Distretto
1
Marina rimse
immobile, lo sguardo fisso davanti a sè.
Eppure tutto
intorno esplodeva, urlava, gridava.
Fiori volavano
sul loro carro e c'erano solo i loro nomi che le vorticavano intorno.
Sentiva una
strana euforia che le sobbalzava nel petto, ma che riuscì a
contenere.
Non doveva
voltarsi verso il pubblico. Lei non avrebbe avuto pietà per
nessuno, lei, un gelido diamante, non si sarebbe abbassata a ricambiare
quelle acclamazioni.
Finalmente una
cosa che le riusciva bene; era soddisfacente.
Sentiva il vento
caldo del pomeriggio scuoterle i capelli e i lembi del vestito, ma non
se ne curò.
Avrebbe potuto
continuare per ore quel giro; la musica incalzante e le grida di
giubilio del pubblico le stavano entrando nel sangue, tanto era potenti
e luminose.
Si
sentì una stella, una bellissima stella.
Era piacevole
come sensazione, e dovette ricordarsi che quella gente che li acclamava
era la stessa che li avrebbe mandati a morire.
Purtroppo tutto
finì in fretta. La musica si dissolse quando completarono il
giro.
Ormai era sera:
il tramonto si stava gentilmente spegnendo, lasciando spazio
all'oscurità che divorava delicatamente tutto l'arancione
del cielo.
I dodici carri
riempivano l'anello dell'anfiteatro e Marina prese un respiro profondo.
Le tremavano un
po' le gambe, ma riuscì a controllarsi.
E mentre l'ultime
occhiate di sole facevano risplendere il suo costume di luce preziosa,
il presidente Snow si affacciò dal balcone che sovrastava
l'anfiteatro.
Distretto
2
Hikari
rimase paralizzata per un attimo.
C'era troppo
rumore, attorno. Troppe grida, troppe luci, troppo.
Strinse la mano
di Desarm più forte che potè, trattenendo il
fiato.
Poi, pian piano,
sorrise. Sentì una sensazione dolce sciogliersi nel petto
quando finalmente lasciò che le labbra si incurvassero verso
l'alto.
Alzò
una mano, salutando il pubblico; i capitoliani andarono fuori di testa,
iniziarono ad urlare e saltare e lanciare fiori.
Più il
tempo passava più Hikari si sentiva elettrizzata: tutti la
chiamavano, tutti volevano i suoi saluti.
Sussultò
quando sentì la mano di Desarm scivolare via dalla sua e il
suo braccio circondargli le spalle.
Il pubblico
andò in delirio a quel gesto; Hikari ridacchiò,
continuando a salutare e sorridere, perchè era tutto troppo
entusiasmante.
Il ragazzo non
salutava, si limitava a stringerla un po' più forte quando
le acclamazioni si facevano più rumorose, come a volerla
proteggere.
La mora rimase a
crogiolarsi nella deliziosa sensazione dell'abbraccio di Desarm e di
quelle grida di gioia che le riempivano il viso di felicità.
Forse sarebbe
riuscita a conquistare i capitoliani. Forse avrebbe vinto.
E
cercò di non pensare che dall'Arena sarebbe uscito uno solo.
Cercò di non pensare che se avesse vinto non ci sarebbe
stato Desarm ad accoglierla in un abbraccio.
Voleva solo
godersi quella soddisfazione fittizia, voleva accarezzare ancora quella
sensazione di euforia così calda da mozzare il fiato.
E--
-Ti amo.-
mormorò voltandosi verso Desarm, che le sorrise,
stringendola di più e posandole un bacio all'angolo della
bocca, al che tutto il pubblico parve esplodere in grida ancora
più forti.
Il giro
terminò e i carri si posizionarono in un anello che riempiva
l'anfiteatro.
Desarm non
sciolse l'abbraccio, continuò a tenerla stretta e Hikari non
avrebbe potuto chiedere di meglio.
Perchè
adesso quella felicità stava evaporando. Adesso aveva solo
paura.
