L’Armatore, alias Arlo Ibanez. Un figlio di buona donna
argentino...in poche parole, un tedesco parecchio abbronzato.
Se ne stava comodo sulla sua barchetta a prendere il sole,
bevendo piňa colada ghiacciata.
La ‘barchetta’ era un panfilo di sette metri più o meno,
ormeggiata nella baia di Campeche.
Maret lo conosce molto bene: è lo sfruttatore di Pepita e
suo cliente.
Anche lui la conosce...in verità, avrebbe voluta conoscerla
meglio, ma un paio di calci ben assestati nelle basse sfere, gli avevano fatto
passare tutti i bollenti spiriti.
Arlo ha una sottile avversione per le brave ragazze e tutto
ciò che non si può essere comprato con i soldi. La crackhouse di Veracruz si riforniva direttamente da Jeriko, finché
una partita di coca mal tagliata aveva steso un paio di ospiti nell’ultima
festa. Vallo a spiegare alla polizia!
Contratto rescisso, parole grosse e spacconate varie erano
volate fra i due uomini, fino all’inevitabile minaccia di morte.
Maret conosceva tutta la storia attraverso Pepita. La ragazza
si confidava con lei quando non ce la faceva più. “Ti abitui a farlo, dopo un
pò neanche ci fai più caso.” Le diceva con voce stanca nel bar di Al, il
barista dalla voce gutturale.
Il disprezzo per Durante si era acuito in Arlo, quando gli
aveva rispedito la sua ‘migliore ragazza’ in una cassa, con un bigliettino
sarcastico allegato.
La sua fonte di reddito era stata fatta a pezzi e imballata.
Ibanez non l’aveva apprezzato. Trattava molto bene le sue ragazze e pretendeva
che anche i clienti facessero lo stesso.
Lo scherzo non gli era piaciuto per niente.
Maret camminava sul molo sotto il sole cocente, guardando le
varie bagnarole ormeggiate che si muovevano lentamente nel mare azzurro.
Era facile individuare la ‘ Punta d’oro’. Il coglione aveva
issato una bandiera da pirata divertendosi un mondo a far incazzare la guardia
costiera.
Con agilità si mosse sul pontile bagnato, calandosi in un
gommone arancione e dirigendosi verso la barca.
Eccolo la, quel fesso! Pensò Maret vedendolo stiracchiarsi
al sole. Legò il gommone ad un’apposita cima, salendo le scalette di ferro
strette.
“Ciao Arlo” mormorò con un sorriso seducente.
L’uomo sollevò appena la testa e tornò nella posizione
originale. “Che vuoi?” le chiese sgarbatamente, posando il bicchiere ormai vuoto
sul pavimento lustro “togliti quelle scarpe, mi rovini il ponte” le disse
passando una mano dietro la testa e sospirando.
Con un sorriso divertito Maret obbedì ...quella cafonaggine
le ricordava molto Natt. Peccato che Arlo mancasse del suo senso dell’umorismo.
“Mi serve un favore” gli disse secca, mettendosi davanti a
lui e togliendogli il sole.
“Crepa” le rispose inforcando gli occhiali scuri.
“Non sei gentile con me!” esclamò la ragazza con voce
divertita.
“Non da quando mi hai preso a calci sulle palle!” sbottò
nervoso.”Chi ti ha invitata? Togliti di torno!”
Maret si sedette sul bordo lucido della barca dondolandosi
tanto da cadere quasi in acqua. “Voglio fare fuori Jeriko” mormorò secca.
Arlo si sollevò sui gomiti guardandola “hai catturato la mia
attenzione, donna...continua”
Maret fissò il volto scavato dell’uomo dai lineamenti
affilati. Sembrava che l’avessero scolpito con l’accetta. I corti capelli
castani si muovevano alla brezza del vento. Tirò indietro gli occhiali
piantando due occhi grigi nei suoi “allora? Sto aspettando” la incitò osservandola
“e togliti quegli occhiali” le disse secco.
Con un gesto scocciato Maret se li tolse mostrando un occhio
nero “vuoi anche vedere i lividi?” domandò sarcastica tirando su una manica
della lunga maglietta che portava. Stava morendo di caldo, vestita in quel
modo!
Arlo la guardò sfrontato “cos’è? Hai preso a calci anche lui
e te l’hanno date per questo?” le chiese sarcastico sdraiandosi nuovamente
sull’asciugamano celeste.
“Fai poco lo stronzo! Mi hanno bruciato i campi e la casa!”
sbraitò Maret incazzata. Si mosse fino a lui abbassandosi per guardarlo “adesso
chi ti rifornisce di roba, eh cazzone?”
