Dal primo giorno avevano visto
così tante volte il sole
sorgere e tramontare attraverso le sbarre che avevano perso la
concezione del
tempo, e chissà perché forse preferivano fosse
così.
E il cantante si rammaricava di non
avere delle sigarette, ora
ne aveva bisogno più che mai:
Frank si era raffreddato ogni giorno
di più, tanto per
cominciare, e ormai non gli parlava più;
Secondariamente, lì dentro
continuavano a sentire i peggiori
rumori: rutti, bestemmie, pianti isterici, urla animalesche e il suono
di altre
attività di cui non voleva sapere nulla, non riusciva a
sopportarli soprattutto
perché non smettevano nemmeno di notte, ma
d’altronde non avrebbe dormito lo
stesso, perché c’era un altro pensiero che,
più di tutti gli altri, non lo
faceva stare tranquillo nemmeno un momento.
Guardava i suoi compagni di sventura,
uno più grigio e
triste dell’altro, e non poteva fare a meno di pensare che
tutto quello era
successo solo e unicamente per colpa sua, sarebbero rimasti in prigione
a tempo
indeterminato per qualcosa in cui non c’entravano minimamente.
In pratica, Gerard era scosso tutto
il tempo dal senso di
colpa. E da tutto il resto, piccole cose intuibili pensando allo stato
in cui
si trovava.
-Ma porca puttana, non esistono le
cicche in questo posto?-,
sbraitò all’improvviso un giorno.
Gli altri quattro si voltarono
sorpresi, essendo quella la
prima volta che lo sentivano dire una frase intera da un bel pezzo, ma
poi
alzarono tutti le spalle.
-Cazzo, amico, bastava dirlo-,
gracchiò una voce dalla cella
di fronte, e fra le sbarre comparve un viso giovane, che sorrise
gioviale.
Il secondino sbirciò nella
sua direzione, ma scrollò le
spalle, sorridendo divertito.
Il ragazzo gli lanciò una
sigaretta spiegazzata e un
accendino, e Gerard li afferrò con in faccia un sorriso di
gratitudine. Accese
la punta del rotolino di carta e subito i suoi lineamenti si
rilassarono,
nell’estasi della nicotina. Cazzo, pensò,
finalmente un po’ di sollievo.
-Grazie, amico-, bofonchiò
lanciando indietro l’accendino.
-Di niente-, rispose
l’altro,-quando vuoi…mia sorella viene
ogni settimana a farmi da rifornimento, Dio la benedica.
Dando un altro tiro sentì
la mente sgombrarsi, il peso sul
petto vaporizzarsi…e finalmente si era sciolto dallo stato
di asocialità.
-Come sei finito qui dentro?-, chiese
espirando lentamente
il fumo, come se lo facesse scappare controvoglia dai polmoni.
-Ah, niente…sai, fino
all’anno scorso spacciavo…attività di
famiglia-, rispose l’altro con un mezzo sorriso sarcastico.
-Capisco-, replicò Gerard,
appoggiando la fronte alle
sbarre. Pensò che quel tipo non aveva l’aspetto di
uno che ha passato un anno
in prigione.
-E tu che hai fatto?-,
domandò il ragazzo.
-Ho ammazzato due fratelli della
mafia…per legittima difesa,
certo, ma stranamente non
c’è nessuno
disposto a credermi-, rispose ironico il moro, tornando a fissare il
viso che
scorgeva appena nel buio.
-Beh, non è una
novità che la mafia tenga per le palle tutto
il distretto di polizia-, mormorò l’altro annuendo.
-Già-, disse lugubre
Gerard, poi tutto tornò all’abituale
silenzio finché il ragazzo non disse:
-Beh, comunque io mi chiamo Billie
Joe…Billie Joe Armstrong.
-Gerard Way-, replicò
atono il cantante.
-Piacere…Sai, devo averti
già visto, mi sei familiare!-,
fece Billie.
-Sono in una band…loro-,
accennò ai compagni di cella,
-suonano con me.
