Heim
Il tintinnio del
martello sul metallo
è il suono più dolce che ci sia per un fabbro e Gersemi Guerriero
Grigio non fa
eccezione.
"Nonna?"
"Hrm?"
"Mi racconti una
storia? Una
storia sul Sangue di Drago?" chiese Hnoss con una voce piena di
speranza e
malcelata ammirazione.
Qualcuno aveva avuto
da ridire quando
la Forgia Celeste era passata nelle mani di Gersemi: mani di donna e di
meticcia, per un quarto di sangue Yokudan, come testimoniava la sua
pelle
olivastra, che nulla aveva a che fare col fuoco della forgia. Gersemi
non aveva
permesso a quel malcontento di prosperare a lungo: con uno dei suoi
pugnali d'acciaio,
aveva troncato la testa del martello da guerra dello Jarle sulla
pubblica
piazza. Da quel momento, nessuno aveva più avuto da ridire: l'ultima
erede
della tradizione della Forgia Celeste, una tradizione più antica della
stessa
città di Whiterun, poteva non avere la forza di un uomo del Nord, ma la
sua
tecnica non sarebbe mai stata seconda a nessuno.
"Perché no nipote? Fa
una
pausa." rispose Gersemi con un lieve sorriso fra le rughe del volto.
Deliziato di poter
finalmente
lasciare il mantice, il suo apprendista si spogliò nudo fino alla
cintola,
versandosi un intero secchio di acqua fredda addosso: Hnoss Guerriero
Grigio
non è ancora abituato ai rigori della vita del fabbro, ma ne è già
affascinato
abbastanza da essersi bruciato entrambe le sopracciglia.
Sua nonna lo lascia
fare, mentre si
scrolla l'acqua di dosso come un cane e lei continua ad
aggiungere
scaglie di corundum e acciaio all'armatura che ha fra le mani: ora che
il fuoco
della sua vita sta cominciando a spegnersi, anni dopo quel suo famoso
pugnale, perfino
alcuni elfi valicano il mare per la sua arte.
Tra un battito del
martello e
l'altro, Gersemi chiese a Hnoss:
"Nipote, qual è
l'arma più
forte?"
Prima di risponderle,
Hnoss si
sedette di fronte a lei a gambe incrociate: suo nipote è un figlio del
Nord, pallido
e dai capelli biondi, ma è un po' più basso dei suoi coetanei, proprio
come sua
nonna.
"Il metallo più puro,
la forgia
più calda, il fabbro più abile ed il braccio più forte." recitò Hnoss a
memoria.
"Una buona risposta.
Sbagliata,
ma buona." assentì sua nonna, posizionando un'altra scaglia al suo
posto
prima di continuare:
"...Le storie sul Dovahkiin abbondano come le stelle nel
cielo, nipote. Ognuno ha la sua preferita: chiedi ad un mago di
raccontarti del
Sangue di Drago, e lui ti blatererà dei venticinque grandi incantesimi.
Un
alchimista invece, narrerà con troppi particolari la storia dei
sessantaquattro
filtri, e di come stessero tutti in un unica fiala. I draghi, se mai
dovessi guadagnarti
il rispetto di uno di loro, ti racconteranno di lui come Yollselok,
il fuoco del cielo. E ancora oggi, i preti del tempio
invocano sommessamente la sua guida prima di curare un malato grave,
per quanto
egli non sia uno dei Nove Dei; mentre i poeti compongono versi
sdolcinati sul
suo unico grande amore. Perfino gli elfi alti sanno della grande città
che il Dovahkiin edificò in una notte, e che
scomparve nel nulla cento anni dopo la sua fondazione, assieme alla
montagna su
cui era stata costruita... Ma nessuna di queste storia gli rende
veramente
giustizia: il Dovahkiin era più della
somma di tutti i racconti uniti assieme. Era uno spirito indomabile che
si
fatica a comprendere ancora oggi."
Gersemi si prese un
momento per
raccogliere i suoi pensieri, osservando il falco di pietra che
accoglieva fra
le sue ali la Forgia Celeste da tempi immemorabili:
"Oggi ti racconterò
delle tre
spade del Sangue di Drago, Hnoss: la prima, la spada tre volte
forgiata. La
seconda, la spada senza filo, che non fu mai forgiata ed infine la
terza, la
spada infinita, che non sarà mai completata."