Dal balcone che
sovrastava l'anfiteatro, il presidente Snow si affacciò.
Distretto
3
Kiara trattenne
il fiato, mentre il carro prendeva velocità.
Serrò
la mano intorno a quella di Midorikawa, il pubblico intorno ruggiva.
All'inizio rimase
rigida, gli occhi spalancati, inghiottita da tutto quel rumore che si
mischiava alla musica incalzante.
Poi, pian piano,
la paura si sciolse, lasciando spazio a un'euforia che bruciava tutto
il resto, e la ragazza si lasciò andare in un sorriso caldo,
che colorò la sua espressione di felicità.
L'eccitazione le
scorreva nelle vene facendo battere il suo cuore all'impazzata; e forse
fu proprio quella sensazione a spingerla ad alzare la mano e salutare
con imbarazzata indecisione.
Le grida la
investirono; Kiara si lasciò travolgere dall'emozione, e
iniziò a lanciare saluti e baci in mezzo al pubblico.
Anche Ryuuji
stava salutando, e sorrideva tanto; la ragazza si girò verso
di lui, sorridendo.
L'euforia
bruciava tutto il resto, tutte le altre emozioni, ma nulla, nemmeno il
suo nome urlato dai capitoliani, riuscì a distoglierla dagli
occhi di Ryuuji.
Erano
così... brillanti. Solo vederli le mozzava il respiro.
Lui rise, e si
voltò verso il pubblico, lanciando un bacio che tutti
cercarono di prendere con le mani come se fosse una cosa concreta; la
rossa rise, perchè era tutto terribilmente divertente.
Strinse ancora di
più la mano di Midorikawa, mentre mostrava sorrisi luminosi
ai capitoliani; chissà, magari uno di loro era ricco.
La speranza
cresceva veloce dentro di lei; magari ce l'avrebbe fatta, magari
avrebbe vinto. Dopotutto, perchè considerarsi persa in
partenza? Con un po' di cibo in più, o l'arma giusta,
avrebbe avuto qualche possibilità.
Tutto quel
rumore, quella musica, quel muoversi concentrico del carro la stava
mandando in confusione, ma ciò la faceva solo ridere.
In un attimo, si
fece sera e le lingue arancioni del sole morente la accarezzarono; i
carri, accompagnati da un virtuosismo finale della musica, si
fermarono, riempendo l'anfiteatro.
Solo in quel
momento Kiara si accorse di aver stretto tanto la mano di Ryuuji da
avergli quasi bloccato la circolazione; sciolse la stretta,
imbarazzata, ma il verde le riprese subito la mano.
-Ti prego, non
lasciarmi andare. Sento che cado giù da questo coso se mi
lasci.- esclamò Midorikawa, senza smettere di sorridere con
una luce bella negli occhi.
Kiara gli sorrise
di rimando, annuendo.
La ragazza prese
un respiro, mentre tutto si feceva terribilmente silenzioso.
Il presidente
Snow era apparso sul balcone che sovrastava l'anfiteatro.
Distretto
4
Zoey rimase a
bocca aperta.
I capitoliani
erano tanti: folleggiavano, impazzavano, urlavano, ruggivano.
Luci colorate,
musica incalzante, tutti gli occhi puntanti su di lei; fu come essere
travolti da un'onda troppo forte.
La mora si
soffermò un poco su quel pensiero, e dovette ammettere che
stare sopra quel carro era come essere in apnea nel mare.
Era rilassante ed
eccitante al tempo stesso; sentiva l'adrenalina scorrerle nelle vene,
ma si limitò a sorridere con forza, fiera.
Il suo sogno si
era finalmente realizzato e la ragazza era decisa a viverlo al meglio.
Tutto quello che
aveva intorno, tutte quelle grida, quella musica, non erano un sogno;
anche la mano di Mac stretta alla sua era reale, e la fece arrossire.
Nonostante tutto,
presa da un momento di coraggio, non interruppe il contatto come
normalmente avrebbe fatto.
