8.
Nell'amplesso
non c'era niente di stonato, forse il vento un po' forte, ma tenendo
conto dell'estate appena inoltrata non era davvero nessun disturbo.
Forse allora un po' la sabbia che si insediava fra le pieghe del
jeans e della t-shirt, questo sì, sicuramente. Odiava la
sabbia che
si insediava fra le pieghe dei jeans e della t-shirt. Come odiava lo
scabroso andamento di piccoli insettini piroettanti davanti alla
vista. Lo costringevano ad arricciare il naso e girare la testa di
scatto forsennatamente, tanto che ampliare le braccia per scacciarli
via dava da lontano l'impressione che avesse bevuto qualche bicchiere
di troppo. Erano i suoi troppi pensieri a tenerlo impegnato con gli
occhi puntati verso il golfo, sul molo di legno che lungo il
calpestio umido era illumiato dai lampioni già accesi ad
entrambi i
laterali. Si rifletteva un bagliore sviato che piano si appiattiva
lungo il sole, proiettava qualche luccichio che ad osservare meglio
quasi incantava lo sguardo. Poggiando i palmi sul parapetto
increspato di vernice corrosa si destò appena qualche
secondo dopo
che una mano gli si era appiattita alla schiena. Era soffice e
affusolata, si era posata con cautela e con la stessa cautela Brian
si voltò a vederla sorridere. Un sorriso bianco e guance
rosee da
farlo impallidire. L'aveva anticipata di una ventina di minuti,
giusto il tempo per riempirsi i polmoni di salsedine marina e di
aiutarsi in qualche discorso con la quale cominciare; e più
la
guardava sistemarsi sul parapetto più le parole non
assumevano un
giusto potenziale. Con uno sguardo attento notò che i
capelli
rossicci si spargevano anche attorno all'elastico che li teneva
distrattamente, facendone scappare qualcuno che ciondolava sul
profilo come ad incorniciarlo, e nella sua impresa riusciva piuttosto
bene, donandole un'aria inconsapevolmente trasandata. Ma Brian
l'amava. Amava il suo aspetto, il neo piccolo sulla giancia, il naso
all'insù.
-E'
da molto che aspetti? -
-Nah...
e comunque l'attesa sarebbe stata ben ricompensata. - Jillian
arrossì.
-Insomma,
guarda che oceano! - Le lunghe ciglia nere sfiorarono le palpebre per
la sorpresa, si sentì così stupida che rise
lasciandolo interdetto.
-Ho
detto qualcosa di strano? - La giovane disdì con lo sguardo
e
continuò a sorridere.
-Ma
no, nulla. Di cosa volevi parlarmi? - Il moro arricciò la
bocca ed
umettò le labbra lentamente, indicando successivamente con
la punta
dell'indice le scalinate adiacenti al soppalco prima di rispondere.
-Dritta
al dunque eh? Perché non ci sediamo prima? - La precedette e
lungo
il calpestio affollato il tipico rumore che incuriosiva erano i
cigolii sistematici al loro passaggio; le transenne dividevano
semplicemente un altro sbocco, che si collegava alla spiaggia fino
alla riva.
-Cosa
hai lì? -
-Ah,
sono solo due birrette fresche. - scrollò un po' le spalle
poi
sorrise. -Beh, fresche è un azzardo. -
-E'
un bel pensiero. Ti piace pensare sempre a tutto, eh? - Brian si
accomodò sulla sabbia e stavolta, indifferente, lo fece
anche
comodamente.
-Diciamo
che sono una persona pratica. Mi piace avete tutto sotto controllo, e
con questo metodo molte cose vengono da sè. - Jillian non
sapeva
bene a cosa potesse riferirsi, ma quando le sporse la bottiglia
l'afferrò senza indagare.
-Immagino
avrete molto da lavorare in questo periodo. - Il giovane colse la
palla al balzo e annuì inaspettatamente ed in modo
scoordinato,
preso alla sprovvista.
