Il primo vagito
Hanno tenuto duro
sempre. Hanno guadagnato, conservato fino all’ultimo, forse rubato.
Hanno fatto di tutto
per poter partire; per poter sperare per me un futuro, in una terra che
non
sarebbe stata quella delle mie origini ma una terra che, forse, mi
avrebbe
accolto come figlio suo.
Sentivo tutto, ero lì
con loro e ammiravo il coraggio di mia madre che nonostante fosse
incinta di
me, aveva deciso di rischiare tutto, anche la vita, per una speranza.
Si sono messi
d’accordo
con gente poco raccomandabile e siamo partiti.
Anche io ero partito.
Sentivo il mare e il
vento che battevano forte e avevo paura: eravamo lontani, li sentivo
gridare,
piangere, non c’era più tempo. Non saremmo mai arrivati a destinazione.
Avevo fretta: volevo
nascere
prima di morire.
Il cuore di mia madre
non ce la faceva più e si fermò, straziata dalle doglie e dal fuoco
sull’imbarcazione.
Ma io nacqui.
Nacqui lì, nel barcone
che stava affondando e con l’acqua che riuscì a riempirmi i polmoni al
mio
primo vagito.
Eravamo collegati noi
due fin dal principio e lo saremmo stati sempre. Ci avrebbero trovato
insieme,
attaccati, in mezzo al mare.
E voi, che state
nascendo in questo momento negli ospedali, dite a vostri genitori che
sono
fortunati:
vi potranno
abbracciare.
Non ce
l’hanno fatta. Non distanti da Lampedusa, di notte, con il mare che li
ha inghiottiti. La vittima
più piccola stava nascendo e hanno trovato i due corpi attaccati dal
cordone
ombelicale. Lei aveva poco meno di vent'anni, lui nato di sette mesi.
Sono morti
tanti bambini e
tanti adulti, ma lui… non credo dimenticherò mai questa storia.
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