Era piacevole;
sentiva un calore soffice partire dalla mano del castano e pervaderle
il corpo, mischiandosi con l'esaltazione della sfilata.
Tutto si
intrecciava splendidamente, in un groviglio di sentimenti esplosivi,
adrenalina, felicità, un pizzico di paura, unite alla musica
e alle grida di giubilio del pubblico, e alla mano stretta a quella di
Rionejo.
Zoey si sentiva
inebriata da quella sensazione del tutto nuova e inaspettata; si
sentiva avvolta da un sogno, un sogno dannatamente bello da cui non
voleva svegliarsi.
La sera
rubò la luce del pomeriggio, sporcando il cielo di
arancione. In quel momento, il suo abito sembrò volersi
confondere col firmamento.
La mora era
stanca, ma felice. Le facevano male le guance perchè aveva
sorriso per ore intere, ma non aveva affatto intenzione di smettere.
Non fece nemmeno
caso allo sguardo curioso di Mac.
I suoi occhi
verdi salirono più su, sul balcone che sovrastava
l'anfiteatro.
Eccolo, il
presidente Snow. Era diverso, visto dal vivo.
Un brivido le
percorse la schiena, ma non smise di sorridere.
Distretto
5
Hakai trattenne
il respiro.
Troppe urla. Il
panico le esplodeva nel petto come fuochi d'artificio.
Si costrinse a
sorridere; dopo qualche attimo di smarrimento, però,
riuscì ad abituarsi a quel frastuono e il sorriso si
allargò sulle sue labbra.
Era
entusiasmante: non aveva mai provato una sensazione simile. Si sentiva
fiera, brillante, felice di essere lì.
Una rosa bianca
venne lanciata sul carro e Hakai la afferrò al volo;
studiò i petali per qualche istante, e poi alzò
la mano, come in segno di ringraziamento.
Il pubblico
ruggì festoso, e la bionda ridacchiò, nervosa ed
eccitata.
Si
dimenticò di tutto: degli Hunger Games, di Hiroto, di
Capitol. Tutto sembrava essersi ridotto a urla di gioia e fiori e luci
colorate.
Il viso di Riku
riaffiorò nella sua mente e Hakai sorrise di più.
"Mi vedi, Riku?
Sono qui, e sto brillando. Stanno chiamando me, lo senti Riku? Sono
bellissima. Posso vincere, ma solo se tu mi guardi. Non distogliere lo
sguardo dalla televisione Riku, e sarà come averti con me."
Hakai prese un
respiro profondo, annegando in un fiotto di malinconia; a destarla da
quel torpore in cui era entrata fu Hiroto, che allungò un
braccio e le circondò la vita, stringendola a sè
con un sorrisetto malizioso.
La bionda
arrossì, voltandosi verso Kiyama senza capire; il rosso
sorrise di più, e lanciò un bacio in mezzo al
pubblico, ormai in delirio.
Solo quando venne
sera e il tramonto divorò con la sua dolce malinconia
l'anfiteatro, Hakai ebbe il coraggio di parlargli.
-Sei pazzo.-
sbuffò a bassa voce, ma poi dovette considerare che stare
fra le braccia di Hiroto non era poi così male.
Lui rise. -Come
se non ti piacesse.- ribattè, senza smettere di sorridere
con luce bella negli occhi.
La bionda non
seppe cosa rispondere, quindi si limitò ad arrossire e
sospirare.
Intanto i carri
avevano terminato il loro giro e riempivano l'anello dell'anfiteatro.
Il presidente
Snow si affacciò dal balcone che sovrastava tutti, e Hakai
rimase immobile, senza respirare, senza distogliere lo sguardo
dall'uomo.
Rabbrividì
e si strinse di più a Hiroto.
Distretto
6
Hakaikuro non si
mosse.
Tutta la frenesia
intorno a lei non la intaccò minimamente; sentiva solo il
battito del suo cuore, sempre più forte.
Era divertente.