Suo nipote già la
guardava rapito, in
attesa delle sue parole:
"...Nessuno sa
esattamente dove,
da cosa o da chi il Sangue di Drago apprese l'arte del creare. Alcuni
dicono
che affinò le sue conoscenze a Skyrim, possedendone però già alcune
quando
arrivò in questa terra la prima volta come prigioniero. Altri, che non
apprese affatto
quelle conoscenze, ma che le fece sue con la magia dell'Oblivion e
aprendo la
sua mente ad antichi e perniciosi artefatti dei Dwemer, o alle Antiche
Pergamene. Quello che è certo, è che per quanto poco abbia lasciato
dietro di sé,
ognuna delle sue creazioni e creature è a suo modo leggendaria: le due
zanne
del Wamasus, l'anello dello stregone, i cavalli di fuoco, le vesti
creatrici,
gli Spriggan delle profondità... di certo le conosci meglio di me. Ma
le sue
opere con la forgia sono probabilmente le sue creazioni più riuscite...
e anche
quelle di cui si parla di meno."
"Perché nonna?"
"Difficile spiegarlo:
forse
perché noi mortali non amiamo ricordare ciò che non possiamo
eguagliare. Per
quanto io e te discendiamo da una nobile stirpe di artigiani del
metallo nipote,
siamo solo bambini se ci confrontiamo a lui. Questo, non dimenticarlo
mai: il
Sangue di Drago non vedeva il mondo come lo vediamo io e te ed è per
questo che
riusciva a fondere assieme metallurgia, stregoneria ed alchimia."
"Ci hai mai provato
nonna? A
farlo anche tu?"
Gersemi tacque un
momento, osservando
la Forgia Celeste.
"Una volta. Quando
ero molto più
giovane." ammise il vecchio fabbro: "Fu un fallimento così enorme, da
convincermi a non tentare mai più. E temo che anche tu un giorno vorrai
provare
a seguire le sue orme, Hnoss."
Il giovane annuì con
la testa, ma non
osò dirlo ad alta voce.
"Quando arriverà quel
momento,
io spero che il tuo cuore sarà forte abbastanza. E la tua mente
abbastanza
equilibrata da spingerti a rinunciare, nipote: fino ad allora, posso
solo
limitarmi ad insegnarti ed ammonirti con questa storia."
Unslaad Bahlok
"La prima spada del
Sangue di
Drago è anche la più famosa. Il suo nome è Unslaad
Bahlok nella lingua dei draghi, e Fame senza Fine in quella degli
uomini.
Quella spada è scomparsa assieme alla città del Dovahkiin
e io credo che sia stato un bene."
"Perché nonna?"
"Perché quelle spada
era
terribile, nipote. Unslaad Bahlok
nacque tre volte ed ogni rinascita dal fuoco della forgia la rese più
terribile
ancora. Nella sua prima vita, il suo nome era Sciagura del Drago: una
spada
degli Akaviri, creata come tante altre ai tempi della prima Era per
combattere
i draghi. Si tramanda che Sciagura di Drago avesse nella sua lama la
forza del
fulmine e la magia necessaria a fendere persino le ossa dei draghi. Fu
un
grande tesoro in un'epoca che ormai abbiamo quasi dimenticato: il
segreto della
forgiatura delle spade Akaviri è quasi perduto a Tamriel. Senza più i
Draghi, anche
la spada fu dimenticata nello scorrere delle ere, ma quando essi
sorsero di
nuovo, sei generazioni or sono, Sciagura del Drago riemerse con essi, e
si
lasciò trovare dal Sangue di Drago."
"Sciagura del Drago
si lasciò
trovare?"
"Sì: non
sottovalutare mai la
magia, nipote, anche quando è infusa nel metallo. Le forze
dell'Oblivion donano
strane caratteristiche a tutto ciò che toccano, specie agli artefatti
più
potenti. Alcuni di essi, molti, ma non tutti, sembrano quasi sapere
quando c'è
bisogno di loro, riemergendo e sparendo di nuovo nel corso della
Storia. Io
credo che Sciagura del Drago fosse una di quegli oggetti: una spada
assai
potente, che servì fedelmente il Sangue di Drago... Ma non potente
abbastanza:
Sciagura del Drago era stata costruita per ferire ed uccidere i draghi
questo è
vero, ma non per uccidere Alduin. Il divoratore del mondo non era un
drago come
gli altri: dopotutto egli era il primo di tutti e il più potente dei
figli di Akatosh.
Sciagura del Drago non sarebbe stata abbastanza per combatterlo e il
Sangue di
Drago lo sapeva."
"Che cosa fece
allora?"
