Mercato Nero

di Lara Ponte
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Mercato Nero

I

 

Mi chiamo Uriel. No, non Septim per carità!
Sono solo un semplice Nord: alto, non troppo magro, capelli lunghi biondo scuro, occhi verdi. Come potete immaginare dal mio nome, la mia famiglia da secoli è devota all'Impero e tutto ciò che esso rappresenta, purtroppo per loro non si può dire altrettanto di me che in realtà non mi curo gran ché di nulla.
Ho lasciato la bottega dei miei genitori nella città di New-Kvatch, all'indomani del mio ventesimo compleanno. Per quanto me la cavassi nel mestiere non avevo la benché minima intenzione di affumicarmi a vita nella forgia, mentre là fuori c'era il mondo ad aspettarmi, così quella notte scrissi un biglietto e me ne andai. Nonostante gli volessi bene quel tipo di vita non faceva per me. La parte più difficile fu di fare i conti con la mia vigliaccheria per dovergli dire addio senza nemmeno il calore di un abbraccio, ma non sarei mai riuscito ad andarmene se gli avessi affrontati di persona. Quando ci ripenso, spero di non essere stato troppo odiato per questa mia fuga, tuttavia se non lo avessi fatto me ne sarei pentito per sempre. So che il mio potrebbe sembrare un gesto egoista, ma non ho dubbi che i miei due fratelli maggiori e la mia sorellina saranno ben felici di aiutare i miei a superare quel momento ed ereditare giustamente l'eredità della famiglia Valkyris.

Prima tappa Skyrim: ero proprio curioso di conoscere la terra dei miei antenati.

Ammetto che gli inizi non furono dei più felici. Appena superata la frontiera fui catturato dai soldati, mentre discutevo animatamente con un gruppetto di scapestrati arruolati in un esercito ribelle che si faceva chiamare 'Manto della Tempesta'. Era evidente che gli imperiali mi avessero scambiato per uno di loro o chissà quale altro criminale.
Nonostante gli inutili tentativi di chiarire la questione, anche da parte di uno degli ufficiali, il capitano (Signorina “Non ho tempo da perdere!”) non volle sentire ragioni e fui ad un passo dal rimetterci letteralmente la testa.
Credo di non aver mai ringraziato tanto un drago come quel giorno.

Dopo nemmeno un mese da allora, scoprii di essere Colui (parola grossa!) che viene chiamato Dovahkiin: il leggendario Sangue di Drago. Inizialmente la cosa mi aveva lasciato indifferente, anzi nonostante tutti i segnali mi rifiutavo pure di crederci.
Volevo semplicemente “Farmi gli affari miei” e mettere da parte abbastanza soldi da potermi permettere qualsiasi sfizio e libertà. Possibilmente senza essere obbligato a schierarmi in quella dannata guerra civile che seminava l'odio tra i figli del Nord.
Alla fine, che mi piacesse o meno, fui costretto dalla mia coscienza (eh già, perché ne ho una) a salvare le terre di Skyrim dall'invasione di Alduin e dei suoi draghi; li per li ho agito senza pensarci troppo ma in effetti era l'unica cosa decente che potessi fare, figuriamoci poi se volevo essere arrostito o fatto schiavo da quelle bestiacce!

 

Quando finalmente tutto era tornato 'tranquillo' e cominciavo a godermi la vita, ecco che mi vengono a cercare dei pazzi invasati provenienti da un'isola chiamata Solstheim.
“Che l'oblivion se li porti in malora!” Avrò imprecato mille volte: non sapevo nemmeno dove diavolo fosse quel posto. Alla fine stanco di tutti gli attentati e deciso a fargliela pagare, tra un conato di vomito e l'altro, mi toccò affrontare la peggiore delle attraversate in nave.
“Speriamo che non sia così mal ridotta come dicono, magari trovo almeno una bella spiaggetta...” Borbottai a me stesso prima di sbarcare, senza accorgermi del sorriso ironico di uno dei marinai.
Ciò che trovai appena sceso barcollante dalla passerella, mi sembrò l'inferno in terra. I miei capelli, già impregnati di salsedine fino al midollo, si trasformarono in un cespo dorato di cenere e sudiciume, avevo gli occhi talmente arrossati da sembrare un vampiro. Col senno di poi, non posso biasimare il consigliere Arano che appena mi vide mi scambiò per un malintenzionato.

Furioso e scoraggiato, devo essermi rinchiuso nell'unica locanda esistente in quel buco di città per almeno tre giorni. Dovetti sborsare parecchi septim per convincere il proprietario a sistemare un paio di bagnarole per un vero bagno caldo, dopo di ché alternai infinite ore di sonno a sbronze o abbuffate.
Quando finalmente tornai lucido, mi ricordai del motivo per cui ero giunto in quell'immenso caminetto all'aperto. Inventai il soprannome per quell'isola all'istante, perché posso assicurare che con tutta quella cenere in giro, altro non mi sembrava. Devo infine ammettere che per quanto non amassi particolarmente il freddo, fu quasi una consolazione quando scoprii le montagne ghiacciate delle zone più a nord.
Nonostante tutto, mi abituai in fretta a quell'ambiente così ostile. Arrivai perfino ad ammirare e rispettare il coraggio e la forza dei Dunmer che vi abitavano. Mi avevano insegnato che i Nord erano i guerrieri più forti e leali, ma quando conobbi i Redoran, capì subito quanto la mia gente fosse vanesia ed orgogliosa, quasi più egocentrici degli stessi imperiali. Ogni popolo se messo alle strette, tira fuori la forza necessaria a sopravvivere, nessuno escluso.

 

Comunque sia, tanto per cambiare, mi ritrovai nuovamente costretto ad affrontare mesi difficili e faticosi. Miraak, così si chiamava il mio nemico, si era nascosto nel mondo di Hermaeus Mora o come lo chiamano i miei amici Skaal : “Herma mora, demone della conoscenza”. Nome decisamente più semplice da pronunciare, che subito adottai anch'io.
L'unico modo per raggiungere l'Apocrypha e poter affrontare quel megalomane consisteva nel trovare i Libri Neri, lasciati qua e là da quel 'Simpaticone di Daedra' ed acquisire così il potere e la conoscenza necessari.
Avevo già incrociato lo sguardo di quel mostro su Skyrim, fin da allora gli dissi gentilmente che non intendevo diventare un suo servitore, ma a quanto pareva Lui aveva già deciso che gli interessavo.
Dei, Demoni: bravo chi li capisce!

 

Sospiro, mi rendo conto che a mala pena riesco a reggere la penna.
La stanchezza all'improvviso mi impone di fermarmi. Lascio la scrivania per bermi un sorso di idromele, osservando da breve distanza il piccolo diario sgualcito sul quale sto scrivendo queste righe di poco conto. Dalla finestra semiaperta mi accorgo che si è fatto davvero tardi.
A quanto pare è giunto il momento di prendermi una piccola pausa...






Pensieri a mezz'aria...

Per prima cosa un salutone e grazie per essere arrivati/e fino in fondo.
Che dire? Spero che la scelta di fare capitoli brevi, non venga presa troppo male:
per ora è l'unico modo che mi è venuto in mente per non appesantire troppo la narrazione in prima persona.
Questo primo capitolo in particolare, voleva essere una breve presentazione del mio "scazzatissimo" (scusate il termine) Sangue di drago :)
Salvo imprevisti, pubblicherò il secondo la settimana prossima ^_^
Ciao ciao

 

 





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