Molto più di quanto si sarebbe aspettata.
Si intravide nei
megaschermi situati durante il percorso: gelida, crudele, invincibile.
Una vera
combattente.
Si
lasciò sfuggire un sorriso compiaciuto.
Non avrebbe mai
pensato di sentirsi così bene: il cuore le rimbalzava nel
petto, pericolosamente vicino alla gola, e un calore seducente le
pizzicava il viso, facendola sorridere.
Sentiva l'euforia
scorrere nelle vene, come veleno, impossibile da fermare, che si
diffonde in tutto il corpo.
E che la faceva
sentire dannatamente forte.
Rivolse di
sfuggita uno sguardo a Fudou: sorrideva, arrogante come sempre, gli
occhi affilati e letali che vagavano fieri sul pubblico.
Occhi in cui per
un attimo si perse, temporeggiando su quel colore speciale e brillante:
si riscosse subito, e riportò lo sguardo sul pubblico,
turbata.
Improvvisamente,
tutta l'euforia era scomparsa, lasciando spazio a uno strano amaro in
bocca.
Non capiva
perchè Akio la attraesse così tanto. Non le era
mai successo prima, di sentirsi così confusa davanti a un
ragazzo.
Non voleva
innamorarsi. Non ora, non in quella situazione.
Era terribilmente
insensato.
Cercò
di non pensarci, mentre l'azzurro del pomeriggio sfumava in arancione,
dando vita a un tramonto colorato.
La musica
terminò, trionfale, e i carri si posizionarono in cerchio
che riempiva l'anfiteatro.
Prese un respiro
profondo, tentando disperatamente di restare fredda.
Spostò
gli occhi neri sul balcone che sovrastava l'anfiteatro: il presidente
Snow si affacciò in quel momento, apparendo davanti a tutti.
Hakaikuro
trattenne il fiato. Era arrivato il momento X.
Distretto
7
Annalisa sorrise.
Semplicemente,
spontaneamente.
Entrare
nell'anfiteatro fu come affacciarsi su un mondo tutto nuovo, fatto di
urla festose e musica incalzante e luci accecanti.
Si sentiva
solamente felice, come se tutto il nervosismo che aveva accumulato
prima si fosse volatilizzato.
Strinse di
più le dita intorno a quelle di Gouenji, ma non aveva
più paura.
Accanto a lui,
con quel calore dolce che le attanagliava il petto, avrebbe potuto
sfidare tutto il mondo senza esitare.
Era un'idea
folle, ma non le costava niente crederci.
Tenne il viso
alto, senza smettere di sorridere, come le aveva detto di fare Samanta.
Alzò
la mano, salutando esaltata il pubblico, che andò in
delirio, urlando e saltando.
L'eccitazione la
invase, troppo improvvisa, troppo violenta, troppo forte.
Si
lasciò scivolare in un sorrisi sempre più ampi e
saluti e baci lanciati in mezzo alla folla; non riusciva a smettere,
ero tutto troppo intenso.
Annalisa non
riusciva a credere che tutte quelle acclamazioni fossero per lei, che
avesse davvero attirato tutta quella attenzione.
Una speranza
timida germogliò dentro di lei, luminosa: forse avrebbe
avuto qualche possibilità di vincere, forse non sarebbe
morta.
Voleva riuscirci,
provarci almeno, a sopravvivere.
In quel momento,
però, non riusciva a pensarci seriamente, circondata da
tutte quelle urla festose e acclamazioni e il suo nome e quello di
Gouenji intrecciati splendidamente.
Passarono le ore,
circondate deliziosamente da tutta quella euforia, e la sera
arrivò così in fretta che Annalisa quasi non se
ne accorse.
I carri
riempirono l'anello dell'anfiteatro e la musica terminò con
un virtuosismo, in un finale grandioso.
Per la ragazza fu
come uscire da una specie di incoscienza: tornò in
sè solo quando il loro carro si fermò.
Il suo sorriso si
fece più timido, più contenuto, ma non
svanì. Gli ultimi residui di euforia la attraversavano
ancora come scariche elettriche.