-Davvero?! Anch’io suonavo,
un bel po’ di anni fa, ma
all’epoca ero dalle parti di Los Angeles…Oakland,
non so se hai presente-,
rispose l’altro in tono estatico, e si sporse di
più sulle sbarre mostrando
meglio il proprio volto: i ciuffi disordinati di capelli neri
incorniciavano il
viso rotondo, gli occhi verdi lampeggiavano come se la vita si fosse
riaccesa
in loro, le labbra piccole e spesse erano ricurve in un sorriso.
-Oakland…più o
meno…la nostra zona invece era dalle parti di
Belleville, in New Jersey , ma poi ci siamo trasferiti in questo buco
di
città…-, disse Gerard dando un tono sprezzante
alle ultime parole. In effetti
ora New York era in cima alla lista delle sue città
più odiate.
-Come vi chiamate?-, chiese Billie,
-noi ci chiamavamo Sweet
Children, ma ci siamo sciolti da un bel pezzo…
-Noi siamo i My Chemical
Romance…ma non so se esistiamo
ancora-, ammise Gerard con un sorriso malinconico.
-Ma Gee, non dire queste cose-,
intervenne la voce pacata di
Bob,-vedrai che usciremo presto e torneremo a suonare. Piacere io sono
Bob
Bryar-, aggiunse rivolgendosi a Billie Joe.
-Sì, ha
ragione…al processo vi hanno mandati qui dentro con
quali prove?-, chiese quest’ultimo.
-Beh, è bastata la
deposizione dei due tirapiedi ancora
vivi…sai, non è stato un processo molto lungo-,
rispose Bob.
-Cazzoni di sbirri-, sputò
Billie, attirando su di sé lo
sguardo irritato del secondino:-…beh, che hai da guardare?
Vorrei vedere te al
posto mio!
-Oh, andiamo, Billie, neanche fossi
quel tipo innocente che
credi-, replicò l’agente con un mezzo sorriso.
-Beh, Charlie, fai conto che io lo
facevo per dare da
mangiare ai miei figli…da quando Adie se
n’è andata non è stato facile-,
sospirò il californiano.
La guardia rispose qualcosa ma ormai
quella era una
conversazione solo fra lui e Billie, dato che Gerard e Bob erano
tornati fra i
compagni di cella.
Frank dormiva, e la vista del suo
viso sofferente anche nel
sonno, delle occhiaie che annerivano lo spazio sotto i suoi occhi e
tutto il
suo apparire malconcio fu un nuovo colpo per Gerard.
D’un tratto la sua mancanza
si fece sentire, non perché
prima non fosse stato accanto a lui, ma perché da quando
erano stati arrestati,
il chitarrista aveva perso ogni sua abitudine, non parlava nemmeno con
Mikey, e
al cantante mancava molto il Frankie di cui era innamorato.
Certo, lo amava, anche se ultimamente
non lo dimostrava come
prima. Lo amava da quando l’aveva visto entrare
nell’aula grigia della loro
adolescenza, e gli attimi che avevano passato insieme erano serviti a
superare
le rispettive separazioni dei genitori.
Perciò decise di parlarci,
per la prima volta in settimane.
-Frankie-, chiamò
scrollandolo leggermente per la spalla.
Il ragazzo disteso mugolò
infastidito, si rigirò un po’ e
poi aprì gli occhi. Appena vide chi lo aveva svegliato,
assunse subito un’espressione
scontrosa.
-Che vuoi?-, sbottò.
-Voglio parlare, Frankie-, rispose
Gerard, pure irritato da
quel tono.
-Io no-, lo lapidò il
moro, girandosi dall’altra parte.
Tempo prima avrebbe saputo
esattamente come ammorbidirlo e
gli sarebbe venuto naturale, ma in quella situazione era un
po’ difficile
entrare nello stato d’animo giusto.
‘D’accordo, Gee,
fa un bel respiro’, si disse.
Sospirò, poi
appoggiò una mano alla spalla del suo ragazzo,
che cercò di scrollarsi.
-Frankie…dimmi qualcosa-,
riprese in tono lezioso.
