PERSONAL SPACE; Rieccomi con il
secondo capitolo! Prima di tutto grazie a Alexis e a Ledy Leggy, che
sono state così gentili da recensirmi anche qui, e poi a Ginge e Mumma
che hanno inserito la storia nelle seguite, spero che continuerete a
leggere!
E...niente, vedremo cosa sta
succedendo a Natalia e a Clint dopo Milano...buona lettura!
CAPITOLO 2: A new Life
-Perchè mi stai proteggendo?-
La domanda l'aveva colto all'improvviso, spingendolo a farsela a sua
volta. Già. Perchè? Lei era la sua missione. Lui doveva tenerla
d'occhio, capire cosa stava cercando, e successivamente tenderle una
trappola, dove lui e i suoi colleghi l'avrebbero uccisa una buona volta.
Natalia Romanova aveva dato del filo da torcere a tutti, nessun agente
era riuscito anche solo a metterla in difficoltà, non parliamo poi di
ucciderla.
Quindi si era deciso per un agguato.
Ma quando l'aveva vista, vista davvero, non aveva avuto il coraggio di
portare a termine quella missione.
Perchè lui era convinto che la ragazza che aveva fatto amicizia con
Vanessa Mandelli fosse la VERA Natalia, non l'assassina spietata, la
spia perfetta che era stata addestrata a essere.
Nei suoi occhi, quando chiacchierava spensierata, aveva visto il
desiderio di una vita normale attraversarla. Conosceva la luce che
regalava allo sguardo. Lo aveva visto nei suoi stessi occhi ogni volta
che vedeva i bambini al circo.
Lui a 13 anni scarsi era già una star, era già Occhio di Falco. Con
l'arco, o con i coltelli, non sbagliava un tiro. Era l'orgoglio del
direttore (quando non lo faceva pestare a sangue) decantare le sue
doti.
Tutti quei bambini con una vita normale lo invidiavano, avrebbero
voluto essere lui.
Non sapevano che lui avrebbe dato ogni cosa per un quarto d'ora della
loro vita.
Aveva deciso all'istante di toglierla da quella vita, e l'occasione gli
si era presentata quando erano stati inviati i primi cecchini. Li aveva
abbattuti ancora prima che si rendessero conto di cosa era successo.
Ed era uscito allo scoperto prima che facesse qualcosa che avrebbe
rimpianto per tutta la vita.
-Credi nelle seconde possibilità?-
-No-
-Bene, perchè te ne sto offrendo una-
Per tutta risposta Natasha fece un qualcosa che era a metà tra uno
sbuffo e una risata.
Clint non ci rimase poi troppo male, lui stesso aveva dato una risposta
molto simile a Coulson quando l'aveva avvicinato con quella stessa
offerta.
Non avrebbe mai dimenticato quel
giorno.
Da qualche tempo si sentiva come
tenuto sott'occhio, ma non ci aveva mai fatto troppo caso. Vedendolo
così trasandato, i vestiti logori, la barba sfatta, non era certo nuovo
agli occhi della gente che lo scrutavano, o alle signore per bene che
si tiravano indietro quando passava.
Tutto nella norma, e a lui andava
bene così.
Era stato così tanto a lungo da solo
che non sentiva il bisogno di avere qualcuno attorno.
L'ennesimo furtarello, solo un paio
di mele e un pezzo di pane per tirare a sera.
I soldi dell'ultimo lavoro su
commissione ormai finito, e ancora non si era deciso ad accettarne uno
nuovo. Le offerte non gli mancavano, ma per qualche motivo, non aveva
voglia di ripartire per l'ennesimo omicidio.
Non aveva però fatto i conti con la
telecamera di sorveglianza. L'aveva ovviamente vista, ma aveva pensato
a una di quelle innocue, che registrano. Non aveva notato che sotto il
bancone, il proprietario aveva uno schermo che proiettava in diretta
tutto ciò che avveniva nel locale.
E si era ritrovato a scappare a gambe
levate con l'uomo che lo rincorreva con una mazza da baseball.
La fame, la stanchezza, l'avevano
fatto barcollare, e l'uomo l'aveva colpito.
Si era risvegliato in un vicolo,
sdraiato a terra.
-Ci sono modi migliori per procurarsi
da vivere, signor Barton-
Un uomo in giacca e cravatta era
accanto a lui, gli teneva del ghiaccio sulla fronte. Lo respinse
bruscamente, mentre il suo istinto lo invitava caldamente a mollare un
pugno allo sconosciuto e ad andarsene da lì.
Peccato solo che la testa gli
pulsasse troppo anche solo per pensare di alzarsi.
-Ah sì?- rispose allora vagamente
ironico, prima di chiedersi come diamine facesse quell'uomo a sapere il
suo nome.
-Quando era nell'esercito lo faceva-
-Che vuole da me?-
-Darle una seconda possibilità-
-Se la ficchi su per il culo-
L'uomo si era alzato sospirando, e
senza una parola di più se ne era andato, ma quando Clint riprese
coscienza di sé, si accorse che gli aveva lasciato un biglietto con un
indirizzo, una data e un'ora.
