Il
mio nome
è Renesmee Cullen.
Ho otto
anni, ma solo anagraficamente. Il mio corpo ne dimostra al contrario
dieci in
più. Sono la figlia di Edward Cullen e Bella Swan. Mia madre
mi ha partorita prima
della sua trasformazione, il che fa di me una mezza vampira. Dai
vampiri ho preso
la bellezza,la forza, la velocità. Dagli umani il sonno, il
calore, un cuore
che batte. Mangio senza differenza cibo umano e selvaggina, posso fare
a meno
sia dell’uno che dell’altro.
Se si
dovesse fare una scala delle stranezze, in parole povere io mi troverei
in cima
alla lista. Perché?
Perché
sono
un’ibrida. Né umana, né vampira. Una
cosetta che cresce troppo in fretta e che
ha caratteristiche di due razze opposte e contrarie. Sono, in
conclusione, un
dilemma.
Un dilemma
che ha attirato l’attenzione dei Volturi, alla mia nascita, e
che continua ad
essere frutto di profonda meditazione dai vampiri e soprattutto da
Carlisle,
quello che io chiamo nonno. Dalla mia nascita sono stata costantemente
oggetto
di studi, di ricerche, di incredulità. E ho vissuto i miei
otto anni di vita in
una campana di vetro, fuori dal mondo e fuori dalla città di
Forks, che sebbene
io abbia vissuto ogni giorno e che conosco a menadito, non sa della mia
esistenza, nascosta fra gli alberi nella foresta.
Vivo
oppressa dalla protezione di mio padre e di mia madre, fisicamente miei
coetanei, dalla supervisione dei miei zii e dei miei nonni,
dall’ombra costante
che è per me Jacob Black.
Non si
può
dire che la mia vita sia una vita, non si può dire che nella
mia anormalità abbia
in qualche modo trovato un equilibrio. Perché, come vi ho
già detto prima, io
sono in conclusione, un dilemma.
-Buongiorno,
Nessie. –
Sento sul
viso la mano fredda della mamma e sorrido.
-Buongiorno.
– apro gli occhi e il suo bellissimo viso mi accoglie.
Sbadiglio, devono essere
le otto o le nove di mattina, a giudicare dalla posizione della luce
del sole
che entra dalla finestra. Me lo ha insegnato Jacob, a decifrare
l’orario dalla
posizione della luce, anni fa.
-Dormito
bene? – la mamma si alza e apre ancora di più le
tende della stanza, inondando
la stanza di luce.
-Si, tutto
bene. – Mi metto a sedere, passandomi una mano sul viso
ancora addormentato.
-Niente
sogni? –
-Niente
sogni. – rispondo, lasciando un bacio sulla guancia contratta
della mamma.
A volte
è
strano, pensare alla mamma come ad una mamma normale, come a quelle
delle serie
tv e dei film che divoro, nel salotto di casa. Le mamme dei film sono
donne,
magari in sovrappeso, sempre isteriche e indaffarate. Mia madre ha la
mia età.
E’ di una bellezza sconvolgente, è spiritosa, sa
sempre cosa dire. E mio padre!
Se non fosse papà, me ne sarei già innamorata. Ma
questi due ragazzi sono i
miei genitori biologici, il mio sangue, sebbene nelle mie vene scorra
solo
quello della mamma, e lei ora non ne ha nemmeno più. E
nell’irrealtà della mia
vita, loro sono un punto fermo.
-‘Giorno
tesoro. – Papà mi lancia uno sguardo caldo, seduto
sul divano a leggere il
giornale.
-Leggi? Da
quando? – mi siedo vicino a lui e sbircio al di sopra della
carta.
-Da oggi,
problemi? – mi tira un buffetto sulla guancia e sorride.
Mangio un
paio di frittelle, la mia passione, e bevo un po' di caffè.
Mi cambio,
infilandomi le prime cose che trovo nell’armadio, e mi fisso
allo specchio.
Il mese
scorso ho tagliato i capelli. Sola, a casa Cullen, chiusa a chiave nel
bagno
che chiunque dei miei parenti avrebbe benissimo potuto sfondare, ho
tagliato
con le forbici da cucina tutti i boccoli ramati che mi arrivavano alle
spalle.