-Vaffanculo-, rispose prontamente
Frank, come se avesse
aspettato proprio quelle parole, e si girò
dall’altra parte.
Stavolta fu Gerard a sbottare:
-andiamo, ancora da quella
volta!
-Sì! Perché al
ristorante non mi hai minimamente
considerato…
-ma non volevo escluderti!-,
protestò il cantante.
-…e poi mi hai levato le
mani dai fianchi come fossi un
lebbroso-, continuò Frank ignorandolo.
-Perché volevo
proteggerti, idiota! Quello mi puntava contro
una pistola, non volevo che finissi sotto tiro anche tu!-, rispose
Gerard
dandogli uno spintone.
Il chitarrista sussultò di
stupore, poi si voltò di nuovo.
-Comunque non sono in vena di
parlare, non so se si
capisce-, disse mascherando quell’attimo di incertezza.
-Nemmeno io, ma tu mi manchi
così tanto che faccio sto
sforzo-, replicò l’altro, guardando poi altrove in
imbarazzo.
Non sapeva perché ora
avesse voglia di essersi tappato la
bocca in tempo per non dirlo.
Frank spalancò gli occhi
come se non capisse il senso di
quella frase, poi accennò un sorriso e rispose:
-Anche tu mi manchi, pensavo che non
saresti più tornato.
Fece una pausa, poi sbuffò:
-Oh, ma vaffanculo…
E si appropriò delle
labbra del cantante, avvicinando il suo
viso tenendolo per la nuca.
Gerard aveva dimenticato cosa si
provava a sentire quelle
labbra soffici che premevano contro le sue, a morderle e sentire un
leggero
sapore di sangue, ma soprattutto aveva scordato la reazione che aveva
il suo
corpo a quel contatto: la cassa toracica cominciava a sobbalzare come
se si
trovasse su una macchina in una strada sterrata, le mani partivano da
sole
senza un’autorizzazione della base di comando, troppo
occupata a girare come
una trottola, e il viso gli si infiammava dando alle guance un delicato
color
magenta.
Subito partirono esclamazioni da
parte dei tre compagni di
cella che nessuno dei due comprese, e quando si staccarono Frank disse:
-Beh…bentornato, Gee.
Gerard scoppiò a ridere, e
fu travolgente il suo stupore nel
notare il piacere che provava nel farlo di cuore dopo tanto tempo, fu
come se
non avesse mai riso prima.
-Comunque-, intervenne la voce
annoiata di Billie Joe,-mi
sono stufato di questo posto.
I due ragazzi si voltarono stupiti,
controllarono che il
secondino se ne fosse andato e il cantante chiese:
-Che hai detto?
Il californiano li guardò
con un ghigno, poi replicò.
-Mi sono stufato di stare in prigione.
-Beh, che novità-, fece
Frank, -come se qui ci si fosse mai
divertiti!
Billie ignorò il commento.
-Mi sembrate i tizi
giusti…che ne dite se facciamo una
piccola e discreta evasione?
[Scusate per il ritardo, ma l'ispirazione se n'è andata e
pensavo di scrivere qualche altro capitolo prima di aggiornare...ma
alla fine ho pensato di pubblicare lo stesso, anche se il prossimo
capitolo è ancora in lavorazione da un mese ormai...quindi
non ho idea di quando aggiornerò ancora, purtroppo...spero
che la Musa si decida a tornare a farmi visita...
Comunque finalmente adesso c'è un motivo al fatto che ho
messo i Green Day fra i personaggi xDD
Grazie a Emanuela_smile
per avere aggiunto la storia fra le preferite ^^
Chemical Lady:
A me fa piacere che ti piaccia XD sei una delle poche
ç___ç si, a Gerard ho fatto fare la scenetta da
film xD ma sarò scema uhahahaha *manu cerca di darsi un tono
serio* se ti va fammi sapere che ne pensi di questo capitoletto, anche
se è un pò tanto corto ed è vergognoso
che ci abbia messo tanto a postarlo ç_____ç
Alla prossima, non so quando ma spero che ci sarà u.u]
|