Lanciò
uno sguardo a Shuuya e lo scoprì ad osservarla; appena il
biondo incontrò i suoi occhi, scostò lo sguardo.
Annalisa rimase a
fissarlo per qualche attimo, incuriosita da quella reazione; ma non
ebbe tempo per pensarci seriamente.
L'apparizione del
presidente Snow sul balcone le fece spostare lo sguardo: i suoi occhi
verdi fissarono la figura dell'uomo, e il suo sorriso si
smontò.
La sfilata era
finita.
Distretto
8
Misaka fece
girare lo sguardo sul pubblico.
Non riusciva
quasi a distinguere le persone: tutto sembrava un'infinito fiume di
colori e grida; quel frastuono le rimbalzava nel petto, facendola
sussultare.
L'euforia
nell'aria era palpabile e alla bruna non era mai capitato di sentirla
così tangibile, così afferrabile.
Le sembrava quasi
di respirarla, quell'allegria rumorosa.
Inaspettatamente,
però, era piacevole: era tutto dannatamente eccitante, e
davvero la ragazza non capiva perchè improvvisamente avesse
voglia di sorridere.
Cercò
di trattenersi: dopotutto, lei era un lupo, un lupo spietato che corre
nella notte e divora tutto quello che trova nel suo cammino.
Come metafora,
era interessante.
Misaka non
riuscì però a non abbozzare un sorrisetto brioso,
stringendo furiosamente la mano di Nagumo.
Il ragazzo, dal
canto proprio, disperdeva sorrisi maliziosi a destra e manca,
accettando di buon grado tutte quelle acclamazioni.
La bruna non ci
fece troppo caso, però; si limitò a guardare
diritto davanti a sè, decisa ma sorridente, in un bel
contrasto di euforia e determinazione.
Perchè
lei avrebbe vinto. O almeno ci avrebbe provato.
Non che facesse
molta differenza, in effetti. Se il suo destino era di morire, sarebbe
morta. E questo non sarebbe cambiato, qualunque cosa lei avrebbe fatto.
La fortuna non
era mai stata dalla sua parte, ma era riuscita ad andare avanti
comunque, e anche questa volta ce l'avrebbe fatta senza l'aiuto di una
stupida dea bendata.
Racchiusa nei
suoi pensieri, con un sorriso accennato e potente sul volto, quasi
Misaka non si accorse che il pomeriggio era volato via sulla scia del
vento, lasciando spazio a un tramonto infuocato che andava spegnendosi
pian piano nelle turbinose acque della notte.
I carri
terminarono il loro giro, riempendo l'anello dell'anfiteatro; la musica
si spense con un virtuosismo, lasciandola senza fiato.
La bruna
sospirò. Aveva superato questa sfilata, ce l'aveva fatta.
Il presidente
Snow si affacciò dal balcone che sovrastava tutti e
istintivamente la mano di Misaka corse al manico della katana. Si
fermò in quel momento, rimanendo in allerta, pronta a tirare
fuori l'arma dal fodero.
Ma in cuor suo
sapeva che qualunque cosa avesse fatto non sarebbe mai riuscita a
ferire il presidente.
Strinse i denti,
e rimase immobile.
Distretto
9
Natsumi
trasalì, quando avvertì la luce scontrarsi con il
suo abito.
Il vestito pareva
essersi illuminato improvvisamente, di una luce calda e reale, che
ricordava il grano illuminato dal sole.
Abbozzò
insicura un sorriso, alzando la testa, fiera.
I capitoliani
folleggiavano, sciocchi e bizzarri, ricamando di euforia l'aria; le
grida di giubilio si mischiavano alla potenza della musica, mandandola
in confusione.
Era bello,
però; dannatamente imbarazzante, ma bello.
Sorrise un po'
insicura, sulla lingua ancora il dolce retrogusto di miele, mentre
un'eccitazione calda le scuoteva il petto.
