Quel pomeriggio, al
suono della campanella, Watanuki si alzò dal banco e cominciò a mettere via le
sue cose con la velocità e il dinamismo di un bradipo. Ma perché, si chiedeva,
perché quella strega era toccata proprio a lui? Non bastava farle da schiavo e
cucinare per lei ogni santo giorno? Nossignori, non bastava. Non era
sufficiente! Perché oggi la signora esigeva per cena esattamente quegli yakitori
che, guarda caso, faceva solo una rosticceria spersa in un viottolo dal nome
assurdo, dall’altro capo della città. E le maledizioni che lei gli aveva
promesso se non fosse tornato all’ora giusta con quanto richiesto gli ronzavano
ancora negli orecchi.
“Ma perché? Perchééé?”
si lamentava, rivolto a tutti e a nessuno, mentre fra l’altro gli veniva in
mente che non aveva controllato la cartina per arrivare in quel posto maledetto,
accidenti, e adesso? Che giornata di schifo… senza contare che quella mattina
l’odiato Doumeki aveva anche osato dirgli che aveva una brutta faccia… “Perchééé...”
continuò a commiserarsi.
“Perché cosa,
Watanuki-kun?”
Oh, sommo gaudio!
Oh, squilli di trombe! Le nubi nere della giornata si aprivano davanti allo
scintillante, favoloso sorriso di Himawari-chan!!
“Ah, non è niente,
non è niente, Himawari-chaaaaaan!” trillò, redivivo all’istante.
“Sicuro? Mi sembravi
così preoccupato…”
Oh, il suo faccino
tutto triste! Si affrettò a minimizzare. “Sicurissimo!! Devo solo andare a fare
una cosa per Yuuko-san, da una parte… e, ehm, non so dove prendere l’autobus…”
“Oh, Yuuko-san!” Gli
occhi della ragazza s’illuminarono. “Che persona meravigliosa che è la tua
datrice di lavoro! E chissà che compiti incredibili ti affida!”
Incredibili
era proprio la parola giusta –chi avrebbe mai creduto che un povero derelitto
potesse essere spedito in capo al mondo per degli spiedini? Ma davanti al
sorriso sbrilluccicante di lei non ebbe il coraggio di smentire.
“Dicevi che devi
prendere un autobus…?” proseguì Himawari.
“Ah… sì… mi sembra
il 17… o forse no? Devo andare verso Ginza…”
“Ma certo, il 17 è
quello giusto! Sono sicura, io lo prendo spesso! Vuoi che ti accompagni alla
fermata?”
Altro che giornata
nera!!! Oh, che meraviglia!! Era il suo giorno fortunato, invece! “Ma grazie,
sarebbe fantastico Hi~ma~wa~ri~chaaaaan!”
Improvvisò una danza di giubilo fino a che non andò a sfracellarsi contro un
banco, e ritenne dunque più saggio accodarsi alla ragazza che usciva.
Nel cortile non
perse l’occasione di indirizzare una linguaccia a Doumeki, e pazienza se quello
gli aveva ripetuto che aveva una brutta faccia… era una bellissima giornata,
invece, il sole splendeva e lui aveva un po’ di strada da fare con
Himawari-chan!
Un po’ di strada…
beh… un bel po’ di strada, gli venne da pensare quando guardò l’orologio
e si accorse che era da almeno venti minuti che stavano camminando. Ma non c’era
problema, il tempo volava con Himawari-chan!
“Oh, ecco, ci siamo!
E’ proprio là!” indicò lei finalmente, e entrambi affrettarono il passo verso il
cartello della fermata.
Cartello che si
rivelò essere coperto da un paio di strati di scotch e l’avviso, a caratteri
cubitali, “FERMATA SOPPRESSA”.
“Oh! Non lo sapevo!
Mi dispiace, Watanuki-kun!” fece lei, e sul suo visetto stava ricominciando a
farsi strada quell’espressione triste…
“Ma no!” si
precipitò a dire lui. “Nessunissimo problema! Andiamo alla prossima, ti va?”
“Certamente!”
sorrise di nuovo lei, e si rimisero in cammino.
Le fermate della
linea 17, ebbe occasione di constatare Watanuki, si somigliavano tutte un po’.
Tutte alla distanza di venti minuti l’una dall’altra, e tutte poco funzionali.
