
negli ultimi tempi si erano comportate particolarmente bene e,
credendo nella loro redenzioni, gli stupidi Templari avevano deciso
di mandarle di nuovo nella Dimensione Magica per far provare loro a
reinserirsi nella società. Se avessero superato il loro mese
di prova, allora le Trix sarebbero state libere. E il loro scopo era
di comportarsi bene per un mese, al termine del quale, sarebbero
tornate il terrore di tutte le fate, prima tra tutte di loro, le
Winx.
Il
loro unico, vero problema era il modo in cui avrebbero
dovuto passare quel mese: servendo ai tavoli di un locale appena
aperto a Magix. In quel momento, peraltro, era deserto, come per la
maggior parte della giornata, anche se era aperto dalla mattina alla
sera. Forse era la poca cordialità sua e delle sorelle che
impediva alla gente di entrare, ma non era questo ciò che
interessava ad Icy.
Seduta
a un tavolo, guardava con orrore il proprio grembiulino azzurro, con
la gonna a palloncino e le maniche a sbuffo, rifinite di pizzo
bianco. Per non parlare del grembiulino da scolaretta!
“Che
umiliazione!” ripeté, disperata.
“Dai,
Icy, non fare così...” disse Darcy, avvicinandosi con un
vestito viola scuro del tutto identico a quello della sorella e un
vassoio vuoto tra le mani. “Ricorda quello che abbiamo programmato
e andrà tutto bene... pensa positivo!”
Icy
fulminò la sorella con lo sguardo. “Piantala, Darcy! Sono
stanca di pensare positivo!”
Darcy
si sedette accanto a lei e guardò la porta chiusa. Sospirò.
“Quando il capo ha detto di avere delle divise ho pensato a
tutto...”
“Tranne
che a questo!” sbottò l'altra, rabbiosa, stringendo il pugno
così forte che arrivò a ferirsi. “Vorrei tanto avere
i miei poteri...”
“Calmati,
sorella!” Darcy si sistemò una ciocca di capelli dietro
l'orecchio, solo parzialmente consapevole che Stormy era apparsa dal
retrobottega. “Altrimenti i Templari non ci libereranno mai!”
La
Trix delle tempeste, sentendosi ignorata, intanto, si piantò
proprio di fronte a loro e, contenta di avere la loro piena
attenzione, fece un giro su se stessa.
“Allora,
come sto?” chiese, tutta un trillo. Darcy si esibì nel più
falso dei suoi sorrisi.
“Ma
stai benissimo!” esclamò, con un tono perfettamente in
sintonia con la sua espressione. Peccato che non sembrasse neanche un
po' sincera. “Vero, Icy?”
Ma
Icy guardava il vestito violaceo di Stormy con la stessa smorfia di
disgusto che aveva riservato al proprio e non
accennava a parlare. Darcy la richiamò, per farle dire
qualcosa di carino, ma, vedendo che la sorella non reagiva, le diede
una lieve gomitata.
“Eh?”
fece a quel punto Icy, voltandosi a guardare la sorella che aveva
inarcato le sopracciglia, per farle capire che toccava a lei fare un
complimento a Stormy.
“Ah...”
Icy fece una smorfia annoiata e prese a parlare, per niente convinta:
“D'accordo... stai bene, sorellina! Sembri una vera...”
l'immagine di una ragazza dai lunghi capelli biondi catturò il
suo sguardo dal vetro del locale, un'immagine che non avrebbe mai
voluto dover vedere, prima di un mese.
“Muovetevi!”
stava dicendo la ragazza dai capelli biondi, scuotendo una mano.
“Stella!”
completò la strega, senza alcuna enfasi. Darcy e Stormy sussultarono.
“Oh...
nessuno mi aveva mai insultata così!” esclamò Stormy,
sull'orlo delle lacrime, scappando dietro il bancone. Darcy, invece,
aveva una mano sul petto, come se avesse avuto uno spavento.