-Sì,
sì cavolo.. non immagini neanche. - il suo corportamente
strano si
prolungò.
-O
almeno speriamo di combinare qualcosa di positivo nei prossimi mesi.-
-Deve
essere impegnativo essere una star. - Quando si staccò dal
beccuccio
della sua birra rise.
-La
parte più difficile è tornare alla vita normale.-
Jillian annuì
giocherellando con l'etichetta.
-Il
tuo nome sui giornali di gossip delle teenagers? -
-Non
credo di essere così interessante! -
-Secondo
me non lo sai neanche. - Brian gracchiò un risolino e
spiò quello
di lei a fior di labbra.
-Eddai,
tipo cosa? Sentiamo.. - Jillian arrossì e con un forsennato
gesticolare sembrava non contenta della richiesta.
-Ma
dai, ci conosciamo da così tanti anni. Chissà che
penserai più di
me. - L'arco delle sopracciglia si curvò verso l'alto in una
smorfia
pensierosa.
-Forse
è meglio che rimanga un segreto allora. -
Accompagnò tutto con una
risata cristallina che riaccheggiò nel loro angolino di
intimità.
-Potrei
ricambiare se vuoi, così scoprirai quanto ti trovi simpatica
in
questo momento. - La nota sarcastica fu marcata da un lieve accenno
di angolo che fece la bocca, costringendo la ragazza a disdire col
capo e allungarsi verso di lui per calare inaspettatamente la visiera
del berretto sul suo viso.
-Sta
zitto Haner, meglio che anche tu mantieni i tuoi segreti! Come se non
fosse già così, vero? - Si morse la bocca poi la
guardò muovendo
le labbra per dire qualcosa. Qualche minuto ma la gola gli si era
seccata in un attimo.
-Sto
scherzando, Brian. - Jillian intervenì interdetta. L'aspetto
improvvisamente diafano l'aveva lasciata interrogativa, ma
quest'ultimo si riprese con uno scossone entusiasta.
-Anche
se volessi mi sfuggirebbe comunque qualcosa. Ne sono certo! Non lo
faccio mica apposta. -
-Non
basterebbero anni per conoscere tutto di una persona, neanche a
viverla tutti i giorni. -
-Io
credevo di conoscerti. - Jillian alzò gli occhi verso di lui
e lo
vide intenzionato a ricambiare languidamente. Quando disdì
lo
sguardo si voltò nuovamente solo al rumore metallico dello
zippo che
si chiudeva davanti al fumo di una Marlboro.
-Anche
io credevo di conoscermi. Non lo sai che ogni lasciata è
persa? Cosa
credi che saresti adesso se non avessi scelto di seguire i ragazzi
fino in fondo? Secondo me anche solo immaginarlo potrebbe
spaventarti. - Brian alzò le spalle.
-Forse
adesso venderei hot dog sulla spiaggia. E avrei tanti figli. - Rise.
-E tu? Cosa pensi che saresti adesso se non fossi mai partita? -
Jillian sorrise calando lo sguardo ad un pugno di sabbia che
scivolava fra le dita, ad una duna perlata e smossa dal vento che
profumava di buono.
-Probabilmente
venderei hot dog. E avrei tanti figli.. - Il fumo non fece in tempo a
scivolare via dalle labbra, finì per condensarsi fra i denti
ed
amplificare il gusto di tabacco sulla lingua. Ma Brian non
l'avvertì,
districò solo la presa al mozzicone e si sporse, si
avvicinò
avvertendo una pesantezza che quasi lo schiacciava al suolo.
-Ci
vuole molta fortuna per fare una scelta ad occhi chiusi Brian, e tu
sei stato più fortunato di me. Hai saputo scegliere meglio.
