Ehm…
*Fissa la data dell’ultimo
aggiornamento* 31
marzo….
I’M
SO SORRY! I APOLOGIZE!!!!!
T_T Real life sucks! Lavoro, studio e lavoro…. E mai
‘na gioia!
D’ora
in avanti cercherò di
pubblicare almeno una volta al mese, comunque non preoccupatevi,
c’è un canovaccio
fatto e finito, ma a volte non so come riempire un capitolo (e infatti,
il the
day after dei due sposini in questo capitolo è stato
difficile da immaginare,
almeno per me) e per questo il tempo di pubblicazione lievita
… ma giuro che
questa storia s’ha da finire e finirà!
E
dopo sta paraculata, vi auguro
buona lettura.
CAPITOLO
6
Svegliarsi,
quella mattina, fu
un’impresa più ardua del solito. Elsa aveva dolori
dappertutto, e soprattutto
una forte emicrania che martellava più forte non appena la
donna accennava a
muoversi.
Era
sola nel letto; il verme si
era dileguato prima del suo risveglio, con sommo sollievo di Elsa, che
non
volle guardare per più di un secondo le fredde lenzuola
coperte di sangue. Sì,
ricordava di aver ferito il verme con una stalattite di ghiaccio, ma
non se ne
curava. Se avesse voluto restare incolume, avrebbe potuto risparmiarsi
di
metterle le mani addosso.
Elsa
voleva uscire al più presto
da quella stanza, teatro della peggiore delle esperienze che era stata
costretta a vivere; allo stesso tempo, aveva timore di cosa avrebbe
dovuto
affrontare, al di là della porta. Ma non aveva scelta. Non
sapeva che ora
fosse: sebbene non avesse mai mancato al suo dovere di essere
mattiniera per
seguire gli affari di Stato e le riunioni con i suoi ministri, quella
mattina
tutto era passato in secondo piano.
Doveva
raggiungere la sorella.
Con il verme in giro per il castello, Elsa sentiva di dover vegliare
con
maggior attenzione su Anna. Dopo quella notte, sentiva tutte le sue
certezze e
la sua stessa sicurezza ridotte a un cumulo di foglie secche portate
via dal
vento. Non voleva più sottovalutare niente che avesse a che
fare con Hans:
aveva ridotto Elsa uno straccio, cosa avrebbe potuto fare a sua
sorella, se
fosse lasciato libero di agire come gli pareva?
Con
quei pensieri angosciosi,
Elsa si impose di alzarsi e vestirsi. Si diresse verso la sala da
pranzo dove
lei e Anna erano solite consumare la colazione assieme.
Trovava
desolante sapere che,
d’ora in avanti, non avrebbero più potuto
condividere da sole il piacevole
pasto del mattino.
***
“Principe
Hans, almeno per
qualche giorno dovrete limitare i movimenti al braccio, per non
lesionare
ulteriormente i tessuti del muscolo. È una fortuna che
… ecco … la stalattite
non abbia colpito l’articolazione della spalla. Entro una
settimana vi verranno
rimossi i punti. Verrò a disinfettare la ferita ogni giorno
e vi cambierò
personalmente il bendaggio”.
Il
principe Hans, si era limitato
a chiedere i servizi di un medico e a spiegare a
quest’ultimo, in tono
asciutto, che era la ferita era stata conseguenza di un incidente con
la
moglie, cosa che, in assenza di ulteriori spiegazioni, ebbe
l’infausta
conseguenza di venire considerato un giochetto erotico finito male. Il
medico
di corte era perplesso per la dinamica dell’incidente del
consorte della sua
regina, ma sapeva essere molto discreto e si era limitato a curare con
perizia
la ferita e a togliere il disturbo.
Hans
si fece aiutare a
riabbottonarsi la camicia – ignorando lo sguardo malizioso
del paggio sui
graffi che ricamavano la schiena del principe – e si fece
condurre alla sala da
pranzo.
***
“Elsa, ti ho
aspettato per un’ora intera! Come
mai ci hai messo tanto?” Anna si avventò con
sguardo preoccupato sulla sorella,
stranamente pallida e costretta in uno strano contegno.
“Non
hai fatto ancora colazione?
Potevi cominciare senza di me!” esclamò pacata la
sorella maggiore, in un
penoso tentativo di sottrarsi a un’indagine di Anna. Sapeva
essere molto
insistente, quando voleva.
“Che
mi importa della colazione,
ti stavo aspettando per sapere come stai, non per riempirmi la pancia
di
croissant!”.
“Ma
ora che sono qui, che ne
diresti di iniziare subito a mangiarne uno?” Elsa si
precipitò al suo posto a
tavola e prese in fretta un croissant dal vassoio, aprendolo in due, ma
senza dar
segno di volerlo mettere in bocca.