"Venne in questo
luogo, proprio
qui alla Forgia Celeste, e immerse Sciagura del Drago per la seconda
volta
nella fiamma. Il nonno di mio nonno, Eorlund Manto Grigio, raccontò che
il
Sangue di Drago usò il metallo dell'Oblivion, l'acciaio daedrico, per
forgiare
nuovamente Sciagura del Drago, donandole un nuovo corpo. La spada che
emerse dalla
Forgia Celeste era ancora una lama Akaviri nella forma, ma era
diventata nera
come una notte senza lune o stelle: quella fu la seconda forgiatura di
Sciagura
del Drago, che rinacque come Sciagura di Alduin."
"E fu abbastanza per
uccidere il
divoratore del mondo?"
"No nipote, non fu
abbastanza. Fu
abbastanza però per ferirlo gravemente, quando il Sangue di Drago e
Alduin si
scontrarono sulla cima della Gola del Mondo. Mio nonno, Lars Guerriero
Nato,
che ai tempi era solo un bambino, mi raccontò che nel giorno di quella
battaglia sentì le Voci in lingua dei draghi provenire dalla cima della
montagna: furono così forti, che alcune case di Whiterun persero le
tegole."
"....E la terza
forgiatura?"
"Ahimè, come ti ho
detto, quella
spada non fu abbastanza per uccidere il Drago: si spezzò durante la
battaglia
sulla cima della Gola del Mondo. Per quanto l'acciaio daedrico sia
quasi indistruttibile,
l'anima di Sciagura di Alduin era ancora quella della vecchia spada
Akaviri, e
quindi non forte abbastanza per resistere al Divoratore del Mondo. Si
spaccò in
tre parti, che il Sangue di Drago riportò tutte di nuovo in questo
luogo. Per
la terza ed ultima forgiatura..."
Gersemi si interruppe
un momento,
ripensando alla prima volta in cui quella storia le era stata
raccontata.
"Forgiò di nuovo
Sciagura di
Alduin?" le chiese Hnoss, preda della sua stessa impazienza.
Gersemi scosse la
testa:
"Il Sangue di Drago
avrebbe
potuto ricostruire Sciagura di Alduin, io credo... eppure, lui scelse
di non
riparare quella spada. Invece, egli chiamò a raccolta in questo luogo
l'arte
del metallo, la stregoneria dell'Oblivion, l'alchimia degli antichi e
la Voce. Dalle
ossa dei draghi più forti che aveva sconfitto e dalle loro squame del
cuore, le
più dure che un drago possegga, egli trasse con la Voce e la conoscenza
dell'arte del metallo una nuova lama: una grande spada Akaviri. Con
l'alchimia,
egli amalgamò i resti di Sciagura di Alduin con la nuova lama fatta con
le ossa
dei draghi. E con la stregoneria egli infuse in essa una fonte
inesauribile di
forza e vigore: quella spada, bianca come le ossa di cui era fatta,
l'avrebbe
sostenuto durante ogni battaglia senza mai permettere che egli si
stancasse.
Per questo fu chiamata Fame senza Fine, Unslaad
Bahlok: perché finché brandivi quella spada, la battaglia non
terminava."
"E quella fu la spada
che uccise
Alduin?"
"Sì. Ma immergendosi
nel sangue
del Divoratore del Mondo, parte del potere del malvagio Drago si
trasferì nella
spada. Così come Sciagura del Drago, anche Unslaad
Bahlok conquistò il potere del fulmine, ma divenne molto più
terribile,
quasi incontrollabile: al punto che il Sangue di Drago dovette forgiare
un
fodero per sigillarla."
"E non la usò mai
più?"
"...Le storie
tramandano che la
usò ancora una volta soltanto: durante l'ultima battaglia della seconda
grande guerra
elfica. Quando i Thalmor meschini rapirono sua figlia, Kaan la
leggiadra: si
dice che quando il Dovahkiin brandì allora
Unslaad Bahlok di fronte alle porte
di Alinor, allora l'ultima roccaforte dei Thalmor, iniziò a piovere sulla
città. Oggi
Alinor non esiste più nipote: gli elfi chiamarono quel luogo il cratere
del
drago, e mi hanno detto che solo le rovine delle mura di Alinor si
reggono ancora
in piedi a stento."
"Certamente Unslaad Bahlok è la spada più potente di tutte!"
"Ti sbagli nipote. Di
certo
quella spada avrebbe potuto trasformare il più innocente dei pastori
nel più
crudele e scaltro dei tiranni, ma Unslaad
Bahlok era solo forza senza discernimento. Furia cieca alimentata
dalla
magia. Ma allora, perché il Dovahkiin
avrebbe dovuto forgiarne altre?"
Kren Lah
"Dimmi nipote, se tu
forgiassi
una spada e quella venisse usata per uccidere un innocente, o un tuo
consanguineo, ti sentiresti in colpa?"