Dopo altri due cartelli coperti dal tetro avviso, la terza fermata si scorgeva
in lontananza. Peccato che tra questa e loro si frapponesse, nel mezzo di
strada, una voragine di almeno tre o quattro metri di diametro e dall’aria un
po’ sospetta. Sarà stato per le nuvolette di fumo che sembravano alzarsi dal
precipizio, o forse per lo strano omino verde che…
No, un momento…
QUALE omino verde??
“Oh, si direbbe che
stiano facendo dei lavori…” lo distrasse la voce di Himawari. No, non c’era
nessun omino verde. Se l’era sognato, decise.
“Ehm… sì, dei
lavori…” assentì, anche se il tono non era dei più convincenti. “Ma… che
facciamo, Himawari-chan?”
“Oh, niente paura!
Guarda, ecco dove hanno spostato la fermata!” Il dito della ragazza puntava verso
un ampio viale, dove inequivocabilmente stavano transitando degli autobus.
“Perfetto!!”
dichiarò con rinnovato buonumore Watanuki, e così si apprestarono ad
attraversare il viale.
Tralasciando un paio
di tentativi di investimento da parte di un’auto e di un camion, e la corsa
finale perché il semaforo si era improvvisamente guastato, si poteva dire che
fossero giunti a destinazione senza problemi. Un po’ a corto di fiato, Watanuki
si aggrappò al palo della fermata, mentre Himawari controllava la tabella degli
orari.
“Il 17 è appena
passato…” lo informò. Ma lo fece con un sorriso talmente adorabile che… beh...
beh… Watanuki trovò l’energia di ricomporre un’espressione briosa. In fondo, il
sole splendeva ancora (ancora per poco, a dir la verità, a guardare l’orizzonte)
e aveva del tempo da passare con Himawari-chan!
Abbastanza tempo,
sì…
Ma alla fine,
l’autobus arrivò. Watanuki ci salì sopra piuttosto sollevato, e il fatto che la
sua amica si fosse offerta di accompagnarlo per un altro pezzetto e che ora
fosse seduta davanti a lui non poteva che rianimarlo un po’. Oh, quanto era
gentile Himawari-chan! E quanto era bello chiacchierare con lei! Il tempo volava
davvero insieme a lei, e… e…
“Ma… dove siamo,
Watanuki-kun?” lo interruppe lei a un certo punto guardando fuori dal
finestrino.
Oh. Cavolo.
Fabbriche e strade
vuote dall’aria sconosciuta sfrecciavano ai lati del bus, e le urla dei
passeggeri inferociti non lasciavano presagire nulla di buono…
“Cosa sta
succedendo?” chiese lui al ragazzo più vicino. In quel momento il mezzo si fermò
e il conducente si girò con la faccia mortificata verso la folla di passeggeri.
“Mi dispiace… non so
come sia potuto succedere! Devo aver sbagliato strada, ma non capisco… non
riesco a ricordarmi dove… se avete solo un pochino di pazienza…” e si rituffò
dietro il sedile a pescare una mappa, mentre la gente gli urlava per metà
insulti e per metà consigli contraddittori sulla strada da prendere. Non è che
ora scoppiava una rissa… ?
“Ehm… che dici,
forse è meglio che scendiamo, Himawari-chan?”
Fuori dall’autobus,
la strada aveva un aspetto veramente desolato. Non passava nessuno, si alzava la
polvere e un gatto nero scappò davanti a loro come terrorizzato…
“Non ti preoccupare,
Watanuki-kun!” dichiarò con tranquillità la ragazza. “Sono sicura di essere già
capitata qui, una volta… La linea 17 ogni tanto ha di questi problemi… che
strano, vero?” sorrise, dirigendosi verso una via laterale. Watanuki raccapezzò,
non si sa come, un altro sorriso di risposta.
“Oh, vedi?” gli
disse, quando furono giunti in una piazza ancor più deserta. “Laggiù c’è
un’altra fermata, il 13 dovrebbe riportarci sulla strada giusta!”
Watanuki corse verso
la pensilina, mentre all’orizzonte si profilava la sagoma di un bus in arrivo.
“Guarda! Sta passando proprio ora! Siamo fortunati!”
Il tredici arrivò. E
passò. Senza nemmeno accennare a frenare.
Parecchi improperi
dopo, Watanuki scoprì che il simpatico fenomeno era dovuto al fatto che il
cartello indicante la fermata era stato accuratamente sbarbato da chissà quale
teppista. Ovvio che gli autobus non facessero sosta… Di comune accordo, i due
decisero che era meglio incamminarsi verso la fermata successiva.
