Come
le nuvole
A
lei
-Ma
che stai dicendo?-
-Ma
non lo vedi? È il figlio dei Clarkson!
Vedi quella rientranza? E la sporgenza poco più avanti? Non
riconosci il naso
enorme di quello sfigato?-
Paul
indicò il cielo turchino, ironicamente
esasperato dalla difficoltà di comprensione di John. Per
Paul associare nella
propria fantasia il profilo vaporoso delle nubi a quello spigoloso di
un volto
conosciuto, era una pratica maturata nell’infanzia.
Un’infanzia che, prima di
essere bruscamente travolta dal dolore, aveva incontrato la
serenità che gli si
confaceva. Con l’intenzione di custodire questa condizione di
spensieratezza
nel figlio, James non aveva esitato a coricarsi spesso con lui fra
l’erba, con
lo sguardo rivolto al volo elegante delle rondini. Proprio durante un
pomeriggio primaverile, James, aveva sussurrato all’orecchio
di Paul un
divertimento puerile che aveva intrattenuto spesso l’uomo e
che ora Paul
proponeva a John.
Parecchi
anni erano trascorsi dall’abbondono
di quel gioco che faceva arrossare le gote di Paul e assottigliare gli
occhi,
la mente concentrata sull’interpretazione che avrebbe potuto
offrire a quella
sostanza lattea ed informe.
Ma
Paul aveva sentito il bisogno di condividere
questo istante intimo con una persona altrettanto famigliare. Aveva
alzato le
spalle in un cenno indifferente nel momento in cui aveva illustrato le
dinamiche di quel passatempo a un John annoiato che aveva
però notato il lucore
eccitato negli occhi di Paul.
Il
corpo di Paul avvolto dall’abbraccio erboso, carezzato dai
refoli di un vento
sempre più pacato in vista di un’estate afosa, e
infastidito dal frullo delle
ali delle farfalle, ritrovava la propria infanzia dopo avere incontrato
i
piaceri della maturità.
John
aveva accettato quell’insolita
distrazione, attratto dal sorriso estasiato dell’amico che
non avrebbe certo
desiderato spegnere con un rifiuto.
Aveva
rispettato le regole, secondo cui Paul sceglieva una nuvola e chi
riusciva a
dedurne un lineamento avrebbe ottenuto un punto.
La
nuvola in cui Paul sosteneva di
riconoscere la fisionomia di Billy Clarkson, costituiva
l’ennesimo tentativo
vano di John di delineare fra quelle volute ricciute un volto
somigliante.
Sorrise
delle mani di Paul che si atteggiavo
a movimenti ampi, che dimostravano l’esattezza della propria
affermazione. Ma a
John pareva non interessare quel naso candido che Paul sosteneva di
vedere. Il
ragazzo rideva sinceramente di quei gesti comici, voltando la guancia
verso
colui che li compiva. Il petto di John, scosso dal riso,
incontrò la ruvidezza
del terreno, che infastidì la sua pelle, a malapena coperta
dalla camicia.
Gli
steli erbosi si curvarono contro la guancia di John, come nel tentativo
di
sorreggerla, mentre gli occhi del giovane vagavano sui capelli di Paul.
La loro
tinta bruna mal si accordava con quella vivace dei fiori che
circondavano il
corpo del musicista. Il suo respiro regolare sollevava le spalle con la
naturalezza della risacca del mare che si abbandona sulla sabbia prima
di
ritirarsi con un fruscio timido. Lo stesso compiuto dal fiato di Paul,
che
freme contro le labbra.
John
rischiarò la voce, nel tentativo di
eliminare la rochezza dal suo tono, nel timore che potesse intralciare
la frase
che stava per pronunciare.
-
Sei sleale! Scegli sempre nuvole che solo
tu sei in grado di interpretare!-
-Non
è affar mio se tu non sai riconoscere il
naso di Billy.-
John
increspò la bocca, tendendo involontariamente
i muscoli facciali, e disegnando sul proprio volto
un’espressione arcigna che
provocò la risata improvvisa di Paul.
John
soffermò la propria attenzione su una
nuvola lontana, oscurata da quelle imperiose che occupavano il cielo.
Abbozzò
un sorriso malizioso, esclamando:
-Che
ne dici se ora scelgo io la nuvola?-
Paul
scosse la testa, indifferente alla
decisione.
-Che
ne dici di quella?- domandò John,
indicando la nube che così tanto lo aveva interessato poco
prima.
Paul
portò le dita alla fronte, per schermare
gli occhi dal sole che, incuriosito, pareva essersi avvicinato ai
ragazzi.
Fece
per rispondere, prima di esclamare.
-Sono
curioso di sapere cosa rivedi in lei,
prima di dirti che ne penso.-
Si
sollevò su un gomito, scoprendo lievemente
le gengive in un sorriso ampio e beffardo.
John
ricambiò lo sguardo, assumendo la stessa
posizione del suo sfidante.
-Le
tue labbra.- rispose con convinzione.
Paul inarcò le sopracciglia, perplesso, osservando i
protagonisti del proprio
stupore: John e la nube.
Una
risata trattenuta incrinò le sue parole
rendendole acute.
-Le
mie labbra? E dove sarebbero le mie
labbra là in mezzo?- distese l’indice verso la
nuvola –Non ci assomigliano
nemmeno un po’!-
John
avvicinò il volto a quello dell’amico,
inclinando il capo, con espressione critica e maliziosa.
-Lasciami
verificare.- sospirò, dirigendo il
tepore del proprio respiro al mento di Paul, attraversato da un brivido
repentino.
John
abbandonò le proprie labbra sottili in
quelle carnose dell’amico, modellandole sotto la guida
esperta del piacere. Paul
accompagnò la bocca di John in quella danza riflessiva e
passionale, carezzando
amorevolmente la sua mascella.
John
si allontanò da Paul, solo dopo aver
assaporato la ruvidezza della sua lingua con la propria.
Umettò
la bocca, raccogliendo accuratamente
il sapore che Paul aveva lasciato su di lui.
Fece
schioccare l’interno delle guance,
analizzando la nuvola lontana da loro.
-Soddisfatto?-
Chiese
Paul, incitando nel ragazzo una
risposta che era impaziente di ascoltare.
John
imitò l’espressione indifferente che
Paul aveva sfoggiato poco prima.
Paul
ricoprì le membra del giovane con le
proprie, allacciando le gambe alla sua vita, imprigionandolo in una
morsa
lussuriosa e premendo la propria fronte contro quella di John.
-Questa
volta ho vinto io, McCartney.-
E
per i minuti a venire a Paul non interessò
esprimere la propria opinione su quella nuvola né John
venirne conoscenza.
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