Come vita e temporali

di nelnerodellanotte
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Incontrai Maggie in un freddo 22 di dicembre, ero alla fermata dell'autobus di fronte all'università.

Michael continuava a parlare di esami e io cominciavo a non poterne più.

Ero più un tipo da “beviamoci sopra”, quando avevo paura di non farcela.

E poi c'erano le vacanze, c'era tempo per pensare agli esami.

“Ehi Pete mi ascolti?”

“Mike rilassati, ti devi laureare a giugno, non domani”

“Tu non capisci, ho gli esami di genomica funzionale da dare entro aprile e io non capisco nulla di genomica funzionale! E poi la tesi quando la preparo?!”

“Facciamo così, io in queste vacanze ti trovo un genio di genomica funzionale e tu in cambio ti godi almeno un po' queste vacanze di Natale. Ci stai?”

“Si, dici così solo perché sei al secondo anno”

“Dico davvero Mike, rilassati o arriverai alla laurea con un esaurimento nervoso”

“Quanto mi stai sulle balle quando ti comporti così, Peter. E hai pure ragione”

Sorrisi.

A volte Michael aveva solo bisogno di ricordarsi di respirare.

Presi una sigaretta dal pacchetto e l'accesi.

Ormai era diventato un rito: le chiacchierate con Mike erano sempre impegnative.

“Ma quando diavolo arriva questo autobus?”

E due minuti dopo cominciò a diluviare.

Imprecai così tanto che Michael e una signora ottantenne mi squadrarono in un misto di terrore e disapprovazione.

Fu in quel momento che la vidi.

Camminava sul marciapiede di fronte, una borsa a tracolla e un paio di stivali alti: non aveva nemmeno l'ombrello.

Intravidi una gonna a fiori e pensai che dovesse essere pazza a uscire senza ombrello, perché qui quando la pioggia ti si asciuga addosso il freddo ti entra nelle ossa e anche un bicchiere di vodka farebbe fatica a scaldarti.

Aveva dei capelli neri, neri come la pece e un profilo spettacolare.

Non l'avevo mai vista prima di allora, ma sentii che quel volto mi sarebbe rimasto dentro per l'eternità.

Mentre tutti cercavano riparo da quella pioggia battente lei si fermò in mezzo al marciapiede e alzò la testa,

chiuse gli occhi,

sorrise.

Sorrise.

Lei stava sotto il diluvio e sorrideva, capite?

Avrei voluto correre al di là della strada, prenderla e spingerla sotto i portici, urlarle “Ma sei matta? Ti prenderai una polmonite, perché diavolo non ti sei portata dietro un ombrello?”

Ma quel sorriso, il modo in cui sorrideva al cielo, alla pioggia.

Come diavolo faceva a sorridere con un tempo così?

Michael mi strattonò, l'autobus mi si fermò davanti.

La osservai un'ultima volta attraverso i finestrini, lei aprì gli occhi e sorrise.

“Allora mi aiuterai a trovare un genio di genomica funzionale?” sentii chiedere Michael.

“Si, si” risposi distratto, mentre quella matta senza ombrello continuò per la sua strada.

 

 

 





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