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Premessa:
Nella parte iniziale di questa FFic voi tutti non capirete qual'è il legame che
la unisce ad Harry Potter. Vi assicuro che un legame c'è, anche piuttosto
forte. Chi di voi avrà la pazienza di arrivare al secondo o terzo capitolo
capirà tutto.
= Evergreen =
ATTO I - La Quiete Prima Della Tempesta
Nel braciere il fuoco si stava spegnendo a poco
a poco. Rebecca, appisolata sul divano con un libro sulle teoriche dello spazio
appoggiato ad una spalla non se n'era neppure accorta. Erano le ventuno e un
quarto di uno spietato e freddo 15 dicembre, con la neve che ricopriva le tegole
dei tetti e i bordi delle strade, spruzzava gli alberi ed i marciapiedi.
Dante alzò il colletto del cappotto, così alto
da ricoprirgli le orecchie rosse e pizzicanti dal freddo. La sua borsa a
tracolla pesava più del solito sulla spalla destra un pò infiammata dalla
domenica appena trascorsa, quando lui era stato trascinato da Rebecca in una
assurda escursione in montagna in cui aveva sentito un pò troppo il peso del
suo zaino. I lampioni di Giants Street indossavano un piccolo cappello di neve
sulla punta e continuavano diligenti a fare il proprio lavoro mentre la neve
scendeva a piccolissimi fiocchi, ricoprendo gli scalini di casa delle
abitazioni. Dante infilò una mano gelata nella tasca del cappotto marrone e ne
estrasse un essenziale mazzo di chiavi, guardando intanto le scale dei suoi
vicini, su cui erano appoggiati tre o quattro quotidiani ricoperti dalla neve.
Salì con un salto i tre scalini di casa sua e
infilò la chiave nella toppa, girandola una volta soltanto. Si pulì le scarpe
nel tappetino e poi se le tolse infilando le calze bagnaticce nelle sue ciabatte
imbottite. Appoggiò la borsa e il cappotto sulla poltrona e guardò per un
istante Rebecca con un sorriso sul viso. Dalla cucina proveniva odore di carne,
forse arrosto, e patate che stuzzicò l'appetito di Dante.
Non appena era entrato in casa era stato accolto
da una piacevolissima sensazione di calore e solidità che gli era sempre
servita, che aveva faticato a costruirsi e che desiderava da sempre.
Si accucciò di fronte al camino, aprendo con
una mano il cassetto alla sua destra ed estraendone due o tre fogli di giornale
e un piccolo pezzo di diavolina. Cercò di ravvivare il fuoco, con poca
pazienza, spostando i pezzi di legno in modo burbero, infastidito perchè non
prendevano subito fuoco come lui avrebbe voluto.
Dei fruscii gli annunciarono l'arrivo di
Rebecca, che si era alzata dal divano per aiutarlo, visto che lui ed il camino
non erano mai andati particolarmente d'accordo. La ragazza gli appoggiò una
mano gentile sulla spalla e l'altra sul torace, accostando la sua testolina al
collo di Dante. Lui sorrise sentendo il caldo respiro di lei sulla nuca, il suo
abbraccio così dolce e delicato. Girò il viso e catturò le labbra di lei in
un piccolo bacio. Lei appoggiò la fronte sulla sua con ancora gli occhi chiusi.
Dante la sollecitò "Non capisco perchè
non vuoi che usi la magia per questo fuoco..."
Rebecca aprì gli occhi e lo guardò severa
"Credevo che ne avessimo già parlato Dante."
Lui fece una smorfia "Ma..."
"No. Mia sorella c'è quasi rimasta secca
perchè suo marito ha voluto usare la magia per accendere il fuoco nel
camino!" disse lei.
Lui cominciò a baciarle piano il collo e sentì
lei sorridere, anche se non poteva vederla.
Rebecca "E' inutile sig. O'Hara, non ci
casco. In cucina c'è la cena."
Dante la guardò per un secondo e poi le scoccò
un veloce bacio sulla guancia liscia, si alzò e camminò fino alla cucina,
mentre la sua ragazza rianimava con pazienza il fuoco.