“Mi spiace tanto,
Watanuki-kun! Tutti questi pasticci…” si scusò lei con aria sconsolata.
“Ma dai, non è
assolutamente colpa tua!!!” assicurò lui, raschiando il fondo del suo ottimismo.
“Anzi, dispiace a me… ti sto facendo perdere un sacco di tempo… domani ti
preparerò un dolce speciale, se vuoi!” promise estasiato, e l’argomento cucina
li tenne impegnati fino all’arrivo a destinazione.
Quando
miracolosamente il bus passò, e soprattutto si fermò per farli salire, a
Watanuki non sembrava vero. Continuava a guardarsi intorno per vedere se per
caso non ci fosse qualche altro disastro in agguato, o magari un omino verde
nascosto tra i sedili… no, basta, gli omini verdi se li doveva dimenticare…
“Certo che…” attaccò
per distrarsi “…certo che questo è proprio un posto desolato… sembra quasi uno
di quei paesaggi da film western…”
“…o di quei
quartieri abbandonati da thriller, da poliziesco…”
Una frenata
improvvisa mandò Watanuki a schiantarsi contro il vetro del bus. Ma che diavolo…
“Che succede?” urlò
il conducente sporgendosi dal finestrino, e anche tutti i passeggeri si
affacciarono.
La strada era
bloccata da una mezza dozzina fra volanti della polizia a sirene spiegate,
ambulanze, auto di giornalisti… Un tizio sulla quarantina, distinto, capelli
rossi, occhiali da sole sul naso e tesserino con la scritta CSI appuntato sul
petto si avvicinò per parlare col conducente del bus.
“Non si può passare.
La zona è sotto sequestro. Omicidio. E quando la notte si impossessa dei cuori,
quando l’orrore ti attraversa il cammino e la speranza abbandona le vie… beh,
vuol dire che bisogna cambiare strada.” concluse in tono flemmatico.
L’autista imprecò in
varie lingue diverse e cominciò tutta una serie di complicate manovre per
invertire la marcia e prendere un altro percorso.
“Simpatico però,
quel signore con gli occhiali da sole!” commentò Himawari. Watanuki, ancora
spalmato contro il vetro del bus, non poté di necessità rispondere.
Quando dai
finestrini finalmente i due scorsero i paesaggi meno inquietanti e più familiari
di una periferia un po’ più vicina al centro, la ragazza si alzò e andò a
parlare all’autista.
“Mi scusi, ma non
c’è per caso una fermata del 17 qui in zona?”
“C’era…” grugnì
l’uomo. “Ma oggi non c’è.”
“E… come mai?”
“Parecchie linee
sono state deviate, c’è una specie di assembramento colossale, manifestanti che
protestano…”
“Protestano contro
cosa, se posso chiedere?”
“Ehm… contro i
disservizi degli autobus…” biascicò il conducente, e Himawari tornò a sedersi
davanti al suo compagno di classe.
“Che buffe
coincidenze, non è vero?”
Watanuki assentì con
un debole cenno del capo, pensando che avrebbe fatto meglio, molto meglio,
quand’era uscito da scuola, ad andare direttamente ad unirsi alla
manifestazione.
Cercò di riscuotersi
dallo sconforto e di guardare con attenzione dal finestrino per vedere dove gli
convenisse scendere. Chissà, forse faceva ancora in tempo ad andare a cercare il
maledetto diciassette… o forse era meglio pensare a filare di corsa da Yuuko e
cercare di preparare gli yakitori da solo…
Altra frenata degna
di un rally, altro spiaccicamento contro il finestrino.
“Oh, guarda,
Watanuki-kun!!” esclamò accalorata Himawari. E lui, dopo che gli riuscì di
riassemblare gli occhiali accartocciati, guardò.
Stavolta il viale
era scomparso sotto una marea, una vera marea di gente urlante accalcata intorno
ad un vecchio edificio; telecamere e maxischermi trasmettevano l’immagine di un
assurdo tipo baffuto con un mantello che sghignazzava sguaiato, imitato a ruota
da tutto il resto della folla…
“Ah, ma dai, stanno
girando quel programma famoso, quello che…”
Watanuki non seppe
mai di che programma si trattava, un po’ per le urla dei passeggeri del bus che
sciamavano fuori dalle porte per partecipare allo show, un po’ per il pianto
disperato dell’autista. Himawari raggiunse la cima del bus per confortare il
pover’uomo. “Signore, non faccia così…” ma a quelle parole un qualche pezzo si
staccò chissà come dal tettuccio per planare in testa al conducente.