“Allora?”
chiese Anna mentre
prendeva posto vicino alla sorella.
“Allora
cosa?” chiese
nervosamente la regina.
“Elsa…
niente più segreti. Me
l’avevi promesso”.
“Formula
la domanda e forse saprò
darti una risposta” sospirò rassegnata la
maggiore; rassegnata a raccontare una
menzogna che avrebbe messo il cuore in pace la sorellina, ovviamente.
“Beh…”
all’improvviso Anna non
sapeva cosa dire.. o meglio, come
dirlo. “Anzitutto … stai bene?”.
“Potrei
stare meglio” rispose
Elsa in tono piatto. Era la verità, dopotutto.
“Non
hai l’aria di aver dormito
molto” proseguì l’altra con titubanza.
“Grazie
Anna” replicò mantenendo
la piattezza nel suo tono di voce.
“Quel
verme ha disturbato il tuo
sonno?” continuò con voce lievemente alterata.
Scusa, che sta dicendo adesso?!
La perplessità della regina non
trovò mai voce: la conversazione delle
sorelle venne interrotta dall’ingresso nella sala del verme.
Il
principe Hans non aveva il suo
solito sorrisetto beffardo, piuttosto un’espressione
imperscrutabile, ma per le
sorelle non faceva alcuna differenza: la sua presenza era fonte di
innegabile
fastidio per entrambe.
Senza
una parola, il principe si
sedette al tavolo, dove gli venne servito il tè dalla
cameriera.
Non
si sentì volare una mosca per
tutta la durata della colazione.
Il
tè era freddo ma nessuno osava
lamentarsi.
***
Per
Anna fu penoso veder andar
via la sua sorellona fianco a fianco con il verme, pronti a prendere
parte alle
riunioni del mattino con il suo – ormai il
loro – staff di ministri. Era stata Elsa stessa a
non chiedere pause che
potessero anche solo essere scambiate per una luna di miele –
ufficialmente,
per poter mettere al più presto in atto contromisure
efficaci alla crisi
economica, oltre che per mostrare ai sudditi un basso profilo per
rispetto alle
difficoltà finanziare della maggior parte della popolazione
… ufficiosamente,
perché non aveva proprio intenzione di stare da sola col
verme pure di giorno,
quando aveva clamorosamente fallito il tentativo di scrollarselo di
dosso (in tutti i sensi) almeno di
notte.
Anna
avrebbe potuto andare con
loro, ma non era obbligata a farlo. In realtà, era fin
troppo afflitta per
poter fingere serenità agli occhi del mondo (come facesse
sua sorella a esibire
una faccia da poker così perfetta sarebbe rimasto sempre un
mistero per lei) e aveva
preferito raggiungere Kristoff fuori dal castello.
Attese
pazientemente che l’amico
concludesse le operazioni di scarico del ghiaccio raccolto dalla sua
squadra di
lavoratori e di pronta consegna alle imbarcazioni dirette verso le
isole e le
altre zone di Arendelle più distanti dalle montagne.
Kristoff
restava sempre il
giovane ragazzone serio e affidabile, un po’ troppo grezzo
per l’educazione
raffinata che Anna aveva ricevuto fin da piccola, ma era comunque un
modello di
lealtà e bontà che la principessa ammirava
enormemente – dopotutto aveva
imparato l’amara lezione di come dietro modi cortesi e
leziosi potesse
nascondersi una mente malvagia, quindi non avrebbe più fatto
l’errore di
giudicare dalle apparenze. Tuttavia la principessina non era cieca: la
responsabilità che il nuovo ruolo di Mastro consegnatore di
ghiaccio di
Arendelle comportava aveva conferito al giovane una compostezza meno
“zotica”, affinata
dall’impossibilità di poter sfuggire ai contatti
umani. L’obbligo di contattare
fornitori, commercianti e locandieri, e contrattare con loro in modo
più
professionale rispetto a come si era comportato l’ultima
volta con il
commerciante dell’Emporio Querciola Vagabonda, aveva fatto
miracoli sulla
socialità del ragazzo, passato così dallo status
di “troll umano dall’odore un
po’ ruspante” ad “animale sociale
più o meno addomesticato”. Riservato, timido,
ma almeno non più burbero come un tempo.
“Con
questo caldo, se si
togliesse la maglia, sarebbe una visione celestiale!”
Aspetta, che?
No,
non l’aveva pensato lei. Non
aveva detto una cosa del genere ad alta voce perché non
l’aveva pensata lei –
anche se la frase era dannatamente vera!