Il tavolo era già apparecchiato per lui e dal
forno arrivava un tepore che indicava che era appena stato usato. Si abbassò un
secondo cercando di vedere dentro il forno, attraverso al vetro, ma l'unica cosa
che vide fu il suo riflesso, una giovane figura dal viso ancora pitturato di
lentiggini, con i capelli corti e secchi color zucca e due occhi azzurri tondi e
grandi come perle. Abbassò lo sportello del forno, di fretta. L'odore del cibo
fece allarmare la sua fame facendolo, per fortuna, abbandonare i suoi pensieri
sul passato, che guardandosi allo specchio aveva ravvivato.
"Come è andata la giornata?" chiese
Rebecca dall'altra sala.
Dante alzò le spalle ma, consapevole che lei
non poteva vederlo, rispose un "Bene" senza pensarci; una risposta
classica che mitigava le domande.
Il crepitio del fuoco riprese regolarmente
mentre Dante si sedeva a tavola ed affondava i denti nella carne.
Rebecca si reimmerse nella lettura del suo
pesante libro ma riuscì solo a leggere una misera parola che il telefono
suonò. La ragazza allungò un braccio fino al tavolino della sala ed afferò la
cornetta.
"Pronto?" disse.
"Ciao Reb, tutto bene?" disse una voce
profonda dall'altra parte della cornetta.
"Sto bene Bob, grazie tu? Come sta Faith? E
Adrian?"
La voce rise nella cornetta "Allora...Adrain
non fà altro che piangere, Faith non fa altro che avere crisi isteriche
post-parto ed io me la spasso ridendo di tutto ciò..."
"Ah..." rispose Rebecca
"Oh, Faith dice di salutarti. E'
incredibile che sia riuscita a mettere in piedi una frase di senso
compiuto." disse Bobby tra le risate.
Mentre Rebecca stava per rispondergli, Dante le
tolse la cornetta dalle mani.
"Ehi!" protestò lei.
Lui si appogiò la cornetta sul petto "Non
starai cercando di fregarti i miei amici eh?" fece il ragazzo ridendo.
Lei sorrise e cercò il ginocchio di Dante con
una mano, con l'intento di fargli il solletico ma lui le afferrò il polso e la
spinse sorridendo sul divano. Con un dito sulla bocca le fece segno di tacere.
Si schiarì la voce "Bobby?"
"Oh, Dante buona sera, come andiamo?"
chiese l'uomo.
Dante alzò ancora le spalle senza essere visto
"Non c'è male, che c'è?" fece, pensando che si erano visti appena
quaranta minuti prima.
"Oh, Ho appena parlato con mio padre...Sai
quella pittrice che stà sponsorizzando, quella Emma?"
Dante fece uno strano verso d'assenso.
"Beh, pare che il mio vecchio ne sia
rimasto talmente ammaliato da volerle aprire una galleria. Ovviamente vuole che
io e te andiamo all'inaugurazione come rappresentanti...Ha sottolineato che tu
devi venire, sai per tenermi d'occhio ha detto." lo informò Bobby.
"Bah...a me sembra che questa Emma sia una
specie di puttanella spillatrice di eredità..." disse Dante, come se
avesse pensato ad alta voce. Sapeva già che Bobby condivideva il suo giudizio.
"Già lo penso anch'io. Ma mio padre non ne
vuole sentire...Verrai?" chiese.
"Certo, certo..." borbottò Dante.
"Dì, glielo hai già chiesto?" Bobby
cambiò argomento con la velocità della luce, tanto che Dante dovette pensare
un secondo alla domanda dell'amico per capirne il significato.
"No, no...fammi fare le cose con calma,
okay?" rispose.
"Va bene, ma muoviti!" rispose l'uomo.
Dante alzò gli occhi al cielo "Buona notte Bobby."
L'altro sbuffò "Notte."
Dante riappese la cornetta e si girò a guardare
Rebecca: era ancora seduta sul divano e faceva finta di leggere il suo mattone
sulle teoriche spaziali, per non far apprendere che aveva in realtà ascoltato
ad orecchio teso tutta la conversazione.
Le si sedette accanto e le sfilò il libro dalle
mani, appoggiandolo sul tavolino. Lei protestò, cercando di riprendere il libro
ma lui le prese i polsi.
"Usciamo?" chiese Dante.
La sua compagna lo guardò sorpresa "E dove
andiamo?"
"Non so...ad Avenue Park..." propose
lui.
Rebecca si strinse le ginocchia al petto
"Con questo freddo?"