“Sei
stata crudele!” esclamò, inorridita. Icy le lanciò
un'occhiataccia e, con una mano, ferocemente, le afferrò la
nuca e la costrinse a guardare fuori. La strega dell'oscurità
spalancò gli occhi.
“Oh,
no... loro no!” gemette, alzandosi.
“E
invece sì...”
“Preghiamo
perché sia solo un caso... perché se ne vadano!”
Icy,
però, sentiva qualcosa dentro che le diceva che Stella sarebbe
entrata nel locale e che le avrebbe viste conciate a quel modo.
“No!
Non posso permetterlo!” esclamò, con foga, sbattendo le mani
sul tavolo e alzandosi contemporaneamente, ma, proprio mentre lo
diceva, capì di essere in trappola: Stella aprì la
porta e, guardando fuori, Icy vide Musa e Flora che la seguivano.
“Ve
lo dico chiaramente: ho intenzione di comprare un completino intimo
che ho visto da Tezenix!” stava dicendo la fata del Sole e della
Luna, allegramente. Icy e Stormy si lanciavano degli sguardi ben poco
tranquilli, ma la strega dell'oscurità aveva ripreso la sua
maschera di falsità e, lentamente, aveva aggirato il tavolo
dietro a cui era paralizzata Icy. Gli angoli della sua bocca si
curvarono all'insù, i suoi occhi si illuminarono di una luce
tutt'altro che amichevole, ma chi mai avrebbe potuto accorgersene
dietro tutta quella falsa cortesia?
“Benvenute!”
esclamò, con enfasi. Al sentire un suono diverso da quello
della propria voce, Stella si zittì e guardò verso la
cameriera che le porgeva il benvenuto. E i suoi grandi occhi marroni
divennero ancora più grandi. Ma non fu l'unica ad avere questa
reazione: Musa e Flora rimasero paralizzate dalla sorpresa. “Prego,
volete accomodarvi?”
La
Trix fece un ampio gesto col braccio per indicare loro il tavolo
appena lasciato da Icy.
“Darcy?”
domandò Stella, incerta. La strega aprì gli occhi che
si riempirono di stupore.
“Stella!”
esclamò, come se non l'avesse riconosciuta che in quel
momento. “Musa, Flora! Anche voi qui! Come state?”
Icy
si sentiva intorpidita: non riusciva a capire gli intenti di sua
sorella, soprattutto se faceva la smorfiosa con le Winx.
“Darcy...
dimmi, sei sicura di stare bene?” chiese Musa, ancora più
incerta di Stella. Per una volta, Icy dovette confessare persino a se
stessa che la fatina aveva ragione.
“Ma
certo che sto bene!” replicò la strega dell'oscurità,
giuliva. Sul volto di Flora si formò un'espressione
consapevole.
“Ah...”
sorrise, felice. “Allora il tuo soggiorno a Roccaluce è
finito! Com'è bello!”
Icy
sentì il proprio stomaco far risalire tutto ciò che
aveva mangiato. Voleva vomitare e nemmeno le sue sorelle erano da
meno: Darcy quasi riuscì a rompere la propria maschera e
Stormy, la più imbranata, si fece scivolare un bicchiere dalla
mano e lo sguardo delle tre Winx si portò verso il bancone.
“Oh...”
fece Stella, incrociando le braccia al petto. “Ci sono anche le tue
sorelle... se siete venute via da Roccaluce, vuol dire che c'è
qualcuno che vi controlla, giusto? L'ultima volta con Lord Darkar...”
“Eh...
eh...” annuì Darcy, sorridendo in modo più tirato.
Non ce la faceva... odiav... no... i Templari avrebbero potuto
sentire qualcosa e decidere che, per lei, il periodo di detenzione
non era finito. Chiuse gli occhi e inspirò ed espirò
più volte, decisa a calmarsi, poi scattò un po' in
avanti e tornò a sorridere come prima. “No... stavolta siamo
qui per buona condotta... libertà vigilata!”
