The sky with oscure stars.

di Believed
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Non appena sentì il rumore di quella fastidiosissima sveglia, mi resi partecipe del fatto che fosse un giorno come gli altri, ovvero che alle 7:30 mi sarei vista con Jake e che alle 8:00 sarebbe incominciata scuola. Invece no, tutto il contrario.
La sveglia suonava dalle 9:00 e solo alle 10:00 me ne resi conto. In quel momento mi guardai in giro e notai di essere in una camera diversa, in una casa diversa. Sorpresa, guardai dalla finestra e solo così mi ricordai che mi ero appena trasferita a Sidney e che questo era Sabato, ciò voleva dire che non dovevo affrontare una giornata in una scuola del tutto sconosciuta.
Corsi subito al piano di sotto, dove mia mamma mi aspettava per scartare altri scatoloni. L'unico ricordo che avevo di Sidney era l'ospedale in cui mio padre era stato operato, e poche ore dopo l'intervento era deceduto.Appena ci pensai un brivido mi percosse la schiena e così decisi di scacciare quel ricordo, correndo da mia madre ed aiutandola.
Mia mamma era una donna abbastanza bassa, capelli riccioli biondi fino alla spalla, sempre con il sorriso fra le labbra. Nonostante la morte di mio padre non si è mai arresa, e nonostante tutte le difficoltà per portarsi avanti, ha sempre pensato positivo. Il suo nome è Oceane, proprio perchè mia nonna quando la prese appena nata vide che i suoi occhi erano color oceano.
Non appena mia madre notò la mia presenza, incominciò la conversazione:" Buongiorno principessa, tieni questi spiccioli. Vai al bar qua dietro l'angolo a prenderti un buon caffè e una brioches, ti aspetta una giornata di grande fatica con tutti questi scatoloni.. chissà quando finiremo."
Non esitai, presi quei pochi spiccioli, tornai in camera da letto e mi misi dei leggins neri lunghi fino sopra alla caviglia; mi misi poi una canotta con delle scritte in bianco e mi legai velocemente i capelli in una coda fatta male. Mi misi le prime scarpe che trovai, anche queste nere, e uscì di casa. Non vedevo l'ora di prendere una boccata d'aria. Il viaggio in aereo era stato pesante, poichè soffro di claustrofobia e stando ferma per un paio d'ore, seduta, potendo solo respirare non ha aiutato il tutto.
Pensavo solo a Jake, il mio fidanzato. Non l'avevo neppure salutato poichè era in vacanza con i suoi in Inghilterra, e quindi mi esitai solo di scrivergli un sms, con tanto di video e note audio. Mi mancava terribilmente non averlo vicino sempre. In un primo momento pensai che una relazione a distanza non era così male, e tutt'ora lo pensavo.. ma, comunque sarebbe stato complicato, perchè Jake essendo il ragazzo perfetto ha sempre avuto la fila dietro, e mi avrebbe rimpiazzata dopo pochi giorni.
Buttai un'attimo fuori quel pensiero, e entrai nel Bar. C'era un ragazzo molto carino al banco, che stava servendo un signore anziano. Mi sedetti sullo sgabello che era libero, e aspettai il mio turno; durante l'attesa, mi guardai in torno, esaminando tutti i vari particolari del locale e leggendo di sfuggita il nome nel cartellino della divisa del ragazzo. Il suo nome era Calum. Calum si rese conto che lo stavo guardando da più di 2 minuti, e così ruppe il ghiaccio chiedendomi:"Ciao, non ti ho mai vista in questa zona. Che cosa vuoi da bere?''disse, con un tono infastidito; "Un caffè normale, grazie." dissi io con voce tremolante. "Da quanto tempo sei qua?" ribattè lui, fissandomi. "Non molto;Allora il mio caffè?" continuai io, con tono infastidito. "Piccola calmati, ecco qua il tuo caffè normale." Bevvi il caffè sotto il suo sguardo, e appena si rese conto che lo stavo guardando si morse il labbro. Dopo ciò, mi infastidii ancora di più e uscì velocemente dal locale, dopo aver ovviamente pagato.
Mentre camminavo per tornare a casa, la strada era deserta, ed erano solo le 12.00. 'Forse è ora di rientrare, si è fatto tardi' pensai fra me e me. Ma, nonostante quel pensiero, rimasi seduta nella panchina del parco vicino a casa mia e ripensai a ciò che era accaduto oggi. Calum era un ragazzo molto strano, a primo impatto mi sembrava simpatico. Non appena aprì bocca invece gettò dalla mia testa la sua prima impressione, creandone un'altra alquanto pessima. Però, nonostante ciò, ne volevo sapere di più di lui. Ero seduta sulla panchina, ad ascoltare il fruscio delle foglie della prima settimana di Maggio, non appena il mio telefono suonò. Era Jake.




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