Prologo
-
Tu non stavi pensando di andarci sul serio. –
La
voce di Eric trasudava incredulità e un pizzico
di panico, quasi sua moglie avesse appena pronunciato chissà
quale frase
assurda.
-
Io non stavo pensando di andarci. – confermò
Fiamma,
per poi aggiungere subdolamente, - Io stavo affermando
che stasera andremo da loro. –
Eric
andò avanti con le sue rimostranze per una
decina di minuti finchè, sconfitto ma ben deciso a non
ammetterlo, si chiuse
dietro la porta della loro camera da letto. Nonostante ciò
si sentivano
chiaramente i suoi borbottii su quel “diavolo di
donna” che si era scelto e su
quanto fosse assurdo che un “Capofazione fosse costretto a
sottostare ai
capricci di sua moglie”.
Eve
sorrise, lanciando un’occhiata di sottecchi al
fratello.
-
Comincia a prepararti, questa sera siamo dagli
Eaton. –
-
Non mi pare che nostro padre abbia detto di sì. –
considerò il gemello, inarcando un sopracciglio.
Aveva
appena finito di parlare che la porta della
stanza si aprì, mostrando un Eric appena cambiatosi con
un’espressione
decisamente arcigna sul volto.
-
Preparatevi, siamo a cena dagli amici di vostra
madre. – sputò, come se quello fosse
l’insulto peggiore che potesse venirgli in
mente.
-
Che somma gioia. – esclamò, ironicamente, Gabriel
mentre si alzava dal letto e apriva le ante dell’armadio.
Padre
e figlio si scambiarono un’occhiata d’intesa,
ma non aggiunsero altro.
Sembrava
che solo il ramo femminile della loro
famiglia trovasse i Prior – Eaton tollerabili.
-
Mi chiedo ancora perché faccia sempre ciò che
dice
la mamma. – considerò poi, pensieroso, una volta
che Eric se ne fu andato.
Eve
gli rivolse uno sguardo che significava quanto
lo ritenesse ingenuo o lento di comprendonio. O magari entrambe le cose.
-
Non è ovvio? –
-
Per niente. –
La
ragazza scosse la testa, facendo ondeggiare la
scintillante massa di onde corvine.
-
Papà sarà anche un Capofazione fuori casa, ma qui
dentro è la mamma che comanda. Anche se lui odia prendere
ordini detesta molto di
più passare la notte sul divano e per giunta solo.
– concluse, ammiccando maliziosamente.
Gabriel
annuì. – Quello che non capisco però
è perché
io debba sorbirmi frigida Eaton e
famiglia al completo. –
La
sorella sbuffò, alzando gli occhi al cielo,
esasperata. Ogni volta era la stessa storia e il fatto che suo fratello
e una
delle sue migliori amiche non potessero sopportarsi la mandava ai
matti; erano
gemelli, stare separati era difficile, ma stare nella stessa stanza con
Gabriel
e Kate era insostenibile.
-
Puoi comportarti bene? Per favore, fallo per me. –
lo pregò, sbattendo gli occhioni azzurri e fissandolo con il
suo migliore
sguardo da cucciola supplichevole. Era il genere
d’espressione con cui riusciva
a farsi accontentare sempre da lui e da suo padre; l’unica
che non ci cascava
era Fiamma che, parole sue, “aveva usato quel trucchetto con
Eric ancora prima
che l’idea di sposarlo fosse stata concepita dalla sua
mente”.
-
D’accordo, ma smettila di fare quella cosa con gli
occhi. – sbottò.
Sorrise
trionfante, scoccandogli un bacio sulla
guancia e precipitandosi nella sua stanza. Quando ne riuscì,
mezz’ora più
tardi, indossava un vestito estivo che le metteva in risalto il fisico
snello e
la vita stretta.
Gabriel
ed Eric la guardarono dall’alto in basso,
pronti a trovare qualcosa da ridire sul suo abbigliamento, ma Fiamma
ruppe gli
indugi.
