Où est ta famille, là est ton coeur
Alla fine della sua vita, erano
tante le cose che Maria Teresa di Borbone rimpiangeva e di cui sentiva la
mancanza. Sola e in una terra straniera, senza famiglia. Non aveva avuto figli,
non aveva nessuno, in quel momento, al suo capezzale a stringerle la mano. Come
sua madre, anche lei era costretta a morire senza il conforto di un viso caro
accanto.
Ripensare a sua madre la faceva
stare male. Per anni aveva cercato di dimenticare quello che era successo alla
sua vita, ripensando solo alla dolcezza della sua infanzia, ma le era diventato
impossibile scindere gli eventi legati alla sua giovinezza. Allora aveva deciso
di dimenticare, ma ogni notte, nei suoi sogni, rivedeva quei volti, risentiva
le loro voci, e il risveglio era sempre doloroso.
-Presto lì raggiungerò…-
C’era stato un tempo in cui al
suo passaggio tutti le presentavano rispetto inchinandosi. Aveva stanze
lussuose, ogni suo capriccio veniva realizzato, ogni domestica si doveva
piegare ai suoi ordini. Ricordava i giochi fatti con i suoi fratellini, Luigi
Giuseppe e Luigi Carlo nel giardino del palazzo. Li chiamava affettuosamente “i
suoi Luigi preferiti”, scatenando delle litigate tra i due su chi fosse in
realtà il suo preferito. Ricordava suo Padre, un uomo buono e gentile, che le
portava sempre qualche dolcetto ogni volta che veniva a farle visita. E poi
c’era lei, sua Madre, bellissima, aggraziata, dolce e buona, ma anche una donna
fiera, orgogliosa, testarda e un po’ capricciosa, proprio com’era lei. Da piccola
aveva sempre pensato che niente potesse rovinare la sua vita, delicata
innocenza di una bambina. Invece, tutto era stato rovinato dalla rivoluzione,
una rivoluzione ignobile e violenta che le aveva portato via tutto, la sua
famiglia, la sua casa, i suoi genitori, suo fratello, il suo titolo. Le era
stata portata via ogni cosa, compresa la forza di vivere e di lottare. Aveva
assistito agli eventi impassibile, incapace di fare qualsiasi cosa. Da potente
che era come membro della famiglia reale, aveva scoperto che la semplice Maria
Teresa non poteva nulla contro una forza più grande di lei come si era rivelata
essere la forza della rivoluzione.
Molti intellettuali, stranieri, statisti e professori aveva
considerato la rivoluzione francese come un’ampia presa di coscienza da parte
di un popolo contro la forza malvagia di un tiranno. Il popolo francese era
stato capace di riunirsi e organizzarsi per combattere il male superiore, la
monarchia. Essa era stata osannata, celebrata, glorificata. Il motto della rivoluzione
ancora terrorizzava ancora Maria Teresa.“Liberté,
Égalité, Fraternité”, nei suoi incubi sentiva ancora quel coro cantato da
migliaia di cittadini arrabbiati. Era arrivata ad odiare quelle parole, che
aveva preso, per lei, il ruolo dei responsabili della morte della sua famiglia.
Perché i rivoluzionari se li erano portati via, uno ad uno, prima il padre, poi
sua madre, poi suo fratello, infine sua zia, fino a quando non era rimasta
sola. Sola, nella sua terra, trattata come prigioniera. Da principessa di
Francia, da Madame Royale, ad ostaggio scomodo della nuova repubblica francese.
Aveva provato ogni sentimento contro i rivoluzionari repubblicani, prima odio,
poi vendetta, alla fine disprezzo. Era francese, ma si vergognava d’essere
tale. Mai il popolo di Francia si era ribellato al suo sovrano, mai nel corso
della storia aveva osato deporlo, dichiararlo colpevole e ucciderlo. Il re di
Francia era scelto da Dio, e il signore non commetteva errori. Molti uomini
avrebbero pagato per l’eternità per la morte della sua famiglia, il giudizio
divino colpiva sempre tutti, fossero essi reali o semplici uomini del popolo.
Dio avrebbe punito, ma forse per Maria Teresa non sarebbe mai stato abbastanza.
Essere privata dei suoi affetti le aveva creato un vuoto dentro l’anima che
niente era stato capace di riempire. Quel vuoto, lo capiva solo adesso, mentre
sentiva vicina la sua ora, era causato dall’aver perso sua madre così presto.
Le mancava tutto di lei. Non l’aveva avuta abbastanza tempo con se per imparare
tutto quello che una madre può insegnare ad una figlia. Per sua madre, lei era
solo sua. Era la sua primogenita, la sua prima figlia, il suo tesoro. Spesso da
piccola le diceva sempre
-Povera
bambina, non sei ciò che tutti desideravano, ma non per questo mi sei meno
cara. Un maschio sarebbe appartenuto allo stato. Tu sarai mia, avrai tutte le
mie cure, condividerai tutte le mie gioie e allevierai le mie pene-
Erano state l’una la forza
dell’altra. Quando vennero messere in prigione al Tempio, e suo padre venne
preso e portato via, sua madre si prese sulle sue esili spalle tutto il peso di
quella situazione. Giocava con lei e suo fratello, cercava di farli distratte,
di non fargli vedere o capire la loro reale situazione. Era forte e anche se le
avversità l’avevano profondamente segnata, rimaneva una donna bellissima. Non
c’era carceriere o soldato che non rimanesse abbagliato da lei. I rivoluzionari
che volevano avere la sua testa, che la consideravano la sola e unica
responsabile di tutti i loro problemi, rimanevano incantanti davanti a quella
donna, che anche senza il titolo di regina emanava autorità e rispetto.
