GATTINI DI PORCELLANA
I gattini di porcellana la fissavano.
I loro occhi immobili e ipnotizzanti
puntati su di lei,
sulla sua pelle scura, la sua pelle di cioccolato, come lui la chiamava.
Gli occhi azzurri d’angelo
la fissavano.
Cercavano di penetrarla, di spogliarla con lo
sguardo, di conoscere le
profondità abissali delle sue perle nere e luccicanti.
Il vapore del tè le
aggredì il volto.
Tenne gli occhi puntati sulla
tazzina, studiando con
ostinazione la fetta di limone che galleggiava placidamente nel liquido
ambrato.
Non poteva guardarlo.
Era peccato.
Dio punirà i lussuriosi ed
essi precipiteranno nelle fiamme.
Sentiva i suoi occhi su di lei.
Era peccato.
I gattini di porcellana la fissavano.
Aspettavano una sua mossa,
attendevano con maliziosa impazienza
il momento in cui avrebbe ceduto al peccato. Il momento in cui si
sarebbe persa
nei suoi occhi di cielo.
-Grazie Madeleine.-
sussurrò lui e nella sua voce profonda e
vellutata c’era l’ombra di un sogghigno.
Si prendeva gioco di lei, dei suoi
principi, del suo Dio, ma
lo faceva in maniera deliziosa.
La croce argentata
che pendeva dal suo collo ondeggiava lentamente tra i
seni; il metallo,
colpito a tratti dalla pallida luce lunare creava degli strani effetti
ottici.
Immaginò il volto diafano
di lui illuminato dalla luna, il
suo ghigno malizioso tra le labbra rosee, e un brivido le percorse la
schiena.
Solo una candela illuminava la
stanza, la flebile fiammella
tremula stava per estinguersi; lui aveva sempre preferito
l’oscurità alla luce,
forse -pensò Madeleine con un sorriso- perché
risplendeva di luce propria.
Come Dio.
E gli esseri umani non possono
ammirare la luce di Dio,
perché ne morirebbero.
Con uno scatto rumoroso lui si
alzò, la sopraveste di seta color
porpora aderente al petto magro, i riccioli biondi che gli
solleticavano il
collo.
Madeleine indietreggiò di
qualche passo con un sussulto, il
capo chinato a fissare le mattonelle lucide.
Non poteva guardarlo.
La candela si spense.
A squarciare
l’oscurità rimase la luce della luna che,
stagliata imponente nel velluto blu del cielo, arrivava nella stanza
dalla
finestra spalancata, dalla quale il dolce aroma dell’erba si
insinuava tra di
loro.
-Bel ciondolo, Madeleine.-
mormorò avvicinandosi alla
giovane.
Tese la mano pallida verso il suo
seno.
Lei era paralizzata.
Prese il gioiellino, rigirandoselo
tra le dita lunghe e
affusolate, studiandolo, mentre il luccichio del metallo si rifletteva
nei suoi
occhi azzurri.
Lasciò andare la croce, la
quale ricadde sul petto di
cioccolato di Madeleine.
-Madeleine, guardami. Lo so che non
vuoi, lo so che ti
faccio paura, ma tu sai che se non lo fai, ti picchio.
Sai che non voglio picchiarti, ma sai
che non esiterò a
farlo se mi disubbidisci. E so che non vuoi che ti rimandi nella
piantagione.
Preferisci avere tra le mani il mio cibo che il mio cotone.
Guardami. Te lo ordino, mia cara
Madeleine.-
La ragazza rabbrividì.
Non poteva guardarlo.
Una schiava, né bianca
né nera, figlia di una derelitta di
colore e di un bianco respinto dalla società, educata al
lavoro da schiavi e
alla religione cristiana. Una nullità.
Come poteva guardarlo?
Il suo signore, il suo padrone, il
suo amore, il suo
terrore.
I gattini di porcellana attendevano
con spasmodico e malsano
interesse.
La luna li illuminava con la sua luce
di latte, erano i
protagonisti di una tragica commedia, la stanza il loro palcoscenico, i
gattini
di porcellana il pubblico.
E Madeleine non sapeva quale fosse la
prossima scena, né
quale potesse essere il suo ruolo nella storia.
Avvertì un tocco freddo
sul mento, e, in un attimo, senza
che avesse il coraggio di opporre resistenza, le dita sottili di lui le
sollevarono delicatamente il volto.
Gli abissi incontrarono il cielo.