-
Stai benissimo, tesoro. Non è vero? – aggiunse,
riuscendo a far suonare una domanda innocua come quella in modo
incredibilmente
minaccioso.
-
Certo che sta bene, ma non è un po’ troppo corto?
–
-
Alla sua età indossavo vestiti ben più corti, se
ben ti ricordi. Magari potrei prestargliene qualcuno. –
replicò, lanciandogli
uno sguardo che sembrava essere un messaggio in codice
perché Eric aveva
sgranato gli occhi.
-
Non starai parlando di quel
vestito. –
-
Precisamente. Avevamo più o meno la stessa taglia,
dovrebbe andarle bene. – confermò, sorridendo
serafica.
- Non
oseresti. –
Lo
fissò con aria di sfida: - Tu dici? –
Poi
si rivolse alla figlia: - Tesoro, nel mio
armadio c’è un vestito che potresti indossare,
visto che a tuo padre questo non
piace. –
Eve
osservava divertita il loro scambio di battute.
Imparava molto guardando sua madre e suo padre che si stuzzicavano; a
soli
sedici anni sapeva esattamente come ottenere ciò che voleva.
-
Su che ripiano lo trovo? – domandò, sorridendo
angelicamente.
-
D’accordo, adesso statemi a sentire, tutte e due. Nessuno
indosserà quel vestito
mai più,
specialmente tu, signorina. –
Poi
lanciò un’occhiataccia al figlio. – E tu
non
dici nulla? –
-
Ehm … è proprio necessario che venga con voi?
–
-
Certo. Se io devo sorbirmi il Rigido, l’Idiota e il suo
fratello minore incredibilmente simile, allora devi farlo anche tu.
– decretò,
assottigliando lo sguardo e tornando a essere Eric il Capofazione,
quello a cui
era impossibile dire di no. O meglio, a cui potevi dire di no, se
proprio ci
tenevi così tanto a farti staccare la testa a morsi.
-
Bè, almeno ci ho provato. – borbottò,
controvoglia, mentre seguiva il resto della famiglia verso
l’uscita.
*
-
Kate! Kate, stanno per arrivare. –
La
voce di sua madre la raggiunse, oltrepassando il
rumore della musica che alleggiava nella sua stanza.
Sospirò,
spegnendo lo stereo portatile e
soffermandosi davanti alle ante specchiate dell’armadio.
Studiò il suo
riflesso, storcendo leggermente il naso davanti a quei capelli lisci
come
spaghetti. Avrebbe dovuto farci qualcosa di particolare, qualcosa che
facesse
risultare il suo viso un po’ meno convenzionale. Forse
avrebbe potuto provare
ad arricciarli. Scacciò l’idea con una scrollata
di spalle. Che senso aveva
farsi bella per una cena con degli amici?
Gli
unici che non considerava tali erano Gabriel e
Cesar, ma si sarebbe fatta sparare su due piedi piuttosto che
fantasticare
romanticamente per uno di quei due.
Un
lieve bussare la strappò dai suoi pensieri.
-
Ho capito, mamma, adesso scendo. –
-
Ma che brava bambina obbediente. –
La
risata familiare di Rashel preannunciò
l’apparizione
dell’amica.
-
Ah, Rash, sei tu. – sospirò, sollevata.
Spesso
e volentieri sua madre diventava dispotica e
dimenticava che dentro casa non c’era alcun bisogno che
indossasse i suoi panni
da Capofazione.
-
Hai intenzione di scendere giù in quel modo? –
domandò Rashel, scrutando dalla testa ai piedi il suo
abbigliamento. Una
semplice t shirt blu, jeans consumati e sneaker dello stesso colore
della
maglietta; i capelli le ricadevano sulle spalle fino ad arrivare a
metà schiena
e sul viso non c’era un filo di trucco.