Anna
si voltò sorpresa verso la
direzione della voce dal tono ammirato e malizioso e rimase sorpresa
dall’essere così vicina a una donna che stava
osservando con interesse il
montanaro. Ma quando si era avvicinata? E come aveva fatto a non
accorgersene?
Forse aveva contemplato l’amico
un
po’ troppo intensamente …
“Non
trovate anche voi,
principessa Anna?” chiese la sconosciuta, mostrando di sapere
che si trovava al
cospetto della principessa di Arendelle e tuttavia abbastanza incurante
del
protocollo, dato che si permetteva di rivolgersi in modo
così diretto a una
nobile, peraltro senza presentarsi. Non che ad Anna facesse fastidio
tale schiettezza,
visto che era anche una sua caratteristica (la punta di fastidio,
semmai, era
per come la donna stava guardando
il suo Kristoff) eppure, a prima
vista, si
sarebbe istintivamente aspettata un atteggiamento più
raffinato.
Non
aveva dubbi di trovarsi
davanti a una nobile, e non solo per il vestito che indossava, di
tessuto
pregiato e foggia elegante, ma anche … non sapeva come
definire la sensazione,
la percepiva come una persona che avrebbe dovuto essere una maestra di
bon ton
e se ne fosse dimenticata. Non riusciva a spiegarsi tale
perplessità.
“Ehilà,
c’è qualcuno in casa?”
proseguì divertita la donna, passandole una mano a pochi
centimetri dalla
faccia, come a voler richiamare la sua attenzione.
L’educazione,
questa sconosciuta.
Ma Anna non giudicava male la ragazza per questo motivo. Oddio, il
fastidio
rimaneva, leggero e in fondo alla sua coscienza, ma continuava a
credere fosse
solo per gelosia.
“Sì,
sono presente!” che cavolo di
risposta …
“Mi
fa piacere!” rise la donna
distogliendo lo sguardo.
“Voi
mi conoscete?”. Anna aveva
passato molto tempo fuori dalle mura del palazzo reale, e conosceva la
gente
del porto e quella che viveva relativamente vicino conosceva il volto
della
principessa e la salutava con deferenza. Nei giorni precedenti al
matrimonio di
sua sorella, Anna aveva incontrato un sacco di volti nuovi; il giorno
stesso
del matrimonio poi era stata costretta a salutare e ricevere inchini e
riverenze da tanti di quei nobili del proprio Paese e dei Regni
confinanti da
non aver nemmeno il ricordo dei loro volti. Era quindi più
che probabile che la
sconosciuta fosse una forestiera e Anna aveva bisogno di inquadrarla
per
proseguire la conversazione.
“Direi
di sì, dato che vi ho
salutata durante il ricevimento di nozze di vostra sorella”
rispose tranquilla
e per nulla piccata dalla dimenticanza di Anna, cosa che avrebbe potuto
offendere a morte qualche altra nobile.
“Sono
spiacente, ieri ero
piuttosto … confusa” cercò di togliersi
d’impaccio con una mezza verità. Di
fatto, tutta la sua attenzione era rivolta alla sorella, non gliene era
importato un fico secco degli invitati che erano lì solo per
far scena.
“Parola
mia, sembravate più che
confusa” ribattè con superficialità la
donna. “Avevate l’aria di partecipare a
un funerale, anziché a un matrimonio. Almeno in tre si erano
chiesti ieri sera
se avevate qualche problema serio. Detto tra noi” si
avvicinò ad Anna col busto
“dovreste imparare a nascondere meglio le vostre emozioni.
L’ambiente in cui
vivono i nobili non consente di esprimere liberamente i propri
pensieri”.
“Io
sono ciò che sono! Non voglio
nascondermi!” esclamò Anna, indignata non solo dal
tono di confidenza che si
era presa la donna (insomma, ancora non sapeva chi diavolo fosse!) ma
anche
dall’insinuazione che tutti recitassero e si aspettassero che
lei facesse
altrettanto.
La
sconosciuta fece spallucce “In
tal caso, aspettatevi di cadere nei tranelli di altre persone. Forse
gli
inganni di mio fratello non vi hanno insegnato abbastanza bene la
lezione”.
Aspetta, CHEEEE???
La
donna accennò una breve
riverenza “Principessa Lene delle Isole del Sud. Sorella del
Principe Hans e
cognata di Vostra sorella, la regina Elsa. Di nuovo, piacere di fare la
vostra
conoscenza”.
A
proposito di educazione e
compostezza tra nobili, ora toccava d Anna dare sfoggio di
sé: le si allentò la
mascella. Ecco spiegato
perché si
sarebbe aspettata maggior compostezza ed eleganza dalla sconosciuta:
somigliava
al verme, maestro nel mostrare modi garbati e cortesi,
l’eleganza fatto uomo!