Eravamo
così giovani.. e forse doveva andare così e
basta, senza troppe
spiegazioni. Non ce ne sono, semplicemente. Come non ce ne sono nello
spiegarci perché non stiamo insieme adesso, subito, come
potremmo, e
perché Jimmy non ci sia più.-
Brian
rimase immobile qualche istante deglutendo a fatica il groppo che gli
si era bloccato in gola, prima di accorgersi che la donna si era
ormai alzata in piedi davanti i suoi occhi, con la figura snella che
si delineava saggiamente ad ogni angolo perfetto del corpo minuto,
ancora come quello di una ragazzina.
La
sua voce era bassa e roca, si confondeva fra i rumori che si
alternavano in una giornata così schiarita, il rombo delle
auto a
ciglio della strada che si ergeva ad una trentina di metri.
Brian
umettò le labbra al lieve accenno di vento che gli
scompigliava i
ciuffi corvini che incorniciavano il collo. A quell'altezza avrebbe
voluto carezzare quelle gambe e posarle un bacio lieve preso dalla
foga, ma si trattenne. Tutto quello che usciva dalla sua bocca erano
stilettate avvelenate in pieno petto; probabilmente ancora non
aspettava in piena faccia quello che era stato il riassunto di una
vita passata a sperare in silenzio.
Quando
si alzò anche lui le gambe gli tremarono un po', ma si
assestò allo
scontrarsi con il suo viso, faccia a faccia, con la fessura della
bocca sottile da respirare appena.
-Pensavo
che non avreste continuato a dire il vero. - Se non fosse stato per
tutto quello che li circondava sarebbero rimasti nel silenzio
più
assoluto per almeno qualche minuto. Brian non sapeva bene come
intervenire, spiando il suo viso come meglio poteva.
-Jimmy
non avrebbe mai voluto.-
-Come
potresti saperne tu di cosa avrebbe voluto?- Quando le iridi
tornarono a collisionare si massaggiò la barba, con
l'intenzione di
smorzare l'argomento scrollando di dosso qualche granello di sabbia
insidiato. Ma sembrò precederlo.
-Scusami.
Di certo sentenziare su questo argomento non fa per me. Di sicuro
nessuno lo conosceva meglio di te. - Cercò di
tranquillizzarla con
qualche balbettio. Jillian era agitata e lo si capiva da come
martirizzava la cartaccia fra le mani con insistenza, l'attorcigliava
fra le dita, la strappa e allo stesso tempo cercò di
dispendere lo
sguardo altrove.
-Ti
sembrerà strano ma mi ci sono voluti questi due anni per
smettere di
darmi la colpa per tutto quello che è successo, non mi
sorprende che
tu la pensi così. - La voce si appiattì e
afferrò quella mano
irrequieta confortandola con la sua, tanto che Jillian si
fermò e
annuendo diede un colpo di tosse per rifocillarsi. Quando
cominciarono a muoversi lungo la riva mancarono almeno una decina di
metri per il calpestio in granito che li indirizzò lungo il
parapetto sul molo, per poter di nuovo spostarsi sulla tettoia alta
sul mare. Questi avrebbe calmato loro un po' i pensieri e li avrebbe
riportati al motivo per la quale Brian aveva avuto bisogno di vederla
proprio quella stessa mattina.
Quasi
stette per sospirare pesantemente per la riuscita; affrontare un tale
argomento avrebbe messo in agitazione anche lui se solo avessero
continuato. Lo sapeva troppo bene che la distanza di anni non aveva
ammorbidito ancora qualche piaga sanguinante dei suoi ricordi, ed
è
per questo che specchiati gli occhi nocciola in quelli di lei le
sorrise ed intascando le mani ne estrasse il suo solito pacchetto di
Marlboro. Ne estrasse una, la infilò fra le labbra e
parandosi col
palmo dal vento l'accese col suo cerino.
-Credo
che per un po' non potremmo vederci, il lavoro è molto e non
so che
disponibilità potrei avere nei prossimi giorni.-
-Certo,
lo capisco. -
-Ma
appena ci sarà anche solo un po' di tempo libero non me lo
lascerò
sfuggire. - Jillian rise guardando la sua espressione ansiosa e
continuamente in cerca di conferme. Lei annuì per
tranquillizzarlo.