-Hai dei bellissimi occhi.- disse
lui, le labbra dipinte in
un sorriso soddisfatto che scopriva una serie di denti bianchi e
perfetti.
E Madeleine poteva solo improvvisare.
-Monsieur
d’Exue…- balbettò, la voce flebile e
delicata.
-Chiamami Luis. Sono troppo giovane e
immaturo per essere
chiamato per cognome.- fece una pausa teatrale.
Il fruscio del vento che si insinuava
tra le fronde degli
alberi era l’unico suono udibile.
Madeleine rimaneva immobile, gli
occhi puntati verso il
vuoto, il respiro smorzato dalla tensione, solo l’uomo
sembrava essere
perfettamente a suo agio.
Persino i gattini di porcellana
sembravano intimoriti.
La luce bianca e pallida della luna
illuminava Luis, i suoi
capelli d’oro, i suoi occhi azzurri, la sua pelle diafana, il
volto distorto in
un ghigno selvaggio, concedendogli un’aura sovrumana.
Faceva paura.
-Ora, Madeleine, ti ordino di non
muoverti.-
Mosse lenti passi intorno alla
giovane, fermandosi alla sue
spalle. Lei avvertì la sue dita fredde sul collo, ma non si
mosse.
Sapeva cosa voleva farle.
Non poteva avere due dei, doveva
sceglierne uno.
Superbo, presuntuoso, orgoglioso,
quell’uomo si credeva Dio,
peccando in una maniera che Madeleine non riusciva nemmeno a concepire.
Eppure trovava una strana - e
morbosa- logica in quello che
faceva.
Eppure lo amava
-Non hai bisogno di questo.-
mormorò Luis, mostrandole il
ciondolo che le aveva tolto.
-Tutto ciò di cui hai
bisogno è l’amore, Madeleine. Dio è
per le donne brutte e gli uomini codardi. Tu non sei una donna brutta.-
-Dio è per tutti,
Monsieur.-
-Non è affatto vero. Dio
non è per me, eppure vivo
benissimo; molto meglio di te, se mi permetti di dirlo. Cosa
può darti Dio?-
-La salvezza.- e mai la voce di
Madeleine era stata tanto
ferma e determinata.
-Potrei dartela anch’io.-
ribatté Luis con un gesto
noncurante della mano bianca. La guardò negli occhi e per la
prima volta il
sorriso scomparve dalla sue labbra. -Io potrei darti l’amore.-
-La speranza.-
-La ricchezza.-
-Il perdono.-
-Il peccato.-
-La libertà dai peccati.-
-La libertà dalla
schiavitù.-
-L’eternità del
divino.-
-L’immediatezza della
realtà.-
-L’anima.-
-Il corpo.-
Silenzio.
I gattini di porcellana aspettavano.
La macabra soddisfazione delle
vittoria nel sorriso sottile
di Luis.
L’espressione di turbato
sbigottimento nelle labbra a
bocciolo di Madeleine.
-Il piacere fisico,
Madeleine… Dio te lo può dare?-
La bella schiava rimase in silenzio.
-La Bibbia dice: “Si
è incarnato nel seno della vergine
Maria”, non parla di “Dio e
Maria si unirono fisicamente…”-
Le perle nere di Madeleine si
illuminarono di una rabbia
innaturale.
-Questa è una bestemmia,
Monsieur!-
-E’ una bestemmia solo per
chi ci crede, e io non ci credo.-
replicò tranquillamente l’uomo, avvicinandosi
nuovamente a lei.
Quando le solleticò le
pelle di cioccolato, carezzandole
dolcemente la scollatura poco sopra il seno, la giovane
rabbrividì, e non poté fare
a meno di sorridere, chiudendo gli occhi, per un istante isolata da
ogni cosa
che non fosse lui.
E Luis, estasiato dalla reazione di
lei, si avvicinava
sempre di più, le sue dita ad accarezzarle delicatamente la
schiena.
Quando Madeleine si accorse che i
lacci del suo corsetto si
stavano allentando si ritrasse di scatto.
-Monsieur…-
-Suvvia, Madeleine. Non devi essere
spaventata. Sono molto
meno pericoloso del tuo Dio. Lasciati andare.-
-Non è vero. Siete molto
più terribile di Dio.-
-Sono più spaventoso di
Dio, ma meno pericoloso.-
-E la differenza dove sarebbe?-
-Le donne amano la paura, che
è solo la simulazione del
pericolo. Non amano il vero pericolo. La paura le eccita, il pericolo
fa loro
del male.-
-Questo è un discorso
senza senso, Monsieur.- ribatté lei
incrociando le braccia.