“Ah,
quindi... ora dovreste essere buone...” Musa guardò Icy,
stringendo gli occhi, sospettosa.
“Degli
zuccherini!” esclamò questa, freddamente. Stella le rivolse
un'occhiata scrutatrice: non sembrava proprio convinta che, davvero,
le Trix si fossero redente.
“A
me non sembrano molto cambiate, voi che dite?” disse, tenendo
ancora le braccia al petto.
“Ma
sì che siamo buone!” esclamò Stormy, balzando in
piedi coi cocci del bicchiere tra le mani, mentre Icy alzava gli
occhi al cielo, incapace di trattenersi. “Roccaluce ci ha... ehm...
come si dice... ah, sì... ci ha aperto gli occhi! E ora siamo
dalla parte del... ehm... posso dirlo, posso dirlo...”
“Del
bene, Stormy?” concluse Icy, sarcastica.
“Sì,
volevo proprio dire quello!” annuì la Trix, ben poco
convinta.
La
smorfia sul viso di Stella si accentuò, ma anche su quello di
Icy.
“Neanche
io ci credo!” esclamò Musa che aveva visto la reazione della
Trix.
“Ma...
sarebbe così bello, se fosse vero...” fu il commento di
Flora.
“Ma
è vero!” annuì ancora Darcy, cercando
l'appoggio delle altre con uno sguardo ben poco amichevole. “Adesso
lavoriamo qui come cameriere...” si bloccò, sentendo un
brivido percorrerle la schiena: l'onta, lo sguardo sorpreso delle
fate bruciava il suo orgoglio. “Serviamo ai tavoli! Non vi
piacciono i nostri completini?”
Stella
diede una breve occhiata al vestito della strega, un'occhiata
tutt'altro che lusinghiera. “Dozzinali!” disse, alla fine,
altezzosa.
“Sì,
sembrate delle uova pasquali!” scherzò Musa. Gli occhi di
Darcy si ridussero a due pericolose fessure, mentre le sue guance si
imporporavano per la crescente vergogna. Icy avrebbe dato qualunque
cosa per riavere i poteri e per far tacere per sempre quelle piccole
smorfiose.
E
Stormy, schiumante di rabbia, si ferì le mani coi cocci del
bicchiere che non aveva ancora buttato.
“Sono
rimaste un po' permalosette, direi!” Stella si sistemò i
capelli. “Andiamo, ragazze!”
“Poverine,
come sono cadute in basso!” commentò Musa, mentre riaprivano
la porta.
“Come
mi dispiace!” rincarò la dose Flora.
Darcy
le guardò andare via, ferita nell'orgoglio, mentre ridevano di
lei.
“IO
LE ODIO! LE ODIO!” gridò Darcy, non appena furono fuori
portata. “COSA DAREI PER...”
Icy,
però, sembrava avercela con lei, più che con Stella.
“Ben ti sta, sorellina! Così la prossima volta, vai a
chiedere consigli di moda a quella fanatica principessina fatata!
Ti giuro che quando avrò i miei poteri, la prima cosa che farò
sarà...”
“Io
le disintegro... le dispiace? Io... io...” ringhiava
Stormy.
Una
voce disincarnata parlò, come se attraversasse l'aria, diretto
a loro tre. Icy, Darcy, Stormy... questi sono pensieri negativi.
Ricordate: cordialità e calore umano.
La
rabbia di Icy, a quelle parole, non poté che crescere, mentre
Darcy si calmò davvero, ma non per le parole del Templare,
solo perché capiva che le avrebbero rimandate a Roccaluce,
senza possibilità di scampo. Stormy gridò,
istericamente.
“E
STAI ZITTO!”
Icy,
calmati, Icy. Non è successo niente. Impara a rispettare il
pensiero altrui. Guarda Darcy come è tranquilla. Prendi
esempio da lei e cura le ferite di Stormy.
“Curare
le ferite di Stormy?” sbottò lei. “Si può benissimo
curare da sola, la mia cara sorellina! Dannazione, quanto ti odio,
Stella!”