-
Pensavo di fare qualcosa ai capelli, ma non mi
voglio mettere in tiro per quei due idioti. –
L’amica
annuì, aprendosi in un sorriso malizioso che
mise i denti bianchissimi in evidenza, creando un meraviglioso
contrasto con la
sua deliziosa carnagione caffè latte. – Sono due
idioti carini, però. –
-
Sono due idioti, punto. Rafael è carino, dolce e
simpatico, e poi ha la tua stessa meravigliosa carnagione. –
Sospirò.
Con una pelle come quella di Rashel non
occorreva nemmeno il trucco, talmente era priva
d’imperfezioni.
-
Sono contenta che apprezzi la mia negritudine,
Kate, ma non è che stai per confessarmi di avere una cotta
per mio cugino.
Vero? – domandò, fissandola con uno sguardo strano.
Rafael
era davvero carino, con quegli occhi nocciola
screziati di verde e i capelli neri e lucidi come le ali di un corvo.
Però era
il suo migliore amico e non avrebbe mai potuto pensare a lui in quel
senso.
-
Santo cielo, no! Sarebbe troppo strano.
–
-
Meglio così. – replicò ambiguamente,
per poi
sistemarsi alle sue spalle e cominciare a lavorare le ciocche bionde.
-
Che stai facendo? –
-
Ti do una sistemata, non vorrai mica che a Eve
prenda un infarto vedendoti in queste condizioni, no? –
No,
ma non le sarebbe dispiaciuto affatto se l’attacco
di cuore fosse venuto al suo gemello.
Sentì
le labbra stendersi in un ghigno malefico al
solo pensiero.
-
Smettila. –
-
Di fare cosa? –
-
Di pensare a qualsiasi cosa tu stia pensando e,
soprattutto, di ghignare in quel modo. Mi sembri Eric, fai paura.
–
Il
commento le cancellò il ghigno dalle labbra. Okay
il desiderare la morte di Gabriel, ma lei non era poi così
spietata.
-
Ragazze, sono arrivati! –
Questa
volta la voce era quella di Nicole, la madre
di Rashel, che raggiunse le loro orecchie.
-
Promettimi una cosa, Kate, prima che scendiamo. –
La
ragazza inarcò un sopracciglio, perplessa, mentre
studiava con attenzione il modo in cui la treccia laterale in cui
Rashel le
aveva raccolto i capelli le incorniciava il volto. Con il viso scoperto
in quel
modo sembrava che avesse gli zigomi più alti, anche se non
erano neanche
lontanamente scolpiti come quelli di Eve, e la cosa le piaceva.
-
Cosa? –
-
Che non ucciderai nessuno durante la cena. –
replicò.
-
Lo prometto. – disse solennemente, per poi
rovinare tutto aggiungendo: - Va bene se uccido Gabriel subito dopo il
dolce? –
Spazio
autrice:
Come
anticipato nell’introduzione, questa long non è
uno spoiler dei fatti narrati nell’altra mia long,
poiché quella si attiene
alla storia dei libri mentre questa è un semplice what if.
Spero che l’ambientazione
in cui ha luogo sia chiara (praticamente dopo i fatti di Divergent il
Dipartimento ha utilizzato il siero dei Pacifici per cancellare la
memoria a
tutti gli abitanti delle Fazioni e quindi nessuno ha memoria dei
Divergenti o
dei piani di sterminio degli Eruditi. Perciò i nostri
personaggi hanno vissuto
la loro vita in santa pace, senza morti e catastrofi simili, e sono
felicemente
sposati e genitori). Infine, il vestito di cui si parla è
quello che Fiamma
indossa nella long “Be dauntless is a tough job but someone
ha sto do it”
durante la festa organizzata da Zeke. Spero che questo primo capitolo
vi sia
piaciuto e che vi abbia incuriosito. Aspetto il vostro parere tramite
recensione. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
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