Entro
lentamente nell’androne della scuola, sommersa da una
moltitudine di ragazzi e
di ragazze già inseriti e navigati nella società.
Inspiro ed espiro, alzando le
spalle per aggiustare lo zaino, e procedo verso la segreteria.
Dopo un’indagine approfondita sui fatti di
casa Cullen, la segretaria mi consegna il mio orario e mi manda con un
sorriso
verso l’aula di inglese, che fatico un po' a trovare.
“Bene”
–
penso – “E’ giunto il momento”.
Bussò alla porta e la apro, constatando che la
lezione è iniziata e che tutti si sono girati a guardarmi.
-Buongiorno..
– biascico, mentre il professor Miller (dovrebbe chiamarsi
così) mi sorride.
-Buongiorno.
– mi fa cenno di avvicinarmi alla cattedra. – Tu
dovresti essere.. Renesmee
Cullen? –
Un mormorio
non troppo silenzioso si spande per l’aula, mentre sono
sicura che le mie
guance si siano colorate di rosso.
-Si, sono
io. –
-Bene.
– il professor
Miller mi indica l’unica sedia libera, sul fondo
dell’aula. –Stiamo parlando di
Fitzgerald. Lo conosci?-
“A
menadito”,
penso, ma mi stampo un sorrisino di circostanza. –Un po'.
– e sgattaiolo sul
fondo della classe. Mentre cammino verso il mio banco qualche occhio si
gira a
fissarmi, incuriosito, e sono troppo poco abituata agli sguardi per non
sentirmi in forte imbarazzo.
-Bene.
–
riprende Miller girando lo sguardo verso la lavagna. – Scott
Fitzgerald. –
Sono troppo
eccitata per seguire la lezione del professore, che tra
l’altro mi servirebbe
solo da leggero ripasso, e passo tutta l’ora ad osservare i
miei compagni di
corso, le pareti dell’aula, il banco scarabocchiato. Quando
la campanella suona
rimango qualche secondo ferma al mio posto prima di capire di dovermi
alzare, e
quando sono nel corridoio, capisco di dover andare a cercare
un’altra aula, in
giro per la scuola.
-Serve
aiuto? – la ragazza seduta davanti a me al corso di inglese
mi aspetta, ferma
in mezzo al corridoio, e mi lancia un sorriso comprensivo.
-Magari..
–
sussurro, allungandole il mio orario e rispondendo al suo sorriso.
-Oh, hai
spagnolo. – mi restituisce l’orario e mi fa cenno
di seguirla. – Anche io. –
Annuisco.
Lei mi allunga una mano, mentre camminiamo a passo svelto. –
Mi chiamo Lana. –
-Renesmee.
–
rispondo, stringendo la sua mano, e lei mi sorride di nuovo.
-Cullen, lo
so. – Si gira a guardarmi con i suoi occhi a mandorla e si
ferma.
-Arrivate.
–
Entriamo nell’aula di spagnolo e Lana mi fa cenno di sedermi
vicino a lei.
Sembra una ragazza simpatica, con quei suoi occhi allungati e i lunghi
capelli
neri, e non riesco a non pensare a Emily, a La Push.
Lo spagnolo,
devo ammettere, a casa Cullen non l’ho mai masticato: mi
sento fiera di questa
nuova scoperta e seguo con interesse la lezione della professoressa
Perez, fino
al suono della campanella.
Io e Lana ci
rendiamo conto di avere lo stesso orario, e passiamo tutta la mattina
nelle
stesse aule e a parlottare nei corridoi, tra una lezione e
l’altra. Vengo così
a sapere che la sua famiglia è originaria del Giappone, che
lei si sente
americana a tutti gli effetti ma la cucina giapponese non le dispiace.
Ha un
ragazzo, Todd, che mi vuole far conoscere, e gioca titolare nella
squadra di
basket della scuola.
-Wow.