Il vento le
faceva ondeggiare la coda sulle spalle e scuoteva i fili che partivano
dalle spalline del vestito, portando calore e profumo con sè.
Un'occhiata di
sole fece brillare i suoi occhi castani di sfumature verdi, e Natsumi
trovò il coraggio di alzare una mano, sorridendo
spumeggiante.
Era terribilmente
imbarazzata, tutti la stavano guardando, ma non poteva restare ferma
come una statua di sale; gli altri Tributi attiravano l'attenzione e
lei non poteva permettersi di essere da meno.
Natsumi non
avrebbe perso gli Hunger Games: doveva giocare? E allora avrebbe
giocato, con tutte le carte che possedeva.
E per farlo
avrebbe dovuto mettere da parte l'imbarazzo, cercando di risultare
più attraente possibile.
Non poteva
deludere sua madre, che l'aveva allenata con tanto impegno e dedizione.
Doveva renderla fiera, e tornare a casa. E poi lei non voleva morire.
Furono queste
convinzioni a spingerla a salutare con un sorriso sempre più
grande sul volto, un sorriso che mischiava euforia e imbarazzo e un
pizzico di insicurezza.
Tutta
quell'esplosione di colori e grida andò a sfumare quando il
tramonto giuse al termine; la musica si spense trionfalmente, e pian
piano tutte le voci si zittirono.
I carri
riempivano l'anello dell'anfiteatro, e Natsumi sospirò, tesa.
Kazemaru le
rivolse un sorriso e la rossa distolse lo sguardo, arrossendo
leggermente.
Non era il
momento di farsi prendere dall'imbarazzo, la ragazza se lo
ripetè come una mantra.
In quel momento,
il presidente Snow si affacciò dal balcone che sovrastava
l'anfiteatro; Natsumi lo guardò e per la prima volta in
quella giornata si sentì del tutto impotente.
Si
sentì solo una debole, piccola, stupida ragazzina che
tentava di essere forte.
"Non
finirò nelle tue mani, serpente. Non mi arrenderò
alla tua potenza come mia madre. Io ti dimostrerò che sono
più forte." La sua espressione si indurì e
pensò che quella era l'unica promessa che le era rimasta.
E si sarebbe
impegnata a mantenerla.
Distretto
10
Il rumoreggiare
del pubblico investì Roxie appena si affacciò su
Capitol.
Rimase un attimo
scombussolata da quelle acclamazioni, mischiate con la musica
incalzante e i fiori che volavano sui carri; respirò una
boccata di euforia e sorrise, alzando una mano e salutando energica i
capitoliani che impazzavano ai lati del percorso.
L'eccitazione si
impossessò delle sue labbra, facendola sorridere tanto,
forse troppo, con entusiasmo.
Tutto quel rumore
e quella musica la divertivano, si sentiva incredibilmente a suo agio
circondata da tutte quelle acclamazioni.
C'era aria di
festa e Roxie sentì quella sensazione di brio entrare nel
sangue, scorrere nelle vene, diventare una parte di lei.
Rise, cristallina
e sincera, inspiegabilmente felice, e per la prima volta da quando era
stata portata a Capitol si sentì libera.
Sentì
che in fondo stava andando tutto bene, che non c'era niente da temere.
Fu come se tutto
fosse scomparso, lasciando spazio a euforia e grida di gioia, un
qualcosa di frizzante che la inebriava.
La rossa
mandò un bacio in mezzo al pubblico, mentre il vento
scuoteva i suoi capelli e un'occhiata di sole fece risplendere i suoi
occhi smeraldini di paiuzze arancioni.
In quel momento,
percepì chiaro il senso di potenza e forza che le invase il
petto, facendo battere il suo cuore all'impazzata.
Fece vagare
incuriosita lo sguardo fra i capitoliani che folleggiavano; uno di loro
sarebbe stato disposto a sponsorizzarla?
Le sarebbe
bastato poco, in fondo, un po' di acqua o cibo, una medicina, qualche
arma.