Inutile dire che alla fine aveva
deciso di non avere nulla da perdere, in fondo, e di andare almeno a
sentire che cosa volesse quell'uomo da lui.
Clint tornò al presente, e scoprì che in quell'attimo che si era preso,
lei era già scomparsa.
Fece sparire il cadavere del cecchino, poi rimase di guardia alla casa
del professore, mentre cercava una scusa per giustificare a Fury che
aveva fallito, e che Natalia si era dileguata nel nulla.
Decise di optare alla fine per un verbale in cui raccontava, più o
meno, la verità.
-Quindi, come sospettavamo, il professore non era un vero obiettivo-
Dopo la lettura del verbale, Occhio di Falco era stato immediatamente
richiamato alla base. Gli erano state concesse 48 ore per tornare,
sistemarsi, riposarsi (se proprio doveva) e presentarsi di persona a
rapporto.
Non appena aveva ricevuto quella comunicazione, aveva saputo di essere
nei guai: perdere così un soggetto era da principianti. Per questo si
era preparato anche una serie di scusanti, che in pare, scaricavano la
colpa anche su chi gli aveva assegnato una missione di sorveglianza
24/7 in solitaria, senza nessuno a dargli il cambio.
-Sì, signore. Non so chi fossero quelle persone, ma Natalia doveva
venire uccisa mentre era intenta a sorvegliare un innocuo professore
universitario-
-E quindi, mentre era sotto tiro, probabilmente disorientata dalla
scoperta, sei riuscito a fartela scappare-
Clint sospirò
-Sì, signore-
E la sfuriata di Fury aveva avuto inizio. Clint lo lasciò sfogare,
lasciando che quelle parole gli scorressero addosso come un fiume in
piena. Solo quando il direttore ebbe finito, si arrischiò a parlare.
-Signore? Posso giustificarmi?-
-Sentiamo, Barton-
-E' vero, l'ho persa. Ma io ho fatto tutto come al solito. L'ho seguita
fino a quando non è rincasata, dopo cena. Ho aspettato che si mettesse
a letto, poi, come al mio solito, mi sono concesso le mie due ore di
sonno a notte. Ero esausto. E quando mi sono svegliato, lei era
sparita. Non voglio scaricare le colpe, ma sono stato mandato da solo a
fare una sorveglianza 24 ore. Sono allenato, ma sono ancora umano- Ora
si stava alterando, riconoscendo in quella che doveva essere una scusa
di comodo un fondo di verità. Cercò di mantenere calmo il tono di voce
-Non sono infallibile, e dopo 3 mesi, il mio corpo ha ceduto. La
prossima volta, almeno degnatevi di darmi una spalla. E non perderò il
bersaglio-
Detto questo, si congedò e uscì senza attendere la risposta di Fury.
Dopo Milano, lei era sparita.
Davanti a quello sconosciuto non l'avrebbe mai ammesso, ma l'idea di
essere braccata dai suoi stessi capi, peraltro senza un valido motivo
da quel che poteva ricordare a memoria facendo mente locare, la
spaventava a morte.
Loro erano l'unica cosa che lei avesse. Certo non poteva considerarli
una famiglia, ma nel bene o nel male si erano presi cura di lei,
crescendola (anche se in modo piuttosto discutibile) e dandole un tetto
sopra la testa.
Ora che cosa le restava?
Non perse troppo tempo a chiederselo. Ora doveva sparire, far perdere
le sue tracce.
Tornò in fretta nel suo appartamento, cercando di non dare troppo
nell'occhio. Una normale ragazza che tornava a casa da un pub dopo una
serata con gli amici.
Non aveva molto tempo.
Decise, ancora per un po', di fare il gioco di chi stava cercando di
ucciderla. Mandò il suo rapporto giornaliero. Prevedeva di eseguire la
sentenza due giorni dopo, di ritorno dalla montagna. La famiglia aveva
in programma di passare il sabato sera a Bormio, dove quel weekend era
il fine settimana delle cantine aperte, una manifestazione dove tutti i
produttori di vini e liquori della zona permettevano gli assaggi dei
loro prodotti.
L'idea era quella di sfruttare l'assunzione di alcol come la scusa per
cui l'uomo avrebbe perso il controllo dell'auto, andando poi a
precipitare giù dalla montagna, durante la strada del ritorno.
Una cosa molto meno sospetta di un'autobomba.
Il mattino dopo, Natalia era scomparsa.
Aveva ancora qualche passaporto in bianco: cambiò radicalmente aspetto.
I capelli da rossi divennero un (orribile, secondo Natalia) biondo oro,
e gli occhi da azzurri presero una sfumatura verde brillante, grazie a
un paio di lenti a contatto colorate dall'effetto naturalissimo.
Fece compilare da qualcuno che conosceva il nuovo passaporto.