Dante si alzò ed infilò la mano nella tasca
del suo cappotto; ne estrasse un piccolo oggetto quadrato che tenne stretto
nella mano. Non era un uomo molto romantico e per questo gli bastava pensare di
esserlo per stufarsene. Rebecca lo guardò incuriosita, con i suoi occhi verdi
che luccicavano alla luce del camino; lui le lanciò la scatoletta che lei
fermò con una mano, per poi rigirarsela tra le dita, cercando di capire cosa
fosse.
Dante fece un passo verso il divano, ma poi
venne fermato da un sentimento di attesa che gli strinse la gola, e ritenne
meglio mantenere le distanze. Si sentiva un pò troppo impacciato ed avrebbe
volentieri saltato quella parte.
Rebecca, compreso che quella che teneva in mano
era una scatola, la aprì e gurdò l'oggetto all'interno come se fosse una
stella da studiare al telescopio. Dante non si sorpese nel vederla impassibile,
perchè la conosceva e sapeva che non era certo tipo da spalancare la bocca come
un pesce lesso e piangere come una fontana; Rebecca era una studiosa, una con il
cervello e perfino più palle di lui...era la Sua Rebecca.
Dante asciugò il sudore delle mani sui
pantaloni, mentre ancora la ragazza fissava dentro la scatoletta come se vi
avesse trovato un saggio da studiare attentamente. In realtà lui sapeva che
l'espressione concentrata sul viso della sua compagna derivava probabilmente dal
fatto che lei stesse cercando qualcosa da dire.
Alla fine Rebecca alzò il viso dall' anello e
squadrò Dante come lo aveva guardato la prima volta che si erano incontrati,
quando nessuno dei due immaginava che un giorno le loro vite si sarebbero unite
fino a tal punto.
"Non è certo il modo migliore per chiedere
ad una ragazza di sposarti non credi?" fece lei alzandosi dal divano e
chiudendo la scatoletta con un "clac".
Dante si accarezzò una basetta, come faceva
sempre quando era nervoso e non aveva più unghie da mordersi o le circostanze
lo proibivano, e sorrise dolcemente come si sorride alla persona che ami,
sentendo il cuore che scoppia da quanto amore provi.
Rebecca scosse la testa con fare rinunciatario,
giocherellando con la scatoletta..
Dante si irrigidì per un secondo, anche se in
cuor suo sapeva che lei gli avrebbe detto di sì, quella attesa lo innervosiva.
Rebecca si guardò i piedi, probabilmente più
in imbarazzo di lui "Ti amo." Scandì bene le parole e solo dopo alzò
gli occhi fieri per vedere la soddisfazione del futuro marito dipingerglisi sul
viso giovale.
Dante non l'aveva mai sentita esprimere i suoi
sentimenti così apertamente, anzi da quando si conoscevano lei non gli aveva
mai nemmeno detto "Ti voglio bene." e per questo quelle due parole
pronunciate con così tanta sicurezza gli disserro tutto ciò che aveva bisogno
di sapere.
Il ragazzo la tirò verso di se e la abbracciò,
stringendola forte.
********************
"Sentite questa: Un muratore al suo primo
giorno di lavoro arriva nel cantiere dove deve lavorare. Si aggira nei dintorni
fino a che non incontra il suo futuro capo e questo gli dice -Ragazzo! Attento a
quel cemento!- Al chè il muratore risponde -E perchè?- E l'uomo -Perchè è
armato!- " Xxyzx (che da ora in poi chiameremo Jahvé, così come il suo
nome si legge) rise sguaiatamente alla sua storiella reggendo in mano un
patatina che aveva accuratamente immerso nella maionese. Guardò le altre
quattro persone sedute al suo tavolo con il suo bel sorriso un pò scemo
stampato sul volto e gli occhi azzurri pieni d'aspettativa.
Ci rimase appena un pò male quando solo l'altro
ragazzo del gruppo oltre a lui, Owen, ridacchiò a bocca chiusa mentre masticava
un hamburger alto quasi una spanna. Le tre ragazze del gruppo lo guardarono con
le sopracciglia inarcate come facevano sempre quando raccontava le sue
barzellette assurde. Solo Maiter allargò le labbra in un sorriso gentile con le
guancie color noce che si increspavano in due dolci fossette.