-Tranquillo
Brian, posso immaginare quanto tu abbia da fare. Ci vedremo quando
sarai libero dai tuoi impegni. - Una nube di fumo si addensò
davanti
al suo viso, mentre si portava una mano a slittare fra i capelli.
-No,
tu non capisci. - La sua voce era bassa e roca, passò
qualche
secondo prima di riprendersi.
-Non
cercarmi, mi farò vivo appena potrò. - Si
ammutolì e continuò ad
ascoltare cosa lui avesse da dire. Era tutto molto strano, Jillian
poté palpare il suo disagio nell'aria, ma a cosa avrebbe
valso
fargli domande? Forse aveva paura di Mark? Possibile che l'avesse
minacciato di non vederla più? Non trovò
l'opzione troppo
insensata. Sospirò e Brian alzò gli occhi verso
di lei.
-Spero
che qualsiasi cosa un giorno potrai parlarmene. - Annuì
ritmicamente
e dopo un ultimo sorso lasciò tintinnare le bottiglie vuote
nell'apposita busta.
-Anche
io sarò occupata, mi serve trovare un lavoro il prima
possibile e mi
converrebbe non farmi prendere da troppe distrazioni, almeno in
questo periodo. - Rise cercando di confortarlo, ma Brian era provato,
e il disappunto arcato delle sopracciglia ci mise ancora un po' per
scomparire.
-Sì,
hai ragione, e appena sarà tutto risolto penseremo a
qualcosa da
fare insieme. - Quando la donna calò il capo
scrollò di dosso un
po' di granelli e gli tese aiuto per aiutarlo a fare lo stesso,
sorridendo.
-Non
devo aspettarmi che fuggirai, vero? - Il giovane gracchiò
una risata
e le scortò una ciocca di capelli fin dietro un orecchio. Ma
a
quella domanda rispose con il capo, negando.
-Non
aspettartelo mai. - Probabilmente quando fece pressione sugli
avambracci anche questi ultimi assunsero la consistenza come di
gelatina, così che quando lei si avvicinò a
toccare la sua bocca
ebbe un fremito per tutto il corpo. Tanto forte che
l'avvertì anche
lei, prima che un pugno si stringesse dietro la nuca e fra i suoi
capelli a rendere più decisa la sua voglia di baciarla. Fra
le
palpebre ci fu una vibrazione involontaria, le iridi verdi
affondarono al buio qualche secondo dopo che l'amaro del suo sapore
l'avvalesse, le giovasse ai battiti del cuore. Ma Jillian si
avvelenava della sua stessa mente; si appiativa al suo viso e lo
cercava con tutta la forza che aveva contro il suo corpo, ma nulla,
nulla, le avrebbe concesso di stare con lui. Si era destinata a
cercarlo fra dei ricordi che l'alcool le aveva sbiadito ma c'erano
ben altre braccia a tenerla lontana. A tenerla stretta altrove. La
punta della sua lingua umettò per l'ultima volta quelle di
lui, poi
si allontanò piano guardandolo in volto. Brian rimase rigido
a
cercare quella linfa, con la sua mano ancora aggrappata al collo
sottile intersecato tra i fili bronzei dei capelli.
-N-non..
-
-Cosa?
- Jillian prese un respiro e si morse la bocca.
-Non
posso. - Brian cercò il suo sguardo ma non ci
riuscì, annuì e
consapevole le carezzò la testa e la tirò a se
sul petto, poggiando
il mento sul suo capo costretto a guardare il cielo.
-Lo
so.. Lo so.-
Quando
si allontanarono si diedero le spalle all'ultimo incrocio. Brian la
osservò percorrere il tratto opposto al suo camminando di
spalle,
per non perdere subito di vista la piccola figura che si confordeva
fra le persone del corso. C'era un sole alto, folla fitta, il chiasso
di città. Huntington Beach era viva e calorosa, guizzava
estate da
ogni angolo delle strade, l'odore di cialde e hot dog, le rotelle dei
rolley fra i ciottoli. Eppure quello che di più vuoto poteva
provare
adesso lo stava sentendo e doveva fare tutto per una giusta causa.