Il problema, forse, fu proprio
quello. Sua madre non era riuscita a farsi amare dal suo popolo. Era rimasta
tutto il tempo rinchiusa dentro le mura di Versailles, senza mai uscirne, senza
mai vedere in che condizioni il suo popolo viveva. Se fosse andata a Parigi più
spesso, se avesse visto e capito forse la rivoluzione non ci sarebbe stata. Ma
la vita non si può rivivere, non si possono correggere gli errori del passato,
si poteva solo imparare come non ripeterli.
Il periodo della prigionia al
Tempio segnò tutta la vita successiva della madame royale. La sensazione
d’insicurezza, la paura costante che a volte non la faceva dormire, il terrore
di vedersi privata della vita appena si fosse distratta l’accompagnavano anche
nel letto di morte. Sapeva che qualcuno aveva definito il suo atteggiamento
troppo vittimistico, ma vittima era il modo in cui si sentiva. Era stata una
vittima del terrore e anche se le era stata risparmiata la vita, per lei tutto
era finito nel 1789, a soli undici anni. Quando si era scoperta incapace di
rimanere incinta, nonostante i tentativi di suo marito di procreare un erede,
in cuor suo ne era stata sollevata. Mai avrebbe voluto che un suo figlio
potesse vivere ciò che lei aveva vissuto.
La seconda rivoluzione, quella
degli anni 30 dell’800, le portò via definitivamente, ogni possibile sentimento
d’amore verso la Francia, pur essendone diventata, anche se per qualche ora,
Regina. L’esilio, infine, tolse ogni briciolo d’amore dal suo cuore.
Principessa di una nazione senza più re, Regina di uno stato che non
considerava più suo, i suoi ultimi anni li aveva vissuti da ospite in corte
straniera. L’unico desiderio rimastole, ormai, era uno solo. Potere ritrovare
la pace, da troppi anni perduta, pace che poteva trovare solo con il riposo
eterno. Ma la morte da lei tanto agognata, era arrivata molto dopo.
Se ne andò via durante la notte,
mentre dormiva. Nessuna agonia straziante, nessun gemito di dolore. Furono il
sonno e il buoi ad accompagnarla verso ciò che bramava. E fu così che si
ritrovò bambina, circa all’età di dieci anni. Era a Versailles, nella sua
stanza. Era stata svegliata dal sole e dall’arrivo inaspettato di sua madre.
-Bonjour mon petit amour-
-Mamam-
urlò la bambina, gettandosi tra
le sue braccia.
Era proprio come se la
ricordava, forse ancora più bella.
-Sei a casa ora-
le disse sua madre.
-Non mi lascerai mia più sola?-
-Mai più!-
-Promesso?-
-Promesso. E ora andiamo!-
-Dove?-
sua madre le sorrise, mentre le
passava una mano sulla guancia, in una carezza piena d’amore.
-Tuo padre e i tuoi fratelli ti
stanno aspettando. Non li vuoi raggiungere? È da tanto che desiderano giocare
di nuovo con te. Ti abbiamo aspettata tanto a lungo-
-E io volevo venire da voi!-
-Lo sappiamo, non temere. E ora
sei qui, tutta per noi, e non ti lasceremo mai più andare-
Maria Teresa prese la mano che
sua madre le stava offrendo. Si incamminarono lentamente, senza fretta. Quando
raggiunsero la porta, riuscì a sentire le voci. E poi li vide, tutti i suoi
cari erano lì. Mentre si precipitava tra le braccia aperte di suo padre, con le
grida di gioia dei suoi fratelli, l’anima di Maria Teresa trovò la pace che da
troppo tempo bramava.
Finalmente era a casa.
Maria Teresa Carlotta di Borbone, delfina di Francia, regina
di Francia, anche se per poche ore, contessa di Marnes, Madame Royale,
primogenita di re Luigi XVI e di Maria Antonietta, regina di Francia, fu l’ultima
portatrice del sangue del re Sole.
Luigi XVI e Maria Antonietta furono vittime del regime di
terrore che si era instaurato durante la rivoluzione francese. Dopo vent’anni,
i corpi del defunto re e della sua consorte, furono portati a riposare al
fianco degli altri monarchi francesi, nella basilica di Saint Denis, a Parigi.
Con il tempo, la figura di Maria Antonietta, è stata
riabilitata. Protagonista di studi saggistici, film, fumetti e cartoni animati,
Maria Antonietta da un lato è amata per la sua vita tragica e romantica,
dall'altro continua ad avere i suoi detrattori.
Il 17 luglio 2008, a quasi duecentoquindici anni di distanza
dalla morte, il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, a nome della
Francia, si è ufficialmente scusato con l'Austria per l'esecuzione di Maria
Antonietta.
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Salve a tutti. Si, lo so, poteva
venire molto meglio, ma è la prima volta che pubblico qualcosa in questa
sezione, e la cosa mi rende un po’ nervosa. Ed eccomi qua.
È da tanto che volevo scrivere
qualcosa su Maria Antonietta e la rivoluzione, ma mai avrei pensato di farlo
attraverso gli occhi di sua figlia. Ma si sa, a volte certe storie devono
essere scritte in un solo modo, e questo è ciò che n’è venuto fuori. È stato
difficile, molto più di quanto immaginassi, ma alla fine sono abbastanza
soddisfatta.
Grazie a chi leggerà questa
storia, e se vi, lasciate una piccola recensione con opinioni, pareri,
critiche… va bene tutto.
Un bacio, Juls