Roxie sapeva
benissimo che c'erano Tributi molto più forti di lei, ma era
altrettanto certa delle sue possibilità.
Sorrise; Kidou
aveva detto che aveva alte probabilità di vittoria, e lei si
fidava.
Il pomeriggio
passò in fretta e le tinte calde del tramonto andarono a
spegnersi nella cenere della sera, sfumando nel buio.
I carri si
posizionarono riempendo l'anello dell'anfiteatro, e la musica
terminò con un virtuosismo.
Improvvisamente,
tutti i rumori si spensero, e crebbe un silenzio irreale; Roxie prese
un respiro profondo, e un brivido l'attraversò.
Il presidente
Snow si affacciò dal balcone che sovrastava l'anfiteatro e
la rossa avvertì il gelo penetrare nel suo petto appena
incrociò quegli occhi affilati.
Istintivamente,
cercò la mano di Yuuto di fianco a sè e la
strinse forte.
Il ragazzo le
lanciò un'occhiata stupita, ma ricambiò la
stretta, e Roxie si sentì improvvisamente e stupidamente al
sicuro.
Per il momento,
bastava così.
Ma tenersi per
mano non li avrebbe salvati dalla morte.
Lo avrebbero
capito molto presto.
Distretto
11
Skylin sorrise,
respirando quell'aria calda e densa sporca di tramonto.
Il fresco della
sera stava lentamente sostituendo il calore del sole, creando un
contrasto curioso fra il freddo e il caldo, mischiati al tramonto che
si stagliava a perdita d'occhio nel cielo.
Fu in quel
momento che la ragazza fiorì; pian piano, le corolle dei
fiori iniziarono a tremare, illuminate leggermente, e ad aprirsi pian
piano, suscitando la meraviglia dei capitoliani.
Anche Skylin si
sentì fiorire: lo sconforto e la felicità che
l'avevano attraversata prima non avevano più importanza, ora
c'era solo quell'euforia che cresceva, sbocciando nel suo petto.
Increspò
le labbra in un sorriso bello e inafferrabile, e le sembrò
quasi di percepire davvero il dolce profumo dei fiori e i frutti
maturi. Le sembrò quasi di essere tornata a casa.
Alzò
la mano, salutando senza smettere di sorridere il pubblico,
un'eccitazione che sapeva di casa che la scuoteva da capo a piedi.
Tutto
vorticò spaventosamente, in un miscuglio indefinito di
felicità, e acclamazioni, e musica, e luce, e poi fiori e
frutti.
Primavera, solo
quello fu il pensiero di Skylin.
Ma la primavera
non fiorisce per nessuno. La primavera fiorisce solo per se stessa.
Invece lei stava
sbocciando per conquistare i capitoliani. L'incanto si
spezzò.
Una rabbia muta
la colpì come la folgore, ma continuò a sorridere
pur odiando tutto quello che la circondava.
E a niente
servirono le grida di gioia e le rose che venivano lanciate sul carro.
Conservò
questa collera dentro al petto, in fondo, schiacciandola fra l'euforia
e la debolezza, cercando di farla diventare meno aggressiva.
In quel momento,
avrebbe potuto insultare il presidente Snow in persona senza pensarci
due volte.
La musica
terminò quando ormai il tramonto andava spegnendosi,
colorando di grigio le sue ultime sfumature; i carri riempivano
l'anello dell'anfiteatro e Skylin strinse i pugni, digrignando i denti,
rabbiosa.
-Uccellino, ti
senti bene? Quell'espressione arrabbiata non si addice al tuo visetto
dolce.- sogghignò Atsuya, ridacchiando.
Lei gli
scoccò un'occhiata di fuoco. -Non sono dell'umore giusto per
litigare. Potresti seriamente rischiare di essere picchiato, quindi
taci.- sentenziò lapidaria, senza guardarlo, a denti stretti.
-Umpf.- lui
incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo a sua
volta, diventando improvvisamente serio.