Icy,
rispetta il pensiero altrui. Stormy, tranquillizzati. Va tutto bene.
“Non
va tutto bene, dannato Templare, non va affatto bene!” gridò
la strega delle tempeste, ancora più forte.
“Rispettare
il pensiero altrui?” sibilò la strega del ghiaccio. “Mi
vendicherò, Stella. Mi vendicherò per la tua
strafottenza!”
“Ehm...”
Darcy guardò inorridita verso i due clienti che, mentre la
sorella parlava, erano entrati, aprendo la porta. “Icy?”
“Cosa
diavolo vuoi, Darcy?”
La
sorella chiuse gli occhi e fece un sorriso incerto. “So... sono
arrivati dei clienti!” disse, velocemente e ridacchiando. Ma Icy,
ormai, era arrivata alla stessa conclusione della sorella.
“Non
me ne frega niente!” disse, aprendo lentamente gli occhi e con una
calma che non era da lei. Prese una bottiglia da sotto il bancone e
la lanciò contro la coppietta che, urlando, si abbassò
e portò le mani sulle testa, per proteggersi. La strega ignorò
la voce del Templare che le diceva di calmarsi. “Ecco... questo è
solo un assaggio!” gridò ancora, lanciando un'altra
bottiglia e facendo scappare i due.
“Questi
sono pazzi!” gridavano.
“Ora
sì che posso placare la mia ira...” sbottò, invece,
Icy, sentendosi un po' meno intorpidita.
“Non
so perché...” disse Stormy, in tono preoccupato. “Ma credo
che sarà un'altra ira quella che dovremo placare...”
“Ah,
sì? E di chi?” Icy guardò verso il punto indicato
dalla sorella e fece una smorfia carica di disgusto, nel notare che
si trattava del grasso e basso padrone del locale. Darcy aveva aperto
la bocca e guardava la scena come se ancora non credesse a ciò
che stava accadendo. Sarebbero tornate a Roccaluce, poteva metterci
la mano sul fuoco. Per questo aveva bisogno di un piano malvagio.
Tanto, comunque fosse andata lei e le sue sorelle erano spacciate.
Cosa avevano da perdere?
“Cosa
avete fatto, dannate streghe?” gridò il proprietario del
locale, alla vista della bottiglia a terra e dei vetri in mano a
Stormy. “Mi avete mandato in malora gli affari! Non farò più
accordi con i Templari di Roccaluce! Mai più! E ripulite
tutto.”
“Certo,
come no!” replicò Icy, sarcastica. Si strappò il
grembiulino di dosso e glielo gettò ai piedi, prima di
percorrere a grandi passi il locale e afferrare Darcy per i capelli,
che le colpì la mano, gridandole di lasciarla. Il proprietario
del locale non riusciva a dire niente. Le guardava, apriva e chiudeva
la bocca come un pesce fuor d'acqua.
Icy,
stai facendo pensieri molto negativi...
“Sbagliato,
cocco! Sto facendo azioni molto negative! Che fai, Stormy, ti
trattieni?” sbottò Icy, non appena Darcy si fu rimessa in
piedi e stracciata di dosso il grembiulino.
“Ecco.
Ora sono un mucchio di stracci!” disse, soddisfatta.
Darcy,
non stai formulando pensieri positivi. E tu sei sempre stata quella
più brava.
“Sì,
lo so...” rispose Darcy alla voce disincarnata. “Ma adesso non ho
più voglia di fare la brava bambina!”
La
strega delle tempeste sembrava voler fare altrettanto.
“Un
momento!” esclamò, agguantando quanti più bicchieri
possibile, là dove Icy aveva trovato la bottiglia. A quel
punto, sotto lo sguardo atterrito del proprietario, li fece cadere
tutti a terra e rise sguaiatamente. “Ecco, stupido vecchio! Così
impari a proporre certi grembiuli a delle streghe come noi!”