Lucinda Blues, quindicenne figlia di un importante avvocato e di una
donna d'affari, che avevano deciso di divorziare e proseguire ognuno le
loro vite. Lei era stata presa in mezzo, affidata alla madre che si era
trasferita in Italia, mentre il padre era rimasto in quel di New York a
far carriera in un importante studio legale, uno di quelli con uno
stipendio base a 5 cifre, per intenderci, più gli extra dati dai
clienti più che milionari.
E ora, finite le scuole, Lucinda lo stava raggiungendo per le vacanze
estive, con un volo diretto, ovviamente in businnes class.
Comprò una valigia enorme, che riempì con una valanga di vestiti, tra
cui quelli che le aveva regalato nel corso della loro breve amicizia
Michela, a cui aggiunse qualche sasso per fare peso.
Poi si imbarcò, affidata a una hostess, come previsto per i minori in
volo da soli, su un aereo per New York.
Durante il viaggio, mentre si fingeva una tranquilla ragazzina ormai
troppo esperta di voli per non essere superorganizzata tra ipod, libri
e quant'altro (tutte cose che aveva comprato in aereoporto), cercò di
mettere ordine nella sua mente.
Mentre pensava, iniziò, tra le altre cose, a chiedersi se forse non
fosse stata un po' troppo precipitosa a fuggire dall'invito dello
sconosciuto.
E' vero, si era fidata di lui e delle sue parole, ma il fatto che
conoscesse il suo nome la disturbava abbastanza da chiedersi cosa
volesse veramente da lei. Avrebbe sempre potuto chiedere no?
Ma ormai era fatta, e non l'avrebbe mai più rivisto.
O almeno era quello che pensava.
Arrivata a New York, dopo essersi profusa in mille ringraziamenti verso
l'equipaggio che si era così ben presa cura di lei ( e avere lasciato
alla hostess una ben più che lauta mancia, come papà le aveva
insegnato), aveva mantenuto la finzione solo per il tempo a farsi
lasciare a WallStreet da un taxi trovato appena fuori dal terminale.
Subito aveva preso la metro, e si era diretta a Brooklyn, un quartiere
che conosceva molto bene per via di alcune missioni. Lì nessuno faceva
troppe domande.
Altro taglio di capelli, altra tinta.
Questa volta optò per un anonimo castano chiaro, che si sposava bene
senza stonare con i suoi occhi azzurri. Scelse un taglio che la
invecchiava, completando il tutto con un trucco impercettibile, ma che
andava a completare l'invecchiamento.
Ora sembrava una ragazza di vent'anni in cerca di un lavoro.
Complice la sua identità nuova, Natalia era riuscita a restare
nell'anonimato. Si era presa un appartamento anonimo in affitto e aveva
trovato da lavorare come cameriera in un ristorantino a gestione
famigliare.
Si era dovuta adattare a una vita completamente nuova. Aveva adottato
lo stesso approccio di una missione sotto copertura. Ma questa poteva
durare in eterno.
All'inizio si annoiava.
Dopo il lavoro e le pulizie non le restava niente di meglio da fare che
mettersi sul divano e poltrire. La televisione la annoiava, ed erano
davvero pochi i film che non la facevano addormentare dalla noia dopo
10/15 minuti.
Per cui aveva iniziato a leggere. Leggeva di tutto.
Quindi era questa, la vita normale?
Vedeva persone attorno a lei innamorarsi, fare amicizie. Lei non se lo
poteva permettere.
Per quanto si illudesse, sapeva benissimo che sarebbe arrivato il
giorno in cui qualcuno sarebbe entrato nel locale o l'avrebbe vista al
supermercato, o incrociata in metro e tutto sarebbe finito. Lei sarebbe
stata di nuovo in fuga. O morta.
E un giorno qualcuno effettivamente entrò nel locale.
L'aveva visto solo di notte, ma la sua voce le era rimasta impressa a
fuoco nella mente.
-Un caffè da portar via-
Al bancone c'era la sua collega, e lei si era voltata a pulire un
tavolo appena in tempo per non farsi riconoscere. Non era possibile.
New York vantava circa 8 milioni di abitanti, sparsi in cinque
distretti. E lui entrava proprio nel locale dove lavorava lei?
Rientrò in cucina con i piatti sporchi da lavare, e diede uno sguardo
al suo viso, per sapere per lo meno che faccia avesse, nel caso fosse
servito. Per poterlo riconoscere in futuro ed evitare che diventasse
una minaccia, o il suo assassino.
Lui, fortunatamente, non si accorse di niente, e lei non uscì dal retro
finchè non fu certa che se ne fosse andato.
PERSONAL SPACE; Niente, se siete arrivate fin qui, vi ringrazio di
nuovo, io vi lascio col solito invito di lasciarmi, se volete una
recensione,,,e alla prossima! Ah e se volete, date pure uno sguardo a
La Recluta, la fanfic che ha dato origine a questa!
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