Lo sguardo di
entrambi era sul balcone che sovrastava l'anfiteatro: il presidente
Snow si era affacciato e guardava tutti dall'alto.
Skylin
avvertì l'odio che aveva faticosamente represso durante la
sfilata pervaderla di colpo, e i suoi occhi dorati brillarono di rabbia.
E fu in quel
luccichio spietato che crebbe il silenzio.
Distretto
12
Amelia non
riuscì a pensare a niente per una manciata di secondi.
Avvertiva solo la
stretta calda della mano di Fideo sulla sua e le urla del pubblico; per
una attimo rimase rigida, guardandosi intorno guardinga.
Prese un respiro
profondo e guardò davanti a sè, senza
più fissare la folla.
Un'agitazione
ingiustificata, mischiata a un senso di potenza e forza, le fece
battere il cuore talmente tanto forte che lo sentì
rimbombare nelle orecchie.
Il rumoreggiare
della folla la inghiottì, mentre il sole andava morendo
all'orizzonte, sporcando il cielo del suo sangue arancione e delle
lingue dorate della sua disperazione.
Amelia non chiuse
gli occhi.
La gente del
Giacimento doveva sempre avere gli occhi aperti, perchè
bastava una distrazione per condurre a settimane di fame.
La gente del
Giacimento doveva sempre avere gli occhi aperti, era quello che suo
padre le aveva sempre ripetuto.
La gente del
Giacimento doveva sempre avere gli occhi aperti, e Amelia questo lo
sapeva.
Sapeva che,
adesso più che mai, non poteva distrarsi. Doveva tornare a
casa e sarebbe tornata.
Era una promessa,
e lei mantiene sempre le promesse.
Rimase
impassabile, persa nelle proprie riflessioni, mentre intorno il
rumoreggiare della folla esplodeva.
Il tramonto
iniziò a sfumare quando la musica si spense con un
virtuosismo, e i carri andarono a posizionarsi in un anello che
riempiva l'anfiteatro.
Il presidente
Snow si affacciò dal balcone che sovrastava l'anfiteatro e
Amelia non si rilassò; il vero nemico era appena giunto e
lei lo sapeva benissimo.
Strinse forte la
mano di Fideo, senza spostare lo sguardo azzurro, trattenendo il fiato.
Improvvisamente,
tutta la potenza che l'aveva persava scomparve, lasciando posto a un
amaro senso di debolezza. Una debolezza che la fece infuriare.
Il suo sguardo si
tinse d'odio e strinse i denti, rabbiosa. Ormai non c'era
più tempo per scherzare.
La sfilata era
finita. Si iniziava a giocare sul serio.
Il presidente Snow
salutò il pubblico, che dopo qualche ultimo grido si
zittì.
Tutti gli occhi erano
puntati su di lui.
Tutti gli occhi dei
Tributi, coloro che vedevano nel suo volto da serpente l'artefice della
loro morte.
-Benvenuti.- disse con
voce potente.
-Tributi, vi diamo il
benvenuto.- fece una piccola pausa, osservando il pubblico.
-Rendiamo onore al
vostro coraggio e al vostro sacrificio.
Vi auguriamo felici
Hunger Games. Che possa la fortuna essere a vostro favore.-
Ehilà
Tributi!
Vi
sono mancata? :3
Sì,
è un mese che non aggiorno, lo so.
Ma
ormai dovreste aver capito i miei tempi lunghissimi. uu
Allora,
come avrete notato questo capitolo è più breve
degli altri; è un capitolo di passaggio, dal prossimo
finiranno i capitoli di questo genere.
Non
si inizia a combattere dal prossimo capitolo, quindi non fatevi
illusioni.
Ci
vorrà ancora un po' prima di entrare nell'Arena. **
Ora.
Ringrazio MarinaDust99,
perchè mi ha sostenuto nella scrittura di questo capitolo e
perchè se lo merita. <3
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto, come al solito sono molto insicura.
>.<
Va
boh, vi lascio.
Ciao
ciao <3
Lucchan
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