"Non lo so..."
"Se una delle tue
punte di freccia
mi trafiggesse il cuore, davvero ancora non lo sapresti?"
Hnoss non seppe cosa
rispondere.
"...È una domanda
difficile, ma
come mio apprendista dovrai trovare la risposta ad essa, o limitarti a
fare
chiodi e ferri di cavallo da qualche altra parte. La legge degli uomini
assolve
noi creatori del metallo Hnoss, ma non dobbiamo dimenticare mai che
l'oro delle
monete serve anche a far tacere la nostra coscienza. Le armi sono armi
nipote e
la loro natura non si può cambiare: il Sangue di Drago doveva sentirsi
molto
responsabile per le sue creazioni e temeva il pericolo che fossero
abusate. Come
non dargli torto, del resto? Fu per questo che creò la sua seconda
spada, Kren Lah, o Spezza Magia. Questa sua
seconda spada non è fatta di metallo e non può tagliare nemmeno la seta
più sottile,
eppure è più potente perfino della sua prima."
"Ma nonna, questo è
impossibile!"
"Non lo è affatto
nipote. Il
Sangue di Drago era molto astuto, e abile, nel piegare le regole ed
aggirare i
limiti di noi mortali: Kren Lah non
fu mai forgiata. Riesci ad immaginare il perché, nipote?"
Hnoss scosse la testa.
"Perché è una spada
fatta di
legno. Di legno, nipote!" ripeté Gersemi con una risata: "Benché
scavata
da uno dei rami del Verdorato, il sacro albero di Kyne, quella spada si
può
spezzare con due mani."
"...Nonna, come fa
una spada di
legno ad essere migliore di Unslaad
Bahlok?"
"Perché è piena di
magia, Hnoss.
Una spada di metallo è già di per sé ottima. Però, ad alcuni questo non
basta e
così i loro proprietari le fanno incantare o le incantano loro stessi,
infondendo nel metallo la forza degli elementi o aspetti dell'Oblivion.
Kren Lah è tutta magia, senza metallo:
qualunque stregoneria o artefatto incantato, sia esso un anello,
un'arma, una
corazza o perfino una veste stregata, va in pezzi quando tocca la lama
della
seconda spada del Sangue di Drago. Svanisce e scompare. Si tramanda che
il Dovahkiin stesso fosse convinto la sua
seconda spada potesse perfino distruggere la prima, anche se questa
affermazione non venne mai messa alla prova. Pensa nipote: il lavoro di
una
vita del più ambizioso dei fabbri, incantato dai migliori maghi
dell'Impero o
degli Elfi, ridotto in limatura da un bastone di legno a forma di
spada."
"Come può essere?"
"Nessuno lo sa: è
questo il suo
mistero. La magia che il Sangue di Drago usò per creare Kren
Lah è sconosciuta e ancora oggi ineguagliata: molti maghi ci
hanno provato negli anni, ma fino ad oggi tutti hanno fallito. Lo
stecco
beffardo li ha sempre battuti."
"Quindi Kren
Lah è ancora a Tamriel?"
"Salda nella mani
della famiglia
Imperiale, nipote, fin dal giorno in cui il Sangue di Drago la consegnò
all'allora giovane principe Attrebus II, al termine della seconda
grande guerra
elfica. Probabilmente accompagnerà ogni Imperatore della dinastia fino
alla
fine dei tempi. Mi hanno permesso di vederla, quando in gioventù mi
sono recata
a Cyrodill per imparare la forgiatura del sud: è poco più lunga del mio
braccio, senza elsa, e coperta di rune verdastre che sembrano cambiare
forma se
le fissi troppo a lungo. A quanto mi dissero, quelle rune non
appartengono a
nessuna lingua nota a Nirn." Disse Gersemi scuotendo la testa:
"Un altro dei misteri
del Sangue
di Drago."
"...Quindi la magia è
più forte
dell'acciaio, nonna?"
"Certo che no!
Entrambi sono
solo strumenti, come ti dimostrerò col racconto della terza spada."
Zahkrii
"Nipote, quando una
spada può
dirsi davvero finita? Quando il fabbro l'ha completata? Quando uno
stregone
l'ha incantata? Oppure quando ha trovato un padrone? O quando ha
trovato un
degno guerriero per brandirla? O quando si rompe, esaurendo il suo
compito?"
Il sole stava
cominciando a scendere
sopra di loro e finalmente anche la corazza a cui Gersemi stava
lavorando era
finita: qualcuno sarebbe venuto a pagare per essa e domani il fabbro
avrebbe
potuto dedicarsi ad altro. Magari la spada di vetro elfico per Mandias
Occhi di
Fuoco...