Michelle senza saperlo gli aveva aperto gli occhi; le aveva pianto
fra le braccia senza orgoglio e gli aveva pregato di giurarle che si
sbagliava e che mai avrebbe compromesso così il loro
matrimonio.
Brian l'aveva giurato. Lui stesso era convinto che nulla stesse
corrompendo la sua mente, lui era semplicemente sorpreso, emozionato,
si era lasciato travolgere dalla voglia di rivedere tutte le persone
che per anni hanno segnato la sua giovinezza finalmente insieme come
una volta. Cosa alla quale non aveva più sperato. Anche i
ragazzi
della band erano stati vivi ed entusiasti, erano semplicemente tutti
ancora una volta felici di ritrovarsi.
Però
lo aveva giurato e dì lì in poi avrebbe ben
dovuto evitare
spiacevoli situazioni. Michelle doveva essere felice. Jillian doveva
tornare alla sua vita. E lui... lui avrebbe voluto tanto prendere a
testate il muro.
***
Era
stata troppo dura tirarsi indietro. Combattere un potere di connubio
così perfetto che sembrava però arrivare a
bruciare poco prima di
redersi conto di quello che realmente era successo. Jillian lo aveva
baciato. Stava ancora concludendo la frase eppure si era sporta
così
gravemente che la bocca era inevitabile ed il contatto irreversibile.
Aveva ancora le labbra schiuse, le parole in gola eppure aveva
ceduto; rischiare un soffocamento dovuto alla paura pur di non
rinunciare. E la sua testa sostenuta dalla potente stretta del palmo
era stata la dichiarazione più profonda che avesse mai
avvertito; le
aveva sconquassato le viscere, alterato i valori, tanto che le guance
e la bocca erano quasi combustibile.
***
-Sei
sicuro di farcela per tornare a casa? - Zack si sporse allo sportello
e lo guardò dritto negli occhi lucidi; di tutta risposta
l'amico
accennò un sorriso e gli diede uno spintone mentre era
accomodato
nel suo fuoristrada.
-Stai
scherzando? Meglio di così.. -
-C'è
solo il manicomio. Vedi di non correre, non dovrei dirtelo a
trent'anni suonanti ma non si sa mai che beccare cancelli non ce
l'abbia per vizio. - Quando il moro fece per dargli le spalle e
allontanarsi Brian lo chiamò.
-Hei
amico, grazie. - Zachary storse la bocca alzando gli occhi e un palmo
della mano.
-Sapevo
saresti venuto a farti perdonare. Martedì organizziamo
qualcosa,
così mi sarà più facile tornare a
fidarmi della tua testa vuota. -
Sfuggì ad entrambi un risolino e rimasero un attimo a
contemplare la
strada buia e silenziosa.
-Sarà
meglio che vada, Michelle, cazzo, mi ucciderà. - L'amico
alzò le
spalle e lo salutò con un cenno del capo.
-Gena
l'ha sentita piuttosto esuberante, però dato che queste
donne sono
del tutto incomprensibili ti consiglio di rientrare quatto. E
soprattutto, non contraddire mai un suo richiamo. -
-Mi
sembra di essere ritornato bambino. - Mostrò la dentatura
perfetta
in un sorriso.
-Nessuno
ci aveva mai avvisato. Il mio vecchio aveva proprio ragione. -
Quando
cominciò a percorrere la strada principale di Long Beach
tornò a
vorticare in fasci di luci e fanali, larghi e stretti, bianchi e
opachi come nebbia. Lungo la via c'era solo il suono pacato della
radio accesa, e della sigaretta fra le dita che annebbiava
sofficemente l'abitacolo fino a scomparire alla soglia del finestrino
completamente aperto. Eppure i suoi pensieri erano ben più
confusi e
scuri. Quasi gli ricreavano un blocco in gola impossibile da
ignorare. Deglutiva così, a fatica, fantasticava con la
mente, con
il tocco della mani che avrebbero voluto stringersi a quel corpo, e
che in quel momento stringevano solo sempre più forte la
presa al
volante dell'auto. Tutto era tranquillo; il flusso delle auto lungo
la via scemava man mano il viale privato di casa sua si avvicinava.