Tutti, ad uno ad uno, provando una strana sensazione di potere e
ammirazione. Ho
tagliato tutto fino alle orecchie, e mi sarei spinta oltre se zia Alice
non
fosse piombata nel bagno attirata dal rumore delle forbici, che doveva
essere
quasi chiassoso per le sue orecchie da vampira. E quante storie per
quei
capelli, lei e zia Rose! Avevo liquidato la questione con
un’alzata di spalle, perché
i capelli sono davvero la mia ultima preoccupazione, e loro si erano
disperate
per le ciocche morte sul pavimento.
Fissandomi
davanti allo specchio vedo una ragazza di diciotto anni, fisicamente
perfetta
grazie ai miei geni paterni, rossa in viso e con gli occhi vivi grazie
a quelli
materni. Scosto un ricciolo cadutomi davanti agli occhi e esco dalla
stanza,
intenzionata a fare una passeggiata per il bosco.
-Dove vai?
–
mi chiama la voce irritata di mio padre, dal salotto.
Sbuffo.
–A fare
una passeggiata, nel bosco. –
Lui alza un
sopracciglio, scettico. – Con Jacob? –
Alzo gli
occhi al cielo. –No, papà. Da sola. –
-Non pensi
che sia trop.. –
-Vai,
Nessie. – interviene mia madre, lanciando uno sguardo a
papà. –Ma non fare
tardi e sta’ attenta. –
Papà
tace, guardando
la mamma, e io esco, salutandoli con la mano.
Dai vampiri
ho preso la velocità, e posso correre per ore intere senza
sentire il minimo
sforzo. Mi fiondo come un lampo nel bosco, sfidando il vento e persino
la luce.
Mi piace correre, e sentire di essere invisibile per la vita che scorre
intorno
a me: posso passare vicino agli animali senza che loro se ne accorgano,
posso
saltare le montagne, scalare le vallate, nascondermi fra gli alberi
come le
scimmie. Io e Jacob ci divertivamo un mondo, quando ero bambina, a
saltare
sugli alberi e a fare i versi delle scimmie, ma poi arrivava sempre una
chiamata e Jacob era costretto ad andare via, lacerando i suoi vestiti
da umano
per il sentiero. Stringo i denti, mentre corro verso La Push.
Non saprei
definire il mio rapporto con Jacob Black: fin dalla mia nascita, che
ricordo
nitidamente e senza sforzo, ho sempre avuto il sentore della sua
presenza,
dietro alle mie spalle. Jacob è la mia ombra: anche quando
penso di essere
sola, c’è sempre qualcosa che mi ricorda lui o che
mi fa avvertire la sua
presenza, e più di una volta avevo avuto ragione e lui era
entrato di soppiatto
nella mia stanza, per raccontarmi una fiaba. Ma questo era accaduto nel
passato, un passato in cui ero ancora una bambina e lui un ragazzo,alto
e
bellissimo. Ora è cambiato tutto. Sono cresciuta, sebbene
lui sia rimasto
sempre lo stesso. Jacob è diventato un amico, non
più un compagno di giochi, un
confidente. Una spalla su cui piangere.
Arrivo a La
Push cinque minuti dopo essere partita da casa. Comincio a camminare,
mentre
per la strada incontro la gente del posto, la mia seconda famiglia. I
licantropi
sono gli unici amici che ho. Escludendo la mia famiglia, sono le uniche
persone che
mi è concesso frequentare. Potrebbe sembrare strano, data la
memorabile
ostilità tra la mia specie e la loro, ma io ero stata sempre
accolta a La Push,
sebbene il mio colorito pallido e la forza non siano caratteristici del
genere
umano. Come la sete di sangue.
Ricordo che
una volta, per un mio compleanno, Jacob aveva organizzato una mega
caccia al
regalo: Avevano partecipato tutti, i licantropi e i Cullen, e avevamo
corso per
il bosco secondo l’ingegnoso piano di Jacob che alla fine
aveva portato al mio
regalo. Ci poteva stare, ogni tanto, un contatto fra di loro: ma lupi e
vampiri
non sarebbero mai diventati amici, me tapino, e a me bastava poter
passare del
tempo a La Push senza essere troppo controllata dai miei. Il che era
davvero
difficile.