-Tutto di me è senza
senso, ma cherié. E’ questa la cosa che
più amo di me stesso.-
Madeleine sorrise:- Questo ha senso.-
-Lo so.- ammise lui, punzecchiandosi
il mento, improvvisando
un’espressione pensierosa; finse di riflettere per qualche
istante, poi, con un
tono civettuolo che non gli si addiceva, mormorò:- E dimmi,
Madeleine, il
padrone con la schiava… ha senso?-
Gli occhi dei gattini di porcellana
si illuminarono di un
luccichio di interesse.
Il fruscio del vento
sembrò fermarsi, come volesse udire la
risposta della giovane.
Silenzio.
Luis attese pazientemente, il suo
solito ghigno ad
illuminargli il volto.
-No, Monsieur. Non ha senso.-
Luis non si arrese:- Meglio
così. Mi piacciono le cose senza
senso.-
Madeleine non rispose alla
provocazione.
Chinò il capo, chiuse gli
occhi, recitò mentalmente una
preghiera.
Era peccato.
Ma lei lo desiderava.
Era peccato.
Ma lei non resisteva.
Sentiva i suoi passi rimbombare nella
sala, il fruscio della
sopraveste farsi sempre più vicino.
Avvertì il calore del suo
respiro del viso.
-Hai dei bei capelli, Madeleine.
E’ un peccato che stiano
nascosti nella crocchia, non credi?-
Un altro fruscio.
Una cascata di capelli morbidi le
ricadde dolcemente sulle
spalle.
Aprì gli occhi,
incrociando lo sguardo malizioso di lui; le
accarezzò i boccoli scuri, ammirandoli con occhi sognanti.
-Sei bella.- sussurrò.
Una frase semplice, ingenua,
pronunciata con l’innocenza di
un bambino, un ruolo che non si addiceva al giovane con il viso
d’angelo e il cuore
di diavolo.
Non rispose.
Madeleine non amava le parole.
Non le aveva mai amate, da quando, da
bambina, le avevano
insegnato che per lavorare non c’era bisogno di parlare.
E ora era davanti a Luis, a parlare
con gli occhi, sperando
che lui capisse, perché era l’unico modo con cui
potesse comunicare.
Luis l’aveva capito.
Gli occhi scuri di Madeleine dicevano
molto più di quanto
lei immaginasse.
-Non avere paura
dell’amore, Madeleine. L’amore non è
peccato.- Deglutì a vuoto.
I gattini di porcellana capirono che
mancava poco.
-Ne siete sicuro?- domandò
con un filo di voce.
-Per quello che ho assaporato
dell’amore, posso dirti che
forse è una delle cose più pure al mondo.-
-Dov’è finito il
mio padrone, quello cinico e insensibile?-
Luis sorrise.
-E’ ancora qui, ma credo si
sia addormentato.- fece una
pausa.
-Assaporalo, Madeleine. Assapora
l’amore.-
E, un attimo dopo, senza sapere come,
senza sapere perché,
lo stava assaporando.
Il suo amore sapeva di tè.
Ed era peccato.
E non le importava.
Ed era peccato.
E le piaceva.
Le sue labbra contro quelle di Luis,
oppure il contrario, le
labbra di Luis contro le sue. Non lo sapeva.
Non aveva importanza.
Sentiva le sue mani fredde muoversi
sul suo corpo,
esplorandolo, stringendolo a sé, amandolo, il fruscio delle
loro vesti che si
scontravano come i loro corpi.
I boccoli di pece contro i riccioli
d’oro.
La pelle di cioccolato contro quella
di latte.
E la luna, sorridente, che illuminava
il palcoscenico.
E il vento, che accarezzava le loro
pelli.
E il profumo dell’erba, dei
fiori, del tè.
E il loro amore, che per Madeleine
non era più peccato.
E il loro amore, che per Luis aveva
il sapore della
vittoria. E un po’ di cioccolato.
Il loro amore, così dolce,
così desiderato, così proibito e,
per questo, così bello.
Il loro amore, a cui nessun altro
avrebbe dovuto assistere,
e che invece aveva occhi puntati addosso, occhi che non potevano
chiudersi, ma
che potevano solo guardare.
I gattini di porcellana arrossirono.
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