"Jahvé..." borbottò Emma guardandolo
dritto negl'occhi "...Ma che razza di barzelletta è questa?" gli
occhi color nocciola della ragazza si soffermarono sull'espressione buffa di
Jahvé per poi abbassarsi in imbarazzo sul piatto.
La terza ragazza, una venticinquenne dai capelli
biondi raccolti in un coda e gli occhi chiari corrucciati in un espressione
severa, stava fissando Jahvé in tralice mentre scribacchiava su un blocco note
alcuni appunti per il lavoro. "E' la barzelletta più stupida che io abbia
mai sentito..." il verde smeraldo degl'occhi della ragazza brillò
minacciosamente mentre incontrava l'azzurro limpido e offeso degl'occhi del
ragazzo. "Beh, non era peggio di quella del limone..." cercò di
difenderlo Maiter. Al ricordo di quella barzelletta Owen scoppiò di nuovo a
ridere mentre i lunghi ciuffi biondi gli scivolavano sopra gli occhi.
"Maschi..." sibilò Verena, l'acida
bionda del gruppo. Sfortunatamente per lei Jahvé la stava guardando, con il suo
tipico sguardo da cucciolo ferito, e anche se lei aveva parlato piano lui la
capì benissimo. Spazientito sospirò e si alzò dalla sedia afferrando molto
lentamente, come se fosse indeciso, la giacca di pelle dallo schienale della
sedia ed indossandola sopra il maglione a girocollo. Barcollante si avviò alla
cassa mentre Verena gli urlò dietro "Jahvé! Non fare il cretino...Jahvé?"
poi la bionda scrollò le spalle e si rigettò nel suo blocco note. Emma si era
già alzata ma Owen aveva afferrato la sua giacca da football e tranquillizzato
la ragazza indicandogli con una mano di sedersi.
"Certo che sei proprio..." borbottò
Owen "Cosa?" gli ringhiò contro Verena. Owen la fissò minaccioso con
la fronte increspata e gli occhi blu stretti in due fessure.
"Una stronza."sbottò Emma scrollando
la testa per enfatizzare le proprie parole.
Owen assentì in modo buffo mentre Verena
spostava gli occhi sulla ragazza che l'aveva a parer suo,
"irrimediabilmente insultata".
"Come hai detto scusa?"
Emma la guardò con fare serio, mentre si
portava una ciocca di capelli dietro l'orecchio "Hai sentito benissimo. Non
meritava di essere trattato in quel modo. Non lo merita quasi mai per essere
sinceri." scandì con tono diplomatico.
"Oh, a parlato la puttanella qui...credi
che non ci abbia fatto caso che sbavi dietro al MIO ragazzo? Guarda...finora
sono stata zitta perchè sono brava e tu sei una mia amica ma questa faccenda
non la reggo proprio: Jahvé è il MIO ragazzo mi sono spiegata? E il MIO
ragazzo lo devi lasciar stare!" Verena si era alzata in piedi gesticolando,
la sua faccia era diventata rossa di rabbia e un vena aveva cominciato a pulsare
sul suo collo. Non appena finì la frase respirò profondamente e fissò Emma
dritta negl'occhi.
L'altra ragazza, dopo aver guardato per qualche
secondo Verena che tirava il fiato, si alzò in modo diplomatico afferrando la
sua cartella di cuoio.
"Credo che sia meglio che me ne
vada..."
"No, no, se hai qualcosa da dire dilla
cara!"
"Beh...in verità penso che tu non tenga a
Jahvé più di quanto tieni al tuo orsacchiotto...anche nella frase che hai
detto prima, hai sottolinaeto mille volte il fatto che Jahvé fosse il TUO
ragazzo, come se più della persona in se t'importasse del fatto che sia di tua
propietà. Beh, le persone che, come te, giocano con i sentimenti degli altri
non le posso nemmeno vedere...per cui..."
Verena la fisso fino a quando non sparì dietro
la porta del locale.
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Ta-dan! Grazie vivamente a tutti per essere
arrivati fino a qui!
Sarò sinceramente lieto di sentire le vostre
prime impressioni e magari di ascoltare anche chi volesse sbilanciarsi a fare un
pronostico sulla storia.
Ad esempio: Cosa c'entrano Dante O'Hara ed Emma
Boyle con Harry Potter? E qual'è il forte legame che li unisce a loro volta???
Grazie mille a chiunque volesse recensire.
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