Demons of light and darkness

di Ella Rogers
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Incubo
 
Era in un corridoio.
Piccole luci al neon fissate al soffitto illuminavano il pavimento coperto da lucide piastrelle bianche e le candide pareti. Su entrambi i lati c’erano porte di acciaio.
Provò ad aprirne qualcuna, ma erano tutte bloccate.
Il silenzio era assordante.
Riusciva a sentire il suo cuore palpitare. La fronte era imperlata di sudore e respirare era faticoso.
Un’ondata di brividi prese a scuotergli il corpo e percepì lo stomaco contorcersi.
Aveva paura. Era terrorizzato. Sentiva il bisogno di gridare.
Si portò le mani tra i capelli e strinse forte gli occhi per cacciare via le lacrime. Inspirò ed espirò profondamente, sperando di riuscire a calmare il cuore impazzito.
 
“Basta.”
 
Un sussurro gli risuonò nelle orecchie. Alzò il capo e con gli occhi sbarrati si guardò più volte intorno, confuso.
Non c’era niente. Era solo. Nessuno poteva aiutarlo.
Non si spiegava il perché, ma il desiderio di chiamare aiuto gli stava mordendo il cuore, il cui battito aumentava istante dopo istante.
Deglutì, sentendo la gola secca.
 
“Vi prego. Basta.”
 
Ancora un sussurro.
Avanzò titubante di qualche metro, verso la luce abbagliante che proveniva dalla fine del corridoio. Alle sue spalle c’era solo il buio, che lo seguiva ad ogni passo.
 
“Lasciatemi stare. Fermi.”
 
Adesso la voce era più chiara. Era la voce di una donna, ne era certo.
Aumentò il passo, facendo profondi respiri. Piccole gocce di sudore gli solcavano la schiena. Le mani tremavano appena.
 
“Vi scongiuro! Basta!”
 
La donna gridava. Gridava forte.
Iniziò a correre, mentre il battito del cuore accelerava ulteriormente, stordendolo.
La luce abbagliante si dissolse e al suo posto comparve una porta d’acciaio più grande delle altre. Pose la mano sulla maniglia e la spinse verso il basso.
La porta si aprì silenziosamente.
Tutto era dannatamente silenzioso. Ed era un silenzio irreale.
 
Si ritrovò in una piccola stanza completamente bianca, il cui odore di disinfettante gli pungeva le narici.
Quattro uomini con indosso camici bianchi erano radunati intorno a quella che pareva una lastra di metallo, sospesa a un metro da terra. I loro volti erano coperti da mascherine candide ed impugnavano siringhe e bisturi come fossero coltelli.
Rimase immobile per qualche secondo, prima di muovere qualche passo verso di loro, che parevano non averlo minimamente notato.
 
“Basta. Fermi.”
 
La voce proveniva dalla lastra metallica ed era carica di disperazione e paura. Ascoltarla supplicare gli provocava un forte dolore al cuore.
Non riusciva a vedere a chi appartenessero quelle preghiere, poiché le figure austere dei dottori gli coprivano completamente la visuale.
Ma prima che potesse anche solo avvicinarsi per guardare il volto della donna, sentì un stilettata di dolore alla testa e poi ci fu il buio.
 
Quando riaprì gli occhi, si ritrovò sulla stessa lastra da cui proveniva la voce.
Era completamente nudo, ad eccezione di un telo bianco che gli copriva l’inguine e che cadeva morbido sui fianchi. Rabbrividì, percependo il freddo metallo sulla pelle. Le tempie pulsavano e il fischio nelle orecchie lo costringeva a scuotere la testa violentemente. I polsi e le caviglie erano bloccati da anelli di acciaio. Cercò di liberarsi con degli strattoni, ma ottenne il solo risultato di ritrovarsi polsi e caviglie sanguinanti.
I quattro uomini entrarono nel suo campo visivo e gli mancò il fiato alla vista delle orbite vuote sui loro volti. Uno di essi avvicinò il bisturi al suo petto nudo e gli squarciò la pelle. Gli altri si avventarono sull’addome, sulle gambe e sul viso.
Gridò forte.
Il sangue usciva copioso da ogni parte del suo corpo martoriato.
Gridò ancora e ancora, fino a perdere la voce.
Le lacrime gli rigarono il volto, sfigurato dal dolore. La vista era offuscata dalle lacrime e dal sangue, mentre il fischio nelle orecchie cresceva d’intensità, inducendolo a tenere gli occhi serrati.
 
“Basta. Fermi.”
Il suo fu un laconico grido strozzato. La bocca era pervasa dal sapore ferroso del sangue. Conati di vomito gli risalivano lungo la gola, bloccandogli il respiro.
Continuava a piangere e violenti singhiozzi gli scuotevano il corpo, mentre i dottori, orribili carnefici privi di identità, infierivano sadicamente su di lui.
Voleva morire.
Perché non moriva? Perché rimaneva cosciente?
 
“Vi prego. Basta” sussurrò.
 
