Voci
ovattate; tutto
sussulta. Mi sento sospeso… Debole, ma stranamente
confortato da questa specie
di illusione. E’ umido e tiepido; è comodo. Ma
tutto sta cambiando e mutando,
come se fosse vivo. E non sono piu’ al sicuro. Questa
sensazione mi assale e mi
dispera e improvvisamente ho terrore di quello che potrebbe succedere.
E’
questa la realtà; è questo quello che mi aspetta
veramente. D’un tratto si apre
uno squarcio e tutto si svuota. Si sta sciogliendo, sgretolando, sta
svanendo.
E’ arrivata la fine, lo sento. Sono avvolto da una luce
abbagliante che non ha
provenienza, sembra eterna. E sento tanto freddo che fa male. Solo
adesso mi
accorgo del dolore che ho al petto. Mi comprime; è
insopportabile. E allora piango
lacrime di disperazione, di amara consapevolezza. Non posso
piu’ raggiungere lo
stato precedente. E mi illudo di fuggire dalla prigionia con le urla,
sperando
che qualcuno mi salvi. Ma nessuna delle mani che mi tocca mi
dà la sicurezza
che tanto agogno, né le voci che sento mi fanno sentire al
caldo. Il nulla mi
accoglieva, ma se esso svanisce, al suo posto cosa
c’é?
“Ecco. Questo è
quello che ho provato.”
Disse con voce pacata, consegnando il
foglio.
Dopo aver letto con attenzione quello che c’era scritto, il
criminologo lo
guardò negli occhi con aria severa.
“E’ come me lo
ero immaginato e come lo può immaginare
chiunque. Ti rendi conto di cosa significa, no?”
“Certo: come al solito non
mi crederà nessuno. Te l’avevo
detto che era inutile.”
”Il mio intento non era quello di convincere gli altri, ma di
convincere te.
Scrivendolo su carta ti sarai reso conto, spero, che non puoi prenderci
in
giro.”
Il criminologo rimase con il fiato
sospeso, in attesa della
reazione, sperando di non essere incappato in una falla nel profilo
psicologico
di Alexander. Ma quello che ottenne fu:
“Mi complimento con te.”
“Tu che fai i complimenti a
me?”
“Si, lo so, è
strano. Per questo sto preoccupandomi della
mia salute mentale.” Sorrise, ironico.
Si trovava lì da anni,
sotto controllo, in una specie di
clinica per pazzi criminali. Mentre riceveva le sue cure e affrontava
le
terapie, scontava la pena che il giudice gli aveva dato: Ergastolo. Lo
stesso
giudice lo aveva affidato a quella faccia con la bocca sottile che
Alexander
odiava tanto, solo perché le loro strade in passato si erano
incrociate. E
quella bocca meschina, da quel giorno, si fiondava nella stanza delle
visite
con periodicità e puntualità disarmanti.
Si sentiva continuamente sotto esame,
braccato da ogni punto
di vista, trattato come un pazzo.
Lo era.
Era quello il prezzo che doveva
pagare per la serie di
omicidi che aveva commesso nel corso della sua vita. Ma nonostante
questo, si
sentiva importante: era il piu’ odiato, ma anche il
piu’ temuto dell’ istituto.
La sua fama usciva addirittura da quei confini, la sua storia e il suo
nome
erano conosciuti in tutto il mondo.
Era l’unico umano sulla
Terra a ricordare la propria
nascita.
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