–commento,
mentre penso che da raccontare su di me ci sarebbe tutto o niente, e
quando lei
mi chiede informazioni rimango qualche secondo inebetita davanti
all’armadietto.
-Ecco..
–
ricordo la storia tragica dei miei genitori morti e la racconto a
briglia
sciolta, contornando il tutto con qualche amico rimasto a Seattle e con
un
ragazzo con cui avevo cominciato ad uscire.
-Ma e’
terribile. – commenta lei quando finisco, e mi lancia uno
sguardo mortificato. –Mi
dispiace tanto, Renesmee. Devi soffrire parecchio. –
Mi dispiace
mentire ad una ragazza che tenta di essere mia amica, ma la mia vita
è fatta di
questo. –Oh, si. Ma passa tutto. –
Durante la
pausa pranzo Lana mi fa sedere con lei e Todd, un ragazzone alto e
biondissimo
con un apparecchio evidente, che mi sembra simpatico e spigliato e dice
di
conoscere zio Emmett.
-Certo,
Emmett!- mi fa vedere il suo braccio muscoloso e ride. –Ogni
tanto lo incontro
in palestra. –
Immagazzino
quella scoperta su zio Emmett con un sorriso, pronta a sciorinarla alla
mamma
non appena tornata a casa.
-Non sapevo
che i Cullen avessero una cugina. Ma gli altri, che fine hanno fatto?-
A questo non
ero preparata. Tossisco, passandomi una mano fra i capelli corti.
–Un po' in
viaggio, un po' al college.. Sono fatti così. –
Todd e Lana
sembrano soddisfatti della mia risposta e cambiano argomento, mentre io
punto
lo sguardo sul piatto di pasta scotta.
-Oh, ecco
Chase. – Todd alza una mano verso un ragazzo biondo quasi
quanto lui e si mette
ad urlare. –Chase, ehi, Chase!-
Lana
arrossisce, mentre picchietta una mano sul braccio di Todd per farlo
tacere, ed
io mi lascio scappare un sorriso. Il ragazzo intercetta Todd e si
avvicina a
noi lentamente, con il vassoio in mano.
-Todd, Lana.
– sorride, poggiando il vassoio sul tavolo e prendendo posto
al fianco di Todd.
-Questa
è
Renesmee. – Todd mi indica con un cenno del capo.
–E’ nuova. –
Chase gira
lo sguardo verso di me e allunga una mano sopra al tavolo. La stringo,
accennando un sorriso.
- Chase.
–
- Renesmee.
–
Al mio
fianco, vedo che Lana tenta di nascondere un sorriso.
Per essere
il primo giorno di scuola, devo ammettere di essere abbastanza
soddisfatta. Ho
tre potenziali amici, un po' di compiti e una fame da lupi, nel vero
senso
della parola. Mamma aveva ragione a definire il cibo della mensa peggio
di spazzatura.
All’uscita Lana, Todd e Chase mi salutano calorosamente, e
Lana mi lascia il
suo numero di cellulare, dicendomi di mandarle un messaggio.
-Certo.
–
rispondo, mentre mi lascia un bacio sulla guancia, e sento che i loro
occhi sono
su di me mentre avanzo verso il cortile, dove sono certa che qualcuno
mi stia
aspettando. E infatti, parcheggiato con disinvoltura al centro della
strada, c’è
Jacob. Sospiro, mentre mi accorgo delle occhiate che le ragazzine gli
lanciano,
e procedo a passo spedito verso di lui.
-Che
esibizionista. –commento, mentre lui si sfila gli occhiali e
sorride.
-Mi è
sempre
piaciuta la scuola di Forks, è multietnica. – mi
passa il casco e io lo infilo.
-Parti, fiato puzzolente, che tra un po' cominciano a scattarci le
foto. –
Lui sale
sulla moto e si rimette gli occhiali. –
Com’è andato il primo giorno?-
Lancio
un’occhiata
ai miei tre amici imbambolati a fissare Jake e la sua moto e sorrido.
–Regolare,
capo, niente problemi da vampiro. -
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