L'andamento era lento e tardivo, Brian non era nella pelle di
ricevere un'altra umiliazione o un'altra delle strigliate che stavano
perseguitando quei giorni, e neppure la birretta fresca insieme al
suo amico l'aveva distratto per un attimo dal suo rietro.
Il
cancello automatico del garage si ribaltava lentamente fino al
completo scorrimento, emettendo un tonfo metallico ed uno stridio
acuto abbastanza solito. Lungo i lampioni impiantati fra il prato
vigilava la sua figura alta e ombrosa, vestita di scuro dai piedi
alla punta dei capelli, col semplice rumore di scarpe che calpestava
il prato umido fino al granito del primo gradino all'abitazione. Si
strofinò un attimo gli occhi poi inserì la chiave
alla serratura
girando con qualche mandata di troppo.
-Sono
a casa. - Lanciò via le chiavi con non-curanza all'entrata
principale, scrollò le spalle, si grattò la nuca
poi entrò
nell'atrio della cucina con le scarpe ancora sporche di terriccio
umido sul pavimento imperlato. La cappa della cucina rimaneva accesa
per una flebile illuminazione ed il pacato silenzio gli diede quasi
l'impressione di essere solo, tanto che cominciò a dare
lunghe
occhiate da una parte all'altra della casa, solo che alla fine la
sentì piuttosto vicina.
-Hei..
- la bionda testa scompigliata sbucò all'altezza dello
schienale del
divano nel primo angolo della cucina di fronte la tv, con la voce
ancora un po' impastata di sonno ed una t shirt leggera decisamente
più larga per quelle forme quasi spigolose.
-C-cosa
ci fai lì? - Brian fece un passo in avanti e si
sfilò il berretto,
scompigliando un po' i capelli con un gesto.
-Credo
di essermi addormentata. Ti stavo aspettando.. - Brian alzò
i palmi
cominciando a trovare qualche buon modo di scusarsi.
-Sì,
hai ragione, ho fatto tardi anche stavolta, io..-
-Hei,
hei, basta... va bene. Non c'è bisogno che mi dica niente. -
Brian
deglutì e quando la vide alzarsi fulminea fece d'istinto un
passo
indietro.
-Davvero?
N-on.. - Michelle sorrise stancamente e si avvicinò con
passo
felpato a piedi nudi contro di lui.
-Che
c'è signor Haner, il gatto ti ha mangiato la lingua? -
posò le mani
sul suo petto e Brian avvertì un brivido. Il respiro si
scontrò
contro il collo e l'avvertì alzarsi sulle punte per
stampargli un
bacio.
-Cosa
stai facendo? - La sua bocca fremette al contatto con quella rosea e
Michelle ridacchiò.
-Sto
solo baciando mio marito al suo ritorno a casa.. - gli aveva appena
leccato le labbra e Brian cominciò a roteare gli occhi un
po'
spaesato, senza sapere come muoversi o cosa fare. Si sentiva un
fottutissimo verginello che non aveva mai avuto una donna
così
vicino. Ma lei era lì, la SUA donna.
-Rilassati..
- Brian annuì, si lasciò carezzare il profilo poi
l'avvertì
scivolare la punta delle dita sotto l'angolo sfatto della sua
t-shirt, con una calma incredibile e continuando a baciarlo con
delicatezza.
-Sai
una cosa Brian? Ho sbagliato. Come potrei non fidarmi di te? Tu non
metteresti mai in pericolo il nostro matrimonio.. è
così? - La
mente annebbiata da un bicchiere di troppo di birra gli fece
vorticare gli occhi; Brian annuì piano poi pregò
che quelle mani
continuassero a toccarlo.