Stormy,
lo vedi che, con la violenza non si ottiene nulla?
“Tu
dici? Ho ottenuto più di quanto non abbia ottenuto tu in tre
mesi!” ridacchiò la strega.
“Ma...
ma... che cosa...” balbettava, intanto, il proprietario del locale,
disperato e gli occhi fuori dalle orbite. “Che state facendo?”
“Mi
sembrava fosse chiaro, vecchio!” sbottò Icy, sorridendo
malignamente. “Ci stiamo licenziando! Andiamo, sorelle! Ci
aspettano compere interessanti, oggi!”
***
“Avete
visto le Trix?” ridacchiò ancora Musa, mentre, insieme a
Flora, aspettava che Stella avesse finito di provarsi l'ennesimo
completino intimo. “Ho tentato in tutti i modi di trattenermi dal
ridere loro in faccia!”
“Poverine!”
le compatì Flora che stava sfogliando un catalogo magico.
“Scommetto che erano molto a disagio... e voi non siete state molto
carine!”
“Ma
le hai viste?” sbottò Stella, da dentro il camerino. “No,
dico... avete visto quei vestiti? Comincio a preferire quelle stupide
tute con le iniziali del loro nome, davvero! Non ho mai visto un
affronto alla moda come in quel momento!”
Musa
alzò gli occhi al cielo, prima di riabbassarlo su un completo
nel catalogo. “Ehi, questo è carino! Costa anche poco. Quasi
quasi lo prendo!” disse, puntando il dito e toccando la pagina. Dal
dito si propagò una leggera luce dorata e, un attimo dopo, lo
stesso completino della fotografia si materializzò tra le sue
mani. Stella uscì dal camerino.
“Che
ne dite?” domandò, facendo un giro completo su se stessa e
rimanendo in attesa di complimenti. Flora fu attirata dall'ombra di
qualcuno che si era fermato a pochi metri da loro. Questo qualcuno
era un ragazzo e guardava Stella con gli occhi fuori dalle orbite e
la bocca semiaperta. La fata dei fiori arrossì, mettendosi nei
panni dell'amica mezza nuda che si mostrava come se, nel negozio, non
ci fossero state che loro.
“Dico
che a lui è piaciuto!” esclamò Musa, indicando il
ragazzo che arrossì di botto, quando Stella gli fece
l'occhiolino, per niente imbarazzata.
“Stella!”
la rimproverò Flora. “E Brandon?”
“Oh,
calmati, Flora! Brandon è il mio ciccino, che domande!” poi
abbassò lo sguardo, ancora sorridendo, lusingata da tutte le
attenzioni che i ragazzi le rivolgevano e così, i suoi occhi
si illuminarono. “Ma è meraviglioso!”
“Cosa?”
Musa guardò a terra, dove la fata del Sole puntava lo sguardo,
cercando la cosa meravigliosa e ignorando il ragazzo che, non
sentendosi più considerato, si allontanò, sconsolato.
“Poverino!”
fu il commento, dispiaciuto e inascoltato, di Flora.
“Quello
che hai in mano!” Stella indicò il completino che la fata
della musica voleva comprare per sé. “E' bellissimo!”
“Sì,
ma...”
Stella
non le permise di continuare che glielo strappò di mano e si
fiondò di nuovo verso il camerino. Flora rise, nel guardare
l'espressione sconcertata sul volto di Musa.
“Questo
è troppo!” sbottò quest'ultima. “Stella! L'avevo
visto prima io!”
“Suvvia,
puoi prenderne un altro... e questo è anche della mia taglia!
Ho deciso! Li prendo tutti e due!”
Musa
scosse la testa, infastidita dal comportamento dell'amica, ma andò
di nuovo al catalogo e toccò ancora la pagina con l'immagine.
Peccato che apparve sotto una scritta rossa che recitava un messaggio
inequivocabile: Esaurito.
“E
quale indosserai stasera... per Ciccino?” chiese, acida e
delusa. Adesso era più che infastidita: era arrabbiata.