Poi l’oscurità lo avvolse.
 
 
 
                                                       ***
 
 
 
Steve sbarrò gli occhi e si mise a sedere.
Ansimava, mentre il cuore pareva volergli uscire dal petto. Era fradicio di sudore e la testa gli doleva talmente tanto, da impedirgli di tenere gli occhi aperti. Le lenzuola erano attorcigliate disordinatamente al suo corpo e si rese conto di stringerle con forza tra le mani.
Un incubo. Solo e soltanto un incubo.
In bocca percepì uno strano sapore salato.
Aveva pianto. Era la prima volta che gli accadeva. Aveva incubi tutte le notti, ma mai nessuno di essi lo aveva stravolto così. Gli era sembrato maledettamente reale ed ancora riusciva a percepire il terrore scorrergli nelle vene.
 
E quella voce …
 
Scosse la testa, ma se ne pentì all’istante, quando un capogiro lo fece ricadere disteso sul letto bagnato dal suo stesso sudore. Lanciò un’occhiata alla piccola sveglia digitale posta sul comodino di fianco al letto: mancavano pochi minuti alle tre.
Doveva farsi una doccia e cambiare le lenzuola, così poi avrebbe potuto - o almeno ci avrebbe provato - dormire un po’.
Prese un respiro profondo e si alzò dal letto, evitando movimenti troppo bruschi. Una volta in piedi, si diresse verso la porta della camera e spinse l’interruttore alla sua destra. La luce che si propagò nella stanza lo intontì per qualche secondo, accecandolo. Si portò le mani al viso e si stropicciò gli occhi, che pizzicavano a causa delle lacrime versate. Abituatosi alla luce, con movimenti stanchi e lenti, tolse le lenzuola e la fodera del cuscino bagnate e le sostituì con quelle fresche di bucato.
Si trascinò poi in bagno, dove incontrò il proprio riflesso nello specchio sopra il lavandino. I capelli biondi erano arruffati ed alcune ciocche erano appiccicate alla fronte sudata. Gli occhi azzurri erano gonfi, quasi come se qualcuno li avesse presi a pugni, e talmente arrossati da bruciare.
Steve sospirò e si passò una mano tra i capelli. Velocemente si svestì e per alcuni attimi guardò il proprio corpo, come per assicurarsi che fosse tutto a posto e che non ci fosse alcuno squarcio sulla pelle chiara.
Entrò nella doccia e lasciò che un fiotto d’acqua fredda lo colpisse in pieno. Il getto lo fece rabbrividire, ma donò un po’ di sollievo al corpo accaldato. Rimase immobile sotto l’acqua, finché non cominciò ad avere freddo.
Terminata la doccia, indossò solo un paio di boxer e si diresse verso la porta per spegnere la luce. Quando allungò la mano per premere l’interruttore, si accorse che essa tremava visibilmente. Osservò le dita tremanti schiacciare il piccolo rettangolino nero e poi tutto divenne buio.
Si lasciò cadere sul letto non appena lo raggiunse e si costrinse a chiudere gli occhi, cercando di ignorare il tremito costante delle mani.
 
‘Era solo un incubo’ si ripeté mentalmente, facendo respiri profondi.
 
“Aiutami. Ti prego.”
 
Tutti i muscoli del corpo si tesero, quando quel sussurro gli rimbombò nella testa. Spalancò gli occhi e cominciò ad iperventilare.
Era lei. La voce dell’incubo.
 
“Aiutami, Steve.”
 
Smise di respirare. No, era impossibile.
Piantò le unghie nei palmi delle mani e sentì dolore quando questi si sporcarono di sangue.
Era sveglio. Non stava sognando.
 
“Steve! Steve aiutami!”
 
Ora la voce stava gridando.
Premette con forza le mani sulle orecchie.
“Smettila” sussurrò appena, respirando freneticamente.
“Esci dalla mia testa.”
Si alzò con uno scatto e, sforzandosi di rimanere in piedi dopo che violenti capogiri avevano attaccato la sua stabilità, infilò una tuta e una maglietta, per poi uscire dalla stanza. Attraversò l’ampio soggiorno ed entrò nell’ascensore illuminato da una tenue luce arancione.
La palestra che Stark gli aveva messo a disposizione si trovava qualche piano della Tower più in basso e Steve non vedeva l’ora di prendere a pugni qualche sacco rinforzato e inerme.
L’idea di dormire l’aveva scartata definitivamente.
 
 
 
 
 
 
Note
Ciao :)
Grazie per aver letto questo primo capitolo della mia storia.
Spero vi sia piaciuto e che vi abbia incuriosito almeno un pochino ;)
Questa è la prima storia che scrivo e non ho idea di ciò che ne verrà fuori, dato che non sono un asso (faccio pena) con le trame premeditate.
Qualunque cosa non vada e se ci sono errori, io sono qui, pronta ad ascoltare ogni suggerimento per poter migliorare.
Grazie e arrivederci al prossimo capitolo!
 
Ella




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