-Non
faresti mai nulla di tutte le stronzate che mi hanno detto finora,
non comprometteresti mai il nostro rapporto. Io lo so, amore. - Brian
avvertì quel profumo fresco di muschio del bagnoschiuma
sulla sua
pelle bianca. Ebbe l'impulso di baciarla e lo fece, scoprendole una
spalla con foga.
-Ti
prometto che avrò più fiducia, mi
concetrerò solo su quelle che
sono le tue parole. Sono quelle che contano. -Brian la
zittì, un
bacio che le rubò il fiato e le scaldò il sangue
nelle vene, tanto
da rendere la forza nelle gambe quasi nulla. Aveva quasi la testa
rinchiusa in un pallone, sopravvaleva solo quel po' di
sobrietà
sufficiente a renderlo cosciente e l'eccitazione che piano lo
divorava. Il sapore delle loro lingue si mischiò fra tabacco
ed il
freddo di una granita a menta, con i loro corpi che si spintonavano
per cercarsi sempre di più ed allontanarsi insieme verso
l'angolo
più buio della stanza, dove la lieve luce della cappa della
cucina
stentava ad arrivare. Gli sfilò la maglia con
velocità per evitare
di stare separati ancora per troppo tempo. I palmi vorticavano lungo
le spalle larghe e si aggrappavano tenacemente alla nuca, fremevano,
spingevano e graffiavano i lembi di pelle tatuati quasi per ogni
centimetro delle braccia. La chioma di capelli lunghi ondeggiava
lungo le spalle poi, con un colpo di reni, scivolò sui
soffici
cuscini del divano dettando un gridolino. Le guance rosee dalla foga
erano calde e bambinesche, Brian si calò su di lei con tutto
il
corpo fino a gravarle completamente, con i loro respiri sincronizzati
che quasi faticavano ad uscire dalle rispettive bocche, gracchiando e
annaspando qualche singulto involontario.
-Toglila..
- Michelle arcò la schiena e tenne su le braccia mentre le
sfilava
la maglia, tornando a stamparle un bacio che a poco a poco sarebbe
diventato di nuovo fuoco ardente.
-Sei
bellissima... bellissima... - Una parola nacque tra un respiro e
l'altro, si prolungò nei loro abbracci, giacque in lievi
sussurri
sconnessi dopo che ebbe affondato i denti pacatemente sulla pelle
delle sue spalle morbide e profumate. Niente avrebbe voluto
interrompere la sera, con una luna invidiosa e un dolce silenzio
notturno che accoglieva nell'aria estiva solo i loro gemiti, la lieve
atmosfera, l'unione dei loro corpi, un'incredibile e angusto ritrovo
delle loro anime. Brian le accarezzò una guancia, era quasi
impercettile con la paura di farle male, fino a che guaì,
con un
lamento misto a sorpresa.
-Mi
sei mancato. - Unì la fronte alla sua e chiuse gli occhi,
tanto che
Brian al contatto riuscì a scrutare le palpebre chiuse con
un velo
di rammarico e quelle sue dita che si chiudevano a riccio fra i suoi
capelli neri.
Via
esami, sessioni estive, lavoro asfissiante, shopping sfrenato inizio
saldi e chi più ne ha più ne metta! Il capitolo
arriva con molte
settimane di ritardo, quasi si è perso il filo, ma ammetto
che la
mia capacità di scrivere si era ridotta alla grandezza di
una noce;
questo significa che compilare una frase che non finisse nel banale
è
stato piuttosto difficile! Ci è voluta calma e coraggio,
molto
tempo, ventilatore al massimo, capelli raccolti e compilation di
musica sempre in moto. Vabe, smetto di annoiarvi con fandonierie
varie! x) Ringrazio chi legge la fan fiction, inserita fra ricordate,
seguite, preferite, avrà voglia di recensirla, di maledirla,
qualsiasi cosa il lettore supremo voglia. Una buonanotte a tutti! :)
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