“Beh,
potrei indossarli tutti e due...” rispose Stella che non si accorse
del tono dell'altra. “Dopotutto, la notte è lunga!”
“Potresti
indossarli uno sopra l'altro, magari!” ringhiò Musa; non
attese una risposta. Piantò capra e cavoli e uscì dal
negozio, per sbollire la rabbia, perché Stella doveva prendere
tutto, senza mai chiedersi se il suo comportamento potesse ferire o
meno.
“No,
Musa... aspetta!” gridò Flora, facendo qualche passo verso
l'uscita, ma senza allontanarsi dal camerino. “Se n'è
andata!” comunicò. Stella uscì dal camerino,
completamente rivestita e con i due completini intimi tra le mani.
“Finalmente!”
esclamò. “Credevo volesse mettere radici! E' stata
fantastica la mia idea di confondere il catalogo!”
Flora
aggrottò la fronte. “Spero che il tuo piano funzioni!”
replicò. Stella fece un gesto con la mano, come per scacciare
una mosca.
“Seguila!”
disse, autoritaria. “E non farla avvicinare a queste parti o
scoprirà tutto!”
L'altra
annuì e, complice, le fece l'occhiolino, prima di correre
dietro a Musa. Stella, intanto, prendeva il telefono e, mentre
correva alla cassa per pagare, compose un numero.
***
“Allora,
crema per la notte, pigiama, pantofole, lacca per capelli...”
elencava Brandon, indicando ciò che aveva infilato dentro la
valigia.
“Vestiti,
scarpe, deodorante...” completò Riven, disteso sul letto, a
contemplare il soffitto. Mentre parlava, però, si voltò
a guardare il suo compagno di camera. “Scusami, amico, ma tu e
Stella andate sul pianeta della tranquillità e delle vacanze
e... rimarrete davvero in camera tutto il giorno?”
Brandon
ghignò, malizioso. “ San Valentino va festeggiato alla
grande! La compagnia non sarà noiosa!”
“No,
di certo...” replicò l'altro, annoiato, portandosi le mani
dietro la nuca. “Basta che lei non si metta a raccontare
barzellette!”
“Non
sono male le barzellette di Stella!” esclamò Brandon,
piccato, mentre apriva un cassetto e ne tirava fuori un flacone di
gel, più un paio di magliette.
“No...
fanno solo cadere le braccia!” rispose ancora Riven,
sarcastico. Il suo compagno di stanza non riuscì più a
trattenersi: conosceva l'antipatia che Riven provava nei confronti di
Stella e lo accettava, ma non accettava il fatto che parlasse male di
lei in sua presenza! Era una cosa che detestava, così come
detestava lui. Perché Codatorta li aveva messi nella stessa
stanza? E perché Sky era dovuto partire con due giorni di
anticipo? Persino Timmy e Helia se ne erano andati prima di lui... e
non aveva nessuna camera in cui rifugiarsi, se non quella in cui
c'era quel palestrato ignorante.
“Invece
di insultare Stella...” sbottò.
“Non
stavo insultando Stella!” Riven si mise seduto sul letto,
interrompendo l'invettiva del compagno di stanza. “Stavo solo
dicendo che le sue battute fanno schifo!”
Brandon
gli lanciò un'occhiataccia, ma decise di ignorarlo, per non
doversi far venire il sangue amaro proprio a poco più di
un'ora dal suo viaggio con Stella. Si voltò e riprese a
sistemare la valigia. “Mancano i vestiti di stasera...” disse,
scrutando la valigia e correndo verso l'armadio.
“Non
vedo l'ora che quest'aria di smancerie sia finita!” sbottò
Riven, nel sentire quelle parole. Brandon fermò la mano ad un
passo dalla maniglia dell'armadio.
“Perché
mai? San Valentino è una scusa ottima per passare più
tempo con Musa...”
“San
Valentino è una festa da idioti!”
