Lo Scrittore di Omicidi

di Jacko Who
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Il suono di passi sul cemento si perdeva tra i rumori del parco.
Faceva caldo. Troppo, per non essere ancora in estate.
Patrizio si passò una mano intorno al collo, per far passare un po’ d’aria intorno alla polo arancione.
Si aggiustò gli occhiali sul naso e si tastò la pelata che aveva in testa, che cercava invano di coprire con i capelli che crescevano su altre parti della testa.
Le risate dei bambini riempivano l’aria di gioia, e la sua testa di ricordi non troppo lontani.
Si fermò a osservarli.
Bambini.
Bei bambini.
Tanti bei bambini.
Si avvicinò ad una panchina e si sedette. Guardò alla sua sinistra: c’era un bambino che si teneva il ginocchio, con una sbucciatura sopra, piagnucolando, mentre tutti gli altri giocavano a calcio lì di fronte.
<< Ehi, cosa c’è che non va? È una bella giornata, non c’è motivo per piangere >> esordì lui, sorridendo al bambino, che nel frattempo si era girato a guardarlo.
<< Mi-mi sono fatto male giocando >> disse lui, tirando su col naso.
<< Eh, ho visto. Che ne dici se andiamo a lavarti la sbucciatura alla fontana e poi andiamo a prenderci un gelato? >> disse, indicando nel frattempo un toretto verde dal quale fuoriusciva l’acqua.
<< Ma… ma la mia mamma non vuole che vada via con degli sconosciuti >> disse il bambino.
<< La tua mamma è molto intelligente. Allora, io sono Patrizio, e tu sei…? >>
<< Giorgio! >> rispose prontamente il bambino.
<< Ciao Giorgio! Vedi, ora ci conosciamo! Allora, ti andrebbe di venire a prendere un gelato con me? >>
<< Ehm… Okay! >> accettò Giorgio, sorridendo.
C’era quasi. Qualche altro metro e lo avrebbe gettato nel furgone. Qualche altro metro e il bambino sarebbe stato alla sua mercé, come tutti quelli che aveva preso prima di lui.
Dopo qualche altro metro aprì le porte del furgoncino nero, e poi più niente.

 




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