-Ciao,
Billy. – arrivo davanti a casa Blake e trovo Billy, seduto
sulla sua sedia a
rotelle in veranda.
-Ciao
Nessie. – mi tende una mano e la bacia. – Jacob
è in garage. –
Sorrido e
annuisco, dirigendomi a passo spedito sul retro.
-Ehi, Jake.
–
Jacob è piegato su una delle sue tante moto, sudato quasi
quanto dopo una
trasformazione impegnativa. Alza lo sguardo e mi sorride.
-Nessie.
–
Si alza e si asciuga il sudore dalla fronte. – Ne
è passato di tempo. –
Mi appoggio
allo stipite della porta, alzando le spalle. – Un paio di
giorni. –
Lui
annuisce. – Già. Come stai? –
Acchiappo
una ciocca di capelli e la ributto dietro all’orecchio.
– Regolare. –
Lui ride e
non risponde, riprendendo il suo lavoro.
-A te?-
-Adesso
bene. Potevi farmela una telefonata, comunque.- gli tiro una sberla
sulla nuca.
Ho pur sempre la forza di un vampiro.
-Una
telefonata? Da quando esistono i telefoni a Forks? E comunque neanche
tu ti sei
fatto vedere. –
-Pensavo
volessi un po' di privacy.- alza le mani e in segno di resa.
– Scusa. –
-Con un
padre come il mio è impossibile avere privacy. –
Sospiro, e
lui ride di nuovo. Indica la moto. –Ti piace?-
Mi avvicino.
Non me ne intendo molto di moto, ma devo ammettere che Jacob
è davvero un asso:
il fiammante modello rosso che sta aggiustando è davvero uno
schianto.
--E’
magnifica. – Lui alza le spalle. –E’ per
te. –
Spalanco gli
occhi. –Per me?-
Jacob
annuisce. – Per il tuo compleanno.-
Abbasso
lo
sguardo e sorrido. – Già... otto anni. Di solito
ai bambini di otto anni si
regala la bicicletta senza rotelle. –
Jacob sbuffa
e riprende a lavorare. – Quando fai così sembri
davvero una bambina di otto
anni. –
Ha ragione. Sono
un’idiota frustrata. – Scusami, Jake. E’
solo che.. – mi siedo al suo
fianco, per terra, e sospiro. Lui lascia la chiave inglese e mi guarda
di
sottecchi. – Dimmi. –
-E’
solo che
non ce la faccio più. Mi sembra di soffocare.. –
seppur sia abbastanza
orgogliosa, non riesco a non essere sincera, soprattutto con Jake.
– Non vedo
altro futuro per me, se non quello delle mura di casa mia. Ed
è così strano, ci
sono tante cose che non ho mai fatto e vorrei fare, e tante altre che
non potrà
mai fare. Vorrei una vita normale.. –
Ecco,
l’ho
detto. Jake mi guarda. –Non avevo idea che pensassi questo..
io.. –
Mi pare che
nello sguardo di Jacob ci sia una punta di.. pena? O forse
colpevolezza? Si
sente in colpa, per me. Come sempre.
-Non è
colpa
tua, Jake. Riguarda solo me. – mi alzo, scuotendo i capelli.
-Nessie,
ascolta.. – Alzo una mano, già pentita per avergli
detto quelle cose.
-No, lascia
stare. Scusa se te l’ho detto, sono solo un po' nervosa.
– Lui rimane a bocca
aperta.
-Ora vado.
Magari ci vediamo dopo. – Mi avvio alla porta ma lui mi
raggiunge e mi blocca
un braccio.
-Nessie.
–
mi giro. –Sei cresciuta. –
Sorride. Io
guardo la sua bocca aprirsi e vengo presa da un moto d’ira.
– Come?-
-Sei
cresciuta. – ripete, sorridendo ancora.
–Finalmente. –
Lo guardo e
sono tentata nel tirare uno schiaffo sul suo faccino da lupo.
–Vaffanculo,
Jacob. –
Gli pesto un
piede e comincio a correre prima che possa riacchiapparmi.
***
Ok, non scrivo da tanto su EFP, e ora me ne esco
con questa JacobRenesmee, prima storia Twilight che scrivo. Siate
clementi, se vorrete rencesire, mi farebbe piacere :)
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