Brandon
ghignò: “Lo sai che ti stai dando dell'idiota?”
“Non
mi sembra proprio!”
“E'
la festa degli innamorati, Riven! Dovresti essere innamorato anche
tu, a quanto ne so!” replicò l'altro, acido, aprendo l'anta
dell'armadio e tirando fuori gli abiti che si era prefissato di
indossare quella sera.
Ma
Riven si ributtò sul letto e sospirò. “Mah, non lo
so...”
“Che
dici?” gli chiese il compagno di stanza, facendo capolino da dietro
l'anta.
“E'
che... è un po' che ci penso...” Riven aveva perso tutta la
sua solita aria strafottente e ora sembrava preoccupato.
“A
cosa?”
Quella
di Brandon era una domanda fatta più per curiosità che
per solidarietà.
“Non
so se sono davvero innamorato!” esclamò l'altro, scattando a
sedere. Lo scudiero di Eraklyon si sentì come se Riven, invece
di parlare, gli avesse dato un pugno nello stomaco.
“Cosa?”
fece, inorridito. L'altro si alzò, sospirando.
“Hai
capito benissimo!” esclamò, mogio. “E non mi va di
illudere Musa!”
Brandon
non sapeva cosa dire. Si guardava intorno, come in cerca di
ispirazione, poi tornò a guardare il compagno di stanza; un
sorriso si delineò sul suo volto, un sorriso che si fece
sempre più largo, fino a che non si trasformò in una
sonora risata.
“Cos'hai
da ridere?” sbottò Riven. “Non mi sembra sia divertente!”
“Ma
sì, è evidente! Sei così innamorato che hai
paura dei tuoi stessi sentimenti e vorresti allontanarti da lei!
E'... è chiaro!” replicò Brandon, senza riuscire a
smettere di ridere. “Dai, non fare così! Domani sera, invita
Musa a cena, così la smetterai di farti tante paranoie!”
Ma
Riven non ci trovava proprio niente da ridere, anzi. “Tu fai
discorsi da checca, Brandon, fattelo dire!” esclamò,
rabbioso, ributtandosi sul letto. In quel momento, il suo telefono
squillò, ma la sua voglia di rispondere era pari a zero: dover
scoprire che, probabilmente, era Musa, non lo confortava di certo.
Brandon
aveva ripreso a sistemare la valigia e aspettava solo di sapere chi
fosse.
“Beh,
non rispondi?” chiese, dopo che il telefono aveva già
squillato sei volte.
“No!”
“Ma
quella suoneria mi dà fastidio!”
“Allora
spegnilo!”
“E
se fosse Musa? Le sbatto il telefono in faccia?”
“Sì!”
“Sei
un gran maleducato, Riven, fattelo dire!” sbottò
Brandon, chinandosi a prendere il telefono di Riven. Guardò il
display... quel numero... era sicuro di conoscerlo. Premette il
pulsante di risposta. “Pronto?”
“Che
stai facendo, idiota?” gridò Riven, balzando in piedi e
scattando verso il compagno di stanza che, però, aveva fatto
un balzo indietro. Continuarono a lottare per un po', ma Brandon
riuscì a tenere il telefono attaccato all'orecchio.
“Ma
chi è?” chiedeva la voce femminile al telefono. Brandon,
sentendola, si bloccò.
“Stella?”
sbottò. Riven, che stava per balzargli addosso, nel sentire il
nome della fidanzata di Brandon, ci ripensò: perché mai
telefonava a lui e non al suo adorato Ciccino? “Ho il telefono
scarico?”
“Ma
io che ne so?” sbuffò Stella, all'altro capo. Sembrava
stupita della domanda.
“Co...
come che ne sai?”
Brandon
sentì un'altro sbuffo da parte della sua ragazza, incapace di
credere a ciò che stava succedendo.
“Senti,
Ciccino, mi passi Riven, per piacere?” Stella sembrava così
fredda... che era successo?
“Ciccina,
non dovevamo... partire più tardi?”