Arlo guardò il bel volto di Maret attraverso le lenti scure.
Con un gesto pigro li spostò fissandola freddo “questo non va bene” mormorò
serio “Quando è successo?”
“Stamattina”
Si spostarono all’interno della cabina. Faceva un bel
fresco.
L’arredamento lussuoso del panfilo era decisamente esagerato
anche per lei. Si sedettero uno di fronte l’altro estremamente seri.
“ Che gli hai fatto?” le chiese allungandole una
bottiglietta d’acqua. Sapeva fin troppo bene che Maret non beveva: aveva
provato a farla ubriacare per portarsela a letto e, sebbene alticcia, aveva
rimediato una giusta punizione da quella strana donna che non parlava mai di
sé.
Tutte le donne amano chiacchierare di se stesse...quella no!
Arlo dubitava fortemente che Valerie fosse il suo vero nome.
“Sono entrata dentro casa sua e gli ho fatto fuori un botolo
pulcioso scodinzolante e un po’ di uomini.” Maret era il ritratto della serietà mentre lo diceva.
Lo fece scoppiare a ridere “se l’è presa più per il cane,
che per quei quattro coglioni che si porta appresso!” commentò bevendo una
birra e sorridendo.
“Mi sei piaciuta, Val!” esclamò brindando contro la sua
bottiglietta d’acqua.
Maret ridacchiò compiaciuta “farei volentieri fuori lui!”
“Comunque...di cosa hai bisogno? Che posso fare per te?”
La domanda era ‘vagamente’ a doppio senso: Maret sapeva
benissimo dell’attrazione che esercitava sull’ uomo. Restò a giocherellare con
il tappo bianco, svitandolo e riavvitandolo continuamente soprappensiero “mi
servono armi e uomini…tanti uomini. I migliori che riesci a trovare!”
Arlo la fissò a lungo, soppesando la richiesta “prima devi
dirmi che sei in realtà, che lavoro fai e la tua posizione preferita”
Maret scoppiò a ridere “mi ricordi uno che conosco..”
commentò scuotendo la testa.
“Non sto scherzando…vuoi uomini e armi? Bene...do ut des, zucchero. L’hai visto
quel film, no?”
Si appoggiò al divanetto lungo aspettando.
Quel pazzo faceva sul serio! ”Cosa ti interessa? Un nome
vale l’altro, idem per il lavoro. Inoltre non penso riuscirai mai a portarmi a
letto…quindi..”Maret sorseggiò la sua acqua tranquillamente.
Il suo sguardo fisso la irritava più di qualsiasi altra
cosa!
“Sull’ ultima cosa non ci giurerei..” le disse sorridendo
invitante “non si può mai sapere, nella vita”
La ragazza si irrigidì per un momento. Arlo era un gran
bell’uomo e lei a stecchetto da mesi!
Il ricordo di Jesus era troppo vivo per concedersi qualche
avventuretta senza importanza.
“Mi chiamo Maret…” gli disse tutto insieme.
“Bel nome...francese..”commentò aspettando il resto “va
avanti..”
Maret si alzò e cominciò a passeggiare su e giù “lavoravo in
un casa di moda..”
“Non si direbbe!”esclamò l’uomo guardando i capelli e
l’abbigliamento trascurato.
“La gente cambia, Arlo..”gli disse triste “più di quanto
immagini..” finì a bassa voce rivolta a se stessa.
“Non ne dubito”
Maret si voltò a guardarlo...la stava prendendo in giro?
“Una cosa devi sapere di me, prima di continuare a fare lo
spiritoso..” lo minacciò dura.
Ibanez la interruppe con un cenno “non faccio lo spiritoso,
Pepita parla molto di te..” le disse
tranquillo “continua..”
La donna parlava di lei? E che gli diceva?
Maret restò un attimo indecisa “sono un’assassina a
pagamento e sono schifosamente brava in quello che faccio” sbottò guardandolo
negli occhi. “mi danno un sacco di sordi per far fuori la gente...ho così tanto
denaro che non so cosa farci!”
Arlo sbuffò divertito “spremiti le meningi, qualcosa
troverai”.
“Sei accontentato, ora dammi un po’ dei tuoi uomini” gli
disse cercando di scansare l’ultima domanda.
“Non ha finito...la tua posizione preferita?” le domandò
posando la lattina vuota in terra.
Maret ebbe un moto d’isteria “Cosa te ne frega?! Che croce
che sei!”
“Si capiscono tante cose ..” le disse guardandola “credimi,
sono un esperto!”
Maret sorrise sarcastica “non ne dubito!”