Mentre Gersemi
aspettava la risposta
di suo nipote, si accese la sua lunga pipa, regalo di un Khajiit molti
anni
prima, aspirando il fumo leggero.
"... per un fabbro,
una spada è
completa quando esce dalla fucina, no?" rispose infine Hnoss.
"Hrm... Vedi nipote,
l'ultima spada
del Sangue di Drago è anche la più strana. Non è magica, al contrario
della due
precedenti. Ma sopratutto, non può essere resa magica: il Sangue di
Drago l'ha
stregata in modo che quella lama di forma Akaviri, fatta però di
metallo
daedrico, non possa essere mai incantata. È puro metallo, e solo il
braccio che
la brandisce determina la sua forza: non difende il suo possessore, ne
lo rende
più forte con la magia."
"Ma allora è di certo
la più
debole delle tre spade del Sangue di Drago!"
"Non direi: essendo
fatta con l'acciaio
dell'Oblivion nipote, quella spada, chiamata Zahkrii,
che vuol dire semplicemente spada nella lingua dei draghi,
non si può spezzare e non perde mai il filo, non importa quanto tagli
con essa.
Qualunque arma si opponga a Zahkrii, tranne forse la prima spada del
Dovahkiin,
è tagliata in due. Ed intendo proprio qualunque cosa: perfino altre
spade
daedriche. Fende perfino le armature rinforzate dalla magia: il Dovahkiin disse che non c'era nulla che
quella spada non potesse proteggere. Riesci a percepire la sottigliezza
del
Sangue di Drago, nipote? Quella spada è il rifugio del coraggioso, che
non usa
però la sua arma indiscriminatamente, ma per una giusta causa... Gli
elfi alti hanno
rinunciato a trovare una lama che possa opporsi a Zahkrii."
"La terza spada del
Sangue di Drago
è in mano agli elfi alti?"
Gersemi annuì:
"Quando la seconda
grande guerra
elfica terminò nipote, il Sangue di Drago diede la sua seconda spada
agli
uomini e la sua terza agli elfi. Da allora, Zahkrii
è rimasta sempre vicina alla regina degli elfi alti, Zenosha la
Corvina. Sai
perché il Sangue di Drago divise le sue spade in questo modo?"
Hnoss scosse la testa.
"Perfino tu conosci
la storia
dei meschini Thalmor e di quanto male abbiano causato. Il Sangue di
Drago, che
li sconfisse, auspicava una pace duratura fra i due regni, l'impero di
noi
uomini e il regno degli elfi alti: buffo, considerato quanto fosse
impossibilmente forte. Forse era stanco di guerre che poteva solamente
vincere.
Fu per questo che il metallo invincibile di Zahkrii
andò agli elfi, da sempre grandi stregoni e studiosi della magia più
potente,
mentre la spada più magica che sia mai stata creata, Kren
Lah, fu data a noi uomini. Io credo che con quelle spade, lui
cercasse
di avvicinare le nostre genti."
"E ci riuscì?"
"Io credo di sì:
tenne per se la
più terribile ovviamente, Unslaad Bahlok,
con cui aveva compiuto il suo destino e che non usò mai più dopo
Alinor, ma non
è un caso se dopo così tanti secoli, un elfo alto è nuovamente Araldo
dei
Compagni... beh, un mezzo elfo alto." si corresse Gersemi con una
risata.
Il sole ormai era
tramontato e la
storia finita: era tempo di lasciar morire la forgia per quel giorno.
Gersemi
spense la sua pipa e la batté sul tacco dei suoi stivali per pulirla
dalle
scorie di tabacco.
"...C'è ancora una
storia sugli
artefatti del Dovahkiin che come fabbro dovrai sentire nipote: la
storia della
sua corazza, Dovah Qah, il drago
vuoto. L'armatura con l'anima. Ma si sta facendo tardi e te l'ha
racconterò
un'altro giorno. Ora aiutami ad alzarmi Hnoss: il giorno è finito e tua
madre
ci starà già aspettando di certo..."
Mentre Hnoss la
precedeva lungo gli
scalini che separavano la Forgia Celeste dalla Città, Gersemi ammirò
per un
attimo ancora il cielo: nella notte, le stelle sarebbero sembrate come
le scintille
della sua forgia.
Storia senza pretese probabilmente, ma che ho in mente
da un certo tempo, e che pretendeva di essere scritta...
Spero di essere riuscito a scrivere qualcosa che vi possa essere
stato gradito: ogni recensione è la benvenuta.
Alla prossima! |