“Sì,
ma che c'entra? Passami Riven!”
Sconvolto
e pieno di dubbi, come in trance, Brandon passò il telefono al
suo legittimo proprietario.
“E'...
è per te!” fu l'unica cosa che riuscì a dire. Riven
glielo prese dalle mani in malo modo.
“Ma
non mi dire!” replicò, portandosi il telefono all'orecchio.
“Pronto?” Brandon lo scrutava torvo, come se lo avesse insultato.
“Che... mmm... mmm...” lo scudiero era sicuro che Riven lo
facesse apposta: faceva il vago solo per non fargli scoprire ciò
che Stella gli stava dicendo. E lui era geloso: perché la sua
ragazza sentiva il bisogno di parlare con Riven, a un'ora dalla loro
partenza per Espero? E Riven, adesso, gli stava pure lanciando
un'occhiata. “Mmm... Uff, sì va bene. Arrivo!” disse,
prima di chiudere la chiamata, più scocciato di quanto non
fosse stato fino ad allora.
“Che
ti ha detto Stella?” lo aggredì Brandon.
“Vuole
vedermi!” rispose, sempre annoiato, il suo compagno di stanza,
gettando il telefono sul letto. Quello era il secondo pugno nello
stomaco che lo scudiero riceveva quel giorno, senza che fosse stato
toccato da nessuno.
“Co...
come vuole vederti?”
Riven
lo guardò. “Con gli occhi!” specificò, facendo
crescere la rabbia di Brandon.
“Lo
so benissimo!” sbottò, acido.
“E
allora che domande fai?”
“Ti
ha proprio detto: -Riven, vediamoci-?”
Riven
sbuffò di nuovo, alzando gli occhi al cielo, esasperato. “Mi
ha detto di vederci a Magix perché mi deve parlare!”
replicò, ma non tranquillizzò di certo l'altro, la cui
mente lavorava veloce: non era che il motivo della titubanza di Riven
nei confronti di Musa fosse proprio... Stella? Non era che,
per caso, Riven si era innamorato di Stella? E che Stella... Brandon
scosse la testa.
“Vengo
anche io!” esclamò, con veemenza, guardando il compagno di
stanza con astio.
Riven
si strinse nelle spalle. “Fai come ti pare!” rispose, incurante,
spiazzandolo.
Brandon
non era sicuro di aver capito bene: “D-davvero?”
“Vuoi
venire o no?” sbottò l'altro, aprendo le braccia,
esasperato.
“Sì...”
“E
allora infilati le scarpe!”
Brandon
guardò i propri piedi... effettivamente era ancora scalzo...
Salve!
Questa è la mia prima fanfiction sulle Winx che scrivo. A dire
il vero, all'inizio, avevo programmato di scrivere una one-shot, ma,
durante la stesura, ho capito che era troppo lunga per poterla
inserire in un unico capitolo e che avrebbe potuto risultare pesante.
L'idea
mi è venuta in mente perché amo particolarmente una
coppia “presente” nella prima serie e la mia testolina bacata e
maliziosa ha cominciato a elaborare questa cosa. A voi scoprire di
che coppia si tratta, ma quando succederà, non mi uccidete.
La
storia è ambietata tra la terza serie e “Il Segreto del
Regno Perduto”, ma non tiene conto degli eventi presenti in
quest'ultimo.
Tra gli avvertimenti ho inserito OOC, anche se ho cercato di mantenere i personaggi il più possibile in linea con l'originale. Purtroppo, per alcuni aspetti, ho dovuto cambiare qualcosa per esigenze di trama.
Allora,
cosa ne pensate di questo primo capitolo?
Lasciatemi
i vostri pareri, ditemi se vi è piaciuto oppure no, magari
aggiungendo il perché, così che possa migliorarmi e
capire meglio i vostri gusti. ^^
Le
critiche sono bene accette, sono alle prime armi e desidero
migliorarmi.
Ci
vediamo per il prossimo capitolo,
Luine
|