Il silenzio calò nella cabina mentre Arlo aspettava che
Maret si decidesse a parlare. Si udivano solo gli stridii dei gabbiani e
qualche sirena lontana “scegline una qualsiasi...per me sono tutte uguali”
Gli disse bruscamente appoggiandosi alle scalette.
Flashback di lei e Jesus abbracciati le tornavano in mente
spesso…figurati se parlava di sesso con quel tipo!
“Chi è lui?” le chiese all’improvviso.
“Non c’è nessuno” rispose secca guardando in terra.
Lo sentì sospirare divertito. Lo vide alzarsi e dirigersi
verso di lei. La spinse di lato e si sedette sulle scalette ai suoi piedi “quanti
uomini ti servono?” le chiese senza guardarla.
“Una ventina più o meno… esperti del settore sarebbe meglio”
gli disse in fretta. Strano che rinunciava a provarci...aveva sicuramente in
mente qualcosa.
“Ok...allora vieni domattina a casa mia”
Maret annuì “devo anche trovarmi un posto per dormire…cazzo,
m’ha bruciato casa!” esclamò infuriata e con le lacrime agli occhi.
Arlo si girò a guardarla con un sorriso malizioso “ho un
letto molto spazioso” le disse alzando le sopracciglia.
“Piuttosto dormo in strada!” sbottò Maret arrabbiata.
Si alzò in piedi risalendo le scalette in fretta. Il sole
cocente l’ aggredì violentemente facendola barcollare un attimo. Tirò su le
maniche lunghe dirigendosi verso il gommone. La voce imperiosa di Ibanez la
arrestò mentre scendeva i gradini di ferro.
“Ho un sacco di camere per gli ospiti e hanno tutte una
chiave” Le disse serio “L’indirizzo lo sai”
Maret lo guardò scettica “ Grazie Arlo…ci penserò su”
Si fermò al primo motel che trovò. L’offerta di Ibanez
l’aveva allettata ma non le andava di doverlo prendere nuovamente a calci. Si
fece una doccia fresca. I lividi le facevano male ma non erano niente, rispetto
alla rabbia che provava per l’affronto che aveva dovuto subire da quei tre
stronzi. Jeriko non si sporcava mai le mani di persona, mandava sempre qualcuno
al posto suo. Così ne usciva lindo e innocente come un bebè col pannolino
nuovo.
Si sedette sul letto avvolta da un asciugamano. Quanto le
mancava…si sdraiò sul materasso fin troppo morbido per i suoi gusti e sospirò.
Arlo l’attraeva…anche troppo. Ma ogni volta che lo
incontrava il paragone con Jesus si faceva immediato. Non c’era lotta. Jesus ne
usciva sempre vincente.
Si sforzò di non pensarci più. Dimenticalo Maret…fa parte
del passato.
Chiuse gli occhi respirando a fondo…immediatamente un flashback
la aggredì violentemente: Jesus la guardava con un sorriso dolce continuando a
baciarla sulle guance accaldate.
Un singhiozzo le scappò dalle labbra, un torrente di lacrime
le inondò il viso e la costrinse a raggomitolarsi su se stessa.
La mattina dopo si recò a casa di Ibanez.
Una brutta sensazione la aggredì facendola fermare appena in
tempo..vide due macchine che ben
conosceva che si allontanavano in fretta dal cancello. Si nascose
aspettando.
Quando fu sicura entrò in punta dei piedi. Una lunga
strisciata di sangue sul muro la fece rabbrividire...troppo silenzio...non le
piaceva. Strinse l’unica pistola che le era rimasta e guardò ai suoi piedi i
cadaveri freschi.
Come l’aveva saputo, quel bastardo?!
Un grugnito di rabbia le uscì dalla bocca contratta. “Arlo! Arlo!”
gridò entrando in tutte le stanze.
Un debole gemito la costrinse a girarsi. Con delicatezza
alzò il volto dell’uomo dal pavimento insanguinato.
“Ciao zucchero...ti sei persa una bella festa..” borbottò
sorridendole appena.
“Stamattina si sono presentati e hanno cominciato a sparare
come pazzi...mi sa che non ti posso più aiutare, tesoro..” le disse mentre
Maret tratteneva il fiato
“Adesso ti porto all’ospedale..” decise girandolo
delicatamente. La scena raccapricciante che le comparve sotto gli occhi, la
fece gemere: se avesse tolto quella mano gli intestini gli si sarebbero
rovesciati in terra!
“Arlo...mi dispiace tanto..” bisbigliò tirando su col naso.
Posò la pistola a terra e lo abbracciò.
“Pure a me...”
gemette l’uomo prima di morire tra le braccia della ragazza.
Maret lo posò gentilmente a terra riprendendo la pistola.
Adesso era costretto a farlo...doveva chiamare gli
specialisti!