“Basta… basta!”
ululò lo sventurato, e si accasciò sul volante. “Il vostro 17 dovrebbe fermare
laggiù, quindi vi scongiuro scendete anche voi e lasciatemi solo…”
Watanuki scese dal
mezzo barcollando e si avventurò tra la folla come un ubriaco. Si sentiva
stranamente leggero, leggero… nella sua testa vuota omini verdi con le antenne
ballavano un girotondo… Per fortuna Himawari sembrava ancora piena di energie, e
lo precedeva fendendo la calca con scioltezza.
Si lasciarono alle
spalle il viale e gli schiamazzi della gente, arrivarono nella piazza vicina… e
lì, come un miraggio, si ergeva nuova, fiammante, sfavillante, una meravigliosa
palina con la scritta “Linea 17”. Watanuki si guardò intorno: la strada era
sgombra, passavano persone dall’aria normale, il palo e la pensilina della
fermata sembravano solidi e tangibili…
“Finalmente,
Watanuki-kun! E qui dice che il 17 passa tra tre minuti!”
Il sorriso di
Himawari-chan irradiava gioia e dolcezza, luminoso come una stella.
Che altro… che altro
poteva succedere ancora… andiamo, ormai erano capitate veramente tutte… ci
mancava solo la caduta di un meteorite e poi aveva fatto l’en plain… andiamo,
non poteva davvero succedere più nulla…
“Da qui non sono
tanto lontana da casa, potrei anche tornare a piedi… ma se vuoi a questo punto
prendo l’autobus anch’io e faccio un altro pezzetto di strada con te,
Watanuki-kun…?”
In quel momento,
qualcosa gli colpì la vista. Uno scintillio nel cielo…
“NOOOOOOOOOO non ti
preoccupare Himawari-chaaaaaaaaaaaan!! Vai pure, vai pure, ti ho già fatto
perdere troppo tempo… vai vai sennò a casa si preoccuperanno!!!”
Un po’ perplessa
dalla visione del suo compagno di classe che agitava le braccia trasformandosi
in una sorta di mulino a vento, la ragazza fece comunque un piccolo inchino e
sorrise ancora, salutandolo con la mano.
“Va bene, allora io
vado! Buona serata, Watanuki-kun! E grazie della passeggiata! E’ stata un po’
avventurosa ma ci siamo divertiti, non è vero?”
Watanuki ebbe la
sensazione che le braccia gli si svitassero e piombassero a terra stile pezzi di
ferrovecchio. Himawari-chan aveva una strana concezione del divertimento…
La guardò
allontanarsi e continuare a salutarlo, i codini ricciolosi che ondeggiavano
sulle sue spalle e quel visetto contento…
Oh, era troppo
troppo carina!! Massì, in fondo aveva potuto passare un sacco di tempo con lei,
non c’era nulla da lamentarsi!!
“A domani
Himawari-chaaaaaaan!!” si sbracciò e saltellò, ritrovando improvvisamente le
energie. “Buon ritorno a casaaa! Grazie di tutto! E domani ti porto il dolce che
ti avevo promesso! Ah, e per pranzo poi se ti va…”
Le sue ultime parole
furono sopraffatte dal rombo dell’autobus numero diciassette, che passava
allegramente a tutta velocità sorpassandolo e coprendolo di polvere.
[Storia scritta per
Sundy,
la persi ai dadi -insieme a diverse altre produzioni artistiche...- giocando con
lei e un altro paio di personcine amorose!^_____^ Sundy, spero di non averti
annoiata e di aver ottemperato (paroloniii) alla tua richiesta! Chiedo perdono a
tutti per la super-lunghezza di questa roba! Un GRAZIE gigante va a
Wren che
mi ha suggerito una buona metà di questi disastri -gli special guests sono tutti
per te!!- e poi ci vuole una dedica anche a Kinnara, il mio personale e
adorabilissimo Watanuki-kun, per il suo compleanno -seppure ormai passato!
Per dovere di cronaca devo precisare che, dopo aver vestito i panni
dell'adorabile Himawari-chan, tra le varie catastrofi avvenute intorno a me mi è
capitato anche che un autobus si fermasse nel momento in cui ci sono montata
sopra. Sì, forse è meglio se vi sto lontana.................]
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