Non sempre ciò che si vuole è la soluzione migliore

di sakichan24
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Le nove in punto. La fine di una lunga giornata di lavoro. Una delle tante. Guardo pensieroso le reclute che si avviano fuori dall'edifico, chiacchierando fra loro. Non riesco a sentire le loro parole, sono troppo lontano. Fisicamente e mentalmente.
Non pensavo che le mie idee riscuotessero tanto successo. Quando ero più giovane, i miei compagni mi davano del pazzo. Perché non capivano e non si sforzavano di capire. Loro, convinti che idee come le mie potessero essere partorite solo dalla mente di un folle, presto dovranno piegarsi e capire chi aveva ragione. Perché so che al mio obiettivo manca poco, me lo sento.
Guardo le ultime reclute sparire dietro l'angolo e, finalmente, mi accomodo sulla sedia del mio ufficio per un po' di meritato relax. Già, tutto questo successo non me l'aspettavo. E invece, ecco una massa di pedine che non fanno altro che idolatrarmi e seguire ciecamente i miei obiettivi. Poveri illusi, sono convinti che nei miei piani futuri ci sia spazio e gloria anche per loro. Dovranno ricredersi.

***

- Maestro Cyrus, l'Adamsfera e la Splendisfera sono nelle nostre mani.
È una voce femminile ad annunciarmi questa notizia. Come al solito, dal mio volto non traspare nessuna emozione, ma dentro di me qualcosa si è risvegliato.
- Perfetto, Martes. Andremo alla Vetta Lancia oggi stesso. Prepara tutto il necessario.
E così congedo la Comandante.
Quasi fatico a crederci. Il sogno che accarezzo praticamente da sempre, il mio desiderio più grande, sta per avverarsi. Un mondo, un mondo nuovo, senza alcuna emozione o sentimento che rischierebbe di rovinarlo. Un mondo perfetto. E completamente mio.
Mi siedo alla scrivania. Guardo i documenti perfettamente ordinati, senza realmente vederli.
Una volta tutto questo era solo un'utopia irraggiungibile. Ora è così vicino che mi sembra di poterlo toccare.
Poco dopo, Martes torna per informarmi che tutto è pronto. La seguo verso il pianterreno dell'edificio, voltandomi per guardare per l'ultima volta quelle stanze così familiari.

***

"Finalmente ci siamo."
Uno dei miei pregi è sicuramente saper mantenere la concentrazione anche in momenti critici. E questo è uno di quelli.
La Rossocatena ha sprigionato il suo potere grazie ai cristalli dei tre Pokémon dei Laghi. Dialga e Palkia, come previsto, hanno fatto la loro comparsa e subito si sono piegati al mio volere.
Ma una cosa non era prevista: la presenza di quella mocciosetta che fin dall'inizio ha cercato di mettermi i bastoni tra le ruote.
- Martes, Giovia, occupatevene voi.
Così speravo di poterla rimandare al suo posto. E invece no, quegli incapaci dei miei Comandanti si sono fatti battere.
Tocca a me farle capire perché sbaglia, perché io ho ragione, perché questo mondo deve sparire senza lasciare traccia. Non mi aspetto che capisca, in fondo è solo una gaia bambinetta di dieci anni, ma almeno la terrò occupata mentre il mio piano andrà avanti. Mi giro verso di lei.
Sto per iniziare il mio lungo discorso, quando colgo il suo sguardo in punto oltre la mia spalla. I suoi occhi, prima così determinati e sicuri, ora appaiono spaventati. Mi volto.
Alle mie spalle, c'è un grosso Pokémon che non avevo mai visto. Sembra fatto d'ombra. Non so cosa ci faccia lì, né da dove sia spuntato. Ma non mi interessa, non interferirà coi miei piani.
- E così sei venuto a salvare i tuoi simili, eh? Che atto inutile... Grazie al potere della Rossocatena, questo mondo e quello da dove provieni tu saranno spazzati via! Io sono invinci...

***

Piano piano riprendo coscienza. Sento il corpo intorpidito e la testa pesante. Ho gli occhi chiusi, non voglio aprirli. Che il mio piano abbia funzionato? Che ora io sia nel mio nuovo mondo?
Qualcosa (o qualcuno) mi bagna la faccia. Apro lentamente gli occhi.
La prima cosa che vedo è lo strano posto in cui sono finito. Ci sono pezzi di roccia che fluttuano nel vuoto e strane piante che compaiono e scompaiono. Ho l'impressione che questo non sia il mio nuovo mondo.
Cerco di alzarmi in piedi, ma il mio corpo è troppo pesante: mi sollevo appena per poi ricadere a terra. All'improvviso sento una voce: - Ha ripreso conoscenza!
Non posso credere ai miei occhi: quella dannata mocciosetta è qui con me in questo strano mondo e, a giudicare dal suo comportamento, ha cercato di prendersi cura di me.
- Come... come ti senti? Loro... erano preoccupati... Vorrebbero vederti...
Le trema la voce.
Mi porge le mie Pokéball.
- O-ora vi lascio soli, ok? Se hai bisogno... beh... sono laggiù. - dice indicando un punto su una roccia sospesa. Poi, con incredibile velocità, giunge sulla roccia e si siede, guardando altrove.
Ho capito che "loro" sono i miei Pokémon. Li faccio uscire dalle Sfere. Weavile, Honchkrow, Crobat, Gyarados, Houndoom. Sono tutti lì.
E in un attimo capisco di avere sbagliato tutto. Io, rifiutato da tutto e da tutti fin dall'infanzia, speravo di poter ottenere un mondo in cui nessuno avrebbe sofferto, né avrebbe amato. Affezionarsi è inutile e stupido, pensavo. Cercare di salvare qualcuno a rischio della propria vita è inutile, pensavo.
Eppure, quella mocciosetta l'aveva appena fatto. Non l'avevo mai trattata bene, avevo cercato di toglierle la sua famiglia, i suoi Pokémon, la sua vita. Ma era venuta a salvarmi. Non a salvarmi fisicamente. A salvare la mia psiche dalla rovina a cui la stavo portando. Creando quel mondo, non avrei fatto del bene, anzi. Avrei solo rovinato me stesso.
E, senza nemmeno saperlo, ero io il primo a provare affetto per qualcuno. Per qualcuno che mi aveva appoggiato fin dall'inizio, che mi era stato accanto, che mi aveva risollevato dopo le mie innumerevoli cadute. Ed eccoli là, i soggetti per cui provavo affetto. Tutti e cinque.
Loro erano preoccupati. Vorrebbero  vederti. Queste sono le parole che rimbalzano nella mia mente.
La chiamo. La chiamo bimbetta, ma lei non perde un secondo per arrivare.
- Torna a casa. Vai dalla tua famiglia, vai a curare la tua squadra e lasciami qui. Non preoccuparti per me. Me la saprò cavare.
Lei annuisce. Si allontana verso il portale ancora aperto.
Prima di entrarci si volta indietro e mi sorride.
- Sai una cosa? Tu sei la persona più incredibile che io abbia mai conosciuto.
E, detto questo, scompare.




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