La
ragazza teneva i lunghi, lisci
e ramati capelli sciolti dietro le
spalle, aveva leggeri lentiggini proprio come il verme, ma per il resto
le
mancavano i tratti virili (per fortuna, eh!) nel volto e nel fisico,
più
sottile e minuto. Ed era più vecchia di Hans, forse di una
decina d’anni. Ma
scusa, Hans non aveva detto di avere solo
fratelli? Dodici, per l’esattezza?
Incurante
della reazione di Anna,
Lene si azzardò ad allungare la mano verso la principessa,
chiudendole
dolcemente la bocca sospingendo il mento verso l’alto. Altro
strappo del
protocollo inammissibile in una situazione formale.
“Pensate
che vostra sorella
accetterà di concedermi un’udienza?”.
***
Hans
aveva tradito un certo
fastidio nel vedere la sorella comparire a palazzo accompagnata da
quella
stupidina di sua cognata, ed era rimasto ancor più
contrariato quando
quest’ultima si era rivolta a Elsa, non
a
lui, chiedendole ospitalità nel Regno di
Arendelle. Fortunatamente la
mogliettina non sembrava disponibile ad avere Lene tra i piedi
più di quanto lo
fosse lui. Lo aveva bellamente ignorato per anni, continuava
a farlo, e chiedeva ospitalità? Sfacciata!
“E
la vostra famiglia ha acconsentito
alla vostra permanenza nel mio Paese?” domandò
lievemente infastidita la
regina.
Lene
abbozzò un sorrisetto mentre
rispondeva “I fratelloni non si sono nemmeno accorti che sono
scesa alla
chetichella dalla nave questa mattina, Maestà. Dovete sapere
che l’aria a casa
mia si sta facendo … un po’ pesante …
per una sorella zitella” proseguì
guardando per una frazione di secondo il fratellino a fianco della
consorte.
“Come
se fosse il tuo restare
nubile il problema” commentò asciutto Hans.
“Non
credo sia una buona idea che
restiate senza aver prima informato la vostra famiglia” disse Elsa con tono
apparentemente
indifferente (ma chissà come, i quattro avevano intuito che
era tutta una
scusa. Un verme a palazzo era più che sufficiente) e
ignorando volutamente le
parole del neo marito.
“Quando
avrete il permesso dei
vostri regali genitori, sarete la benvenuta” concluse la
regina in tono
definitivo che non ammetteva repliche.
Lene
non fece in tempo a
mostrarsi abbattuta che il fratello girò i tacchi e fece per
uscire
rapidamente.
“Hans,
dove vai?” chiese la
sorella.
“A
inviare un messaggio alla
nostra famiglia. Se faccio in fretta, magari riesco a far tornare
indietro la
nave prima che arrivi al porto delle Isole del Sud”.
“Nuuuu fratellino, non rimandarmi da
quelli là!” esclamò Lene in
tono di supplica.
“Da
quelli là ci sono stato
io controvoglia, da quelli là
ci resti tu. Non abbiamo bisogno di svitati piromani, qui
ad Arendelle”.
“Cattivo!!!”
si lamentò la
sorella, vicina ad iniziare a fare i capricci come avesse cinque anni
(invece,
s’è saputo durante il colloquio coi nuovi sovrani
di Arendelle, la donna aveva
trentun anni, sette anni più di Hans).
“Non
si direbbe che tra i due
fratellini scorra buon sangue” commentò sottovoce
Elsa rivolta solo ad Anna,
ignorando i battibecchi dei due fratelli.
“Se
almeno una delle cose che mi aveva
detto il verme in passato è vera, pare che i fratelli
maggiori non lo avessero
mai trattato bene, povero piccolo” commentò
acidamente quest’ultima.
“Ah
davvero? Se le cose stanno davvero
così …” Elsa alzò la voce,
in modo che i fratellini adorati sentissero, e si
rivolse a Lene “Benvenuta ad Arendelle cognata. Spero ti
troverai bene qui al
castello”
“Ma
Elsa!” esclamarono in coro,
sorpresi, Anna e Hans.
“Sìììììì!”
esclamò improvvisamente
contenta la principessa (ma le lacrime di due secondi fa
dov’erano finite?) che
non trovò niente di meglio da fare che rompere nuovamente il
protocollo:
abbracciò di slancio Elsa, sotto lo sguardo sbigottito di
fratello di lei e
sorella dell’altra, nonché della regina stessa.
“Sei
la mia cognata
preferita!!!!!” trillò felice Lene.
|